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La Serie A del mondo parallelo, vol. 5
13 apr 2020
13 apr 2020
La Serie A prosegue su FIFA, e non mancano le sorprese ;)
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La Serie A è ferma ma noi non ci arrendiamo e da ormai un mese la mandiamo avanti su FIFA 20, come fosse un mondo parallelo in cui l’emergenza del Coronavirus è passata e possiamo tornare a concentrarci sulla nostra passione per le parate ingessate di Olsen e la maestria registica di Gaston Brugman.

Nella Serie A del mondo parallelo continua col duello serrato per il campionato tra Juventus e Lazio, che si sono lasciate ormai indietro un’Inter sempre più in crisi, che ha perso la propria identità e marcisce dentro uno spogliatoio con più intrighi di SKAM. La squadra di Conte è riuscita a perdere persino contro il Verona: una squadra rimasta con la testa al multiverso di prima. Questo, lo sappiamo, è un universo che non perdona.

È ironico che il Verona abbia vinto grazie anche a una prestazione ciclopica di Amrabat a centrocampo: già venduto alla Fiorentina, una squadra che sento sul collo il fiato mortifero della retrocessione.

Cos’altro segnalare? Il crollo del Genoa in casa contro il Napoli, con Milik in versione vanbastenesca; l’eroica vittoria della Roma contro il Parma, dopo due punti nelle ultime tre partite; il pareggio zero a zero tra Sassuolo e Bologna, definita da Sports Illustrated “Una delle partite più noiose del calcio contemporaneo”.

Poi, ovviamente, la doppietta dell’eterno Quagliarella: leggenda che non riesce a risentire i salti da una dimensione spaziotemporale diversa e continua a fare quello che ha sempre fatto: gol titanici mai seguiti da un’esultanza.

Ma va bene adesso andiamo a vedere cosa è successo nella nuova giornata. Prima vi ricordo però le regole della casa: abbiamo simulato condizioni meteo e orari di gioco (secondo una calendarizzazione fatta da noi ma che prova a seguire i normali criteri della Serie A). Abbiamo settato due tempi da 6 minuti e tenuto “campione” come difficoltà. Abbiamo però abbassato leggermente la capacità dei portieri e alzato la precisione dei tiri degli attaccanti. Il realismo di FIFA ha finito infatti per far diventare il gioco più noioso della realtà e ci è voluta una spintarella per non far finire tutte le partite zero a zero, in un delirio utopico uscito dalla testa di Brera. Per quanto riguarda le formazioni, purtroppo, non abbiamo potuto fare scelte: se lasci che sia il computer a giocare vuole il diritto a scegliersi la sua formazione, e mi pare giusto.

Sempre un caro saluto a Matteo Barzaghi, interpellato da Pierluigi Pardo solo per sapere quanto manca alla fine: un professionista ridotto a orologio vivente.

Venerdì alle 18: Cagliari-Lecce 1-4

È sulla bocca di tutti oggi e quindi tanto vale mettere subito tutto sul tavolo: Filippo Falco dovrebbe essere convocato in Nazionale? A guardare la sua prestazione contro il Cagliari sembrerebbero non esserci dubbi: un gol, un assist e diverse ricezioni tra le linee che hanno mandato in tilt una difesa del Cagliari che è sembrata davvero troppo passiva (tra cui quella che ha portato al temporaneo 1-3). Allo stadio G.Lopes il trequartista del Lecce sembrava planare sull’erba con le sue conduzioni raffinatissime, spaccando la partita già dopo pochi minuti dal fischio d’inizio. E questo senza contare l’incredibile parata con cui Olsen gli ha negato una doppietta che avrebbe fatto esplodere la Falcomania ancora di più.

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«Se Caputo potrebbe essere il nuovo Totò Schillaci», ha detto Liverani a fine partita, citando una recente frase di De Zerbi «Allora non vedo perché Falco non potrebbe essere il nuovo Roberto Mancini». Un parallelismo ardito che ha mandato in cortocircuito il cervello a tutta la platea non solo per l’azzardato confronto tecnico, ma anche perché per un momento sembrava stesse proponendo il suo numero 10 come nuovo commissario tecnico della Nazionale.

Adesso però tutti ne parlano e tutti lo vogliono. Rumor di mercato impazziti lo hanno affiancato nelle ultime ore a Napoli, Roma e Siviglia. Filippo Falco: un nome da segnarsi per il futuro, non solo del Lecce, che venerdì ha fatto un grande passo verso la salvezza, ma anche della nostra Nazionale.




Venerdì alle 20.45: Napoli-Milan 1-1

Il Milan aveva approcciato benissimo questo campionato nel multiverso, ma poi si è via via spento. Il suo gioco si è inaridito, i suoi giocatori migliori un mese fa - Calhanoglu, Ibra, Rebic - si sono appassiti. Al Milan non è rimasto che aggrapparsi allora alle parate buggatissime di Donnarumma.

Il Napoli, invece, viene da una vittoria contro il Genoa in cui ha srotolato tutto il proprio repertorio offensivo. Dire che Gattuso ha fatto il pompiere è un eufemismo: «A me che i gol so 4 o 1 fa poca differenza, conta l’atteggiamento della squadra e c’ho visto poco atteggiamento nella partita col Genoa». Un modo per caricare i suoi in vista di questa partita? Una partita che Gattuso, possiamo immaginare, sente particolarmente.

Gattuso veniva rimproverato di poca ambizione al Milan, ma sono stati proprio i rossoneri, ora, a mettersi in un assetto difensivo piuttosto passivo, che lasciava grande spazio ai centrocampisti del Napoli.

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La squadra di Pioli si sistema su un blocco medio-basso. I centrocampisti del Napoli possono ricevere e giocare a palla scoperta.

In questa situazione potete già immaginare cosa è successo nel primo tempo. Il Napoli ha tirato verso una porta per sua sfortuna difesa dal padreterno in persona. Un padreterno nato a Castellamare di Stabia e affetto da gigantismo; e poi un padreterno nelle sembianze del palo che ha negato il gol.

«I 3 minuti di recupero sono tutto quello che si aspettavano qui» ha dichiarato l’esperto di aspetti cronometrici del calcio, Matteo Barzaghi.

E all’ultimo dei questi tre minuti è arrivato la più classica punizione per i gol sbagliati: il Napoli si fa infilare alla sua sinistra e sul cross di Rebic la difesa del Napoli si è lasciata schiacciare verso Ospina. Ibra invece si è staccato leggermente all’indietro, e con una volè ha segnato il gol dell’1-0. Decisiva anche la deviazione di Koulibaly: il suo periodo sfortunato sembra non poter finire.

Nel secondo tempo il Napoli è andato lentamente in pezzi, finché non è arrivato il più improbabile dei gol. Lorenzo Insigne detto “Il Magnifico”, lasciato un po’ troppo libero, ha provato il suo tiro a giro #874. La palla ha preso quel tipo di traiettoria impossibile per i portieri, girando a largo della porta per poi rientrare appena in tempo per finire in rete. Magari il Milan si era fidato troppo dello spirito velleitario di Insigne: come avrebbe potuto superare il buggato Donnarumma con quei tiretti a giro?

Dopo il gol Insigne si è messo in piedi sul cartellone pubblicitario. Ha guardato il pubblico con aria truce, le braccia incrociate sul petto. Così si risponde alle critiche.

Ma Pardo nota giustamente: «Con un giocatore così bisogna andare sempre molto attenti nella marcatura».

L’1-1 forse rimane stretto al Napoli (7 tiri contro 4), ma avere un portiere forte è un merito che non ha a che fare con la fortuna, o no? La notizia è che Gattuso a fine partita era contento: «Mi prendo di più questo pareggio che quella vittoria fasulla col Genoa. Oggi ho visto dei veri uomini».




Sabato alle 12.30: Parma-Bologna 0-0

Giornata di sole a Parma, come un po’ in tutto il resto d’Italia - giornata di alberi in fiore, di profumo di gelsomino per le strade, di voglia di mare, vino bianco e spaghetti con le vongole. Giornata in cui si pensa che sarebbe perfetto giocare a calcio ma solo se il calcio vale davvero la pena per distrarsi da tutto questo.

Parma-Bologna ne è valsa la pena? No. E quindi cosa rimane ai tanti tifosi che hanno riempito l’Arena D’Oro e a noi che l’abbiamo vista casa? Questo:

  • Brugman come al solito incubo dei difensori con i suoi tagli alle spalle della difesa avversaria e subito pericoloso con un tiro ravvicinato;

  • La spettacolare sforbiciata con cui Gagliolo ha deciso di eseguire un semplice passaggio orizzontale a centrocampo metà primo tempo (prestazione frizzante la sua: al 70esimo del secondo tempo anche un tiro pericoloso da buona posizione finito di poco a lato);

  • Il colore irreale del quarto uomo, che forse ha risentito più di tutti questo lungo periodo di quarantena a casa;

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  • Pardo che pronuncia Medel all’inglese, mettendo l’accento sulla prima E, in maniera simile a “medal”;

  • La grande prestazione di Colombi, soprattutto nel secondo tempo, che ha spento qualsiasi possibilità che la partita si accendesse con un gol.

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Grazie Colombi.


Sabato alle 15: Fiorentina-Verona 0-2

A un anno di distanza dalla sofferta e angosciosa salvezza raggiunta con Montella, su Firenze aleggiava di nuovo pesantemente l’ombra della Serie B. E questo nonostante l’entusiasmo di Pierluigi Pardo, che invece sembrava raggiante di poter vivere questa partita: «Siamo nella città più bella del mondo, nella culla del Rinascimento!». Nella culla del Rinascimento era arrivato però il Verona di Juric, un po’ l’equivalente per la Serie A degli inquietanti demoni con la faccie animalesche disegnati da Pieter Huys, e che per di più veniva dalla convincente vittoria inflitta all’Inter di Conte.

Che sarebbe stata una giornata da incubo lo si era capito già alla fine del primo tempo, quando la squadra di Iachini era riuscita ad evitare miracolosamente lo svantaggio per diverse volte consecutive in un rimpallo furioso in area dopo una clamorosa traversa colpita da fuori area da Zaccagni.

La prima frazione di gioco si era conclusa con 8 tiri di cui 5 in porta per il Verona, e con grandi sospiro di sollievo tra i tifosi viola. Il peggio, però, doveva ancora arrivare. All’inizio del secondo tempo la doccia fredda: Zaccagni sfrutta una disattenzione di Milenkovic per sfilargli alle spalle e mettere il pallone in rete da pochi metri, dopo una bella azione costruita sulla fascia destra. Poi i fischi per Castrovilli, ancora una volta inconsistente, uscito al 52esimo per Duncan, e il miracolo di Silvestri su Chiesa a preparare lo 0-2. Un tap-in facile di Verre dopo una respinta sfortunata di Caceres su un tiro di Stepinski.

La Fiorentina è uscita tra i fischi assordanti dello stadio e adesso ci si chiede quanto durerà ancora Iachini sulla panchina viola. Dopo la partita, ai microfoni di Sky Sport, Rocco Commisso non ha voluto fare il suo nome ma non è andato troppo per il sottile: «Non mi piace essere preso in giro, ok? Non sono mica venuto in Italia per suonare l’inno della Fiorentina con Nardella, eh».




Sabato alle 15: Brescia-Roma 0-3

Era la partita della vita per Fonseca: secondo molti, a Roma, se avesse perso sabato contro il Brescia sarebbe stato esonerato, con James Pallotta già con un accordo sul tavolo per un ritorno di Luciano Spalletti - l’unico allenatore di cui si è mai fidato veramente. Sulla panchina del Brescia, invece, gli esoneri erano già arrivati e la fu squadra dei “tre tenori” adesso era allenata dal solo Corini.

Alla Roma tremavano le gambe. Le azioni stentate, gli errori nelle scelte, l’approssimazione tecnica, sembravano frutto della tensione accumulata in queste settimana. Dell’ “ambiente romano”, insomma. A sbloccare la partita ci è voluta allora un’alzata di genio del suo calciatore migliore, nonché più carismatico. Alla mezz’ora Edin Dzeko ha ricevuto una palla apparentemente innocua spalle alla porta. Era a limite dell’area e un numero di opzioni limitate; finché Pellegrini si è inserito nel buco che si era aperto alle sue spalle, e Dzeko lo ha servito con un colpo di tacco alla Guti.

(Al 45’, poco dopo aver annunciato il minuto di recupero, Matteo Barzaghi si è lasciato andare alla prima considerazione tecnica della sua carriera nel multiverso: “devono rimanere concentrati fino alla fine”).

Come succede sempre in questi casi, il gol ha rotto un equilibrio sottile. Il secondo tempo non ha fatto in tempo a ricominciare che la Roma aveva già segnato il secondo gol, con Under che raccatta la respinta goffa del portiere proprio sulla riga, segnando di testa un gol goffissimo.

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Tutta la grinta e la determinazione di Cengiz Under mentre segna sulla riga di porta. Bel ragazzo, peraltro.

Nel frattempo compariva uno striscione polemico della curva del Brescia nei confronti di Balotelli: “Non ti contestiamo perché sei di colore ma perché sei una pippa senza onore”.

La mano destra di Joronen è ciò che si è frapposta tra Cristante e il gol del tre a zero.

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Sullo sfondo dello stadion 23 maja di Brescia i comignoli delle fabbriche: l’immagine del cuore lombardo del tessuto industriale del paese. Quello che non si ferma.

La partita era finita, l’unica domanda rimasta a 20’ dalla fine era: “Persino Pastore troverà Gloria nella strada per Brescia?”.

La gloria la troverà Dzeko da calcio d’angolo: curioso che l’ultimo gol della Roma da calcio d’angolo risaliva proprio alla partita d’andata contro il Brescia. Il tre a zero, diciamocelo, è umiliante: umilianti sono i tocchetti della Roma, la pettinata di suola di Pastore, il passaggio di piatto un po’ snob. Umiliante è persino il tiro troppo violento di Dzeko, la sua esultanza sfrenata, di certo sopra le righe.

Va così. Se a Roma volevano un segnale che la squadra era ancora tutta con Fonseca, beh, l’hanno avuto.




Sabato alle 15: Genoa-SPAL 1-2

Credo di capire a cosa si riferiva Stefano Nava quando diceva “vogliamo spettacolo”, pur in una di quelle classiche partite di Serie A in cui le squadre giocano con i pantaloncini bagnati dalla paura.

Al tiro di Simone “Missile” Missiroli che calcia con le tre dita brasiliane e impegna Perin a un miracolo ridicolo.

All’azione dell’1-0 della SPAL dopo una ricerca scientifica del terzo uomo, e un Perin a dire il vero un po’ piantato nell’occasione.

Al tatuaggio che Sanabria ha dedicato alla sua ragazza, BRIGIDA. Un tatuaggio che Sanabria si è fatto dopo il covid-19 visto che prima non ce l’aveva.

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Il contropiede da “Grifone Meccanico” che ha portato al gol del pareggio di Sturaro, con la difesa della SPAL che si è semplicemente scordata di difendere.

L’assist di esterno di Di Francesco per D’Alessandro nel gol dell’1-2. Alla Modric.

Il ribaltamento improvviso al 66’, con gol sbagliato da D’Alessandro seguito dal gol sbagliato di Iago Falque. Forse il momento in cui si è davvero decisa questa partita.

La citazione di Di Francesco all’83’ del gol di Totti al derby di qualche anno fa, con una leggera spaccata su un cross un po’ troppo lungo.

Federico Di Francesco in generale, “El genio del futbol mundial”.

Il gol pazzesco sbagliato da Sanabria all’ultimo minuto, all’ultimo scatto, all’ultimo respiro. Seguito dalla solita polemica apocalittica sul rigore negato al Genoa (la palla era o no ancora nella disponibilità di Sanabria? Pronunciatevi nei commenti). Un’azione in cui Tomovic si è speso in un salvataggio così disperato da causargli un infortunio.

La SPAL aveva meno da perdere: si è visto da come ha approcciato la partita e da come ne ha governato i momenti più complicati. La salvezza ha ancora la forma delle cose impossibili, ma vincere questa partita era l’unica cosa da fare per tenere viva la fiammella della speranza.




Sabato alle 15: Udinese-Sampdoria 0-0

Preferite il 3-5-2 prussiano di mister Luca Gotti o il 4-4-2 burocratico di Claudio Ranieri? Il sinistro dolce di Gabbiadini o l’approccio greco-romano al calcio di Stefano Okaka? La cultura mitteleuropea di Udine o quella marinara di Genova? La generosità di Thorsby o quella di Fofana? La faccia perfettamente italiana di Quagliarella o quella di Mandragora?

Udinese-Sampdoria era uno scontro tra filosofie e culture diverse.

No, non è vero. È stata una partita mediocre tra due squadre che sembravano non aver voglia di giocare manco nella realtà virtuale. La possibilità che si potesse segnare un gol è sfumata sul palo di Okaka e su uno di Stryger Larsen in estemporanea proiezione offensiva, che ha tirato di piatto come se avesse delle flaccide fettine di pollo al posto dei piedi. Per il resto tanti contrasti sporchi, lanci lunghi e sbilenchi, seconde palle, passaggetti conservativi, cross che somigliano a preghierine poco convinte.




Sabato alle 15: Lazio-Sassuolo 2-1

Questa Lazio non muore mai. Il Sassuolo non era certo venuto allo Stadio Olimpico a fare la vittima sacrificale e soprattutto nel primo tempo ha messo molto in difficoltà la squadra di Inzaghi. Fondamentale il genio tattico di De Zerbi: a mandare in tilt i meccanismi difensivi biancocelesti è stata soprattutto l’inusuale posizione di Traoré, schierato da trequartista puro, con il compito di inserirsi in verticale e sbriciolare così la solidità difensiva avversaria.

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Proprio gli inserimenti di Traoré avevano propiziato quello che sembrava essere un dominio del Sassuolo: prima un gol annullato, poi il vantaggio, sempre a firma del solito, immenso “Ciccio” Caputo.

Proprio quando per il Sassuolo sembrava potesse andare tutto bene, però, ecco il ritorno della marea biancoceleste. Tra la fine del primo tempo e l’inizio del secondo la squadra di Inzaghi ha ribaltato totalmente il piano della partita, con quella forza magica che quest’anno sembra appartenergli. Piuttosto stupefacente il 2-1 di Luis Alberto, nato da un rimbalzo impazzito al limite dell’area e concluso con una coordinazione assurda dello spagnolo che a molti ha ricordato il gol di Zidane in finale di Champions contro il Leverkusen.

A quel punto la diga si è rotta ed è stata inondazione Lazio. Un susseguirsi di azioni spettacolari che ha portato Pierluigi Pardo a elogiare il lavoro di Inzaghi, «altra scommessa vinta dal presidente Lotito». Il profetico telecronista ha persino anticipato un incredibile colpo di scena sventato per un pelo nel finale: nessuno aveva capito esattamente a cosa si riferisse quando aveva definito «sostituzione fondamentale per provare a cambiare i binari di questa gara» il cambio tra Magnanelli e Locatelli al 72esimo. Eppure proprio un tacco geniale del professore del centrocampo del Sassuolo ha messo all’ultimo minuto Boga a tu per tu con Strakosha, che è dovuto tirare fuori un riflesso miracoloso per evitare il 2-2.

A 20 anni esatti dall’ultimo scudetto, a Formello si torna a sentire profumo di trionfo.




Sabato alle 18: Inter-Torino 0-0

L’Inter riuscirà mai a vincere una partita? Da quando il campionato è ripreso, dopo la lunga sosta pandemica, la squadra di Conte ha messo insieme 3 sconfitte e 1 pareggio. Per di più dentro a un calendario comodo. Il dibattito è stato il solito, velenoso: «Questa squadra non è pronta. Barella fino a tre mesi fa giocava al Cagliari, Sensi al Sassuolo, Lautaro in Argentina non mi ricordo manco dove. Con tutto il rispetto per l’Argentina. Questi giocatori devono ancora imparare a vincere» ha detto Conte. «Ma ci vogliono i campioni pronti per battere Brescia, Bologna e Parma?» di chiedeva Luigi Garlando su Gazzetta.

Contro un Torino sempre piuttosto remissivo, l’Inter ce l’ha messa tutta, ma dopo la prima volta che il “Toro” si è affacciato in avanti si è spaventata. Il palo di Belotti poteva essere il segno della crisi nervosa dell’Inter, oppure il pretesto per girare l’inerzia della gara.

Era la prima. 5 minuti dopo Asamoah ha commesso un fallo da rigore 1 centimetro dentro l’area di rigore. Per sua fortuna in porta c’è Handanovic, cioè il miglior para-rigori sul pianeta: quarantesimo rigore parato su 108 che gli hanno tirato contro.

Poco dopo Lukaku ha avuto sul suo sinistro il gol della beffa. Ma il Torino ha la porta difesa da un altro grande portiere.

Sirigu ha cominciato a perdere tempo già dal 50’, dimenticandosi forse che nel mondo post-pandemico è stato introdotto il tempo effettivo. Poco prima dell’ora di gioco è entrato Sanchez, altro giocatore, come Eriksen, che deve ancora rivelarsi nel sottile spartiacque tra “esperto” e “bollito”. Se volete una risposta lo stato della carriera è questo: essere controllato da Ola Aina senza troppo affanno.

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L’Inter ha chiuso col 61% di possesso palla e 10 tiri, ma vi ricordate qualcuno di questi davvero pericoloso?

Mentre su Twitter serpeggia l’hashtag #ConteOut il tecnico si è detto tranquillo: «La pressione la sente l’operaio che deve arrivare alla fine del mese, non Conte Antonio, che di mestiere fa l’allenatore dell’Inter. Se al Signor Conte non piaceva la pressione poteva andare a lavorare in banca». Segue polemica interminabile da parte del FABI (federazione autonoma bancari italiani).




Sabato alle 20,45: Piemonte Calcio-Atalanta 3-1

La Serie A è stata sull’orlo di un nuovo caso Iuliano-Ronaldo. Al minuto 48, sull’1-0 per il Piemonte Calcio, su una palla vagante in area Ilicic nel tentativo disperato di recuperarlo è entrato a piedi uniti mentre De Ligt gli si avvitava intorno nel remake di una mossa di wrestling. Una coreografia più di un intervento di gioco, eppure l’arbitro Filippo Giacoletti è stato irremovibile: calcio di rigore. Visto che non amiamo commentare più di tanto gli episodi arbitrali ve lo lasciamo giudicare con i vostri occhi: vi sembra rigore questo?

Per fortuna il Gioco ha i suoi Re, e il Re questa sera era ovviamente lui: Cristiano Ronaldo. Tre gol, un incrocio dei pali che rimbomberà a lungo nel cervello di Gollini, e infiniti colpi di classe. Come ha detto Pierluigi Pardo: «Cristiano Ronaldo non perdona mai», evidentemente non solo gli avversari, ma anche il protagonismo di alcuni arbitri.

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A fine partita CR7 era raggiante, «G-A-S-A-T-O» come ha detto Stefano Nava, e con il pallone sotto il braccio, mentre usciva dal campo, è andato a fare il gesto del tre a Ilicic, che aveva osato fare un cucchiaio nella casa del Re. Gasperini non l’ha presa bene: «Evidentemente non è un campione come si dice, se fa queste cose». Interrogato su questa dichiarazione, Sarri non se l’è fatto ripetere due volte e ha risposto piccato: «Stasera non abbiamo faticato molto, evidentemente devono fare ancora strada per diventare grandi. Forse ha ragione il presidente Agnelli quando dice che non dovrebbero andare in Champions League». Cosa sarebbe la Serie A senza polemiche a fine partita? E pensate se quel rigore avesse influito sul risultato finale.




Gli awards della giornata

La parata più bella: Strakosha su Boga, in Lazio-Sassuolo

Il miglior giocatore: Cristiano Ronaldo

La miglior frase della telecronaca: «Sembra una mossa studiata a tavolino, una specie di guerra di nervi», Stefano Nava commenta l’ingresso in campo di Strefezza.

Il miglior portiere: Thomas Strakosha

Il miglior gol: Luis Alberto vs Sassuolo con la girata al volo.




Classifica

Piemonte Calcio 75

Lazio 75

Inter 59

Roma 53

Atalanta 50

Napoli 45

Milan 43

Parma 43

Cagliari 42

Bologna 41

Sassuolo 39

Verona 41

Udinese 37

Torino 34

Sampdoria 34

Fiorentina 32

Lecce 32

Genoa 28

SPAL 24

Brescia 19




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