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Valentino Tola
La nuova Spagna
25 giu 2016
25 giu 2016
Diversa da quella che conoscevamo, più pericolosa, ma anche più vulnerabile.
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Valentino Tola
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"Se ho la palla io, gli altri non ce l’hanno e non mi possono fare gol". È una frase suona bene, ma che si arena sul campo da calcio quando la questione si fa più complessa, perché non puoi tenere palla per tutti i novanta minuti, e comunque è da vedere come e dove la tieni. Solo la Spagna del 2012 ha seriamente avvicinato questo slogan alla realtà: l’utopia (o distopia per altri) di una squadra che gioca letteralmente a tenere palla, muovendosi per il campo con riferimenti minimi e senza schemi dettagliati o particolari automatismi, era possibile solo con gente come Xavi, che non la perde mai, o come Xabi Alonso, capace di trovare la linea di passaggio non solo sicura ma anche efficace improvvisandola sul momento, senza averla mandata a memoria durante settimane di allenamento. Senza due giocatori di questo tipo, la Nazionale spagnola ha riscoperto la normalità: che, però, non significa comunque non essere una delle favorite dell’europeo; ma semmai doversi porre, in misura maggiore rispetto al passato, il problema di un’organizzazione tattica equilibrata.

 

Struttura. La Spagna “normale” ha bisogno di struttura. E questa sembra la novità dell’ultimo Del Bosque: il passaggio dal calcio di possesso e solo possesso a un gioco con riferimenti e posizioni che tendono a ripetersi a seconda della zona in cui si gioca palla. Un 4-3-3 che, ora sì, si avvicina al modello storico del Barça di Guardiola, non solo per la ricerca di automatismi ma anche per le intenzioni col pallone fra i piedi.

 

 



 

Questa è la Spagna più offensiva della gestione di Del Bosque: minimo tre giocatori, di volta in volta, calpestano l’erba all’interno dell’area avversaria: possono essere i tre attaccanti oppure, se uno di questi è impegnato nella rifinitura, una delle due mezzali che si inserisce (quasi sempre Cesc), o addirittura, su eventuali cross, il terzino della fascia opposta che attacca il secondo palo come se fosse una vera punta (Jordi Alba per inclinazione e talento; Juanfran per gli imperativi di un sistema che, con Silva falsa ala destra, spesso lo lascia unico uomo di fascia su quel lato).

 

Si può dire che Del Bosque non abbia mai rischiato così tanto. Nello specifico, il rischio maggiore di questa Spagna risiede nell’avanzare tantissimo entrambi i terzini ad inizio azione. Considerato ciò, il possesso palla si può considerare efficace e relativamente sicuro soltanto nel momento in cui trovando la profondità (la linea di fondo) spinge indietro e gira verso la propria porta gli esterni di centrocampo avversari, eliminandoli così da una possibile azione di contropiede.

 

A conferma dell’impossibilità di separare le due fasi difensiva ed offensiva, i momenti in cui la Spagna si è sentita più sicura difensivamente son stati quelli in cui ha attaccato meglio. In particolare, nei momenti di maggior ispirazione del lato sinistro composto da Jordi Alba (terzino), Iniesta (mezzala) e Nolito (ala). Tutto parte dal dominio del gioco di Iniesta, in una posizione appena defilata e non troppo arretrata: dà lì il manchego dà tranquillità e tempi giusti a Nolito per tagliare dentro e a Jordi Alba per sovrapporsi. Contro due squadre, Turchia e soprattutto Repubblica Ceca, che hanno proposto un 4-5-1 privo di qualsiasi pressing, di pura attesa nella metà campo difensiva, per Jordi Alba avere un avversario che teoricamente era centrocampista esterno ma in pratica lo seguiva a uomo sino alla linea di fondo, è stato come andare a nozze.

 

Il fatto di far collassare gli avversari su quel lato ha regalato alla Spagna palloni su palloni forzando i rinvii avversari e dando il tempo a Ramos Busquets e Piqué di avanzare al massimo la linea difensiva, quasi fino alla trequarti, regalando quella sensazione di sicurezza che, se nella Spagna precedente di Del Bosque arrivava da un palleggio infinito e due uomini a coprire in mediana (Busquets e Xabi Alonso), ora invece si cerca come ricaduta di una condotta più aggressiva.

 

Sensazione di sicurezza che, però, è relativizzata sia dai limiti di Repubblica Ceca e Turchia che dalla sua sostanziale sporadicità. Sulla sinistra non si sono sempre visti i tempi e le distanze giusti: Nolito, piuttosto teso all’esordio con la Repubblica Ceca, ha limitato con giocate precipitose la possibilità di sorpresa di Jordi Alba; mentre nel primo tempo della sconfitta con la Croazia il pressing croato ha abbassato di molto la posizione in cui Iniesta riceveva palla, aumentando le distanze con Jordi Alba e Nolito e diminuendo anche la possibilità di appoggiarsi sull’ipercinetico Morata, finora impeccabile sia nei movimenti incontro al pallone che nei tagli dal centro verso l’esterno più spesso verso la fascia sinistra (a compensare le diagonali verso la porta tipiche di Nolito) che verso la destra.

