
La disciplina sportiva in cui l’Italia ha più espresso il suo dominio è forse il fioretto femminile. Alle Olimpiadi di Atene 2004 andò in scena la finale tutta italiana – anzi, tutta jesina – in cui Valentina Vezzali sconfisse Giovanna Trillini; la replica avvenne a Londra 2012, con Arianna Errigo vincitrice su Elisa Di Francisca, la seconda di due finali tutte azzurre che rappresentavano il punto di arrivo definitivo della qualità di una scuola, della bontà di un movimento nel quale le informazioni tecniche circolano e dove gli atleti si spingono ad alzare reciprocamente l’asticella tutti i giorni.
Oggi il tennis italiano è nel suo momento di massimo splendore. Questa settimana non la dimenticheremo facilmente. Al torneo di casa di Roma l’Italia esprime una finalista nel tabellone femminile e due semifinalisti (almeno) in quello maschile. Se vogliamo trovare un punto di partenza, anche solo simbolico, di questa slavina del tennis italiano dovremmo forse tornare all’8 maggio del 2019, quando in un match di pre-qualificazioni per il Masters 1000 di Roma si sono affrontati Jannik Sinner e Lorenzo Musetti: i due gioielli più brillanti della corona.
Rispetto alle finali olimpiche del fioretto che abbiamo citato, è un momento opposto del percorso temporale. Sinner e Musetti erano i due principali esponenti di una new wave italiana che già a quel tempo si ipotizzava - o almeno si sognava - potesse dominare il circuito, ma erano ancora lontani dall’essere affermati come giocatori di alto livello. Il movimento del tennis azzurro maschile, dopo circa quarant’anni, si era da poco rinvigorito con la semifinale di Marco Cecchinato al Roland Garros 2018 e la vittoria di Fabio Fognini a Montecarlo nel 2019. Si sarebbero rivelati dei lampi isolati. In questo contesto il derby Sinner-Musetti non era l’approdo finale ma l’innesco di un percorso dorato che si sarebbe steso in futuro.
Sono passati sei anni e gran parte di quelle promesse sono state rispettate: Sinner è saldamente il numero uno del mondo mentre Musetti si sta affacciando con sempre più costanza nelle fasi finali dei tornei più importanti, consolidandosi come un top 10. Le loro prestazioni ci hanno portato a nutrire speranze di un loro nuovo confronto a Roma, stavolta in finale: un’utopia nel tennis maschile fino a qualche anno fa, soprattutto per chi ha qualche anno in più di età ed è cresciuto guardando le classifiche mondiali sul televideo in cui mai era ipotizzabile vedere scritto il nome di un tennista tricolore nei primi 15.
La circostanza di sei anni fa era invece piuttosto singolare. Se certi eventi come le finali restano scolpite nella memoria oltre che negli almanacchi, Sinner e Musetti si sarebbero dovuti invece affrontare in un match che non resterà scritto in nessun archivio ufficiale dell’ATP. La loro prima sfida a Roma valeva per le semifinali del torneo di pre-qualificazioni che metteva in palio una wild card per il tabellone principale, una manifestazione organizzata e gestita dalla FIT e rivolta ai soli italiani. Sinner ci arrivava dopo aver battuto Luca Tomasetto agli ottavi e Riccardo Balzerani ai quarti, mentre Musetti aveva estromesso prima Andrea Pellegrino e poi Enrico Dalla Valle. Si tratta di partite abitualmente snobbate dal grande pubblico, ma l’attesa per il confronto tra le due promesse salì al punto da farmi decidere che valesse la pena fare oltre 200 chilometri in auto per spendere – solamente – cinque euro di biglietto e per guardarmelo dal vivo.
Su YouTube è stato caricato anche il match intero. Avete già nostalgia per il "vecchio" Pietrangeli?
A inizio 2019 Musetti aveva vinto l’Australian Open juniores da testa di serie numero 1, fortificata dalle belle prestazioni negli Slam juniores dell’anno precedente. Sinner era invece sbucato fuori all’improvviso, vincendo praticamente dal nulla il Challenger di Bergamo il 24 febbraio 2019 mentre nella classifica mondiale era numero 546 del mondo. Ai quarti di finale aveva distrutto per 6-2 6-3 Gianluigi Quinzi, segnando un passaggio di consegne su quale sarebbe stata davvero la generazione a riportare l’Italia del tennis in cima al mondo. Le sue caratteristiche tecniche e tattiche lo rendevano un giocatore più ordinato, con le idee più chiare rispetto a Musetti: in pochi mesi Sinner aveva vinto prima due Future a Trento e Santa Margherita di Pula, poi la prima partita a livello ATP nel torneo 250 di Budapest contro Mate Valkusz, poi aveva un’altra finale a livello Challenger a Ostrava, perdendola.
Arriva trafelato a Roma ma è il grande favorito delle pre-qualificazioni, anche nella super-sfida contro Musetti. È una partita, insomma, tra due ragazzi con un percorso molto diverso, e che giocano a tennis in modo diverso. Una sfida, quindi, che promette spettacolo.
La cornice perfetta di questa partita è il solenne e marmoreo Stadio Pietrangeli. Dentro non si avverte la bolgia tipica delle partite in cui un azzurro sfida un giocatore straniero – ricordo la campagna di Andreas Seppi nel 2012 e le sue vittorie entrambe sul “Pietrangeli” contro Isner e Wawrinka come picchi del fenomeno – quanto soprattutto un continuo sfregarsi le mani con la consapevolezza che ci avrebbero atteso tempi migliori. Chi si tifa di più? Forse il Pietrangeli favorisce leggermente Sinner, ma ogni bel punto fa nascere appluasi ed entusiasmo.
È una partita interessante in cui ciascuno, anche se in diverse fasi, riesce a tirare fuori le parti migliori del proprio talento. La terra battuta, forse la superficie che oggi permette più varietà di gioco delle altre, esaspera il contrasto di stili, la diversa posizione in campo tra i due, le diverse rotazioni impresse alla palla. Guardandola praticamente dal livello del terreno si apprezza la ricerca delle rotazioni in top, talvolta esasperate, di Musetti; e anche le difficoltà di Sinner a gestire quelle palle, lui più abituato all’anticipo, a traiettorie basse e lineari.
Durante il match vengono fuori le anime più profonde del gioco di entrambi, agli antipodi l’una rispetto all’altra; vengono fuori, anche, i loro difetti - o meglio: le zone del gioco in cui avrebbero dovuto migliorare. Musetti fatica a mantenere una posizione non passiva in campo, Sinner non scende bene a compromessi con i campi di ritmo dell’avversario. Perde il giusto tempo dell’anticipose gli arriva un palla molto arrotata; altre volte non riesce a caricare come si deve una palla tagliata e senza peso. Con gli occhi di oggi, quindi, ci appaiono ancora più notevoli i miglioramenti che Sinner ha compiuto sotto la guida di Simone Vagnozzi e Darren Cahill.
Già nei primi due punti del video sottostante si possono notare queste dinamiche. Nel primo Sinner perde progressivamente campo dopo due rovesci in back bassi e lenti di Musetti, che preparano poi le successive accelerazioni; nel secondo punto Sinner stavolta subisce una palla arrotatissima scagliata sul proprio dritto, una condizione di gioco che lo porta tuttora a soffrire nel confronto contro Alcaraz – la dinamica si è manifestata particolarmente nella sconfitta contro lo spagnolo a Indian Wells nel 2024. Se Sinner fin dai suoi primi anni nel circuito è stato particolarmente efficace e temibile per giocatori dallo stile più lineare, come per esempio de Minaur, ha invece dovuto fare tanta strada strada ha dovuto invece compiere per fare male anche a chi vuole ingarbugliargli il gioco e che, nell’ultimo anno e mezzo, è sempre più impossibilitato a farlo.
Il nodo della partita viene sciolto al tiebreak del secondo set. Dopo aver vinto quello del primo parziale, Musetti va a due punti dall’aggiudicarsi la partita anche in quello del secondo, nel quale Sinner pone le prime basi per quella solidità che oggi lo rende invincibile proprio in quella situazione di punteggio. Nel terzo set un po’ per l’inerzia favorevole, un po’ perché dopo oltre due ore ha ormai trovato il giusto ritmo per gestire il gioco complesso di Musetti, Sinner riesce ad andare via piuttosto liscio . Vince la partita e regala una pallina a un signore accanto a me che lo aveva incitato praticamente in ogni singolo punto.
I tifosi italiani negli anni si erano abituati alla mancata realizzazione delle promesse nel passaggio dal tennis juniores a quello degli adulti, ma quella volta l’aria che tirava sul “Pietrangeli” era diversa. Aleggiava la strana consapevolezza che tutto quello a cui stessimo assistendo non si sarebbe dissolto nel nulla, che ben presto quelle potenzialità si sarebbero espresse con successo nei tornei più importanti. Allo stadio, ad assistere alla partita, c’era anche Giulio Zeppieri, visibilmente rammaricato di non essere in campo, dopo essere stato sconfitto al secondo turno da Luca Tomasetto. In quel momento Zeppieri era il terzo capofila della nuova generazione 2001-2002, con aspettative sulla propria carriera non distanti da quelle degli altri due fenomeni. Oggi è un giocatore frenato dagli infortuni, ma è parte integrante della rinascita e della crescita della programmazione del movimento azzurro.
A prescindere da come proseguiranno le loro carriere e quelle di altri alfieri di punta del nostro tennis, la sfida di Roma 2019 tra Sinner e Musetti resterà per sempre una piccola pietra miliare del nostro sport. Con il tempo abbiamo imparato quanto questa new wave ci abbia portato perfino a superare e archiviare il quartetto Panatta/Barazzutti/Bertolucci/Zugarelli, da recitare a memoria come fosse una preghiera, quanto i nuovi campioni siano riusciti a spolverare i vecchi libri di storia aggiungendo nuove pagine e ponendosi come il simbolo di una nuova eccellenza ammirata e invidiata in tutto il mondo, come ribadito di recente anche da Rafael Nadal.
Le due Coppe Davis del 2023 e del 2024 sono state il naturale approdo di una programmazione pluriennale, un concetto in cui in Italia siamo abitualmente carenti perché troppo influenzati dagli umori del momento. La formazione del 2024, composta da Sinner, Berrettini, Musetti e dai doppisti Bolelli e Vavassori, è probabilmente la più forte di sempre mai messa in campo dalla squadra azzurra. Ora che Musetti sembra aver lavorato in direzione di una maggiore concretezza, di una maggiore chiarezza nel piano di utilizzo del proprio multiforme talento, le prospettive di successo sembrano ampliarsi ancora. A prescindere da come andrà il torneo di Roma 2025 in senso più stretto, e da come si svilupperanno le loro carriere in senso più generale, non dimenticheremo mai quella partita giocata fra le statue di Roma, nel 2019, forse il vero punto di partenza della gloria che oggi stiamo vivendo.