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La Serie A del mondo parallelo vol. 7
27 apr 2020
27 apr 2020
Era la settimana dello scontro di vertice.
(articolo)
16 min
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La Serie A è ferma ma noi non ci arrendiamo e da ormai un mese la mandiamo avanti su FIFA 20, come fosse un mondo parallelo in cui l’emergenza del Coronavirus è passata e possiamo tornare a concentrarci sulla nostra passione per la frizzantezza di Strefezza e gli intercetti di Masiello.

Cominciamo col dire che Antonio Conte è stato sollevato dal suo incarico sulla panchina dell’Inter. Al suo posto è arrivato Vecchi che dovrà riuscire nella non impossibile impresa di non farsi raggiungere dalla Roma, sempre più lanciata - o almeno in movimento rispetto ai nerazzurri che in questo periodo non riuscirebbero a vincere contro una squadra del Pezzana.

Nella Serie A del mondo parallelo quella scorsa, insomma, è stata una giornata decisiva. Dopo che la Juventus ha perso clamorosamente contro il Sassuolo, con un gol miracoloso di Ciccio Caputo, la Lazio ha vinto come vince di solito, come il Brasile dell’82 nei suoi migliori momenti sembra danzare, non giocare.

Ora siamo alla resa dei conti visto che in questa giornata si gioca lo scontro diretto. Allora non perdiamo altro tempo.

Prima vi ricordo però le regole della casa: abbiamo simulato condizioni meteo e orari di gioco (secondo una calendarizzazione fatta da noi ma che prova a seguire i normali criteri della Serie A). Abbiamo settato due tempi da 6 minuti e tenuto “campione” come difficoltà. Abbiamo però abbassato leggermente la capacità dei portieri e alzato la precisione dei tiri degli attaccanti. Il realismo di FIFA ha finito infatti per far diventare il gioco più noioso della realtà e ci è voluta una spintarella per non far finire tutte le partite zero a zero, in un delirio utopico uscito dalla testa di Brera. Per quanto riguarda le formazioni, purtroppo, non abbiamo potuto fare scelte: se lasci che sia il computer a giocare vuole il diritto a scegliersi la sua formazione, e mi pare giusto.

Sabato alle 15: Brescia-Spal 2-0

Brescia e SPAL sono le due squadre peggiori del campionato, o almeno così dice la classifica. In qualche modo la loro sfida doveva decretare qual era la peggiore squadra in assoluto della Serie A 2019/20.

A dire il vero, è stato difficile da dire. La SPAL ha controllato di più la palla, ha creato più occasioni, forse aveva anche i giocatori migliori (perché D’Alessandro e Di Francesco sono decisamente migliori di Balotelli e Torregrossa). Una differenza che giustificava i 5 punti in più in classifica.

Alla fine del primo tempo, però, il Brescia è andato in vantaggio. La SPAL ha pasticciato un rinvio - Tomovic, is that you? - e Ndoj, col suo bel pizzetto da carabiniere, ha segnato il gol del vantaggio. Visto come si stava mettendo, è sembrato una specie di miracolo che un calciatore sia riuscito a fare gol, calcolando la somma delle qualità tecniche viste in campo.

Una sensazione cresciuta quando Alfredo Donnarumma, appena subentrato dalla panchina, ha segnato su assist di Balotelli. Il Brescia non vinceva 2-0 dai tempi di Mazzone e Baggio.

Quindi la sentenza è questa: la SPAL gioca meglio ma il Brescia è la squadra migliore perché vince. Dalla Serie A è tutto.


Sabato alle 18: Milan-Bologna 2-0

C’è stato un breve momento di questa stagione in cui la stagione del Milan sembrava avere senso: la rimonta a Roma e Atalanta possibile. Per la prima volta dopo anni il Milan sembrava non giocare per salvarsi dalla disperazione ma per un obiettivo positivo, in una certa misura entusiasmante.

È durato poco. ora il Milan deve guardarsi alle spalle per proteggere quest’ultimo posto disponibile per qualificarsi a un’Europa League che nessuno, in società, sembra voler disputare.

Il Bologna, come al solito, navigava nella sua onesta, aritmetica metà classifica. Un’aurea mediocritas che fa giocare con le gambe leggere e la testa sgombra.

È un Bologna brasiliano, signore e signori.

Ma il Bologna vincendo poteva superare il Milan. Chissà se lo sapevano, considerando come hanno approcciato la partita. Poche storie, i rossoneri hanno segnato con Ibra su assist di Calhanoglu - un’azione dove la difesa del Bologna ha semplicemente smessso di difendere da un momento all’altro.

Al 53’ uno di quegli episodi su cui girano intere stagioni. Palacio arriva in area di rigore, il pallone di Soriano è un po’ lungo ma calcia in qualche modo; Donnarumma respinge ma la palla torna a Palacio, che si coordina in mezza rovesciata. La palla sta per finire in rete, ma Romagnoli si immola con un salvataggio di esterno sinistro francamente incredibile. Un minuto dopo il Milan raddoppia con una costruzione deliziosa, con Conti che si inserisce e crossa di prima dolcemente per Ibra che segna di testa con una disinvoltura da allenamento.

Il Milan oggi ha dimostrato di non essere ancora una squadra del tutto da mezza classifica; il Bologna invece ha confermato che la sua rincorsa a una qualificazione europea, anno dopo anno, somiglia sempre più al Paradosso di Zenone.




Sabato alle 20,45: Roma-Inter 1-2

La prima partita di Stefano Vecchi sulla panchina dell’Inter non poteva cadere in un momento peggiore, con la Roma lanciata verso il terzo posto e l’Olimpico vestito a festa. Con una vittoria la squadra di Fonseca avrebbe infatti agganciato proprio i nerazzurri sul gradino più basso del podio.

Il traghettatore della Pinetina ha lasciato intatta l’architettura tattica costruita in questi mesi da Antonio Conte ma gli ha dato una natura ancora più verticale e reattiva. L’Inter, insomma, era sempre più simile alla sua antenata allenata da Helenio Herrera, in attesa che su queste macerie costruisca Pep Guardiola su cui i rumor sono ormai fuori controllo. L’attesa è tale che i tifosi nerazzurri hanno preso d’assalto una diretta Instagram del tecnico catalano, molto attivo sui social dai tempi della quarantena, in cui provava a cucinare l’osso buco. Non appena resosi conto del malinteso, Guardiola è stato costretto ad interrompere bruscamente la diretta, proprio mentre i fornelli iniziavano a sollevare un inquietante fumo nero.

Quello dei tifosi dell’Inter era forse un modo per distrarsi dal presente, sempre più grigio. La squadra di Vecchi nel primo tempo non ha mai tirato in porta e la statistica del possesso palla segnava 58 a 42 a favore della Roma. A questo bisogna aggiungere l’umiliazione dello splendido gol di Dzeko in rovesciata, che ha fatto quasi crollare l’Olimpico. D’altra parte, come ha detto Stefano Nava, “un gol al volo è pur sempre un gol al volo”.

In maniera del tutto inaspettata, però, l’Inter è riuscita a trovare l’orgoglio che sembrava perso da ormai quasi due mesi. Con veloci combinazioni verticali la squadra di Vecchi ha prima pareggiato con Lautaro Martinez, dopo una bellissima serie di triangolazioni con Barella, poi è passata in vantaggio con un tiro secco di Eriksen, dopo una serie di doppi passi di Lukaku. La squadra di Fonseca, che come spesso le accade, forse pensava di aver già vinto, non si è più ripresa.

«Non sono venuto qua per aspettare il mio stesso cadavere sulla riva del Po», ha detto a fine partita Stefano Vecchi, con il ghigno dell’uomo che ha voglia di rovinare una festa.




Domenica alle 12,30: Verona-Atalanta 2-3

Verona-Atalanta, in assenza di reali motivazioni di classifica, vive inevitabilmente della narrazione dell’allievo contro il maestro. In questo caso dell’allievo metallaro croato contro il suscettibile maestro piemontese, cioè Ivan Juric e Gian Piero Gasperini.

La partita si è messa immediatamente sui binari dell’Atalanta, con un bel gol a incrociare di Zapata dopo pochi minuti. L’esplosività offensiva degli uomini di Gasperini è stata incorniciata dal solito spirito futurista di Stefano Nava: “Fanno paura! Le difese avversarie tremano!”. Non quella del Verona, però, che dopo pochi minuti è riuscita immediatamente a pareggiare con un colpo di testa alla Oliver Bierhoff di Samuel Di Carmine, la cui gioia nell’esultanza ben rappresenta la spensieratezza della squadra di Juric.

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Insomma, allievo e maestro si sono ritrovati più simili di quanto forse gli sarebbe piaciuto pensare. Verona e Atalanta hanno giocato seguendo gli stessi principi, attaccando e pressando in maniera verticale, adrenalinica, senza compromessi.

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Questo, ad esempio, è il Verona sbilanciatissimo in avanti poco prima di prendere il 2-3.

Ne è uscita una delle partite più divertenti di questa stagione. Non solo 17 tiri (di cui 10 in porta) e 5 gol, ma un alternarsi continuo di emozioni, sorrette anche da un’intensità impressionante, che quasi mai si vede in Serie A. Su questo sembra aver inciso anche la sapiente gestione dei cambi da parte dei due allenatori, che a tratti sembravano realmente giocare a scacchi, come si dice. Alla fine, però, quello che sembra aver cambiato l’inerzia della partita, incredibilmente, sembra essere stato quello a fine primo tempo tra Castagne e Gosens - incredibilmente perché quasi nessuno si era davvero accorto che c’era un nuovo giocatore in campo nella seconda frazione. «Se lo chiamo maestro è anche per questo, perché sa gestire i cambi come nessuno in Italia», ha detto Juric a fine partita «Anche se abbiamo perso, per me è un onore anche solo essere riuscito a mettere in difficoltà una squadra così».




Domenica alle 15: Genoa-Lecce 0-0

Genoa e Lecce si giocavano tutto: se avesse vinto la squadra di Thiago Motta, la lotta per non retrocedere sarebbe stata definitivamente riaperta, trascinando negli inferi anche Fiorentina e forse il Torino; se avesse vinto la squadra di Liverani, invece, per le ultime tre non ci sarebbe stato praticamente più scampo. È forse per questo che nella settimana che ha portato alla partita, Thiago Motta ha cercato in tutti i modi di alzare i toni, dimostrando di aver studiato Guardiola ma anche Mourinho. «Liverani conosce un sacco di giornalisti, è sempre in prime time, me lo ritrovo persino sulla TL di Twitter. Tutti parlano bene del suo gioco, ma a me sembra che tra noi e loro ci sono solo 4 punti. Casualmente, però, sui giornali si legge solo del mio 2-7-2...», ha detto il tecnico italiano del Genoa. Liverani, invitato a rispondere, ha dichiarato: «Non abbiamo visto ancora praticamente niente di Thiago Motta, anche perché mi sembra sia stato già esonerato. Dico solo che a me la 10 della Nazionale non l’hanno mai data...».

Come spesso accade negli scontri salvezza, però, alla grande tensione dei giorni precedenti non è seguita una partita all’altezza. I 90 minuti sono stati tesi, contratti, in definitiva brutti - ben riassunti dalla mossa da Royale Rumble di Ghiglione a Mancosu all’inizio del secondo tempo.

Il Genoa ci ha provato soprattutto nei minuti finali, ma ha gettato tutto al vento. Prima con un gol divorato da Sanabria, lanciato in profondità solo davanti a Gabriel, al 75esimo. Poi all’ultimo minuto regolamentare, con un incredibile salvataggio sulla linea su colpo di testa di Schone a pochi metri dalla linea di porta che ha gettato nello sconforto Thiago Motta. Per la squadra genovese il giorno del giudizio è sempre più vicino.




Domenica alle 15: Parma-Sampdoria 0-0

È difficile trovare in giro due squadre più tranquille del Parma e della Sampdoria: serene e paciose a metà classifica. I loro giocatori si stringono la mano e sorridono come ai raduni di Operazione Nostalgia. Gabbiadini sembra persino aver preso un chilo di troppo.

A dire il vero il Parma qualcosina se la giocava, visto che a 44 punti, in mezzo a un campionato miracoloso, rischia davvero di qualificarsi in Europa. Ma per oggi era meglio non pensarci. Le due squadre hanno abbozzato qualche azione, ma erano esercizi di stile. Un colpo di testa sbadato di Cornelius, uno di Quagliarella; un tiro controvoglia di Hernani. Quando Murru per poco non uccide Kulusevski sulla fascia i giocatori si sono guardati straniti, “qui nessuno si vuole far male”.

La partita è filata liscia e senza emozioni, ma piacevole, come una settimana enigmistica sulla spiaggia di Forte dei Marmi.


Domenica alle 15: Cagliari-Sassuolo 1-1

Per qualche ragione Pierluigi Pardo e Stefano Nava avevano grandi aspettative su questa partita, che metteva di fronte due squadre a pari punti a metà classifica con solo una remota speranza di poter andare in Europa League passando dai preliminari. Stefano Nava voleva spettacolo, “se no che stiamo qui a fare”, mentre Pardo parlava di “due reparti offensivi straordinari”. Lo stesso “Ciccio” Caputo sembrava basito.

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Ma non è proprio questo l’amore per il calcio? Sono bastati pochi minuti a Cagliari e Sassuolo a smentire il nostro cinico scetticismo dando vita ad una partita frizzante in cui le due squadre, come si dice, si attaccavano a “viso aperto”. Cioè senza troppi preconcetti e raziocinio. Ecco, ad esempio, l’occasione con cui la squadra di De Zerbi è andata vicino a passare in vantaggio.

Questo fragile equilibrio è stato rotto alla metà del secondo tempo da Marko Rog, che è tornato dalla quarantena in versione Frank Lampard, con una bomba di mezzo esterno sotto al sette degna del migliore Nainggolan. Se prima di questo sembrava difficile che il croato rimanesse in Sardegna anche il prossimo anno, adesso appare del tutto impossibile che non approdi in una grande squadra europea, si parla soprattutto del Liverpool di Klopp. Di lui ha parlato nel dopo partita anche Walter Zenga, ormai costantemente con la barba disegnata metà rossa e metà blu per onorare i 50 anni dall’ultimo scudetto del Cagliari: «Rog? Personalmente mi ricorda Edgar Davids».

Alla fine, però, cosa ci rimane di questa partita? Con il gol nei minuti finali di Defrel, che pensavamo definitivamente scomparso, niente più che un 1-1 scialbo che scontenta entrambe le squadre. Va bene che la ricompensa è il viaggio, ma forse avevamo ragione noi scettici.


Domenica alle 15: Napoli-Udinese 0-0

Secondo molti Gattuso si giocava la riconferma attraverso queste ultime, enigmatiche partite di campionato. Sarebbe riuscito a dare motivazioni psicologiche e tattiche a una squadra che in sostanza ha poco e niente da giocarsi?

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I tifosi del Napoli sono nella fase della regressione: sbandierano il simbolo di Maradona per esprimere la loro insoddisfazione per la squadra attuale.

Nella partita non succede niente: una lunga sequenza di passaggi di piatto di Demme, di sponde di Okaka, di controlli sporchi di Fofana. Al 54’ Gattuso cambia Milik con Mertens, togliendo quindi l’attaccante che più sta definendo il suo ciclo. E questo è tutto.

A fine partita i tifosi hanno lanciato pomodori in campo. Una protesta che De Laurentiis ha definito scandalosa: «Sprecare il cibo così. Queste persone, questi cosiddetti tifosi, non hanno ricevuto un’educazione».




Domenica alle 18: Fiorentina-Torino 1-0

Per Fiorentina e Torino era l’ultima chiamata per tirarsi fuori definitivamente dalle sabbie mobili della lotta per non retrocedere. A Firenze era appena tornato Montella - «per portare il mio calcio spagnolo», aveva detto lui - dopo la fine della breve esperienza del Cappellino Meccanico di Beppe Iachini. Il canovaccio tattico è stato chiaro fin dall’inizio: alla Fiorentina il dominio del possesso, al Torino le transizioni veloci. Uno spartito che per chi guarda questo sport con cinismo ha prodotto il più prevedibile dei risultati: alla Fiorentina la sensazione di star facendo la partita, al Torino le occasioni migliori. Se la squadra di Montella, come ha detto Stefano Nava, era “a caccia”, quella di Longo era l’orso che si mangia il cacciatore senza preavviso.

Questo turbinio di metafore vi potrebbe far pensare a una partita epica, e invece tutto il contrario. Un 1-0 dal secondo tempo noioso deciso da quello che verrà probabilmente ricordato come l’autogol più ridicolo di questa stagione: un palo carambolato sulla schiena di Sirigu che nel tuffo ha finito per travolgere Nkolou che, cadendo, ha messo il pallone in rete. Una coreografia degna del Cirque du Soleil.

