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Fabio Barcellona
La vittoria di Allegri
12 apr 2017
12 apr 2017
E, dall'altro lato, la sconfitta di Luis Enrique.
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Fabio Barcellona
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Dopo la storica rimonta dell’8 marzo contro il Paris Saint Germain, il Barcellona sembrava in qualche modo predestinato alla vittoria di questa edizione di Champions League. Come se una rimonta così incredibile fosse solo il preludio di qualcosa di più grande ancora. Ma il sorteggio dei quarti non è stato dei più agevoli per i catalani: la Juventus di Allegri, con la sua camaleontica capacità di interpretare al meglio le tendenze dei singoli avversari, era forse la squadra più adatta a sfruttare le debolezze tattiche che caratterizzano ormai da tempo i blaugrana.

 

Proprio dopo la clamorosa sconfitta all’andata contro il PSG, Luis Enrique aveva deciso, con successo, di abbandonare un 4-3-3 ormai stantio per abbracciare il 3-4-3, col centrocampo a rombo e Messi sul vertice alto del “diamante”, pronto ad associarsi in maniera più comoda con Neymar ed Iniesta.

 

Dopo un breve ritorno al 4-3-3, nella partita di sabato scorso persa per 2-0 Malaga, e nonstante l’assenza

, Luis Enrique è tornato al 3-4-3 contro la Juventus, inserendo Mascherano come vertice basso del rombo e Mathieu in difesa a sinistra, con Umtiti centrale e Piqué a destra.

 

Dopo l’infortunio di Rafinha, l’uomo designato da Luis Enrique per occupare la casella in alto a destra nel nuovo modulo di gioco, era stato Sergi Roberto a garantire l’ampiezza sul lato destro dell’attacco blaugrana nelle ultime uscite, con Rakitic in posizione di mezzala (e sempre Messi al centro del rombo). Sorprendendo tutti, invece, a Torino Luis Enrique mischia le carte in mezzo al campo, schierando Sergi Roberto mezzala, Rakitic vertice alto del rombo e Messi largo a destra.

 


Messi larghissimo a destra, Rakitic trequartista e Sergi Roberto mezzala destra: il nuovo 3-4-3 di Luis Enrique




 

L’undici di partenza bianconero non presenta invece alcuna novità, con Allegri che scioglie l’ultimo dubbio della vigilia scegliendo Alex Sandro al posto di Asamoah, con il brasiliano che giustificherà ampiamente con la sua prestazione la scelta del suo allenatore.

 

 



 

La Juventus inizia la partita attuando un pressing ultra offensivo sulla costruzione bassa del Barca, spesso inefficace in questa stagione quando si tratta di sfuggire alla pressione avversaria in maniera pulita ed ordinata.

 

Sui tre centrali del Barca escono forte Higuain, Dybala più uno tra Cuadrado e Manduzkic. Alle loro spalle i due interni di centrocampo e l’esterno che non è uscito alto pressano (prendendo come riferimento l’avversario) Mascherano e le due mezzali, Sergi Roberto e Iniesta. Ancora più dietro, i 4 difensori bianconeri accettano la parità numerica contro il reparto avanzato del Barcellona, con Alex Sandro e Dani Alves pronti a pressare in avanti rispettivamente Messi e Neymar quando si abbassano per ricevere palla.

 

Il pressing offensivo della Juventus paga dividendi importanti costringendo il Barca all’errore (4 delle 9 palle perse dal Barcellona nella propria metà campo arrivano nei primi 18 minuti), forzandolo ad utilizzare lanci lunghi che sono facile preda della difesa juventina e regalando 2 dei 4 intercetti totali nella metà campo blaugrana nei primi 3 minuti di gioco.

 


Pronti, via e la Juventus sale forte in pressing fino a giungere a Ter Stegen. I bianconeri recuperano palla e vanno al tiro. Nei primi 6 minuti la Juventus calcia in porta 3 volte e segna il gol del vantaggio di Dybala.


 

La strategia di Allegri appare chiara e mira a mettere subito sotto pressione gli avversari per sorprenderli e minarne le certezze tattiche approfittando di uno dei suoi punti deboli. Ad aiutare la Juventus arriva il precoce gol del vantaggio, frutto però di una precisione quasi chirurgica nell’approfittare dei nodi tattici irrisolti della squadra di Luis Enrique.

