Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
(di)
Emanuele Mongiardo
La Spagna ha un problema con gli arbitri
07 mar 2024
07 mar 2024
Un sintomo del declino più generale del campionato.
(di)
Emanuele Mongiardo
(foto)
Foto IMAGO / eu-images
(foto) Foto IMAGO / eu-images
Dark mode
(ON)

Jesús Gil Manzano è un arbitro internazionale ormai da dieci anni. Volto noto della Liga spagnola e delle coppe europee, nel 2021 ha avuto anche l’onore di arbitrare in Copa America, in una singolare iniziativa di scambio dei direttori di gara tra CONMEBOL e UEFA.

Dopo il ritiro di Antonio Mateu Lahoz, che ricorderete sicuramente per la sua prossemica e per il suo ego smisurato, Gil Manzano è l’arbitro più importante del calcio spagnolo, destinato, fino a qualche giorno fa, a rappresentare il Paese ai prossimi Europei.

Quella appena trascorsa, però, potrebbe essere la settimana che ha cambiato per sempre la carriera del fischietto.

Martedì sera Gil Manzano era stato designato per dirigere la semifinale di ritorno di Copa del Rey tra Real Sociedad e Maiorca a San Sebastián. L’1-1 dei primi novanta minuti non aveva risolto la contesa e così si era arrivati ai supplementari.

Al 94’ la Real si procura una grande occasione in area di rigore. Merino riceve un cross di Kubo sul secondo palo e, in caduta, indirizza la palla in porta. All’ultimo interviene il difensore Samu Costa ed evita il gol. La sfera, però, finisce tra i piedi dell’ex Arsenal Tierney, che calcia con tutta la forza che ha nel suo sinistro. Incredibilmente, ancora una volta Samu Costa si frappone tra palla e porta, ma stavolta la linea sembra essere stata oltrepassata.

In qualsiasi campionato non si tratterebbe di una situazione problematica per l’arbitro, che grazie alla Goal Line Technology verrebbe sollevato di qualsiasi responsabilità. Non funziona così, però, in Spagna, dove né in Primera División, presieduta dalla Liga Nacional de Fútbol Profesional (LFP), né in Copa del Rey, organizzata dalla Real Federación Española de Fútbol, esiste la goal line technology. «Non è per una questione economica, è una questione di utilizzo. Nel corso di una stagione ci sono quattro o cinque casi di questo tipo» ha detto Javier Tebas, presidente della LFP, aggiungendo che la non è una tecnologia perfetta e ha dei margini d’errore – dimenticando, quindi, che il VAR soffre dello stesso limite.

Manzano ha dovuto aspettare una comunicazione dal VAR e ha deciso di non assegnare il gol. Per sua sfortuna, alla fine la Real Sociedad ha perso ed è passato il Maiorca di Javier Aguirre, che qualcuno ricorderà da avversario dell’Italia come CT del Messico ai Mondiali del 2002.

La decisione sul gol-non gol è stata controversa e ha scatenato polemiche. Tuttavia, si può dire che le responsabilità di Manzano arrivino fino a un certo punto, e che è stato anche vittima di una falla del calcio spagnolo. Molto più grave, invece, quanto accaduto sabato al termine di Valencia-Real Madrid.

Manzano aveva già avuto precedenti burrascosi con il Real Madrid al Mestalla. A novembre 2020 aveva assegnato addirittura tre rigori ai padroni di casa (uno dei quali ribattuto dopo una parata di Curtois), in una gara persa dai “blancos” per 4-1. Sabato sembrava un’altra trasferta difficile per la squadra di Ancelotti, che si era ritrovata sotto per 2-0. Una doppietta di Vinicius Jr., però, aveva riportato il punteggio in parità.

Scoccato il 90’, l’arbitro aveva assegnato sette minuti di recupero, ma al 91’ un contatto sospetto in area lo aveva indotto a concedere rigore al Valencia. L’episodio era poco chiaro, infatti Manzano è stato richiamato al VAR: da lì ha potuto verificare come non vi fosse alcun fallo su Hugo Duro. Dal fischio che decreta il rigore a quello che invece restituisce palla al Real Madrid passano ben due minuti.

