1.Il gol di Cuadrado all’ultimo minuto del derby
Il 31 ottobre la Juventus aveva vinto appena 3 partite di campionato e occupava il quattordicesimo posto. Nell’ultima gara, in trasferta contro il Sassuolo, i bianconeri avevano perso 1-0 (Sansone). La Serie A era già cominciata da due mesi e parlare semplicemente di “avvio stentato” non darebbe le giuste misure delle difficoltà della Juve in quel periodo, né renderebbe l’idea di quanto incredibile sia stata la sua rimonta (per farsi un’idea la rappresentazione visiva di questa gif può funzionare). I de profundis dei quotidiani, per quanto ora suonino ridicoli, in fondo sembravano perfino giustificati.
Dopo la partita con il Sassuolo, Buffon aveva rilasciato delle dichiarazioni dure che a rileggerle ora sembrano rivelare una capacità demiurgica del capitano della Juve: «Sono molto deluso dal nostro primo tempo. Se fossimo una squadra normale o di provincia tornerei a casa soddisfatto della reazione in 10, ma conoscendo i nostri obiettivi non posso che essere amareggiato. La crisi di risultati dovuta alla fase di rinnovamento poteva reggere fino a 4 domeniche fa, ma dopo una serie di prestazioni importanti nell’ultimo mese non puoi fallire un tempo come stasera a Sassuolo. Lo scudetto? Sono molto pratico, penso che se siamo al quattordicesimo posto bisogna concentrarsi sul tredicesimo».
Quel 31 ottobre la Juve ospita il derby contro il Torino, viene da un ritiro punitivo e non gioca granché. Va in vantaggio grazie a uno stupendo gol di Pogba, un esterno da beach soccer in controtempo che scavalca Padelli; poi però prende un gol assurdo da Bovo, che su una punizione respinta calcia di mezzo esterno sotto la traversa. Il Toro ha anche qualche occasione per passare in vantaggio e Buffon mette in scena un colpo di reni vintage su una testata ravvicinata di Glik (simile alla parata su Zidane nella finale dei Mondiali). All’ultimo minuto Alex Sandro mette in mezzo un cross rasoterra su cui Cuadrado spinge la palla in porta di pura volontà, colpendola con la parte inferiore della coscia, rotolando per terra.
Si dice spesso che nei momenti di crisi anche le grandi squadre abbiano bisogno di un colpo di fortuna per ribaltare l’inerzia. È però anche vero che la Juventus fino a quel momento, secondo gli Expected Goals, stava raccogliendo meno di quanto prodotto: in questo senso il gol all’ultimo minuto di Cuadrado ha funzionato per ristabilire gli equilibri di fortuna e sfortuna, creando i presupposti per la successiva striscia di sedici vittorie consecutive. (EA)
2. Il gol decisivo di Dybala contro il Milan
Quando Milan e Juventus si sono incrociate nella partita di andata (lo scorso 21 novembre) la prima veniva da una striscia di quattro partite senza sconfitte e la seconda aveva appena vinto le prime due partite consecutive del suo campionato (ma, tra la vittoria con il Torino e quella con l’Empoli aveva pareggiato in Champions League con il Borussia Mönchengladbach). Contro l’Empoli, la Juventus era andata in svantaggio dopo poco più di un quarto d’ora, ma aveva ribaltato il risultato prima della fine del primo tempo (con Evra da angolo e Mandzukic e di puro istinto e forza di volontà). Con la vittoria per 1-0, giunta al termine di una partita più o meno universalmente definita “brutta” (Sacchi addirittura sfruttò l’occasione per ribadire il concetto che i singoli possono vincere le partite ma i campionati li vincono le squadre, profetico forse suo malgrado), la Juventus ha scavalcato proprio il Milan al sesto posto. Magari è a questo punto che, nella testa dei tifosi ottimisti, si è accesa la lampadina dello Scudetto.
Va detto, però, che a quei tempi Allegri non aveva ancora dato un’identità definita alla Juventus. Contro il Milan aveva cominciato con Hernanes trequartista e nel secondo tempo, dopo un infortunio muscolare del brasiliano, era passato al 5-3-2 con l’ingresso di Bonucci. La Juventus aveva rinunciato a un po’ di possesso palla ma, come scriveva Alfredo Giacobbe, questo ha contribuito “a stanare il Milan dalla propria metà campo”. Era senz’altro troppo presto per dargli la giusta importanza, ma in quell’occasione contro il Milan, specie dopo il gol di Dybala, la Juventus ha esercitato quello stesso controllo sulla gara, con e soprattutto senza palla, che è la peculiare forma di superiorità con cui ha dominato il resto di questa stagione.
Il gol di Dybala nasce da una giocata di Pogba che si alza la palla di destro per lanciare al volo di sinistro Alex Sandro. Una giocata solo in apparenza superflua perché, quasi spalle alla porta, difficilmente sarebbe riuscito a far passare la palla alle spalle di Abate in un altro modo, senza allungare i tempi del passaggio. Quando Dybala riceve il cross di prima di Alex Sandro ha pochissimo tempo a disposizione per concludere a rete, e vede solo una piccola porzione di porta: la parte eccezionale della sua esecuzione è lo stop di petto con cui schiaccia la palla a terra per preparare il tiro. Prima si piega verso il campo per addomesticare il pallone, poi con un equilibrio di una moto in curva si inclina dalla parte opposta sull’esterno della caviglia destra. L’elasticità di Dybala è quella della fiamma di una candela che una corrente d’aria fa muovere intorno allo stoppino. (DM)
3. Il gol bellissimo di Dybala contro la Lazio
Paulo Dybala è stato pagato dalla Juventus circa 40 milioni di euro. Una cifra che, unita all’addio estivo di Tevez, ha messo un’enorme pressione su un ragazzo di appena 22 anni. Dybala sceglie la maglia numero 21 di Zidane e nelle prime settimane sembra non poter offrire un rendimento che coincida in minima parte con le aspettative. E in fondo è quasi normale: sta spesso in panchina e quando gioca cambia ruolo diverse volte, sbattuto da prima a seconda punta fino all’esterno di un 4-3-3 dove la lontananza dalla porta lo immalinconisce.
Poi a inizio novembre, nell’1-3 esterno contro l’Empoli, la Juventus passa al 5-3-2, Dybala entra al posto di Morata e prende possesso della trequarti juventina assumendosi le responsabilità creative di Tevez che il pubblico si aspettava da lui. Dybala segna e, soprattutto, aumenta in modo decisivo la sua influenza sul gioco di squadra. Quel tipo di linearità positiva molto juventina, in cui le difficoltà contingenti dei singoli vengono sempre riassorbite nella stabilità profonda del sistema.
In trasferta contro la Lazio il gol di Dybala non è importante solo negli effetti (il 2-0 che chiude una partita non facile) ma anche per l’immaginario dei tifosi. Dybala aveva già provocato l’autogol di Gentiletti del 1-0, poi, alla fine del primo tempo, riceve una palla al limite dell’area. La stoppa col destro, gli va leggermente alta, allora se la aggiusta con la coscia e tira con l’esterno sinistro con un movimento di una naturalezza da fuoriclasse. Tira come fosse un esercizio di pura precisione, quasi accompagnando la palla con l’esterno sinistro verso l’angolo scoperto della porta. In quel momento Dybala si è affermato come un calciatore in grado di pensare e realizzare, da solo, giocate decisive.
Nel corso del campionato la Juventus ha sfruttato, a ondate alternate, il picco di forma dei propri giocatori migliori come nelle colture intensive. Quando uno calava arrivava un altro a raccogliere il suo testimone, come in una staffetta d’atletica. In autunno, quando il rendimento di Pogba era ancora sonnolento e sotto gli standard, la responsabilità di risolvere le partite se l’è assunta Dybala. Il vuoto lasciato da Tevez iniziava ad essere colmato nell’economia degli effetti. (EA)
4. La rimonta con la Fiorentina allo Juventus Stadium
La Juventus di quest’anno ha lasciato spesso alle sue avversarie l’impressione – l’illusione – di giocare la partita alla pari, se non addirittura di stare facendo la partita. Un metodo che da una parte permette di economizzare gli sforzi a una squadra quasi sempre superiore fisicamente rispetto alle rivali in campionato, e che dall’altra mostra una fiducia nei propri mezzi che non ha eguali in Italia. Il lavoro psicologico di Allegri ha permesso alla Juventus di recuperare partite in pochissimi minuti, come di giocare per ottanta minuti in equilibrio, per poi sbilanciare la partita a suo favore quando se ne è presentata l’occasione. La consapevolezza di poter vincere qualsiasi partita con poche accelerazioni.
Con la Fiorentina, in casa, la Juve è andata in svantaggio dopo 3 minuti. E dopo altri 3 ha pareggiato, con un’azione che comincia con un cambio di campo di Cuadrado, passa per il tacco di Pogba (che, ancora una volta, se la tira ma fa anche il gesto tecnico giusto per portare la palla sui piedi del compagno il più velocemente possibile) e termina di nuovo sulla testa di Cuadrado, via Patrice Evra. Fate caso, sul colpo di testa di Cuadrado, quanti giocatori porta in area la Juventus: ci sono Dybala e Mandzukic (che si piazza alle spalle di Astori sul secondo palo attirando Marcos Alonso e liberando così proprio Cuadrado), arriva a tutta velocità Khedira e anche Marchisio, playmaker, è a ridosso dell’area per un’eventuale ribattuta. Il secondo gol di Mandzukic, a dieci minuti dalla fine, poco prima che il croato venisse sostituito da Morata, è l’archetipo della transizione offensiva della Juventus, che sale il campo con la facilità di una motoslitta su un pendio innevato. La Fiorentina ha dominato il possesso ma ha tirato in porta solo una volta da dentro l’area di rigore bianconera, in occasione del rigore con cui è passata in vantaggio dopo 3 minuti. (DM)
5. Pogba onnipotente
La stagione di Pogba è stata formidabile, nonostante le premesse a un certo punto sembrassero diverse. In estate aveva deciso di prendersi la maglia numero 10 e le scarse prestazioni nelle prime partite lo avevano fatto apparire al pubblico più “pieno di sé” del solito. A fine settembre ci si chiedeva se il suo valore fosse ancora di 100 milioni, come si fa con un bene soggetto alle oscillazioni della borsa. Deschamps lo aveva definito “l’immagine della Juve che soffre” e lui a inizio ottobre pare si sia affidato a uno psicologo sportivo per migliorare il suo rendimento. Anche nei primi momenti di ripresa della Juve lui sembrava segnalarsi in negativo, come in occasione della rassicurante vittoria interna contro l’Atalanta, quando sul 2-0 Pogba ha sbagliato un rigore (e il modo in cui calcia irrita i tifosi, che ci vedono un altro segno della sua sbruffoneria).
Nei primi due mesi tutta la Juventus ha sofferto l’assenza di Claudio Marchisio e Pogba in particolare era costretto a sdoppiarsi nei ruoli nei ruoli di organizzatore di gioco e finalizzatore. A fine ottobre, svincolato da compiti di costruzione bassa, Pogba ha potuto finalmente pensare il sul suo calcio più in verticale, iniziando a essere devastante: da metà dicembre a fine gennaio segna 4 gol e fornisce 3 assist, coprendo un piccolo calo di rendimento di Dybala. Il modo in cui il francese attacca l’area, il suo abbinamento unico tra atletismo, tecnica e capacità di finalizzazione, si rivelerà progressivamente più importante nell’economia offensiva dei bianconeri.
In questo gol contro la Sampdoria Pogba ha attaccato in area un pallone praticamente morto, con la grazia di un uccello che scende a pelo d’acqua sui pesci. È un movimento da puro numero 9: stop orientato spalle alla porta e tiro al volo sul secondo palo. Ma l’eleganza e la potenza con cui lo fa Pogba sono sconcertanti, e lo vediamo anche da come il difensore della Samp che lo marca (Cassani) rimane disorientato, al punto da perdere il non solo il contatto con Pogba ma anche quello puramente visivo con la palla. Il tiro non è pulitissimo e, a rivederlo, sembra più di interno piede che di collo, con la palla che gira verso l’esterno con un effetto a uscire simile a quello di una schiacciata di ping pong. La facilità con cui Pogba fa questo tipo di gol è la stessa che ce lo fa sembrare un montato quando non segna o non è incisivo. (EA)
4. La ripartenza chirurgica contro la Roma
Questa è una delle più belle azioni del campionato. Ha deciso una partita dominata dalla Juventus e difesa dalla Roma di Spalletti (alla sua seconda panchina) piuttosto bene, che è stata punita nell’unica leggerezza commessa. Quella della Juve è una concentrazione chirurgica, forse persino cinica per come sfrutta l’errore di Florenzi salendo rapidamente dal suo lato. L’uno-due tra Khedira e Dybala e il taglio con cui l’argentino pugnala il triangolo difensivo della Roma (De Rossi più i due centrali) sono persino crudeli, la “meccanica di controllo e tiro rapidissima, alla Agüero” (come diceva Emiliano Battazzi) danno la sensazione che la Juventus, quando riparte così in verticale, sia inarrestabile.
Un gol che serve anche da rimarcare le distanze tra le ambizioni di Juve e Napoli e le velleità delle altre inseguitrici, per prima la Roma che a inizio stagione era data per favorita. Al gol partecipa anche – come in quasi tutti i gol importanti della Juve che non segna in prima persona – Paul Pogba, con una sua tipica frustata-laser di esterno destro. Alla fine di questa stagione è il più giovane tra i giocatori in Europa che hanno effettuato almeno 10 assist in campionato (11 in totale). (DM)
5. Il gol deviato di Zaza
Sebbene la Juventus abbia vinto con tre giornate di anticipo, non si può dire che questa Serie A non sia stata equilibrata. Fino allo scontro diretto tra Napoli e Juve del 13 febbraio i punti di forza delle due squadre lasciavano prevedere delle probabilità di vittoria equilibrate. Ci si chiedeva se avrebbe pesato maggiormente il gioco brillante e la qualità offensiva del Napoli o la solidità difensiva e la forza mentale della Juventus.
La partita dello Juventus stadium non è stata particolarmente bella, come ogni partita di grande importanza del nostro campionato, e si stava indirizzando verso un pareggio che in fondo sembrava poter stare bene più ai bianconeri che ai partenopei. Eppure, quando Zaza ha ricevuto una palla anonima qualche metro fuori dall’area di rigore, è sembrato che fosse la Juventus ad aver più voglia di vincere. Il tentativo di Zaza ha contorni velleitari: non è abbastanza vicino all’area, lui non è un grande tiratore, e ha tanti difensori davanti. La palla colpisce la gamba di Albiol e si infila più centrale dell’intervento di Reina.
È paradossale che a decidere un campionato così equilibrato, e in fondo anche meglio giocato degli ultimi anni, sia stato un gol così storto e fortunato di un protagonista secondario. Eppure non credo ci sia un esempio migliore della differenza invisibile tra la Juve e le altre squadre: una volontà di vincere talmente forte da sconfinare nel morboso, perché un rilassamento del gruppo storico, che è quello che vince scudetti da quattro anni, in un campionato così tirato sarebbe stato naturale. In fondo lasciar decidere i momenti importanti della stagione agli attaccanti di riserva è una cosa profondamente juventina, una specie di conferma di quello spirito superiore che esiste a prescindere dalle individualità e che ama trovare la sua applicazione attraverso i suoi discepoli più improbabili. (EA)
6. Bonucci al posto giusto al momento giusto contro l’Inter
La vittoria di fine febbraio contro l’Inter è quella con cui la Juventus ricomincia a vincere dopo il pareggio di Bologna (a cui era seguito anche il pareggio interno con il Bayern di Monaco). Ed è proprio in questi momenti in cui ci si potrebbe aspettare un calo o un rallentamento che la forza mentale della Juventus si è manifestata con maggiore evidenza. Bonucci ha sbloccato la partita contro una delle squadre più dure e fisiche del campionato grazie ad una situazione imprevista (un assist involontario di D’Ambrosio che respinge male un cross su punizione) ma non può essere un caso se arriva per primo sulla palla e il giocatore più vicino a lui è Rugani.
Nella differenza tra Juan Jesus, che in teoria sta proteggendo la propria porta ma considera finita l’azione quando il cross non entra nella sua zona, e Bonucci, che compie una piccola accelerazione che lo mette in vantaggio su un’eventuale respinta, c’è anche il senso di responsabilità individuale che fa della Juventus uno splendido collettivo. In una stagione servono più di un paio di prestazioni eccezionali da parte di tutti i giocatori in rosa e anche qualche gol dei difensori. Contro l’Atalanta, una settimana dopo, sarà Barzagli a sbloccare la partita. (DM)
7. Tre punti con una giocata
L’esplosione di Dybala, soprattutto da ottobre in poi, è il frutto anche dell’intelligenza dell’argentino nell’imparare come una spugna la grande varietà di movimenti offensivi di cui la Juve aveva bisogno. In particolare, ha progressivamente migliorato la sua capacità di ricezione tra le linee, assicurando alla sua squadra un aumento della qualità offensiva man mano che si avvicinava alla porta. Dybala è diventato sempre più bravo a galleggiare nelle tasche di spazio tra centrocampo e attacco, e da lì a cucire – soprattutto insieme a Pogba – un modo per far entrare la palla in porta.
Il suo modo di correre è leggermente sbilanciato col peso sulla gamba destra, con cui si dà slancio e copre il pallone accarezzato dalla sinistra. Quando Dybala riceve sul centro-destra della trequarti, il campo sembra inclinarsi verso la porta avversaria.
Contro il Sassuolo la Juventus ha una partita complicata. Non solo per la qualità di gioco degli emiliani, ma anche perché capita in mezzo alle gare di andata e ritorno con il Bayern. La Juve ha quindi bisogno assoluto di economizzare le forze, vincendo la partita con la ratio scientifica di gestione delle energie nervose che le appartiene. Cuadrado parte in contropiede sulla destra, passa a lato di un difensore e, arrivato in zona cross, scarica per Dybala. L’argentino aveva prima fintato di attaccare l’area, poi era tornato indietro come in un movimento “a ricciolo” in uscita dai blocchi di basket. Il primo controllo, a ben vedere, è leggermente sciatto: poi però Dybala prepara il tiro con l’esterno sinistro e tira con l’interno sul secondo palo a giro. Un movimento continuo, fluido e naturale, come quello del contadino che oscilla la falce sull’erba. La Juve vince 1 a 0. Il giorno dopo, in allenamento, Dybala si farà male al soleo e sarà costretto a saltare la trasferta di Monaco.
8. Il derby delle polemiche
Questa è la partita in cui Buffon supera Sebastiano Rossi e alza l’asticella per le ambizioni dei portieri del campionato a 974 minuti di imbattiblità, ma è anche la partita delle polemiche per l’atteggiamento aggressivo di Bonucci con Rizzoli dopo il rigore del 2-1 e per il gol del 2-2 annullato a Maxi Lopez. Senza entrare nel merito degli episodi, forse è qui, subito dopo l’eliminazione in Champions League che alla vigilia si diceva avrebbe potuto influire sulle motivazioni juventine, quella in cui il dominio della Juventus in campionato è sembrato vacillare di più. Ma solo per 15 minuti, prima che una giocata mostruosa di Pogba su Maksimovic e la freddezza di Morata sotto porta allunghino nuovamente le distanze.
Ma neanche l’ombra lunga di questa partita difficile da interpretare con lucidità può mettere in discussione il dominio della Juventus negli ultimi sei mesi. Un dominio testimoniato al meglio, ovviamente, dal record di 24 vittorie nelle ultime 25 partite (25/25 da imbattuta) e dal fatto che da quando la Serie A ha un solo girone solo all’Inter 1970/71 era riuscito di recuperare uno svantaggio iniziale più o meno equivalente (Marco de Santis ne scriveva dopo 7 giornate, con la Juve a -10, ma dopo altre 3 partite il distacco dalla prima si sarebbe allungato fino a -11, il che rende ancora più irripetibile l’impresa a cui abbiamo assistito quest’anno).
E che trova conferma in tutte le statistiche più importanti. La Juventus è la squadra in campionato che ha tirato di più (540) dopo il Napoli di Sarri (590) e che ha preso di più la porta (195 tiri nello specchio, il Napoli è arrivato a 215); quella che ha subìto meno tiri di tutti (310) e la seconda ad averne subìti meno in porta (89, contro gli 83 del Napoli). La superiorità al tiro del Juventus è rappresentata bene dal TSR (Total Shot Ratio): 63,53%, significa che per ogni 10 tiri di una partita la Juventus ne effettua più di 6 (e il dato aumenta se si considera solo la ratio dei tiri in porta: 68,66%).
Dice molto anche il fatto che il Napoli (30) abbia incassato il 66,6% di gol in più della Juventus (18). L’indice di conversione (cioè il rapporto tra gol segnati/subìti e i tiri totali effettuati/subìti) è impressionante: la Juventus trasforma in gol il 12,41% dei molti tiri che effettua (solo Napoli e Roma hanno segnato di più); ma soprattutto dei pochi tiri delle sue avversarie solo il 5,81% si concretizza (come detto il Napoli ha subìto meno tiri, ma il tasso di conversione difensivo è quasi il doppio di quello della Juve: 9,32%).
Il grafico qua sopra (realizzato da Flavio Fusi) serve anche per ricordarci quanto era cominciata male la stagione juventina, e quanto improvvisamente la tendenza si è invertita. Se si considera solo il girone di ritorno la prestazione difensiva della Juventus diventa ancora più incredibile: solo 3 gol incassati (finora) e un tasso di conversione per le sue avversarie di solo 2,11%.
Adesso immaginate di giocare contro la Juventus e di sapere, prima della partita, che ogni volta che tirate avete poco più del 2% di possibilità di segnare. Anzi, immaginate di avere il 2% di possibilità di riuscita in qualsiasi vostra attività quotidiana. Sconfortante, no? (DM)
9. Il gol allo scadere del primo tempo di Mandzukic contro l’Empoli
“I campionati si vincono con le piccole”, un assunto della Serie A che sembrerebbe una regola universale, se non fosse che a istituirla è stata la Juventus e la costante storica delle sue vittorie. Un filo che non si è spezzato neanche dopo la cesura profonda post-calciopoli e che per questo dà motivo di credere davvero al “DNA Juventus”. Esisterebbero diversi esempi di come questa regola astratta sia stata applicata empiricamente dalla Juve quest’anno (Samp-Juve, Lazio-Juve, Juve-Genoa). Ho scelto Juventus-Empoli perché il modo in cui i bianconeri hanno vinto la partita potrebbe essere usato nei dizionari a margine della definizione “DNA Juventus”.
È un anticipo serale del sabato: la Juve gioca un primo tempo al di sotto dei propri standard, in cui lascia il pallone all’Empoli quasi con disinteresse (la squadra di Giampaolo finirà col 55% di possesso). I toscani hanno anche un paio di occasioni per passare in vantaggio, poi, allo scadere della frazione, Pogba punta il marcatore sul vertice sinistro dell’area e vede Mandzukic staccarsi in area e finire in uno contro uno contro Mario Rui. La Juventus gioca sempre con la consapevolezza che, prima o dopo, arriverà un momento in cui far valere la propria qualità superiore. In questo caso Mandzukic sfrutta di testa il mismatch fisico con Mario Rui. L’attaccante croato ha sempre un’attenzione particolare nel riconoscere i palloni su cui può potenzialmente incidere, una caratteristica che ha reso estremamente naturale il suo arrivo alla Juventus.
Dopo il gol Mandzukic esulta da solo verso i tifosi, nel disinteresse generale, come se si fosse assistito all’ennesimo giro della clessidra che avrebbe portato lo scudetto alla Juventus. (EA)
10. La semplicità del gol di Mandzukic contro il Milan
Anche in questo caso il gol del pareggio della Juventus arriva poco dopo (9 minuti per la precisione) il vantaggio della sua avversaria. Sembra un gol di un calcio di altri tempi, se si esclude che il lancio che innesca la combinazione tra Mandzukic (fenomenale a vincere il duello aereo con Romagnoli di schiena) e Morata è Buffon, salito fino al centrocampo dato che Bonucci era marcato.
Ad aprile, ormai, sembra che la Juventus possa vincere persino una partita giocata bene dall’avversario – come in questo caso – davvero senza sforzo. Anche il secondo gol di Pogba (di cui ho già scritto come manifestazione della sua stranezza) assume una dimensione più quotidiana, e forse per questo ancora più inquietante, se si considera che è uno schema che la Juve avrebbe ripetuto due settimane dopo contro la Lazio.
Così come, per tornare alla partita con il Milan, è inquietante la facilità con cui Buffon esce dal registro dei compiti ordinari di un portiere per parare la punizione di Balotelli.
La superiorità della Juventus in questo finale di campionato sembra una questione di principio, una ripicca nei confronti del resto della Serie A.
Scusateci se abbiamo dubitato di voi, l’anno prossimo però fate divertire un po’ anche gli altri…
Bonus: il gol Scudetto di Morata con la Fiorentina
Dopo la splendida azione del vantaggio (con un dominio aereo clamoroso di Pogba e la solita efficacissima ricerca della seconda palla), e il pareggio a dieci minuti dal termine che a posteriori le avrebbe comunque garantito lo Scudetto, la Juventus decide di prendersi anche la vittoria all’Artemio Franchi, con il raddoppio di Morata mentre il pubblico toscano sta ancora festeggiando il gol di Kalinic.
Poi Buffon para anche il rigore al novantesimo e Kalinic colpisce la traversa nel recupero. Così, tanto per non lasciare neanche le briciole.
Un amico neutrale con cui ho guardato la partita ha detto: “È stato brutale. È stato come farsi picchiare”.