 

 



 

Da quando è stato adottato il 3-4-3 il Barcellona ha sempre modificato la struttura posizionale quando costretto a giocare la fase di non possesso, passando al 4-4-2 e abbassando la mezzala Sergi Roberto in posizione di terzino destro, allineando l’esterno Rafinha con il reparto di centrocampo.

 

Contro la Juve la strategia di Luis Enrique è però diversa e prevede una transizione dal 3-4-3 al 4-3-3 in fase difensiva, arretrando Sergi Roberto e facendo scalare Rakitic dall’originale posizione di trequartista a quella di mezzala destra.

 


Il 4-3-3 del Barcellona in fase di non possesso


 

Il 4-3-3 assegna teoricamente a Lionel Messi una porzione ben definita di campo da difendere. È però nota la tendenza di Messi ad accentrarsi e a sguarnire, rientrando lentamente, la fascia destra in fase di transizione negativa e di puro non possesso, con conseguenti inevitabili scompensi difensivi.

 

La Juve di Allegri approfitta mirabilmente di questo debolezza tattica del Barcellona per fare progredire l’azione che porta al primo gol di Paulo Dybala.

 



 

Messi disordina il 4-3-3 rimanendo in zona centrale, Rakitic è preso in mezzo tra Khedira ed Alex Sandro e concede per ben due volte di fila una ricezione al centrocampista tedesco alle spalle della linea di pressione. La Juve riesce con precisione a sfruttare la superiorità posizionale concessa dal Barca e giunge con facilità sulla trequarti avversaria.

 

L’azione viene finalizzata approfittando ancora delle incertezze tattiche degli avversari. Il cambio di gioco verso Cuadrado consente ai bianconeri di utilizzare a proprio vantaggio gli 1 vs 1 concessi facilmente dal Barca contro i propri difensori: Mathieu non può che essere prudente contro Cuadrado che lo punta palla al piede e il colombiano riesce a penetrare indisturbato fino al cuore dell’area di rigore avversaria, dove la marcatura su Dybala, a pochissimi metri dalla porta, è troppo distante.

 

 



 

Esaurita la spinta iniziale e ottenuto il vantaggio, il pressing offensivo della Juve si placa e diviene meno continuo e i bianconeri cominciano a giocare fasi di difesa posizionali.

 

La mano di Allegri nella preparazione della partita è evidente anche in questo aspetto del gioco. Individuati in Messi, Iniesta e Neymar i più pericolosi costruttori di gioco avversari e identificato in Mathieu l’anello debole della costruzione del Barca, il tecnico juventino disegna una specifica disposizione in campo per fronteggiare al meglio il palleggio blaugrana cercando di sterilizzarlo.

 

Nel 4-4-2 con cui la Juventus gioca le fasi di difesa posizionale, i due attaccanti Dybala e Higuain, in teorica inferiorità numerica contro i 3 difensori centrali del Barcellona, affrontano Piqué e Umtiti, lasciando ricezioni e possibilità di gestire il pallone a Mathieu.

 


Il 4-4-2 juventino che orienta Higuain e Dybla su Piqué e Umtiti lasciando libero Mathieu




 

Alle spalle dei due attaccanti, Cuadrado rimane stretto al fianco di Pjanic intasando di fatto la zona di competenza di Iniesta provando a renderne più complesse le ricezioni nei mezzi spazi. Dani Alves prende invece Neymar molto da vicino, utilizzando l’attaccante avversario come riferimento principale per la sua posizione, senza troppo preoccuparsi dell’allineamento e delle distanze rispetto alla propria linea difensiva.

 

Strettamente controllato, Neymar è quasi sempre costretto a ricevere spalle alla porta e con la pressione del terzino bianconero addosso. Cuadrado è poi sempre pronto, in caso di necessità ad affiancare Dani Alves nel controllo dell’attaccante brasiliano

 



 

 

Dall’altro lato del campo il Barcellona si muove in maniera diversa, assecondando la tendenza di Messi ad accentrarsi, occupando l’ampiezza con Rakitic o Sergi Roberto. Le diverse tracce percorse da Messi e Neymar suggeriscono quindi ad Allegri un comportamento diverso di Alex Sandro rispetto a quello adottato da Dani Alves. Il terzino sinistro bianconero rimane molto più vicino al suo centrale di riferimento seguendo Messi nella sua zona di competenza e consegnandolo di fatto

 che incrociano le conduzioni e le ricezioni interne del fuoriclasse argentino.

 


Mathieu è libero di giocare il pallone. Dani Alves rimane distante dalla sua linea difensiva e vicino a Neymar. Cuadrado e Pjanic mettono in ombra Iniesta. Sulla fascia opposta Alex Sandro invece rimane allineato coi suoi centrali e l’ampiezza presa da Sergi Roberto è difesa da Mandzukic.


 

Disegnato così il quadro tattico della propria difesa posizionale, la Juventus riesce a far leva sulla sua solidità per minimizzare i rischi contro il possesso palla blaugrana. Messi è distante dalle altre fonti di gioco, le mosse di Allegri isolano le principali fonti di pericolo avversarie e al Barcellona rimangono poche idee su come far breccia contro la compatta difesa bianconera.

 

I movimenti senza palla sono troppo condizionati da quelli di Messi, che spostandosi a suo piacimento costringe tutta la fascia destra ad adattarsi senza soluzione di continuità per occupare ogni zona di campo e, come troppo spesso accade, solamente le iniziative individuali dei fuoriclasse bluagrana sono in grado di accendere la manovra.

 

L’unica vera occasione del primo tempo, che avrebbe potuto portare il Barca al pareggio e forse cambiare i destini della partita, giunge, oltre che da un grande intuizione di Messi, grazie a un grossolano errore di Dani Alves che perde completamente di vista il pallone girandosi verso Iniesta e dando le spalle a Messi che conduce il pallone.

 



 

Dallo scampato pericolo (grazie a una prodezza di Buffon) al gol del raddoppio di Dybala passano meno di 2 minuti e l’azione che porta alla segnatura mostra la strategia offensiva della Juventus e le ormai croniche carenze difensive del Barcellona.

 

I catalani si allungano per il campo cercando il loro usuale pressing ultraoffensivo, che viene scavalcato da Bonucci con un passaggio diretto verticale verso Higuain. Il centravanti gioca di sponda su Khedira e la Juventus ha 70 metri di campo liberi da aggredire; Dybala, al termine dell’azione riceve al limite dell’area senza alcun contrasto da parte del centrocampo blaugrana.

 



 

 

L’azione è un ottimo esempio della difficoltà del Barcellona a supportare la propria necessità e volontà di pressare alto e evidenza il piano di Allegri per sfuggire al pressing avversario: un gioco non troppo palleggiato, ma diretto verso i riferimenti avanzati per minimizzare i rischi (1 solo intercetto del barca nella metà campo bianconera nonostante il continuo pressing) e sollecitare il più possibile i difensori blaugrana provando a metterne a nudo i limiti e le imprecisioni.

 

A completare il piano, frequenti cambi di gioco, come in occasione del primo gol, per provare a isolare in 1 vs 1 i difensori catalani.

 



Nessuna linea tra Bonucci e Chiellini (1 solo passaggio tra i due da Chiellini a Bonucci) a testimonianza dell’assenza di un giro palla e la ricerca rapida di una soluzione in verticale. Anche l’insolita posizione reciproca di Dybala e Higuain nella pass-map testimonia della strategia della Juventus. La manovra è poco palleggiata e pertanto Dybala non si abbassa a creare linee di passaggio e il pallone viene giocato su Higuain che viene incontro per far salire la squadra.




 

 



 

Nell’intervallo Luis Enrique lascia negli spogliatoi Mathieu inserendo André Gomes: il 3-4-3 viene così ridisegnato con Mascherano come centrale di destra, con Piqué in mezzo e Umtiti a sinistra. In mezzo al campo il portoghese appena esntrato occupa la posizione di vertice basso del rombo. La posizione di Messi, largo a destra ad inizio azione, rimane invariata e pertanto la mossa di Luis Enrique sembra non mutare in alcun modo il quadro tattico della gara e ha forse il solo scopo di regalare alla sua squadra i piedi maggiormente educati di Umtiti (al posto di Mathieu) e André Gomes alla circolazione del pallone.

 

La Juve, come nel primo tempo, parte forte e effettua 5 dei suoi 6 tiri della ripresa nei primi 10 minuti del secondo tempo, e giunge al gol sfruttando ancora una volta uno dei limiti degli avversari, la difesa in occasione dei calci piazzati.

