
Il ritorno di Pep Guardiola al Camp Nou è arrivato forse fin troppo presto. Il Manchester City, dopo l’inizio da sei vittorie consecutive in Premier League, aveva mostrato le sue prime difficoltà. In Champions League era stato fermato nel pirotecnico pareggio 3-3 al Celtic Park e in campionato aveva perso in trasferta contro il Tottenham di Pochettino e pareggiato in casa contro l’Everton di Ronald Koeman. Sulla panchina opposta, l’inizio di stagione di Luis Enrique non era stato facile, con le sconfitte in Liga contro l'Alaves e il Celta Vigo.
Si affrontavano insomma due squadre imperfette, ma la sfida era comunque particolarmente affascinante, sia per motivi tecnico-tattici che per il significato emotivo della presenza di Guardiola sulla panchina opposta a quella del Barça e del suo amico Luis Enrique.
L’undici iniziale del Manchester City ha presentato la sorpresa dell’esclusione del Kun Aguero e un attacco formato da Sterling, De Bruyne e Nolito, con Gundogan in mediana assieme a Silva e Fernandinho. Nei “blaugrana” Sergi Roberto è stato sostituito da Mascherano schierato nell’inedito ruolo di terzino destro, con Umtiti come centrale al fianco di Piqué.
Pressione alta
Entrambe le squadre hanno scelto una strategia di pressione alta, che finirà per diventare la singola variante tattica in grado di caratterizzare l’intera partita. L’idea dei due allenatori era di provare a girare a proprio vantaggio l’ossessione di entrambe le squadre di costruire palleggiando dal basso, sabotando l’inizio azione degli avversari e provando a recuperare palloni in zona pericolosa.
Le uscite del Manchester City contro la costruzione bassa del Barcellona sono state chiare e orientate sull’uomo. Partendo dal 4-1-4-1 di base che lasciava il centravanti De Bruyne tra i due centrali, l’innesco del pressing veniva dato dal passaggio, concesso dai Citizens, tra i due centrali del Barcellona. La trasmissione del pallone tra Piqué e Umtiti attivava l’uscita della mezzala del lato verso il ricevitore del pallone, con tutto il resto della squadra che si muoveva verso il lato forte andando in marcatura sugli uomini di riferimento.

La palla si muove da Piqué a Umtiti. La mezzala destra Gundogan esce sul centrale francese mentre Silva scala sul mediano Busquets, Fernandinho si alza su Iniesta, Sterling chiude sul terzino Jordi Alba e Nolito va ad occuparsi, sul lato debole, della mezzala Rakitic.
Dall’altro lato del campo il City in fase di costruzione utilizzava un “falso terzino”, affiancando Zabaleta e Fernandinho e utilizzando un sistema arretrato formato da 3 uomini sull’ultima linea (da destra a sinistra Otamenti, Stones e Kolarov) e da due mediani.

Il 3-2 in costruzione bassa del City.
L’idea di Guardiola era di consolidare il possesso utilizzando un doppio pivot per prevalere nel dominio del pallone, come si era augurato alla vigilia. Le uscite del Barcellona sulla costruzione bassa del City sono state meno rigide di quelle della squadra di Guardiola ed erano calibrate sulla variabilità della posizione degli attaccanti dei “blaugrana" alla fine dell’azione offensiva. In genere a pressare alti i tre difensori del City sono stati, da sinistra a destra, Neymar, Suarez e Rakitic; Messi rimaneva invece più basso a prendere Fernandinho mentre Iniesta si alzava su Zabaleta.
L’ossessiva pressione uomo su uomo è stata certificata dall’alto numero di tackle tentati durante la partita: 34 per il Barca e 45 per il City, per un totale di 89, record dell’intera giornata di Champions League e 30 in più della media per partita. Il dato serve anche a ricordare quanto sia fondamentale, nella costruzione dell’identità delle due squadre, la fase di riconquista del pallone, spesso dimenticata in favore di una narrazione più concentrata sulla fase di possesso palla.

