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Foto di Marco Bertorello / Getty Images
Fondamentali Alfredo Giacobbe 29 gennaio 2018 8'

La prima bella vittoria di Gattuso

Un Milan rivitalizzato ha potuto contare su un piano perfetto per battere una delle squadre più in forma del campionato.

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Quella sulla Lazio è la prima vittoria di prestigio del Milan in questa Seria A 2017-18, in cui ha battuto “bene” una delle squadre più forti e in forma della Serie A: la squadra di Inzaghi non perdeva dallo scorso 11 dicembre (dallo scivolone in casa contro il Torino) e ieri, pur mettendo sul piatto le doti tecniche e tattiche che tutti le riconosciamo, non è riuscita a disinnescare il piano gara – pressoché perfetto – dei rossoneri.

 

Impression

 

Com’era prevedibile, all’inizio è stata la Lazio a determinare il contesto della partita dal punto di vista tattico. Fin dal primo secondo di gioco, i biancocelesti si sono abbassati a protezione degli ultimi sedici metri, sistemati in campo secondo il solito 5-3-2, con Caicedo e Luis Alberto posizionati sulla stessa linea che lasciavano Romagnoli e Bonucci liberi di iniziare l’azione, preferendo occuparsi alternativamente della marcatura di Biglia. Per ritrovare compattezza di squadra i tre centrocampisti e i due attaccanti laziali erano costretti a schiacciarsi verso il basso, vicino alla linea di difesa, molto bassa. In questo modo, rinunciando alla pressione nella metà campo avversaria, la Lazio ha costretto di fatto il Milan a fare la partita.

 

Ma i rossoneri, che hanno nell’undici iniziale molti uomini in grado di gestire propriamente il possesso palla, non si sono fatti trovare impreparati. Il principale obiettivo del Milan era quello di penetrare tra le linee avversarie lungo le catene laterali. E i milanisti sono stati attenti a scegliere le opportunità da cogliere, preferendo fa circolare la palla da sinistra a destra senza prendere alcun rischio.

 

Fig-1

Un esempio di come il Milan ha fatto salire la palla lungo il campo senza forzare passaggi che avrebbero potuto portare a un recupero biancoceleste.

 

Solo Bonucci ha tentato più di una volta il lancio in diagonale verso la zona di Bastos, presidiata alternativamente da uno tra Bonaventura o Calhanoglu e sovraccaricata dal movimento di Cutrone, ma sappiamo quanto la qualità di Bonucci si distingua da quella degli altri difensori. Il lancio di Bonucci era il lusso che il Milan sapeva di potersi permettere: in caso di perdita del possesso, la Lazio si sarebbe comunque ritrovata a ripartire da molto lontano.

 

Degli 11 lanci in avanti, il capitano rossonero ne ha messi a segno 6 e in generale la media dei recuperi palla laziali si è attestata intorno ai 32 metri, cioè 5,5 metri in meno rispetto alla media tenuta nelle altre partite. In altre parole, il Milan si è difeso bene con la palla ed ha tolto alla Lazio una delle armi con la quale poteva più far male ai rossoneri: ovvero le transizioni in campo aperto.

 

Gli unici due contropiedi concessi alla Lazio nel primo tempo – entrambi orchestrati da Luis Alberto, che decisamente non era l’uomo più veloce in campo – sono stati provocati da cattivi controlli durante l’impostazione bassa, e non da forzature nei passaggi.

 

L’azione dei rossoneri si è svolta prevalentemente sulle due fasce (il Milan ha portato l’attacco dal centro solo nel 26% dei casi), in maniera differente assecondando le caratteristiche degli interpreti lungo le due catene. A destra, Calabria provava a tenere impegnato Lulic restando largo, mentre Kessié, più interno, si spingeva in profondità muovendosi senza palla, nel tentativo di liberare lo spazio per la ricezione di Suso.

 

Sul lato sinistro, Antonelli, schierato al posto dell’indisponibile Rodriguez, ha cercato la sovrapposizione interna, anche per lasciare spazio alla ricezione di Bonaventura sulla linea laterale. L’ex atalantino è partito da posizioni più basse e più larghe per avere l’opportunità di girarsi verso la porta avversaria più semplicemente. Contrariamente alla coppia Kessié-Suso, che lavorava in maniera complementare, ma ciascuno con le proprie consegne, Bonaventura e Calhanoglu si sono spesso scambiati posizioni e compiti.