 

In vantaggio di tre gol la Juventus accentua ulteriormente il ricorso alla difesa posizionale. Allegri non smette di allenare un attimo e, calcolando il rapporto rischi-benefici, sostituisce il preziosissimo Cuadrado con Lemina, tirando fuori dal campo l’unico diffidato della sua squadra. Persino l’ingresso negli ultimi 10 minuti di Rincon al posto di Dybala non è un pigro passaggio al 4-3-3 e a uno schieramento più coperto, ma una particolare mossa per blindare il risultato marcando a uomo Messi, autore dei due assist per le grandi occasioni di Iniesta nel primo tempo e Suarez nel secondo.

 



 

Si noti la posizione di Rincon, in marcatura su Messi. La Juve si alza e il venezuelano lascia in fuorigioco l’argentino, per poi cercarlo nuovamente con lo sguardo e tornare a marcarlo


 

 



 

Come spesso gli capita nelle sfide a eliminazione diretta la preparazione della partita da parte di Massimiliano Allegri è stata praticamente perfetta. La Juve ha alternato fasi di pressione e baricentro più alto ad inizio dei due tempi, che hanno sostanzialmente generato i gol bianconeri, a una difesa posizionale più bassa tesa a negare gli spazi alla manovra d’attacco avversaria. La difesa di Allegri è stata ricca di accorgimenti particolari studiati per rendere il più possibile inoffensivi i punti di forza del Barca, individuati in Messi, Neymar e Iniesta.

 

Sul fuoriclasse argentino la strategia adottata ha previsto una sorta di gabbia in occasione dei tagli verso l’interno, mentre i movimenti di Iniesta sono stati controllati dalla posizione coperta al fianco di Pjanic di Cuadrado, che lasciava libero Mathieu di giocare il pallone. Infine Neymar è stato controllato praticamente a uomo da un ottimo Dani Alves che ha così evitato, cercando costantemente l’anticipo, di essere puntato palla al piede dal brasiliano.

 

In fase d’attacco la Juve ha scelto con estremo successo di minimizzare i rischi contro la pressione alta del Barca e di sfruttare i limiti difensivi avversari tramite una manovra diretta e frequenti cambi di gioco, per isolare il più possibile i propri attaccanti contro i difensori blaugrana.

 

La capacità unica della Juventus di giocare su ogni registro di gioco - pressing alto e difesa bassa, manovra palleggiata e attacco verticale – ha consentito alla Juventus di modulare la propria strategia adattandola ad ogni momento della partita. I bianconeri non hanno concesso nessuna ripartenza al Barca, giocando

; in fase di difesa posizionale solo un errore di Dani Alves e una grossa intuizione di Messi con assist a Suarez hanno messo in difficoltà una retroguardia mai veramente in affanno.

 


Per la Juve 8 tiri nello specchi su 14 tentativi. Un’ottima media


 

Se Allegri è stato chirurgico nello sfruttare i limiti del Barcellona, la mossa di Luis Enrique di riportare Messi largo sulla fascia destra è stata a dir poco fallimentare. I meriti del 3-4-3 erano stati quello di associare Messi a Iniesta e Neymar e di ridurre le difficoltà difensive sulla fascia destra. In maniera abbastanza incomprensibile Luis Enrique ha scelto Rakitic come vertice alto del rombo, confinando nuovamente Messi sull’out di destra.

 

In maniera automatica sono riemersi tutti i vecchi difetti del Barca. L’argentino è stato troppo distante dal cuore del gioco e, costretto a ricevere in mezzo partendo da destra, ha facilitato la costruzione della gabbia attorno a lui. In occasione poi del primo gol della Juve è stato evidente come la posizione defilata dell’argentino continui a creare enormi scompensi in fase difensiva sulla fascia di destra. I limiti difensivi del Barca di Luis Enrique, anche nella nuova versione col 3-4-3 erano già noti, ma l’allenatore ha aggiunto a questi, i vecchi problemi del 4-3-3.

 

La sconfitta del Barcellona è stata anche e soprattutto la sconfitta delle idee confuse del suo allenatore, contro quelle chiarissime di Massimiliano Allegri. I due si rivedranno al ritorno e nel calcio è sempre tutto possibile, ma la differenza vista ieri nell’interpretazione della gara sembra tutt’altro che episodica.

 

 

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