 


Dove ha vinto la Croazia/1. Il pressing spinge dietro Iniesta, molto lontano sia da Nolito che da Jordi Alba, togliendo continuità d’azione.


 


Dove ha vinto la Croazia/2. Il pressing costringe anche Busquets ad arretrare per creare superiorità contro i due attaccanti della Croazia. Ma così Busquets svuota il centrocampo, dove rimane solo Iniesta e una voragine in caso di palla persa.


 


Anche l’Italia, dato il modulo, potrebbe pressare alto con le due punte. Ma il pressing può essere un’arma a doppio taglio, perché ti costringe ad allungarti. Qui la Croazia prende gol, perché Iniesta manda a vuoto il mediano che lo segue con un tocco, e da lì la Spagna ha tutto il campo in discesa. Iniesta è molto bravo a defilarsi negli spazi intermedi fra punte ed esterni avversari che pressano.


 

 



 

Se il lato sinistro è la base di un dominio intermittente, sul lato destro invece i dubbi sono parecchi. La figura chiave da questo lato è David Silva, con dei movimenti che rompono la simmetria del 4-3-3. La valutazione dell’apporto del canario è complessa: è lui il miglior socio di Iniesta, non Cesc Fàbregas, che dopo una prima partita mediocre si è progressivamente limitato nella costruzione bassa della manovra per avventurarsi sempre di più in inserimenti e verticalizzazioni (Fàbregas ha un’attitudine da Premier League: spesso, appena ricevuta palla, la prima cosa che guarda è se c’è la possibilità del lancio a ribaltare l’azione). In pratica, sono molti i momenti in cui il teorico esterno destro d’attacco, appunto Silva, riceve più arretrata della mezzala del Chelsea. Cesc si butta negli spazi e Silva lo lancia, come nell’azione del vantaggio contro la Croazia.

 

Silva è il giocatore con maggior libertà di movimento nell’undici titolare, e quando divaga sulla trequarti più di tutti gli altri aiuta Iniesta a calmare l’azione e dare il tempo ai compagni di accorciare le distanze reciproche. Nel 4-3-3 di Del Bosque Silva ha quasi la stessa libertà che Messi ha nel 4-3-3 del Barça, ma è qui che Silva pone gli interrogativi più seri: laddove Messi, anche circondato da avversari, sulla trequarti può girarsi e decidere con un’azione individuale, Silva è un giocatore esclusivamente associativo, non può dare nessun vantaggio individuale diretto, ed è possibile che contro avversari di buon livello questo suo gravitare in zona centrale, generando una chiara asimmetria che lascia il solo Juanfran (sottotono finora, mai mostratosi autosufficiente dal punto di vista offensivo) a coprire tutta la fascia, rappresenti un rischio eccessivo in transizione difensiva, sommato a Cesc che abbandona spesso e volentieri il centrocampo per inserirsi davanti.

 

Si è visto contro la Croazia, quando la Spagna ha finito con i due terzini come unici riferimenti laterali ultra-avanzati ed è arrivato il contropiede di Perisić. E potrebbe rivedersi contro squadre che giocando con due punte (ad esempio l’Italia) possono ripartire defilandone una su quel lato scoperto.

 


Nell’azione del gol dell’1-0 alla Turchia sono riassunti una buona parte dei punti di forza e lati deboli della Spagna. Attacca sul lato sinistro e ha schiacciato l’avversario da quella parte, Nolito e Jordi Alba hanno trascinato dietro esterno e terzino, Iniesta che ha avviato l’azione è piazzato bene per la transizione difensiva, così come Busquets. Tre attaccano l’area (Fàbregas compreso), mentre Juanfran è l’unico uomo sulla fascia opposta. I punti interrogativi rappresentano l’area che gli avversari possono colpire su un possibile ribaltamento in azioni che diversamente da questa non finiscono in gol ma con una respinta.


 

Ora che la Spagna è capitata nella parte più dura del tabellone (se anche l’Italia venisse superata, ai quarti potrebbe toccare una Germania che uno spazio così non può non sfruttarlo), viene da pensare alle possibili soluzioni a questo squilibrio offerte dalla panchina. Una potrebbe essere l’impiego, al posto di David Silva, di Lucas Vázquez: esterno puro, il madridista potrebbe riportare una certa simmetria e ampiezza offensiva, senza dover scoprire tanto a palla persa lo spazio alle spalle di Juanfran. Ma la perdita di qualità nel possesso per l’assenza di Silva sarebbe evidente, e quindi Lucas sembra più un ricambio spendibile a partita in corso (di fatto è la sostituzione che, vedendo la dinamica del gol di Perišić, molti hanno rimproverato di non aver fatto a Del Bosque contro la Croazia).

 

Sembra più sacrificabile Cesc Fabregas, anche se, osservando i cambi effettuati nelle scorse partite, Del Bosque non sembrerebbe d’accordo. In questo caso, subentrerebbe come mezzala destra Koke, finora poco utilizzato. Koke è un giocatore non meno dinamico del catalano, ma mentre i movimenti di Cesc sono più verticali, Koke può offrire più movimenti in diagonale che, non facendo mancare gli appoggi e le linee di passaggio utili ad avanzare, consentono al tempo stesso maggiori possibilità di copertura a palla persa. Rispetto agli inserimenti di Cesc direttamente verso l’area, sarebbe un gioco più di rotazioni sul lato destro con Juanfran e Silva, e Koke rimarrebbe tendenzialmente più vicino a Juanfran, potendo coprirne anche lateralmente le iniziative offensive, come del resto è abituato da anni di lavoro forzato sulla fascia con Simeone. Il problema è che Koke per caratteristiche individuali si muove con maggior disinvoltura a sinistra, la zona che di solito occupa nell’Atlético ma che nella Nazionale è territorio di Iniesta.

 

Koke resta comunque un’alternativa preferibile a Thiago Alcantara: uno dei giocatori più tecnici della rosa, ma mai veramente affermatosi come mezzala di possesso. In origine era un fantasista, e non ha perso la rigidità nell’interpretare il ruolo tipica del giocatore adattato. Fatica a smarcarsi alle spalle della linea avversaria e a creare linee di passaggio davvero utili muovendosi senza palla, spesso si defila e si limita a passaggi che rallentano il fraseggio. La paura è che dopo tanti anni in questo ruolo, abbia anche perso la magia dell’ultimo passaggio o del dribbling sulla trequarti, dove potrebbe tornare maggiormente utile a partita in corso e dove non pochi avrebbero visto meglio la convocazione di Isco.

 

 



 

Tornando a Silva, pure fra i migliori spagnoli contro la Croazia, non si sa poi quanto il suo ruolo di ausiliare di Iniesta possa compensare i possibili squilibri del sistema anche per un altro motivo: la Spagna “normale” ha sì più possesso dell’avversario, ma al 70% del totale la Spagna ci arriva solo quando un avversario come la Repubblica Ceca decide di disinteressarsi completamente del pallone. Sotto il 70%, anzi poco sopra il 60%, è inevitabile vedere fasi in cui la Spagna deve difendere schierata nella propria metà campo.

 

Qui vengono le note dolenti, perché Cesc e Iniesta non hanno nelle corde questa fase del gioco. Anzi, quanto più cercano di impegnarsi, tanto più le loro corsette aumentano le distanze da Busquets, in certi momenti paurosamente solo sulla trequarti (e non aiutano nemmeno le uscite fuori tempo dalla linea difensiva di un Ramos distratto come quello di queste prime tre partite).

 

Il rimedio che la panchina offre a questo scompenso è, per qualità individuale, il migliore possibile: Bruno Soriano. Il mancino del Villarreal ha effettivamente stabilizzato il centrocampo nel secondo tempo con la Croazia, dando sia maggior continuità al possesso che una miglior copertura della mediana a fianco a Busquets, ma il problema legato al suo inserimento è che snatura completamente l’assetto originario e ne compromette l’efficacia offensiva. Contro la Croazia dopo l’ingresso di Bruno per Nolito abbiamo visto un 4-2-3-1 con Cesc falso esterno sinistro e Iniesta al centro, ma in pratica questi due e Silva vagavano a piacimento sulla trequarti (una riproposizione del calcio senza posizioni fisse del 2012 e 2014). Con questo riposizionamento si compromette quel meccanismo sul lato sinistro fra Iniesta, Nolito e Jordi Alba che ha rappresentato la situazione di gioco più interessante vista finora, col ritorno a una scarsa profondità.

 

La sensazione insomma è che la coperta per la Spagna sia ancora un po’ corta, che laddove aumenta la profondità offensiva, lo sbilanciamento difensivo aumenti proporzionalmente. Una squadra capace di giocare anche più tipi di partite rispetto alla Spagna del passato, e quindi pericolosa in tutti le circostanze (che sia giocando in ampiezza, in profondità) per la qualità e la varietà delle alternative, ma che, a differenza del passato, non ha ancora la possibilità di affidarsi a un piano completamente affidabile.

 

 

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