La settimana più pazza della storia della Champions League
L’album dei ricordi di quattro partite che, nel bene o nel male, non dimenticheremo mai.
12. Il tiro di Sergi Roberto all’inizio della partita di ritorno
La Roma comincia la gara di ritorno con una formazione inedita. Il 3-4-1-2 – che molti chiedevano a inizio stagione come il modulo di riferimento – potrebbe essere la svolta tattica di cui la squadra aveva bisogno, ma contro un avversario così forte sembra un azzardo eccessivo, un peccato di Hybris. Dopo due minuti e mezzo Sergi Roberto è già in area, servito da Messi, e tira centrale. Non la migliore premessa per la rimonta della Roma, andata vicinissima a prendere un gol molto banale a freddo che non avrebbe reso possibile niente di quello che stiamo raccontando. La realtà pazza in cui la Roma recupera tre gol e vince al cardiopalma ha battuto la realtà noiosa in cui il Barcellona va in vantaggio con Sergi Roberto all’Olimpico e poi tiene palla per un’ora.
13. A fine primo tempo Iniesta capisce l’andazzo
Alla fine del primo tempo alla Roma sta un po’ stretto l’uno a zero. Dopo aver segnato con Dzeko dopo pochi minuti, i giallorossi hanno avuto due grandi occasioni sulla testa di Schick e una su quella di Dzeko. La Roma sta aggredendo il Barcellona in alto, costringendolo a lanciare. La squadra di Valverde non sembra avere un piano. Iniesta, con la profezia dei saggi, al rientro degli spogliatoi dice a Sergi Roberto che il Barcellona continua a giocare così finirà per perdere. Un altro dettaglio che sembra più appartenere all’universo cinematografico che a quello sportivo: come fa, Iniesta, a essere spaventato con due gol di vantaggio? Quel tipo di profezie di solito si fanno solo nei mondi finizionali.
Iniesta: “We’re gonna end up losing if we keep doing what we’re doing.” pic.twitter.com/uTjk5hRc2V
— Juan (@socraticjuan) 10 aprile 2018
14. De Rossi se la rischia e si rifà con il rigore
Nel primo quarto d’ora del secondo tempo la Roma non combina granché, finché Dzeko non doma un pallone difficile a limite dell’area e lavora come un artigiano con il corpo per proteggere il pallone da Piqué, e guadagnare il calcio di rigore. Dopo l’autogol dell’andata De Rossi si è presentato dal dischetto con l’aria sofferente di un Cristo già crocifisso.
Di Francesco dopo la partita dirà che i rigoristi designati erano De Rossi e Nainggolan, ma che De Rossi era il più indicato in partite importanti come quella. Forse perché De Rossi nella sua carriera ha già attraversato lo spettro di tutte le sfumature del dolore, e non ha niente da perdere da un rigore del genere.
Il leggero sussulto che De Rossi ha con il corpo dopo aver calciato corrisponde alla frazione di secondo in cui Ter Stegen sembra poter arrivare sulla palla. Poi finisce solo per sfiorarla. De Rossi poi non esulta, non sorride, non cerca nessun cenno di intesa con i compagni, raccoglie la palla e corre a centrocampo. Dopo il rigore l’autogol dell’andata sembra esistere solo come presupposto di un risarcimento esistenziale.
Il “Karmic twist ending” mette alcuni elementi trascorsi del plot narrativo sotto una luce completamente nuova, caricandoli di un significato morale.
15. Quella che sembrava l’ultima occasione, quella di El Shaarawy
Dopo il rigore il gol del 3 a 0 sembra più necessario di prima, perché sarebbe doloroso fermarsi a un passo dalla rimonta. Ma quante possibilità il Barcellona potrà concedere ancora? Ogni occasione sembra quella decisiva, e quando sfuma i tifosi pensano era questa l’occasione, dovevamo sfruttare questa.
Ancora più del colpo di testa di De Rossi a lato – che avrebbe completato la rimonta con una modalità spaccacuore a cui il mondo non era pronto – l’occasione che sembrava quella fatale era quella in cui El Shaarawy si è allungato in spaccata sul cross di Florenzi. El Shaarawy compie un mezzo miracolo tecnico, per premiare forse il primo bel cross della partita dell’esterno, ma Ter Stegen è attento a respingere sul suo palo. La rimonta a quel punto sembra sfumata.
A questo punto ogni tifoso della Roma ha pensato che OK, è stato bello crederci ma doveva finire così. Che per la Roma finisce sempre così.
16. Kostas Manolas, non un eroe classico
Manolas aveva realizzato l’altro autogol all’andata e per rendere perfettamente karmico il finale della rimonta della Roma c’è bisogno del suo gol. Manolas è anche forse il giocatore più emotivo della Roma, quello che più di tutti risente nelle sue prestazioni dell’intensità mentale del contesto che lo circonda. Per giocare bene Manolas ha bisogno di una partita importante, di un avversario forte. Quando gioca è sempre teatrale, tanto nelle sue prodezze – quei recuperi in cui corre col petto in fuori e la testa all’indietro – quanto nei suoi errori, specie con la palla al piede. Spesso finisce a terra sofferente, lamentandosi di problemi fisici più o meno immaginari, che a Roma gli stanno facendo guadagnare la fama di ipocondriaco.
Il fatto che sia stato lui a segnare il gol del 3 a 0 ci ha regalato una serie di immagini da espressionismo tedesco che sono poi diventate iconiche della partita. Manolas corre con le braccia larghe e gli occhi da autentico pazzo verso la panchina. Poi guarda un punto indefinito della tribuna e continua a trasfigurarsi, sgranando gli occhi, gridando, battendosi il petto. Quando in estate Manolas aveva detto di non voler andare allo Zenit perché aveva un legame speciale con i tifosi della Roma era sembrato un paraculo, ma ora è prossimo alla santificazione.
È circolato molto il video del gol commentato da BTSport. Il telecronista grida con enfasi barocca «Roma risorge dalle proprie rovine» e poi definisce Manolas “The Greek God in Rome”. Manolas che in realtà ha un’aria buffa quando a fine partita si toglie la maglia e tira fuori i muscoli come Cristiano Ronaldo, ma sembra un cocco di mamma che si è iscritto da poco in palestra. Manolas che poi mentre lo stadio intona “Grazie Roma” si scioglie in lacrime come un agnello. Si stropiccia gli occhi, singhiozza. Un’icona di romanismo.
The hero Kostas Manolas in tears after the match during the singing of “Grazie Roma”. pic.twitter.com/yiUseGAOfW
— RomaPress (@ASRomaPress) 10 aprile 2018
17. Come ha preso Messi i gol della Roma?
È stato uno dei momenti più difficili della carriera di Lionel Messi, che mentre il suo rivale storico esprimeva due prestazioni iconiche ha giocato invece due partite più che normali. Messi è sembrato svuotato dei suoi poteri e il video che raccoglie le sue reazioni ai gol della Roma restituiscono un grande senso di impotenza.
Messi non fa quasi niente e il suo dispiacere si può leggere solo attraverso piccoli dettagli. Il modo in cui si asciuga la fronte nervosamente, come si strofina la barba, i passi lenti con gli occhi bassi e le mani sui fianchi.
18. Il tiro di Dembelé sembrava il finale che i tifosi della Roma si aspettavano
Alle 22 e 40 di mercoledì sera la città di Roma ha trattenuto il respiro per circa due secondi: quelli che sono passati dal tiro di Dembelé alla palla che sorvola la traversa di Alisson di un paio di metri. Il Barcellona aveva rilanciato un pallone avanti a caso, con due giocatori in fuorigioco, su quel pallone però si fionda Piqué, quasi fuori inquadratura, e anticipa tutta la difesa. Un’entrata ai limiti, durissima, coragiossissima, che da sola sarebbe stata assurda. Nel frattempo però Alisson era uscito, travolgendo Piqué senza pensare alle conseguenze. La palla schizza sui piedi di Dembelé, che calcia di prima intenzione col piede debole.
Questo è il momento in cui il Karmic plot twist della Roma è andato vicino a subire un colpo di scena crudele. Ma come avremmo dovuto interpretare, a quel punto, una rimonta vanificata da un gol da quasi centrocampo, peraltro dopo un mezzo fuorigioco di Piqué, e un’uscita pazza del miglior giocatore della Roma, cioè Alisson?
19. Il sobrio dopo partita: il tweet di Timmermans, il bagno nella fontana di Pallotta
Dopo la partita le celebrazioni dei tifosi della Roma hanno raggiunto grandi picchi di creatività, da Carlo Verdone che fa un video a casa sua vicino la statua di Nerone gridando “Me sta a partì la pompa” e Frans Timmermans, ex ministro degli esteri olandese, che twitta tutto il suo amore per i colori della squadra della città che lo ha ospitato quando il padre faceva l’ambasciatore.
Dajeeeee Roma! Gialla come er sole, rossa come er core mio! @ASRomaEN
— Frans Timmermans (@TimmermansEU) 10 aprile 2018
In generale sembrano tutti voler salire sul carro della Roma, anche nei modi più assurdi, come Bill Simmons, il direttore di The Ringer. Matteo Renzi definisce quella della Roma un’impresa strepitosa. Virginia Raggi invece “una prova d’orgoglio per tuta la città”. Giannis Antetokoumpo palleggia con la palla da basket e l’account dei Milwaukee Bucks si chiede se si sia ispirato a Manolas. Nella notte esce un video di James Pallotta, presidente della Roma, che si butta nella Fontana di Piazza del Popolo all’indietro, acclamato da una folla con i telefonini in alto. Nelle prime ore della mattina arriva la denuncia del Codacons, che considera diseducativo il tuffa di Pallotta. Il presidente della Roma a fine mattinata fa le sue scuse, dichiara che pagherà la multa e che donerà 230 mila euro per il restauro della fontana di fronte al Pantheon.