Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
La redenzione di Michael Vick
06 ago 2015
Morte e resurrezione di uno dei talenti più controversi del football americano.
(articolo)
27 min
Dark mode
(ON)

9 novembre 2014. I Jets stanno schiantando inaspettatamente i Pittsburgh Steelers che sono alla ricerca della settima vittoria stagionale su dieci partite. Si capisce che non è giornata per Big Ben Roethlisberger e compagni quando il ricevitore Antonio Brown, solo 2 fumble in carriera, finisce il primo tempo con altrettanti sanguinosi errori a referto. Geno Smith da qualche settimana non è più il quarterback titolare, Michael Vick si è guadagnato il posto da starter e ha squarciato la difesa degli Steelers con una giocata pazzesca delle sue: play action e lancio da 67 yard in direzione TJ Graham che si invola a pochi passi dall'endzone. A 33 anni non è più il giocatore di una volta ma il talento a sprazzi emerge ancora, come il rammarico per non essere mai diventato il quarterback che avrebbe potuto.

Mancano solamente una trentina di yard al traguardo. Secondo e 11 al limite della red zone avversaria. Vick fa un five step drop, guarda il campo e decide di partire nel suo tipico scramble. Prima evita il tackle disperato del defensive end Cam Thomas, poi guarda il varco sulla destra e si invola. Dopo aver corso 10 yard in libertà affronta il defensive back Brice McCain, un paio di finte, cambio di direzione e il 27enne cade a terra: ankle breaker in stile Allen Iverson quando si trova di fronte Michael Jordan nel suo anno da rookie.

Vick finisce la sua corsa ad appena 3 yard dalla end zone e un timido MetLife Stadium esplode nel secondo boato di giornata. La stagione dei Jets è stata avara di soddisfazioni ed emozioni fin qui. Il progetto di Rex Ryan è arrivato al capolinea e dopo appena 10 settimane la casella delle sconfitte stagionali presenta il suo conto salato: 8. Un disastro, l’ennesima stagione da buttare.

Ora mancano meno di una decina di yard al traguardo. Terzo quarto, Jets avanti di 14, secondo e 6 sulle 40 yard avversarie. Vick riceve palla in shotgun e finta la consegna al running back Chris Ivory che vola a bloccare il linebacker Lawrence Timmons. Timmons rompe il blocco abbastanza facilmente e il blitz degli Steelers permette anche al linebacker James Harrison di sfuggire agevolmente al left tackle dei Jets. Vick si trova così scoperto nel backfield e decide, braccato da due esperti LB, di partire nell'ennesimo scramble della carriera. Supera la linea di scrimmage, chiude il down e conclude la sua corsa dopo 18 yard sulle 25 avversarie.

Con questa azione raggiunge quota 6000 yard percorse in carriera, primo e unico quarterback della storia a raggiungere un traguardo simile. Ma è anche, probabilmente, l'ultima magia di una carriera altalenante, di uno dei giocatori e dei personaggi più affascinanti e controversi della storia sportiva americana.

667

Michael Vick nasce e cresce dentro la unità 667 della casa popolare del Ridley Circle a Newport News, Virginia. O come veniva chiamata ai tempi NewportNam, un triste neologismo nato dall'incrocio di Newport e Vietnam. L'East End è zona di grande violenza, sulla strada chiunque può essere sotto tiro se si trova nel posto sbagliato nel momento sbagliato. D'estate, dormendo con le finestre aperte, non era insolito sentire almeno uno sparo a notte. Un ambiente talmente comune negli Stati Uniti che Michael, come tanti ragazzi della sua età e condizione sociale, cresce accettandone la “normalità”, diventando immune alla violenza che lo circonda. Ma la violenza era reale e anche le sue conseguenze. Mike perde in giovane età un suo carissimo amico, Abdullah McClane, coinvolto in una sparatoria mentre sbrigava delle commissioni. Appunto, nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Quel giorno la sua vita cambiò. La violenza non era solo uno scomodo vicino di casa ma una minaccia reale e bisognava trovare una via di fuga dal Ridley Circle e l’unica possibilità era il football.

Fin dall’adolescenza il football gli ha permesso di tenersi alla larga dai guai.

Iniziò giocando tight end, una posizione che però non gli andava a genio. Era un buon ricevitore ma non gli piaceva granché il contatto e non sapeva bene cosa dover fare in campo. Passò presto al ruolo di quarterback , segnando un touchdown al primo passaggio effettuato. Mike ricorda solo di aver lanciato la palla il più lontano possibile verso il suo amico Corey Barnes e che un attimo dopo erano tutti a festeggiare con lui. Un segno del destino e un’emozione che fu come una droga.

