Labirinto Bonucci
Tutti i significati del trasferimento più clamoroso dell’estate.
Come difende il difensore Bonucci
di Daniele Manusia
Quando si dice che Bonucci è uno dei migliori difensori al mondo si omette quasi sempre la seconda parte della frase: per la sua qualità con il pallone tra i piedi, non per come difende. Bonucci è divisivo come tutti quei difensori di grande valore che al tempo stesso non sono in apparenza difensori “puri”. Quei difensori che per alcuni rappresentano la decadenza del ruolo (una decadenza forse persino morale, rispetto all’epoca dei difensori “o palla o gamba”, che tradisce un’idea di uomo inutilmente sofisticata e pseudo-intellettuale) ma che confermano l’evoluzione del calcio verso una sempre maggiore completezza, in cui ormai per i difensori l’impostazione è tanto importante quanto la marcatura.
Ma esistono veramente, al livello di Bonucci, difensori “non puri”? Si può difendere “così così” e giocare comunque in finale di Champions League, in Nazionale? Certo, nessuno si sognerebbe di dire che marcare non sia più utile, ma è vero che il filo su cui restano in equilibrio i difensori come Bonucci è molto sottile.
Lui stesso, in un’intervista recente, collega in modo ambiguo questi due aspetti del lavoro difensivo, dicendo: «È ovvio che sono andate un po’ perse le caratteristiche tradizionali come la marcatura a uomo o l’uno contro uno, che pure restano importanti. Il cambiamento riguarda la fase di possesso palla, perché la volontà degli allenatori è quella di impostare l’azione da dietro».
Ma anche se non dovrebbe essere così ovvio – e con grande probabilità lo sarà sempre meno in futuro – che un difensore capace di impostare abbia delle lacune in marcatura e in posizionamento, nel caso di Bonucci è abbastanza vero.
Si sa che è stato arretrato dal centrocampo quando aveva già 16 anni, e che quindi non ha avuto una formazione classica da difensore. Da questo deriva almeno in parte la sua tendenza (già evidenziata alla vigilia dello scorso Europeo da Fabio Barcellona) a posizionarsi davanti all’avversario in area di rigore e a impostare la propria difesa sulla capacità di leggere il gioco avversario.
Se ai marcatori mediocri capita di perdere l’uomo, Bonucci non prende proprio contatto. Si può dire che Bonucci marca con lo sguardo, ma solo perché con lo sguardo legge le trame di gioco avversarie: quando poi c’è da intervenire, anche duramente, non si sottrae allo scontro, ma la sua priorità è sempre il pallone. È uno stile difensivo che non è per forza di cose meno efficace di quello tradizionale, ma che è senz’altro più rischioso. Dove un classico marcatore toglie spazio e rallenta in tutti i modi il diretto avversario per impedirgli di arrivare sulla palla, i difensori come Bonucci cercano di impedire che la palla arrivi all’attaccante: scommettono alla pari con il proprio avversario di sapersi posizionare meglio, di avere un maggior tempismo e una migliore lettura dello spazio.
È uno stile che funziona meglio sul gioco aereo, perché più lento, e molto peggio contro i grandi attaccanti, quelli che sfruttano ogni bolla di spazio che gli si lascia per disegnare traiettorie verso la porta (i giocatori del Real Madrid dopo la finale hanno raccontato che Zidane gli aveva detto di attaccare l’area con passaggi rasoterra dai lati).
Ma questo fa di Bonucci un difensore meno puro di, mettiamo, Chiellini? È la divisione alla base che è poco convincente: in fondo anche la classica marcatura richiede uno sforzo intellettuale, concentrazione, capacità di previsione dei movimenti dell’avversario, persino il piacere che un difensore prova nei piccoli interventi utili per sporcare il gioco altrui richiedono intelligenza.
Se proprio volessimo farne una questione di purezza potremmo dire che i difensori come Bonucci sono più puri di altri perché giocano quasi esclusivamente il pallone. Anche quando Bonucci accorcia le distanze aspetta di vedere la palla prima di intervenire e manipola l’avversario senza toccarlo, cercando di guadagnare lo spazio per infilare un piede o tutta la gamba.
Non utilizza benissimo il proprio corpo, perché non ha grande esplosività e difende perpendicolare al campo negli uno contro uno, e viene da sé che soffre gli attaccanti con grande controllo sul pallone. È il contrario di quei difensori che puntano tutto sulla propria superiorità atletica e che vanno in difficoltà giocatori al loro livello fisico: Bonucci soffre contro gli attaccanti tecnici (e può cadere anche nelle finte più banali) ma riesce a controllare quelli più atletici di lui grazie alla maggiore sensibilità sulla palla.
Il dubbio, che permette ad alcuni di arrivare a mettere in discussione la qualità generale di Bonucci, riguarda il rapporto tra il suo stile difensivo e il contesto in cui ha brillato in questi ultimi anni. Come se la caverà senza Buffon, Chiellini e Barzagli? Anche in questo caso, però, non riguarda solo Bonucci: è sempre difficile separare i singoli giocatori del blocco difensivo e distribuire i singoli meriti (anche le statistiche sono per lo più descrittive quando si parla di difesa). Bonucci ha potuto sviluppare uno stile basato (anche in campo aperto) sulla propria capacità di leggere la giocata e sulla propria tecnica sul pallone, permettendosi anche di essere impreciso nelle rifiniture difensive perché in ogni caso c’era sempre un compagno pronto a coprirlo.
Insomma, non esistono difensori meno puri di altri, ma solo difensori più o meno efficaci. E nessuno, per quanto forte, sostiene da solo un reparto male assortito: è evidente che per caratteristiche Bonucci è più efficace in una difesa a tre, meglio se in fase di difesa posizionale piuttosto che in transizione, meglio a difendere l’area di rigore sui cross piuttosto che in campo aperto. È evidente anche che la sua principale qualità, quella più eccezionale, sia quella tecnica in fase di impostazione, ma non sarebbe neanche del tutto corretto sorvolare sulle sue capacità difensive.
Se i difensori con i piedi da registi hanno un valore molto alto sul mercato, e per questo forse attirano le antipatie più feroci, è anche vero che ogni volta che un centrocampista viene spostato in difesa si capisce quanto sarebbe difficile costruirne uno da zero. Per questo, non per altro, ai difensori sarà sempre più richiesto di saper impostare. Ma qualcosa mi dice che un difensore che non sappia prima di tutto difendere – con il proprio corpo o con la capacità di leggere il gioco come Bonucci – non arriverà mai ad alto livello.