 

Fig-2

Il grafico delle posizioni medie mette bene in mostra il differente lavoro delle due coppie ala-mezzala, oltre all’insistenza con la quale Bonucci ha ricercato il lato sinistro del campo.

 

Il Milan è arrivato al gol coronando lo sforzo che lo ha visto in possesso del pallone per il 61% dei primi quindici minuti di gioco.

 

La rete è arrivata da un calcio di punizione di Calhanoglu, che ha trovato Cutrone libero al centro dell’area di porta. Bastos è sembrato troppo passivo, ma anche l’atteggiamento di Marusic alle sue spalle non è stato perfetto, avendo potuto coprire il taglio del milanista o quanto meno provare a disturbarne la conclusione in porta (che a quanto pare è stata effettuata con un gomito: ma come sempre su Ultimo Uomo preferiamo non soffermarci su sviste arbitrali più o meno evidenti, il lettore saprà giudicare le immagini da sé e pesare l’influenza che i singoli episodi hanno avuto sulla partita).

 

La Lazio cambia registro ma poi torna indietro

Dopo il gol che ha rotto l’equilibrio la Lazio ha provato a reagire cambiando il contesto della partita, che pur aveva determinato essa stessa dall’inizio: nei cinque minuti che hanno separato il gol di Cutrone e quello di Marusic la Lazio ha ribaltato la percentuale del possesso palla a proprio vantaggio, mettendo le tende nella metà campo avversaria. La rete biancoceleste è arrivata alla fine di una lunga azione, nella quale i biancocelesti hanno mostrato tutto il proprio campionario tecnico: Luis Alberto ha ricevuto una palla alta, su una linea di passaggio liberata dal taglio intelligente verso l’esterno di Milinkovic-Savic; poi lo spagnolo ha tolto un tempo di gioco agli avversari servendo direttamente Lucas Leiva con il petto, senza un ulteriore controllo; infine il brasiliano è stato lesto ad anticipare Parolo trovando l’inserimento sul lato debole di Marusic, che ha finito per battere Antonelli e Donnarumma rientrando sul sinistro e calciando a giro sul secondo palo.

 

Fig-3

Le scalate del Milan sul giro palla della Lazio.

 

In determinate situazioni, con il risultato ancora sullo 0-0, la Lazio si era comunque trovata a far gioco. In quei momenti il Milan aveva scelto di giocare la fase di non possesso proteggendo il centro del campo, restando basso a sua volta e compatto in un 4-5-1. Sui difensori centrali laterali della Lazio si alzavano le mezzali rossonere, ma solo con l’intento di ostacolarne la visuale in avanti verso gli interni di centrocampo. Anche gli esterni d’attacco, Calhanoglu e Suso, restavano stretti accanto ai compagni per non favorire una ricezione centrale, sporcando comunque le due linee di passaggio verso gli esterni avversari. L’attenzione di Gattuso nel creare un ostacolo alle ricezioni tra le linee della Lazio è stata totale, testimoniata anche dalla posizione stretta tenuta da Calabria e Antonelli, che solo in seconda battuta uscivano sull’uomo che riceveva palla in fascia.

 

Il meccanismo è sembrato funzionare, almeno finché il Milan ha tenuto la linea alta con coraggio e la Lazio ha palleggiato su ritmi blandi. In conseguenza del gol, il Milan si è impercettibilmente abbassato e la Lazio ha alzato il proprio ritmo, trovando le prime ricezioni in profondità di Caicedo, che hanno abbassato ulteriormente i difensori avversari, così come le prime ricezioni di Luis Alberto nello spazio seppur ristretto tra Kessié e Biglia.

 

La Lazio è arrivata al pareggio e immediatamente dopo ha ripristinato la tattica iniziale. Il piano A non aveva funzionato e la flessibilità della Lazio ha reso meno brillantemente del solito, ma pur avendo trovato da sola il piano B con cui mostrare i muscoli (un palleggio più rapido e un baricentro più alto) è mancata la convinzione per giocare una partita fuori dal registro iniziale. Nel frattempo, invece, il Milan ha ricominciato a giocare come aveva previsto, con intensità, e grazie ad alcune prestazioni individuali eccellenti – tipo quella di Calabria, ma anche di Calhanoglu e Bonaventura, o di Kessié, di Romagnoli, tutti giocatori che sembrano rivitalizzati sul piano tecnico e mentale – ha ottenuto 3 punti che emotivamente valgono qualcosa di più.

 

Le cause della sconfitta

Così, nonostante sia stata sempre la Lazio a determinare il contesto tattico della gara, e abbia mostrato la propria superiorità tecnica quando ha voluto, è uscita da San Siro battuta. Più nello specifico, le cause della sconfitta sono da ricercare principalmente in due aspetti fondamentali che hanno determinato la prestazione della squadra di Inzaghi.

 

Anzitutto, non si può non tenere conto del fatto che Felipe Caicedo è un giocatore molto diverso da Ciro Immobile. L’attaccante della Nazionale italiana si spende molto e i suoi movimenti sono sempre funzionali alla manovra della squadra: si abbassa per associarsi con i trequartisti; spinge la difesa in basso grazie alla sua ossessiva ricerca della profondità; si muove orizzontalmente per avvicinarsi al pallone e creare così la superiorità numerica. Caicedo è un centravanti molto più statico e la difesa del Milan, più che i suoi compagni di squadra, hanno avuto in lui un riferimento per tenere la difesa alta e comprimere così gli spazi tra i reparti, negandoli ai centrocampisti biancocelesti (e, forse, sarebbe stato meglio provare Felipe Anderson centravanti, almeno a partita in corso).

 

Negli spazi stretti hanno provato ad esaltarsi Luis Alberto e Felipe Anderson (subentrato invece a Lucas Leiva ad inizio secondo tempo) riuscendo comunque a bucare la difesa del Milan raramente con delle combinazioni sul breve. Ha avuto qualche difficoltà in più Milinkovic-Savic, pur dominando gli avversari quando la Lazio ha iniziato ad alzare il pallone verso di lui, alla ricerca disperata del pareggio.

 

Il secondo aspetto da valutare con attenzione è che la linea difensiva del Milan ha lavorato meglio di quella laziale. Come detto, la Lazio non pressava il Milan in fase di impostazione, ma attuava una contro-pressione in caso di perdita del possesso in zone alte, allo scopo di riconquistare subito la palla. In queste occasioni, la linea laziale restava troppo arretrata, e ai lati di Lucas Leiva si creavano porzioni di campo troppo vaste da coprire per un giocatore così compassato.

 

Il gol che ha consegnato i tre punti al Milan scaturisce da una lunga azione, in cui la palla passa dalla fascia destra milanista a quella sinistra, e poi ancora a destra. L’azione però comincia nei pressi dell’area di rigore di Donnarumma, con Suso bravo a saltare la pressione di Luis Alberto e poi a trovare Calhanoglu libero ai lati di Lucas Leiva, mentre i tre difensori della Lazio erano scappati all’indietro persino troppo presto, considerando che erano occupati dal solo Cutrone.

 

Fig-4

 

Tra i meriti di Gattuso, oltre a quelli attribuiti ad un recupero fisico e mentale che dall’esterno possiamo solo ipotizzare, va annoverata la scelta decisa di tornare al 4-3-3. La posizione più accentrata di Suso nel 3-5-2 aveva sottratto spazio alle conduzioni palla al piede di Franck Kessié, che sono il pezzo forte del giocatore ivoriano e che ieri si sono rivelate decisive: il Milan, nella seconda parte del secondo tempo, è riuscito a risalire il campo quasi solo attraverso le poderosi falcate dell’ex atalantino, visto che non aveva più la forza per una risalita palleggiata.

 

Inoltre, con il nuovo modulo è stato pienamente recuperato Bonaventura, che da mezzala sta sviluppando una buona intesa con Calhanoglu facendo guadagnare al Milan una fluidità di manovra inedita.

 

La Lazio ha subìto una battuta d’arresto che fa meno male solo se si guarda al risultato non positivo dell’Inter a Ferrara. La principale preoccupazione destata dalla squadra di Inzaghi (forse provata dal recupero infrasettimanale giocato contro l’Udinese) sta nel fatto che non è riuscita spostare la partita su un piano differente rispetto a quello impostato, pur avendo visto che non funzionava e che con piccoli accorgimenti forse sarebbe stata più “sua”. Ha insistito su un piano che il Milan si aspettava e che, in qualche modo, persino si augurava.

 

 

Tags : gennaro gattusolaziomilanserie aserie a 2017-18simone inzaghi

Alfredo Giacobbe è nato a Napoli, dove vive e lavora. Ingegnere come Manuel Pellegrini, ha dipinto l’area tecnica attorno al suo divano.

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