Quando cerchi di arrivare così lontano non è solo il football a salvarti, nonostante la costante sfortuna di circondarsi di ragazzi poco raccomandabili, Mike deve molto alla sua famiglia. A sua nonna Caletha, a sua madre Brenda e a suo padre Michael. Nonostante l'assenza e i problemi di alcol e droga di quest'ultimo, Mike era uno dei pochi ragazzi del quartiere che poteva vantare di avere un nucleo familiare completo. Il suo migliore amico Jamel Wilson non faceva che ricordargli: «hai tutto ciò che noi altri sogniamo».

Eppure la presenza del padre in casa era evanescente e Mike ha dovuto cercare le attenzioni paterne al di fuori del nucleo familiare. La figura più importante è stata coach Tommy Reamon, ex running back con fugace apparizione nei Chiefs a metà anni '70, che prese Mike sotto la sua protezione. Reamon pagò a Mike il camp alla University of Virginia, accompagnandolo personalmente ogni giorno al campus, distante 2 ore di macchina. Un'esperienza che, a detta di Vick, lo ha catapultato a vivere il football su un altro livello.

«Mike hai la possibilità di lasciare questo quartiere» gli ripeteva sempre coah Reamon che qualche anno prima aiutò suo cugino Aaron Brooks (QB dei Saints prima dell'arrivo di Brees) a trovare una borsa di studio e si ripromise di farlo anche con Mike.

887

Nonostante non sia mai arrivato a giocarsi le finali statali, Vick finì ugualmente sui taccuini di numerosi college. Le visite ufficiali furono a Clemson, East Carolina, Georgia Tech, Syracuse e Virginia Tech, tutte effettuate al fianco del suo mentore. Clemson gli offrì il ruolo da starter, Syracuse scomodò addirittura Donovan McNabb per convincerlo ma la vicinanza a casa di Virginia Tech e l'ambiente familiare instaurato nello spogliatoio da coach Beamer ebbero la meglio.

Quello che non garantiva Tech però era una maglia da titolare. Passò il suo anno da true freshman a imparare dietro al senior QB Al Clark, a introiettare il ritmo di vita NCAA tra studio e sala pesi (guadagnò 10 kg di muscoli) e a studiare tattica. Ogni giorno un'ora e mezza prima dell'allenamento lui e l'offensive coordinator Rickey Bustle si trovavano nella filmroom. Imparare a leggere le difese prima di imparare a far girare l'attacco, questa era la filosofia.

Mike aveva fatto immensi passi in avanti nella comprensione del gioco, nella struttura fisica, nell'atletismo (arrivo a correre le 40 yard in 4.25 secondi), nella leadership e nella mentalità e vinse senza problemi la maglia da titolare nella sua stagione da redshirt freshman. Non si voltò più indietro. 11-0 in stagione, terzo nella corsa al Heisman Throphy (davanti a gente come Drew Brees e Chad Pennington) trascinando i suoi Hokies fino alla finale nazionale. Lo stesso giocatore che 2 anni prima non riuscì nemmeno ad arrivare a giocare le finali dello stato della Virginia, si ritrova a guidare una corazzata imbattuta sul più grande palcoscenico collegiale. Qui purtroppo Florida State annientò Virginia Tech 49-26 nonostante una buona prova di Mike che agli ESPYs venne poi premiato come National Player of the Year. Si tratta di uno dei leitmotiv della sua carriera, ricca di soddisfazioni personali ma avara di vittorie di squadra. Si chiuse comunque la migliore stagione della storia degli Hokies che permise a Mike di finire sotto i riflettori nazionali. Mike era una macchina da highlights, un giocatore così eccitante e così atipico, un quarterback che stava portando all'estremo il concetto di dual-threat. Corridore eccezionale, gran potenza di braccio e un rilascio di palla potente e fulmineo. E davvero poco nel mezzo.

Nella sua stagione da freshman ebbe così tanta esposizione mediatica che qualche mese dopo i Colorado Rockies, squadra della MLB, lo scelsero al draft del 2000 con la chiamata numero 887. Peccato che nessuno avesse visto giocare Mike a baseball dai tempi delle medie. Questo fu un ulteriore riconoscimento per il suo strabordante atletismo.