Quando Brahim Díaz scocca il cross che Bellingham avrebbe spinto in rete, il tabellone riporta 98:40 circa. È proprio in quell’istante, mentre l’ex Milan colpisce il pallone, che Manzano fischia la fine dell’incontro. Bellingham non se ne accorge ed esulta. Mosquera, difensore centrale del Valencia, si dispera e batte i pugni per terra. Quando però tutti capiscono che la gara si è conclusa sul 2-2, la situazione si capovolge: Carvajal si avvicina disperato a Manzano, si mette le mani sul volto. Hugo Duro si allontana con sorriso circospetto, come chi sa di aver superato l’alcol test per miracolo al posto di blocco e non vuole saperne più niente. Bellingham, avvicinandosi agli spogliatoi, secondo le ricostruzioni urla all’arbitro «It’s a fucking goal!», espressione colorita ma comunque innocente, per la quale verrà espulso.

È un caso davvero strano, quasi unico, che ricorda da lontano il fischio dell’arbitro Serra prima del gol di Rebić in Milan-Spezia. Solo che allora si era trattato di non concedere vantaggio. Stavolta, invece, di fischiare la fine dell’incontro con la squadra in attacco ancora pericolosamente in possesso del pallone.

Sono tante le recriminazioni dei tifosi del Real Madrid e di tutto l’apparato del club, a partire dalla TV ufficiale e dai giornali vicini alla “Casa Blanca”. Nel calcio l’arbitro è solito emettere il triplice fischio solo una volta che la squadra in attacco ha perso il possesso, oppure quando non ci sono avvisaglie di azioni pericolose: Gil Manzano, quindi, avrebbe infranto la prassi, ma non una regola. C’è chi si lamenta, poi, perché, visti i due minuti persi con il rigore assegnato a Hugo Duro e poi rimosso al VAR, la partita avrebbe dovuto proseguire fino al 99’: al momento del cross di Brahim mancavano ancora venti secondi.

Insomma, erano tanti i motivi per contestare l’operato di Gil Manzano. Le critiche sono state così forti che Josep Pedrerol, uomo immagine de El Chiringuito de Jugones, non certo un esempio di pacatezza, ha telefonato in diretta alla sua stessa trasmissione, in un momento in cui non spettava a lui condurla, per ammonire i suoi sodali riguardi i toni troppo duri utilizzati nei confronti dell’arbitro e assumersi la responsabilità per la piega che stava prendendo il dibattito.

Una presa di posizione sorprendente, non meno della severità con cui Matheu Lahoz, un arbitro che ha sempre generato polemiche con la sua direzione di gara, tanto da diventare nemico giurato di Guardiola, ha commentato le sue scelte in una trasmissione radiofonica: «È preoccupante che sia accaduto a qualcuno che arbitra da undici anni, che tutto lascia pensare che sarà il rappresentante della Spagna al prossimo Europeo e che dal 2016 fa parte della commissione delegata della Federazione Spagnola».

Anche per noi italiani, abituati ad avere ex arbitri come presenze fisse in TV, è strano sentire qualcuno parlare in maniera così tranchant di un ex collega. Secondo Lahoz, l’errore di Manzano sarebbe stato di avvertire i giocatori, prima dell’angolo da cui è nato il cross di Brahim, che quella sarebbe stata l’ultima azione: qualcosa che, a suo dire, a norma di regolamento bisognerebbe comunicare solo prima di un calcio di rigore. Viene da pensare che in maniera indiretta quelle parole abbiano invitato il Madrid ad attaccare con più veemenza e magari il Valencia a sentire maggior pressione, arrivando così allo stacco di Bellingham.

Per Lahoz, quindi, ci sarebbe stato un problema nel non seguire alla lettera le norme. Di norme, però, si è discusso anche riguardo al recupero extra concesso oltre i sette minuti decretati inizialmente. Ne ha parlato anche The Athletic, suggerendo, per evitare casi simili, di introdurre il tempo effettivo solo nel recupero, così da avere un compromesso tra la necessità di non far durare troppo la partita e quella di avere una chiara idea su quando debba arrivare il triplice fischio: «darebbe oggettività, consentirebbe di interrompere il gioco dopo il 90’ e, inserendo il tempo effettivo solo nel recupero, le partite non durerebbero più di due ore».