Le uscite del Barcellona. Rakitic si alza in posizione più avanzata di Messi per pressare Kolarov.
Il pressing ultra offensivo messo in mostra dalle squadre non ha permesso di giocare fasi di possesso consolidato: quando sono riuscite a non perdere il pallone trovavano tanto campo da esplorare, giocando in verticale e attaccando in maniera diretta la porta.
Le difficoltà del Barcellona
La pressione del Barcellona è stata meno precisa e organizzata di quella del City e lasciava talvolta spazi per costruzioni pulite.
Qui Zabaleta riesce a ricevere e girarsi, mentre Neymar si trova in mezzo tra il giocatore argentino e Gundogan, consentendo così al City di risalire velocemente il campo.
Le uscite del City hanno sfruttato il piede sinistro di Kolarov, impiegato da Guardiola nella linea arretrata proprio per ripulire il primo possesso della squadra. Gli inglesi sono riusciti a rendersi pericolosi quando hanno trovato il lato debole lungo la diagonale che da Kolarov arrivava a Sterling. Quest’ultimo, in isolamento, riusciva a far valere la sua velocità e il suo dribbling, confermando però la sua imprecisione in fase di rifinitura.
Kolarov, seppure calciando in maniera sporca, riesce a trovare Sterling sul lato debole. Il City può sviluppare il suo attacco in verticale utilizzando la velocità del suo giovane esterno.
Oltre a quella di Sterling, è stata la velocità di De Bryune ad aver creato imbarazzi alla difesa del Barcellona. Nel dopo partita Guardiola ha dichiarato che l’utilizzo del belga come centravanti al posto di Aguero rispondeva alla logica di avere un centrocampista in quella posizione, forse sempre nell’intenzione di vincere la battaglia del possesso palla. Paradossalmente De Bruyne è stato però più pericoloso per gli avversari muovendosi come una punta pura, e cioè in verticale alle spalle dei difensori di Luis Enrique. Per tutta la partita la linea difensiva blaugrana è stata incapace di leggere i movimenti in profondità del belga, mostrando gli imbarazzi nella lettura delle situazioni già evidenziata nel resto della stagione.
Umtiti non riconosce bene la situazione e la interpreta peggio, lasciando la profondità a De Bruyne.
Gli errori del City
La pressione del City è riuscita a mettere in difficoltà con più continuità il possesso del Barcellona, che però alla fine riusciva a risalire il campo grazie al talento dei suoi giocatori. I blaugrana semplicemente dribblavano la pressione del City sfruttando, per sviluppare gioco, la superiorità tecnica. Solo nel primo tempo, in parità numerica, i giocatori del Barcellona hanno dribblato 16 volte, contro i 7 del City.
Qui è l’illusionista Iniesta che per due volte utilizza la sua superiorità tecnica per sorpassare la pressione del City: tocco di prima a colpo di tacco.
Insomma, a fare la differenza sono state soprattutto le maggiori qualità individuali complessive del Barcellona rispetto a quelle del City. Nel primo tempo, la squadra di Guardiola ha tirato maggiormente in porta, ma un errore individuale di Fernandinho, sommato al talento di Messi, hanno condannato gli inglesi ad andare al riposo in svantaggio.
All’inizio della ripresa Luis Enrique ha cambiato tatticamente la fase di costruzione bassa. Per ovviare alle difficoltà mostrate nel primo tempo, esasperate dalla contemporanea presenza di due mancini al centro, dopo l’ingresso di Mathieu per l’infortunato Piqué, il Barcellona si è disposto ad inizio azione con il 3-4-3: Rakitic e Digne esterni, Mascherano accentrato a formare una linea arretrata a 3 con Umtiti e Mathieu. Il City ha provato a contrastare la nuova struttura posizionale del Barca alzando contro i 3 difensori i propri 3 attaccanti.

Umtiti al centro, Mascherano e Mathieu ai suoi fianchi. Ad inizio secondo tempo è questa la disposizione scelta da Luis Enrique per iniziare l’azione.
Dopo 8 minuti del secondo tempo è stato di nuovo un errore individuale, stavolta di Claudio Bravo, a far pendere la bilancia, e stavolta definitivamente, dalla parte dei blaugrana. L’espulsione del portiere cileno ha sabotato il pressing dei Citizens: la percentuale dei passaggi riusciti dei catalani è salita a quel punto dal 79% all’84%.
Nella fiera degli errori, una palla persa a ridosso della metà campo e un assist di Gundogan per Suarez hanno regalato il secondo e il terzo gol al Barca, chiudendo una partita che nemmeno l’ingenua espulsione di Mathieu ha potuto riaprire.
Il paradosso nel tempio del gioco di posizione
Nel gioco di posizione, fonte di ispirazione per entrambi gli allenatori, è fondamentale generare di continuo superiorità posizionale per potere avanzare lungo il campo. In una partita dominata dall’ossessiva ricerca del pressing offensivo per negare una costruzione pulita agli avversari, il Barcellona ha vinto sfruttando al massimo la propria superiorità tecnica che, oltre a consentirgli di effettuare meno errori i di quelli avversari, ha permesso ai blaugrana di costruire il proprio gioco basandosi sui dribbling di Neymar e Messi (12 e 6, rispettivamente, i dribbling tentati) e sulle intuizioni di Iniesta, anche in assenza di superiorità posizionale.
Ha vinto la squadra che ha sfruttato al meglio una fonte immutabile nel tempo di superiorità, quella tecnica, a dispetto delle difficoltà di creazione di quella posizionale. Quasi un paradosso in una partita tra Luis Enrique e Guardiola, sebbene da tempo i due allenatori abbiano affidato una parte importante della costruzione del gioco alle iniziative individuali. La percentuale di successo dei passaggi, 80% per il Barca e 79% per il City, è stata piuttosto bassa per entrambe a testimonianza della vittoria tattica della fase di non possesso rispetto a quella offensiva.
Come era già successo nel suo primo ritorno al Camp Nou con il Bayern Monaco, Pep Guardiola ha subito un’altra batosta, e di nuovo principalmente a causa della superiorità tecnica di Messi, Suarez, Neymar e Iniesta. Nella prova di forza tra le pressioni avversarie, vinceva chi riusciva meglio a verticalizzare dopo avere superato il pressing, e in una partita così aperta il City aveva poche speranze di prevalere. Il Barcellona visto finora è comunque una squadra ricca di difetti, soprattutto nella costruzione del gioco poco fluida e in una fase difensiva piuttosto imperfetta. Con meno errori, e forse meno frenesia, il City avrebbe potuto approfittarne. Chissà se, aldilà delle scivolate e dei palloni regalati agli avversari, Guardiola, chiuso nel suo ufficio, stia ancora ripensando alle sue scelte.