Il suo anno da sophmore iniziò però sotto grande pressione: tutti si aspettavano grandi cose da lui, oltre che dalla squadra. Ora l'obiettivo dichiarato era diventato l'Heisman Throphy e l'università arrivò ad imbastire un imponente carrozzone mediatico per appoggiare la sua candidatura. Questo danneggiò il suo ego e il suo gioco: Mike cominciò a giocare prima per sé stesso che per la squadra, che nonostante tutto vinse le prime 8 partite e conquisto il #2 nella classifica nazionale. Gli Hokies erano vicini alla partecipazione al loro secondo BCS Championship consecutivo, quando a fine ottobre incontrarono la non classificata Pittsburgh nel loro cammino. Nel secondo quarto, allungando la giocata, Mike si infortunò alla caviglia e dovette uscire dal campo. Per cercare una giocata utile solo alle statistiche e, nemmeno a dirlo, alla corsa al Heisman Throphy Vick mise in discussione una intera annata. La squadra vinse comunque contro i modesti Panthers ma la settimana seguente gli Hokies dovevano sfidare Miami, #3 del ranking. Senza Vick gli Hurricanes vinsero senza troppi problemi, spezzando in un solo colpo la stagione di Virginia Tech (che finirono al #5 nel ranking finale, battendo poi Clemson al Gater Bowl con Mike MVP) e la corsa al Heisman di Vick (finì solo sesto).

Mike voleva vincere a tutti i costi l'Heisman per festeggiare a NewportNam con la sua gente, ragazzi che cercano una speranza, un Gesù Nero, e che vanno a dormire sognando di lasciare il quartiere prima o poi, ma ogni giorno si ritrovano sulle stesse panchine tra i guai di zona. Questa ossessione non fece altro che aumentargli la pressione attorno. Ma Mike ha preso il cruciale infortunio come un segno del destino: «l’infortunio è arrivato perché avevo messo la corsa all’Heisman davanti a tutto, ero concentrato solo su me stesso».

Fu tutto sommato un'altra stagione positiva per Mike. Il suo nome ormai circolava, oltre che sui canali ESPN, anche nei board delle squadre NFL. Si vociferava addirittura di una sua scelta come prima pick assoluta se si fosse reso eleggibile, nonostante gli mancassero ancora due anni di college football. Fu una decisione difficile e sofferta. A Virginia Tech Vick aveva trovato un equilibrio di vita, un ambiente familiare a lui caro ed era leader di una grande squadra le cui fortune dipendevano da lui. Per quanta pressione avesse addosso, si trattava di una responsabilità decisamente limitata rispetto a quello che lo avrebbe aspettato tra i professionisti. Ma davanti si profilava il sogno di una vita e non se lo fece sfuggire.

La chiamata inaspettata per informare il coach della sua decisione finì in un bagno di lacrime da ambedue le parti della cornetta ma coach Beamer appoggiò la scelta di Mike.

Vick chiuse la carriera con gli Hokies con 3300 yard lanciate, 21 TD e il 56% di completi, e 1300 yard corse con 17 TD. Chiuse quella universitaria a 36 crediti dalla laurea.

Gli incredibili highlights di Michael Vick con Virginia Tech.

A differenza di molti suoi compagni, Mike trovava piacere nel seguire le lezioni. Era uno studente nella media e avrebbe voluto studiare criminologia per lavorare nella forense una volta smesso con il football. Ripiegò su sociologia per la mancanza di quel indirizzo nei corsi a Tech. Il suo corso di letteratura a Tech era tenuto dalla professoressa Nikki Giovanni, poetessa di fama internazionale, che amava ripetere durante le sue lezioni: «Everything will change. The only question is growing up or decaying».

Di cambiamenti all'orizzonte per Mike ce ne sarebbero stati molti.

The Fly

Mike continuò a stupire anche nel percorso che portò al draft 2001. Saltò parecchie prove alla NFL Combine ma fece scintille al Pro Day in Virginia. Corse le 40 yard in 4.33 secondi, record per un quarterback. Il tutto senza essersi allenato per mesi. Vick era un serio candidato alla prima chiamata assoluta in possesso dei San Diego Chargers; le sue quotazioni erano più alte anche di quarterback come Drew Brees da Purdue. Mike era convinto di aver fatto un buon workout con loro e, naturalmente, di essere il miglior prospetto nel ruolo. I Chargers però scambiarono la loro scelta a 24 ore dal draft con gli Atlanta Falcons, scendendo di 4 posizioni, ottenendo in più un terzo giro (diventato poi il CB Tay Cody) e un secondo giro 2002 (diventato poi il WR Reche Caldwell). In realtà il workout di Mike non andò bene come pensava. Oltre ai punti interrogativi che ruotavano attorno al giocatore, il front office dei Chargers era dubbioso delle amicizie di cui si circondava e con cui il giocatore si presentò inaspettatamente all'appuntamento. I Chargers caddero in piedi scegliendo LaDainian Tomlinson con la quinta chiamata assoluta, che fece una carriera da hall of famer in California, ma perché San Diego riuscì anche a portarsi a casa Drew Brees ad inizio secondo giro. L'amore tra il QB e la franchigia non decollò mai, ma questa è un'altra storia.

In una fresca giornata primaverile il Commissioner Tagliabue salì sul podio del Madison Squadre Garden e annunciò: «With the first selection in the 2001 NFL draft, the Atlanta Falcons select Michael Vick, quarterback, Virginia Tech».

L’intervista di Mike al termine del Draft.

Vick divenne il primo quarterback afro-americano ad essere scelto con la prima chiamata assoluta: Un grande onore come uomo, come giocatore, come afro-americano e come nativo di Newport News. Solo due giocatori dopo di lui hanno avuto lo stesso onore, con successi alterni: JaMarcus Russell e Cam Newton. Tra i vantaggi della chiamata c’è anche il fatto di non essere finito in California ma essere rimasto ad un'ora di volo dalla Virginia e dalla sua famiglia.

I Falcons volevano fare di lui non solo il QB del futuro ma anche un'attrazione per aumentare la vendita dei biglietti. Mike Vick, grazie all’allora neo proprietario Arthur Blank, divenne il volto nuovo dei Falcons.

Ad Atlanta Mike trovò un discreto ammontare di talento in attacco, a partire dal running back Pro Bowler Jamal Anderson, per arrivare ai wide receiver Terance Mathis e Tony Martin. Ma aveva anche davanti a sé il veterano Chris Chandler (unico QB ad aver portato Atlanta al Super Bowl, nel 1998) che partì titolare in 14 delle 16 gare giocate dai Falcons. Fu un altro anno di transizione per Mike, coach Reeves voleva fare di lui qualcosa di più di un QB bravo a correre con la palla in mano.

Segnò il suo primo touchdown in carriera, nemmeno a dirlo, su corsa, contro i Carolina Panthers. I Panthers erano schierati in dime formation con i Falcons in redzone. Mike trovò l'incursione nel cuore della difesa e corse verso l'endzone, ma la safety Mike Minter fu veloce ad intervenire in tackle. Vick concluse comunque la sua corsa in endzone ma fu colpito duramente alle costole e uscì dolorante. Vick imparò in fretta la durezza dei contatti NFL.

Un quarterback che corre troppo rischia di passare più tempo in infermeria che in campo, proprio per questo i Chargers scelsero un running back per portare palla. Ma, quando prese definitivamente in mano le chiavi della squadra nel 2002, gli infortuni non erano ancora un problema per Vick. La sua seconda stagione si concluse subito con una qualificazione ai playoff, a seguito di una striscia di 8 vittorie consecutive, che mancava proprio dalla stagione del Super Bowl. Una preziosa wildcard per un progetto che stava prendendo forma e che permise a Mike di chiudere complessivamente la stagione con 3700 yard, 24 TD e 8 intercetti.

Ci sono due squadre che per due motivi distinti incrociano il destino di Vick. La prima, seppure meno importante, sono i Green Bay Packers. È proprio contro la franchigia del Wisconsin che Vick fa il su esordio in post season, dove i Falcons erano ospiti del temibile inverno al Lambeau Field, contro una leggenda come Brett Favre. I Packers non avevano mai perso una gara interna in post season dal 1933 e Favre non aveva mai perso in casa quando la temperatura era a 0° o inferiore; ma i Falcons con una gara perfetta portarono a casa uno storico upset per 27-7. Al turno successivo incrociò l'altra grande squadra del suo destino, i Philadelphia Eagles, con cui perse però 20-6. Come a Virginia Tech a Michael bastò una stagione per rimettere, come dicono in America, la squadra sulla mappa ed entrare nei cuori dei tifosi. E la chiamata al suo primo Pro Bowl fu la consacrazione della ascesa della stella Vick sulla NFL.

La squadra aveva ormai coscienza dei propri mezzi e Vick era sempre più leader dello spogliatoio: nella stagione 2003 ci si aspettava un nuovo viaggio ai playoff, ma si ruppe la gamba in preseason buttando al vento stagione. Lo spettro della fragilità e del pericolo infortuni derivato dal suo gioco spettacolare tornarono di attualità, ma per fortuna all'inizio della stagione 2004 l'entusiasmo era rimasto intatto, nonostante il licenziamento di coach Reeves di cui Vick tutt'ora si sente parzialmente responsabile. Jim Mora, nuovo coach dei Falcons, diede continuità al progetto del 2002. La squadra finì con il record di 11-5 e il seed #2 ai playoff. Spazzarono via i Rams nel divisional e dovettero affrontare ancora una volta quei Philadelphia Eagles nel NFC Championship Game. Eagles di quel McNabb che tanto fece per portare Mike a Syracuse ai tempi del liceo. I due si conoscevano e rispettavano da tempo e prima del kickoff scambiarono qualche chiacchiera nel riscaldamento. I due erano al centro del campo e Mike era coperto con un grosso giaccone a causa del freddo intenso, mentre Donovan era in maniche corte nel bel mezzo dell'inverno della Pennsylvania. Ad un certo punto McNabb notando l'abbigliamento di Vick gli dice: «Hai già perso, ragazzo! Hai già perso». Il freddo di Philadelphia fu veramente indigesto ai Falcons che furono maltrattati dagli Eagles che poi persero il loro primo e unico Super Bowl contro i Patriots qualche settimana più tardi.

Anche se i Falcons persero quell'importante treno e fallirono le successive due stagioni (15-17 il record complessivo) non raggiungendo i playoff, la stella di Michael Vick continuò a risplendere a livello mediatico. Oltre alle 3 convocazioni al Pro Bowl e il record di yard corse da un quarterback in una singola stagione (oltre 1000), stava diventando un personaggio estremamente popolare. Curava molto la sua immagine ed era diventato testimonial di brand come Nike, Coca-Cola, Powerade: oltre ad essere sulla copertina di Madden, il videogioco di football più famoso al mondo. Gli introiti dai suoi endorsment erano arrivati a toccare i 26 milioni di dollari all’anno. Vick era ormai uno dei volti più rappresentativi della NFL e dello sport americano. Una macchina da highlights che lega e sponsor cavalcavano a suon di quattrini. E lui, dopo un rinnovo da 130 milioni di dollari, era diventato il giocatore più pagato della intera NFL.

The Fall

Non era tutto rose e fiori però tra Michael e la dirigenza Falcons. Così come i Chargers anche il front office di Atlanta era fortemente preoccupato delle abituali frequentazioni del giocatore e questa preoccupazione non fece che alimentarsi a causa di incidenti che coinvolgevano direttamente Mike o qualcuno della sua posse. Orologi scomparsi in aeroporto, mancate ed ingiustificate apparizioni pubbliche e qualche dito medio alzato di fronte ai tifosi. Ma erano problemi marginali rispetto a ciò che lo stava aspettando.

Il 20 aprile 2005 Davon Boodie, cugino di Mike, fu arrestato fuori da un locale di Hampton per possesso e spaccio di marijuana. Alla polizia Boodie indicò come residenza il 1915 di Moonlight Road a Smithfield, Virginia. Una casa intestata a Michael Vick. Qui la polizia, alla ricerca di altre prove contro Boodie, trovò evidenti prove di combattimenti di cani e di maltrattamenti su animali. Vick provo a salvare le apparenze con il commissioner Goodell e il proprietario dei Falcons, negando la sua appartenenza ai fatti. Questo però non fece che peggiorare le cose e deteriorare i rapporti. Quando i Federali furono coinvolti nel caso ormai le prove erano lapalissiane: Michael Vick era coinvolto attivamente in un giro clandestino di combattimento di cani

Non solo aveva addestrato i cani ma aveva messo a disposizione le sue proprietà come luogo degli incontri. Un altro refuso della sua adolescenza, di quando da bambino si intrufolava nei capannoni del suo quartiere ad assistere agli incontri clandestini, affascinato dalla forza dei pitbull. Era di fatto un povero pezzente con i soldi di NewportNam. Se i suoi amici avevano ben poco da rischiare lui in pochi mesi perse anni di sacrifici e il sogno di giocare da professionista.