SPORT, quotidiano spagnolo di Barcellona, chiede invece senza mezzi termini di passare al tempo effettivo. Non sono i primi ad avanzare una richiesta del genere. Una pretesa di oggettività che ridurrebbe ulteriormente la componente umana di un gioco che tra formazione nei settori giovanili, scelte di campo degli allenatori e tecnologia arbitrale si sta meccanizzando sempre di più. Oltretutto, le squadre dei Paesi mediterranei verrebbero nettamente penalizzate dall’introduzione del tempo effettivo, vista l’arte italiana, spagnola e portoghese di lucrare secondi per portare la contesa dalla propria parte.

Quello del tempo di gioco in Liga è un problema più attuale che altrove. Secondo il CIES, tra i cinque principali campionati si tratta nettamente di quello in cui si gioca di meno: solo il 53,3% dei minuti disponibili – la Serie A è al terzo posto con il 55,6%, meglio della Premier (55,0%), ma peggio di Ligue 1 (56,7%) e Bundesliga (57,1%).

Lo scarso tempo effettivo di gioco è una causa, o forse un effetto, della decadenza della Liga. Nelle ultime stagioni hanno avuto successo squadre ostruzioniste, capaci di spezzettare il gioco, e di ondeggiare sul limite del regolamento, spesso favorite, in maniera involontaria, dalla gestione prudente degli arbitri, a cui giova condurre gare giocate su ritmi bassi: una corrente di cui il Getafe di Bordalás è la massima espressione.

L’impoverimento del campionato, allora, potrebbe essere tra le cause dell’inasprimento del dibattito intorno agli arbitri, dove in Liga, quest’anno, sembra quasi di rivivere il clima della Serie A.

Da parte madridista, sarebbero state le continue lamentele di Xavi a indurre gli arbitri a sfavorire il Real Madrid. Detto che tesi compensatorie del genere sono sempre difficili da sostenere, è vero che l’allenatore del Barcellona si è dimostrato spesso polemico e non ha aiutato a calmare le acque. A seguito della vittoria in rimonta dei “blancos” contro l’Almeria, in cui agli andalusi venne annullato un gol per un fallo controverso su Bellingham e in cui venne invece convalidata una rete forse segnata con il braccio da Vinicius. In una conferenza stampa tenuta poche ore dopo quella gara, vestito con lo stesso maglione Stone Island che è solito indossare Guardiola, Xavi aveva detto chiaramente che «Sarà molto difficile vincere questa Liga. L’ho detto già a Getafe (dopo la prima giornata nda), c’erano cose che non mi quadravano. Ci sono cose su cui non abbiamo il controllo, lo hanno visto tutti oggi».

Insomma, da una parte e dall’altra, come sempre, chiunque crede di essere vittima, e non ci si fa problemi a suggerire l’esistenza di vasti complotti. Il caso Negreira, scoppiato solo lo scorso anno, non ha fatto che esacerbare il clima, a dare consistenza reale alle peggiori paranoie. Si aggiunga la sindrome di accerchiamento dei tifosi del Real Madrid nei confronti di Tebas per via della sua ostilità verso la Superlega e il gioco è fatto.

Non è di certo il modo migliore per valorizzare quello che fino a qualche anno fa era il campionato migliore del mondo, pieno a ogni livello di squadre interessanti e di giocatori talentuosi. Quella Liga capace di tirannizzare Champions ed Europa League oggi è sbiadita. Il Barcellona vive un momento di crisi talmente grave che il Real Madrid, probabilmente, vincerà il campionato pur senza il suo giocatore più determinante, Courtois, senza il suo difensore migliore, Militão, e senza un fuoriclasse come Alaba: praticamente tutta la difesa titolare è indisponibile fino a fine stagione. L’Atletico Madrid si sta ritrovando, ma non è più una candidata per la vittoria di campionato e Champions. Altre grandi come Valencia, Siviglia e Villarreal versano nella mediocrità, mentre due delle protagoniste più belle degli ultimi anni, Real Sociedad e Real Betis, vivono un momento opaco.

Il gol non concesso a Bellingham è stato un caso straordinario, ma quello degli arbitri, per il campionato spagnolo, non è di certo il più urgente dei problemi

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura