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La Polonia si è presa la rivincita
18 set 2023
18 set 2023
Dopo aver vinto il Mondiale in casa loro, loro hanno vinto l'Europeo in casa nostra.
(copertina)
Foto di Elena Vizzoca / Imago
(copertina) Foto di Elena Vizzoca / Imago
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Un anno e sei giorni fa l’Italia tornava sul tetto del mondo dopo 24 anni, vincendo a sorpresa la finale contro i padroni di casa (nonché bicampioni del mondo in carica) della Polonia. Sabato sera la Nazionale di Grbic si è presa la rivincita, trionfando con un netto 3-0 (25-20, 25-21, 25-23) la finale europea a cui gli azzurri arrivavano da campioni uscenti.

Una sconfitta che certifica i rapporti di forza maturati nel corso della partita del PalaEur, in cui i polacchi si sono dimostrati superiori, specialmente al servizio e in ricezione. Certo, la distanza tra le due migliori squadre del continente sarebbe in teoria molto più ridotta ed era lecito aspettarsi una sfida più incerta, ma gli 11 ace subiti in 3 set (contro i 3 messi a segno dall’Italia) non potevano che indirizzare l’esito verso la metà campo biancorossa in modo piuttosto rapido.

La serata di grazia della Polonia dai 9 metri

In sintesi, la Polonia ha vinto perché ha giocato una partita eccellente dai 9 metri, in cui punti ed errori si sono quasi equivalsi (11-15), approfittando anche di una ricezione avversaria incredibilmente deficitaria, almeno nei primi due set. Il primo battitore a mettere in crisi la seconda linea azzurra è stato Huber, che ha messo il punto esclamativo a un europeo superlativo con 5 ace. L’ormai ex centrale dello Zaksa (con cui ha conquistato le ultime due Champions League) è stato bravo a inizio match a trovare due punti consecutivi (4-0), colpendo nella zona di conflitto tra Balaso e Lavia - sul primo servizio float lo schiacciatore si è spostato alla sua sinistra, ampliando la porzione di competenza di Balaso, poi ha spigolato la ricezione sulla salto spin di Huber - e sul giro successivo ad attaccare un Balaso che ha avuto problemi per un set abbondante a ricevere sulla figura e in particolare a “spezzare” il bagher con cui attutire l’impatto con la palla.

«Sciolti con ste ca*** di braccia» ha esclamato De Giorgi sul secondo time out chiamato nel primo parziale sul 12-7, dopo che anche l’altro centrale, Kochanowski, aveva colpito il libero della Lube, che nello sbilanciarsi alla sua sinistra non è riuscito a orientare le spalle verso il centro e ha mandato la palla verso la panchina.

L’ace di Kochanowski sul libero veneto.

L’obiettivo per Balaso come per Michieletto, che ha un lungo passato da libero, era naturalmente proteggere Lavia, il ricettore più debole, che è andato in sofferenza anche su battute piazzate e piuttosto lente come quella di Sliwka, che hanno percorso tutto il campo in diagonale (20-13). La banda calabrese ha tenuto una porzione di campo ridotta persino quando si trovava nella posizione più lontana dal ricettore, vedi questa battuta di Kochanowski che ha sì servito da posizione più centrale, ma in cui solitamente il libero cerca di aiutare lo schiacciatore di prima linea, anziché avvicinarsi a quello di posto 1.

La prestazione incerta di Balaso, unita alle difficoltà nell’organizzare le competenze nelle zone di conflitto (emblematici i due ace evitabili concessi nel secondo parziale), ha messo la Polonia nelle condizioni di battere a mente libera. Proprio per questa serie di criticità, l’Italia non è stata in grado di avvicinare la ricezione alla rete pure con battute corte e neanche particolarmente forzate. De Giorgi però non ha mai cambiato la sua linea di ricettori. I martelli hanno giocato un’ottima partita in attacco, e in panchina non aveva specialisti in questo fondamentale. Al massimo ha inserito il secondo libero Scanferla per qualche azione di difesa.

Nel secondo set il solito Huber batte a mezzo braccio nella zona di conflitto tra Balaso e Michieletto, immagino perché quest’ultimo sulla P1 è una delle uscite preferite di Giannelli. Non sembra un servizio irresistibile, ma i due ricettori si ostacolano, Giannelli alza dai 4-5 metri su Michieletto, che attacca da fermo quasi dalla seconda linea.

Paradossalmente la formazione di De Giorgi ha fatto registrare una percentuale migliore di ricezioni perfette (22% contro il 18% biancorosso), ma hanno fatto la differenza gli oltre 20 punti di ricezione positiva in favore della Polonia (54 a 33). In questa finale la Nazionale ha confermato come il servizio sia stato il fondamentale meno efficace (per quanto parliamo sempre di livelli elitari) e quindi più perfettibile. Yuri Romanò, sulla carta il più temibile in questo fondamentale, ha sbagliato quasi la metà delle battute (5 errori su 12 tentativi e un solo ace), stesso discorso per Galassi, che ha litigato col servizio per tutto il torneo (4 ace a fronte di 26 errori complessivi), e Russo, che ha provato una spin con rincorsa float veramente interessante, ma che ieri non ha inciso (2 battute out su 7).

Pure Giannelli è stato poco pericoloso quando ha provato a spingere dai 9 metri, ma più in generale l’Italia non ha ottenuto risultati significativi nemmeno quando ha cercato delle battute più tattiche su Leon. Lo schiacciatore di Perugia di solito è un ricettore abbordabile e pigro negli spostamenti, invece ieri sera ha risposto bene sia sulle battute corte sia su quelle sulla figura (50% di rice+ su 16 palloni). Grbic poi ha voluto minimizzare i rischi e nel secondo come nel terzo parziale gli ha risparmiato un paio di giri in seconda linea sostituendolo con schiacciatori più stabili come Fornal o Semeniuk.

Il cubano naturalizzato polacco ha spostato gli equilibri pure in attacco (10 punti su 22 palloni), per quanto dopo l’operazione al ginocchio della scorsa estate potrebbe aver perso parte della sua forza esplosiva, ma soprattutto dai 9 metri, con delle serie al servizio che hanno indirizzato tutti e tre i parziali: un ace e mezzo sul 23-20, la striscia nel secondo (da 15-15 a 20-15) e il punto nel momento topico del terzo (21-19). Malgrado sulla sua battuta gli azzurri ricevessero con 4 giocatori, Leon è stato capace di trovare il corridoio di posto 5.

Anche Romanò scende sulla linea dei ricettori e aiuta Balaso a coprire posto 1. Ma non basterà.

Oltretutto l’Italia ha insistito parecchio sul libero Zatorski, probabilmente troppo (ha ricevuto più di Leon e Sliwka, che nella seconda metà della finale è stato quasi evitato), creando qualche problema solo nel terzo, quando l’Italia – incredibile ma vero – ha ricevuto sensibilmente meglio dei polacchi (2 punti in più di rice positiva e 22 di perfetta)

L’Italia è rimasta in partita

Malgrado questi presupposti l’Italia ha avuto il merito e il talento di rimanere dentro la partita in tutti i parziali, anche quando si è ritrovata sotto di 7 punti. La squadra ci ha messo qualche scambio per entrare in ritmo in attacco: il primo punto realizzato dai campioni uscenti è stato il 5-8 di Romanò, che ha piegato il piano di rimbalzo di Kochanowski solo al terzo tentativo nello scambio. Come al solito Giannelli nelle prime fasi della partita ha privilegiato anche con ricezione nei 3 metri il trio di palla alta, ossia le tre soluzioni migliori in cambio palla. I due mancini, Michieletto e Romanò, hanno variato abbastanza le loro direzioni d’attacco, sorprendendo il muro difesa con qualche palla in più tirata sulla parallela.

La Nazionale ha messo la testa sott’acqua per buona parte del primo parziale, ma ha comunque accettato la continuità avversaria dai 9 metri senza affondare. Poi ha trovato finalmente il primo ace della sua gara con Sbertoli (entrato al posto di Russo, recuperato a sorpresa dopo l’infortunio alla caviglia nei quarti) e, sempre sul servizio del palleggiatore di Trento, ha vinto il primo scambio lungo della serata, chiuso da un mani fuori di Romanò. Dal 15-22 era arrivata a un insperato -3 (23-20) grazie a due muri consecutivi su Kaczmarek (il peggiore dei suoi, con appena il 27,3% di efficienza su 22 attacchi), che però troverà la giocata più importante della sua finale siglando il set point con una diagonale all’incrocio delle righe.

La formazione di casa nel parziale successivo ha toccato il punto più basso in ricezione, un 15% di positiva che ha intaccato, ma fino a un certo punto, la qualità dell’attacco (43%, solo 5 punti peggio dei biancorossi) e del contrattacco. E si era portata persino in vantaggio grazie a un ace – l’ultimo della sua squadra - di Romanò su Leon (6-7) e una buona serie al servizio di Michieletto (13-14), il più insidioso in questo fondamentale anche senza aver ottenuto punti diretti. Però se da una parte della rete Janusz ha potuto giocare constantemente con la palla nei 2-3 metri (29% di rice++ nel secondo), potendo attingere a ogni tipo di soluzione (basti pensare che i centrali hanno attaccato quasi un terzo delle palle, 8/27), dall’altra parte della rete Giannelli è stato costretto a correre in ogni zona del campo. Solo sull’11-10 è andato per la prima volta al centro (primo tempo di Russo in seguito a una rice++ di Lavia), forse per non sovraccaricare troppo il centrale convalescente. Il palleggiatore di Perugia ha rinunciato ai primi tempi spostati che avevano funzionato nella prima parte dell’europeo e, per causa di forza maggiore, ha chiamato poco anche la pipe (2/2 per Michieletto).

Sia Russo sia Galassi dal canto loro hanno giocato una gara discreta, toccando diversi palloni a muro grazie anche ad alcuni salti a opzione indovinati sui centrali avversari, che però hanno dimostrato di avere qualcosa in più nel confronto diretto. In questo senso si è fatta sentire l’assenza di Anzani, un fattore nella finale mondiale del 2022 nel ridimensionare gli omologhi con le sue stampate quasi violente.

L’opzione di Russo su Kochanowski, che propizia il contrattacco di Lavia.

L’Italia però si è bloccata nell’ultimo terzo del set sulla battuta di Leon e sul passaggio a vuoto di Lavia (3/10 nel secondo), che ha cercato invano una “spazzolata” sulle mani di Janusz, prima di venire murato da Sliwka su una palla impiccata che di fatto ha chiuso anzitempo il parziale (18-15, 21-25).

Eppure al rientro in campo gli azzurri non sembravano risentire delle difficoltà e del risultato. Anzi sono riusciti a ribaltare l’inerzia in ricezione grazie a un Balaso finalmente preciso, e a scappare sul +4 (6-10), il massimo vantaggio nel corso del match. In questo modo Giannelli ha potuto distribuire di più il gioco, alzando più primi tempi (7, ma “solo” 4 attacchi vincenti) per quanto la formazione di Grbic, pure in un momento delicato, abbia confermato la propria solidità in attacco, con il 50% di positività e un solo errore.

Il terzo set poteva essere quello di Daniele Lavia, che nel complesso ha subito 4 ace e ricevuto con appena il 27% di positività, ma nel parziale ha completato 7 attacchi su 8 (!), inclusi i suoi palloni impossibili con cui abbiamo imparato ad apprezzarlo in queste ultime stagioni. Ma al di là delle statistiche (11 attacchi vincenti e 2 muri), sono la qualità e il coefficiente di difficoltà delle sue giocate a rendere ogni suo punto una gemma preziosa: il numero 15 in questo biennio è l’ancora di salvataggio a cui ci aggrappiamo per risolvere situazioni su palla scontata, quasi ingiocabili per la maggior parte dei suoi colleghi. Lavia molto spesso ci riesce, trovando angoli impossibili col muro a 3, oppure giocando con le finte di attacco. Ieri sul 20-21 ha aggiunto un’altra perla alla sua collezione, girando sulla diagonale stretta un attacco da posto 1 con la naturalezza di un opposto (Romanò era andato a terra per difendere la palletta di Sliwka).

Nello scrigno di Lavia prima una finta di attacco in parallela che si trasforma in un colpo sul terzo di rete, poi un punto da opposto navigato.

Peccato che subito dopo proprio Romanò abbia sporcato una buona gara, spedendo out la battuta e il successivo l’attacco che ha scavato il break decisivo (21-23, 23-25). Il punto finale porta invece la firma di Sliwka, un giocatore non sempre appariscente ma estremamente prezioso per i biancorossi e per Nikola Grbic, che in quest’estate ha vinto tutto (VNL ed europei). Ironia della sorte, 22 anni fa Grbic aveva conquistato gli europei da palleggiatore dell’allora Jugoslavia, sempre battendo l’Italia in finale.

Una sconfitta che non ridimensiona l’Italia

Un’Italia che ha pagato una ricezione troppo fragile e un servizio poco efficiente, ma ciò nonostante ha murato di più (6 a 4) e attaccato con un 55% assurdo se consideriamo la quantità di situazioni scontate a cui sono stati costretti i laterali, che hanno confermato di essere dei giocatori di livello mondiale. Idem Giannelli, capitano di una squadra sempre più consapevole del proprio valore. È la prima sconfitta di questo ciclo dopo 24 vittorie consecutive tra europei e mondiali, che non può ridimensionare la nazionale di Fefè De Giorgi. Lo stesso CT ha parlato di «crescita ulteriore del gruppo e consapevolezza maggiore».

Del resto la Polonia alla vigilia poteva essere considerata la favorita per la vittoria finale, per l’organico più profondo di quello italiano, soprattutto in posto 4 e al centro, contro un’Italia che invece presenta un certo scarto tra titolari e seconde linee. Parliamo comunque di due squadre di vertice della pallavolo mondiale (e i risultati recenti ne sono la testimonianza), che verosimilmente si giocheranno qualcosa di importante anche nei prossimi anni. La stagione delle nazionali però non si è ancora conclusa, visto che il 30 settembre inizia il torneo pre-olimpico, con una maratona da 7 partite in 9 giorni.

In ogni caso rimane il percorso trionfale e appassionante di una Nazionale che ha saputo coinvolgere ed emozionare i palazzetti da cui è passata. Una squadra unita e che insieme si diverte, guidata un allenatore-padre come De Giorgi, un po' burbero e un po’ affettuoso coi suoi ragazzi.

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