Vick fu imputato e ammise la sua colpevolezza, assieme ai suoi complici della Bad Newz Kennels, di finanziamento di operazione illegale, partecipazione ad attività di combattimento tra cani, maltrattamento animale e gioco d'azzardo derivante da queste attività. Nel dicembre 2007 fu condannato a 23 mesi (contro gli 8-9 preventivati dalla difesa) di reclusione. Una pena quasi spropositata per un reato che, pur ammettendo una pena massima a 5 anni, non è quasi mai stata applicata per un periodo di detenzione così lungo. Più di qualcuno sostenne che nell'ammettere le sue colpevolezze si sia fatto carico anche delle grosse parti di responsabilità di suo fratello Marcus, quindi resta difficile carpire tutti i contorni della vicenda e di quali colpe si sia veramente macchiato Vick, oltre a quella appurata della gestione economica.

Up North Trip

Mike passò dall'essere il numero 7 in maglia rossa al #33765-183 in maglia arancione, quella del penitenziario di Leavenworth, Kansas. Michael lascia a casa tre figli: Metiz, Jada e London - 5 anni il più grande, pochi mesi la più piccola.

«Non lo dimenticherò mai. Stavo guardando la tv con i bambini e diedero la notizia che sarei potuto finire in galera per diversi anni. Mitez, il primogenito, scoppio a piangere disperato».

Durante la detenzione muore anche la nonna Caletha e gli viene negata l’autorizzazioneper assistere ai funerali. Vick imparò in fretta che le conseguenze delle sue azioni non colpivano solo lui ma anche i suoi cari. I figli piccoli, la moglie Kijafa, la famiglia. In carcere Vick ritrovò la fede che aveva smarrito e il piacere della lettura. Nessuno aveva un trattamento di riguardo nei suoi confronti e il limite di 300 dollari al mese gli fece ritrovare l'umiltà e un lavoro come inserviente a 12 centesimi l'ora.

E proprio i soldi furono un punto cruciale quando nel luglio 2009, dopo 544 giorni di detenzione, Vick tornò in libertà. Tra investimenti sbagliati, amici arraffoni, il rimborso ai Falcons (che chiesero come indennizzo 20 dei 32 milioni di dollari di signing bonus del contratto), precedenti cause legali, la rescissione dei contratti di sponsorship e il periodo forzoso di detenzione, i conti in casa Vick non tornavano e Mike si dovette appellare al cosiddetto chapter 11. Si tratta di una parte della legge fallimentare statunitense che permette alle imprese che lo utilizzano una ristrutturazione a seguito di un grave dissesto finanziario. Si parla solitamente di imprese perché i soggetti privati nella stragrande maggioranza dei casi si appellano al chapter 7, l'equivalente della nostra normale legge fallimentare. Il chapter 11 permette invece di mantenere il possesso dei propri beni in modo regolamentato dalla corte, previo un piano stabilito di risanamento. È un piano a lungo termine ma permette di ripagare per intero i creditori. Ai tempi fu una scommessa rischiosa visto che non vi erano entrate finanziarie degne di nota e il ritorno al football giocato era un grosso punto interrogativo su più fronti.

Da una parte c'era la possibilità che nessuna squadra NFL gli desse un'altra possibilità. Il Vick personaggio pubblico divise il mondo sportivo, tra i fan fedeli - ricevette oltre 27mile lettere dai propri fan nel suo periodo di detenzione - e tra chi non poteva perdonargli un crimine così deplorevole. Veramente poche squadre si sarebbero prese il rischio del carrozzone mediatico su cui sarebbe gravitato un personaggio del genere. Dall'altra non c'era le certezza che dopo oltre 2 anni di inattività Vick sarebbe riuscito a tornare un accettabile giocatore professionista. In carcere era difficile fare pesistica con regolarità e, nonostante abbia cercato di mantenere una forma accettabile partecipando al campionato di basket del penitenziario, aveva perso molto peso a causa di un’alimentazione non adeguata.

The Redemption

Grazie a due sponsor come il commissioner Roger Goodell e soprattutto coach Tony Dungy (un Super Bowl vinto, insieme a Peyton Manning, ai Colts) 3 squadre avanzarono offerte importanti per Vick. Come ai tempi del high school Michael si trovava davanti ad una difficile scelta. I Bills gli avrebbero garantito un posto da titolare, ai Bengals avrebbe avuto buone chance di diventarlo, ma dietro consiglio (e le pressioni) di Goodell e della NFL alla fine Mike optò per i Philadelphia Eagles. Anni dopo ammise serenamente che non voleva andare agli Eagles, perché nel football non c’è posizione più scomoda del terzo quarterback.

A Philadelphia Mike ritrovò McNabb, veterano e starter indiscusso di quegli Eagles, e Kevin Kolb giovane quarterback destinato secondo molti ad essere il futuro della franchigia, la cui situazione a roster era paragonata a quella di Aaron Rodgers con Brett Favre. Fare da terzo incomodo a quella che pareva una corsa a due per un solo posto a disposizione non era certo una soluzione ideale per Vick, che visse la stagione 2009 proprio come il primo anno da true freshman a Virginia Tech. Si prese un anno per riacquistare una forma da atleta, tornare a muovere passi da professionista (nonostante i soli 13 tentativi in tutta la regular season) e ambientarsi nella nuova squadra. Quando a inizio 2010 con la situazione a roster invariata iniziarono a moltiplicarsi le voci di una sua trade verso altri lidi, gli Eagles spedirono una bandiera della franchigia come Donovan McNabb a chiudere la carriera nei rivali Washington Redskins per puntare forte su Kolb, e Vick scalò così a prima riserva.

Michael passò la off season tra i campi di allenamento al campus di Virginia Tech con il coach di atletica Tom Anderson e gli eventi sociali per sensibilizzare contro i combattimenti tra cani. Vick doveva ripulire un’immagine danneggiata in modo quasi irreparabile, ma soprattutto si sentiva un uomo cambiato e doveva veicolare questo suo sentimento. Intraprende un vero e proprio tour per gli Stati Uniti organizzato dalla The Human Society of The United States, organizzazione no profit per la salvaguardia degli animali. In molti hanno attaccato e continuano ad attaccare lui e la fondazione per quello che è stato visto da molti come una semplice attività di PR ben organizzata e non come una serie di iniziative sentite e di vera redenzione. Eppure ad anni di distanza, con nessun disperato bisogno di supporto dell'opinione pubblica come nel 2009, Vick continua ormai sottovoce i suoi lavori di beneficienza con la The Vick Foundation e con i suoi discorsi nelle scuole: «Sono un uomo cambiato. Sono un esempio di come si possa cambiare».

The Rise

La stagione 2010 si aprì al Lincoln Financial Field di Philadelphia dove gli Eagles ospitavano i Green Bay Packers. Durante un’azione nel secondo quarto il linebacker Clay Matthews rovinò su Kevin Kolb procurandogli una commozione celebrale, e così ad inizio secondo tempo coach Andy Reid fu costretto a far entrare in campo Michael Vick. Vick si disse preoccupato perché non aveva preso ancora confidenza con il playbook ma appena entrato in campo sembrò che il tempo si fosse fermato. Vick ricominciò a giocare come 3 anni prima ad Atlanta mettendo in piedi un autentico show: 275 yard complessive e un touchdown in appena metà partita. Gli Eagles non furono in grado di ricucire lo strappo di 17 punti ma dalla seconda giornata Vick diventò il nuovo QB titolare di Philadelphia.

Il ritorno dalle ceneri.

Da lì in poi guidò la squadra ad un record complessivo di 8-3. In molti sostenevano che Vick non avesse mai giocato così bene. Steve Young, il celebre QB dei 49ers e principale figura sportiva di riferimento per Mike, così ne parlò prima di un un Monday Night Football contro i Redskins: «Personalmente ho sempre sognato di vedere Vick giocare così fin dai tempi del college. Ho parlato con lui e gli ho spiegato che se riesce a mixare giochi di corsa e lanci nella tasca, può diventare la più grande arma offensiva di sempre».

Proprio in quella partita si vide forse il miglior Michael Vick della carriera. Al primo possesso in assoluto lancio di 88 yard in direzione DeSean Jackson e primo touchdown. Il secondo drive si chiuse con una corsa di 7 yard dello stesso Vick per il secondo touchdown. Nel drive successivo basta un pitch per LeSean McCoy per mettere altri 7 punti nel tabellone con il terzo touchdown di giornata. Dopo aver chiuso il primo quarto con un irreale 28-0, Vick apre il secondo quarto con un passaggio di 48 yard direttamente in endzone per Jeremy Maclin: touchdown numero 4. In redzone a fine primo tempo una corsa disegnata per Vick manda gli Eagles agli spogliatoi in vantaggio 42-14. A metà terzo quarto dopo un gioco spezzato in redzone pesca Jason Avant per il sesto touchdown e il punto numero 51 a tabellone. Scramble, potenza di braccio; era tornato mr.Big Play. Tutto Vick in una sola partita chiusa con oltre 400 yard, 6 touchdown complessivi e maglia spedita alla Pro Football Hall of Fame di Canton, Ohio.