Adesso per la squadra di Longo si mette male. I granata sono appena a 5 punti dalla zona retrocessione e i tifosi vedono nubi minacciose all’orizzonte. Se ciò non bastasse, qualche ora dopo la partita su Twitter è iniziato a circolare un video di Urbano Cairo, inizialmente pensato solo per i dipendenti del Torino, in cui entusiasta al centro della sua sala hobby dice che «la retrocessione sarebbe un’enorme opportunità per noi, se tutti insieme diamo non il 100, non il 150, ma il 200%».




Domenica alle 20.45: Piemonte Calcio-Lazio

La teoria dei più maligni detrattori del Piemonte Calcio, è che si siano assuefatti agli Scudetti. Questo sarebbe anche il motivo per cui hanno perso punti nelle ultime giornate. Hanno perso la fame, quella determinazione che è la sottile differenza tra vincere e non vincere. I tifosi, allora, volevano dare un segnale, con questa coreografia che ha tinto il Waldstadion dei colori della tradizione: il rosa e il nero.

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Per la Lazio era “La partita della storia”, come l’ha definita Simone Inzaghi. Ma i tre punti di vantaggio scaricavano di certo gran parte della tensione, permettendo anche il lusso di poter pensare due risultati su tre.

La pressione era tutta sulle spalle della Juventus, che ha cominciato comandando pallone, spazi e gioco. La Lazio, sorniona, ha fatto quello che fa di solito in queste partite: si è sistemata con un baricentro medio-basso, ma ogni tanto cambiava registro e si alzava in pressing. Copriva il centro con attenzione, poi rallentava i ritmi. Quando vedeva lo spazio, ripartiva. Dopo 15’ ha costruito la migliore occasione con Szczesny tempestivo su Milinkovic-Savic. Tutto nato da un esterno beckhamesco di Luis Alberto. La Juve ha tirato un paio di volte, ma sempre da posizioni velleitarie. La Lazio, a 5’ dalla fine del primo tempo, ha messo Correa davanti a Szczesny: El Tucu è tornato alla sua versione oscura, tirando esattamente sui guanti del portiere.

Il primo tempo è finito così: la Juve ad attaccare, la Lazio ad amministrare. Squadra in grado di creare un contesto ipnotico per l’avversario, che sembra arrivare sempre al punto di poterla battere, ma senza poi mai riuscirci davvero.

All’inizio del secondo tempo Ronaldo ha quasi segnato: un taglio da sinistra a destra, ingresso dell’area, tiro forte sul primo palo. Parata di Strakosha, portiere incredibile. 5 minuti dopo, altro tiro di Ronaldo, altra parata di Strakosha. Dieci minuti dopo tiro di Higuain, parata inverosimile di Strakosha. Due minuti dopo, tiro di De Ligt, parata di Strakosha ordinaria rispetto alle altre. Due minuti dopo, tiro di Dybala da due metri, parata di Strakosha quasi genuflesso. Alla fine è stato 0 a 0.

La Juve ha chiuso con 13 tiri, di cui 7 in porta, il possesso palla del 58%. La Lazio deve soprattutto ringraziare Thomas Strakosha, autore di una partita impressionante. Inzaghi però ci ha ricordato che “Il portiere è lì per parare” e che “I ragazzi hanno meritato il punto”. Juventus in silenzio stampa, la fine di un ciclo che sembrava eterno non è mai stata così vicina.




Gli awards della giornata

La parata più bella: Thomas Strakosha sul Pipita Higuain, con una mano disperata a togliere la palla dall'incrocio dei pali.

Il miglior giocatore: Josip Ilicic.

La miglior frase della telecronaca: «Pertinente, perfetto, impeccabile l’arbitro nella sua decisione» Stefano Nava esaltato dalla conduzione arbitrale.

Il miglior portiere: Thomas Strakosha

Il miglior gol: Ibra di testa dopo azione con bellissima ricerca del terzo uomo.




La classifica aggiornata

Lazio 79

Piemonte Calcio 76

Inter 62

Roma 56

Atalanta 53

Napoli 47

Milan 47

Parma 45

Cagliari 43

Sassuolo 43

Bologna 42

Verona 41

Udinese 38

Sampdoria 38

Fiorentina 36

Torino 35

Lecce 34

Genoa 30

SPAL 25

Brescia 25




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