Jon Gruden a fine partita apostrofò: «Mike ora come ora potrebbe essere il giocatore dell’anno, ma per come ha giocato anche del decennio», mentre lo stesso Young affermò senza mezze misure: «La miglior partite che abbia mai visto giocare a un quarterback».

La squadra in poche settimane era diventata di Vick, che trascinò di peso gli Eagles ai playoff, i primi dopo un decennio senza McNabb al timone. Nella wildcard gli Eagles ospitarono nuovamente quei Green Bay Packers con cui Vick giocò la prima partita di playoff della storia in maglia Falcons e contro cui guadagnò il posto da titolare negli Eagles in week1. Purtroppo fu anche l'ultima partita di playoff giocata da Vick in carriera, chiusa peraltro in maniera sfortunata (2 field goal sbagliati dal kicker pro bowler David Akers) con un intercetto in direzione DeSean Jackson. Alla fine di quell'anno Mike vinse meritatamente il premio di Comeback Player of the Year dopo una stagione chiusa con 3700 yard complessive e 30 TD a fronte di sole 10 palle perse e con un QB rating di 100, culminato poi con il suo quarto Pro Bowl in carriera.

Nonostante i ritrovati successi personali Vick continuò a dividere l'opinione pubblica. Barack Obama e le istituzioni affermavano che la sua redenzione era la prova che il sistema funzionava e che Vick doveva essere eretto a simbolo di cambiamento e delle seconde occasioni, altri affermavano che Michael non avrebbe dovuto avere la chance di calcare nuovamente un campo da football o che addirittura, come il commentatore di Fox News Tucker Carlson, avrebbe meritato la pena di morte.

Nel frattempo con il rinnovo contrattuale da 80 milioni di dollari in 5 anni riuscì a ripagare tutti i 20 milioni di $ di debiti ai creditori, arrivando così a pagare circa l'80% in più di ciò che avrebbe potuto elargire appellandosi al semplice chapter 7. Michael si era finalmente lasciato tutto alle spalle, era tornato leader di una squadra competitiva e poteva finalmente concentrare le energie sul campo da gioco.

The last scramble

Dopo la faraonica free agency, la stagione 2011 in casa Eagles si apre con grandi speranze, per cui era stato ripreso il termine, infelice in prospettiva, di Dream Team. Dopo un avvio lento non sono bastate 6 vittorie consecutive per ottenere una wildcard. Va ancora peggio la stagione successiva che, dopo infortuni e scelte di staff infelici, la squadra implode e Vick con loro. Appena 12 vittorie in due stagioni che erano state costruite per portare gli Eagles a giocarsi il Super Bowl non possono che chiudersi con il licenziamento, dopo 13 anni sulla panchina di Philly, di coach Andy Reid.

Ormai ultratrentenne Vick si gioca l'ultima possibilità con il nuovo ed esplosivo coach proveniente da Oregon, Chip Kelly. La sua stagione si apre alla grande prima che un infortunio, l'ennesimo, lo costringa al riposo forzato per metà stagione. Ma, come successe 3 anni prima tra Vick e Kolb, il giovane Nick Foles “ruba” il posto da titolare a Michael con prestazioni da record. Vick ormai veterano, ma ancora leader della squadra, aiuta il passaggio di consegne ma a fine anno lascia gli Eagles per cercare un'ultima maglia da titolare. Alla fine si accasa ai Jets ma non si aggiudica il ruolo da starter che va per il secondo anno di fila al giovanissimo, ma incerto, Geno Smith. A New York Mike regala qualche fiamma del suo talento nelle poche occasioni in cui viene chiamato in causa, ma è ormai l'ombra del magnifico giocatore che ha ammaliato tra Atlanta e Philadelphia e, a parte un posto da rincalzo come veterano, la sua carriera ad alti livelli pare finita.

Quello che rimane di Michael Vick a 35 anni appena compiuti è la storia di un personaggio che, toccato il fondo dopo aver sfiorato il cielo con un dito, ha introiettato il dolore delle sue scelte, trovato la forza di rialzarsi e meritato una seconda chance. Anche perché ha pagato il suo debito con la giustizia e capito i suoi errori/orrori. Poco importa se la sua carriera è stata più ricca di rimpianti che di soddisfazioni, la Vick Experience ha comunque lasciato il segno in questo sport.

«Everything will change. The only question is growing up or decaying»

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura