“Nessuno può mettermi pressione addosso
più di quanta possa mettermene io”
[Zelimir Obradovic – Nove volte campione d’Europa]
Raccogliamo istantanee e flashback dalla tre giorni nella metropoli turca, che ha visto il Fenerbahce Istanbul di coach Zelimir Obradovic vincere l’Eurolega per la prima volta nella sua storia e per la prima volta per un club della Turchia.
19 Maggio 2017 – Il Venerdì dei déjà vu
Ore 17:30: Cska Mosca 78 – 82 Olympiacos Pireo
Quando il filosofo tedesco Karl Marx se ne uscì con una delle sue citazioni più famose (“La Storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”) aveva sottovalutato il fatto che un secolo più tardi nelle Final Four di Eurolega si sarebbero scontrate Cska Mosca e Olympiacos Atene. La prima semifinale di venerdì è stata infatti la farsa della farsa della farsa, assegnando per la quarta volta su quattro in soli cinque anni alle Final 4 la vittoria ai greci, e lasciando il Cska con le solite facce da pesci lessi al suono della sirena finale.
Un beffardo incantesimo che tutti avevano dato per rotto l’anno scorso con la conquista del titolo dell’Armata Rossa a Berlino: superato finalmente con successo anche l’ultimo scoglio mentale dell’ennesima rimonta concessa (il Fenerbahce dal -21 al supplementare, in finale), il Cska – depurate le tossine dall’organismo – sembrava pronto a dar vita ad una dinastia dittatoriale nel Vecchio Continente, con le due migliori guardie del torneo (Nando De Colo e Milos Teodosic) allenate dal miglior allenatore d’Europa (Dimitris Itoudis), oltre ad un contorno di assoluto livello grazie ad uno tra i budget più ricchi delle 16 elette.
C’eravamo lasciati qui, all’azione più simbolica della scorsa stagione, il backdoor Teodosic-De Colo nel crunch time della finale, con le due stelle sotto osservazione nei finali tirati a mettere una pietra sul passato con una giocata di raro tempismo e cruciale importanza. Un’intesa su cui il Cska aveva fondato le proprie fortune anche in questo 2016-17, ricordato anche da coach Itoudis venerdì sera in spogliatoio poco prima della palla a due contro l’Olympiacos: «La parola d’ordine oggi è “crederci”: nel nostro sistema, che ci ha portato fino a qui, e nel compagno che sarà di fianco a voi in partita».
Non solo: memore dei sanguinosi precedenti con la nemesi biancorossa, Itoudis come ultima cosa prima di entrare in campo aveva avvertito: «Capiamo quand’è il momento migliore per raddoppiare Printezis e ruotare dal lato debole». In testa, oltre al vantaggio fisico del greco sui suoi “4”, il coach aveva probabilmente anche il buzzer beater con il quale l’Olympiacos aveva lasciato a bocca aperta l’Europa per la prima volta, nel 2012, sempre a Istanbul…
All’apertura delle danze, i timori di Itoudis prendono rapidamente corpo: con lo Spanoulis dei primi quarti a danzare sul precario equilibrio del “risparmio le energie/gioco per la squadra” e il resto dei compagni alle prese con il classico impatto da “intensità Final 4”, rimane solo Giorgione Printezis come reale pericolo da arginare, ma il piano partita nei primi dieci minuti funziona.
I raddoppi sull’ala greca arrivano dopo il primo palleggio, le rotazioni sono reattive e decise e l’Olympiacos non fa mai canestro tirando 1/7 da dietro l’arco per aprire la gara, mentre dall’altra parte la classica partenza da rullo compressore firmata De Colo-Teodosic (11 punti in due, il serbo rientrante da uno stop di tre settimane) fa decollare il Cska. Due sono gli indizi che non tutto però sta andando come vorrebbero a Mosca: 1) i greci hanno concesso solo 18 punti al miglior attacco europeo; 2) sono sotto di sole 6 lunghezze dopo aver punito un’imperdonabile distrazione difensiva con un buzzer beater, ovviamente di Printezis.
Ma superficialmente anche il secondo quarto pare essere ben saldo nelle mani degli uomini di Itoudis che, pur assecondando i ritmi bassi “comandati” dal coach avversario Ioannis Sfairopoulos, scollinano per la prima volta oltre la doppia cifra di vantaggio durante un tipico Teodosic-moment, quando il play s’infiamma bruciando il canestro con tre triple consecutive (40-27 con questo ciuffo irreale dagli 8 metri).
Mancano 40 secondi alla fine del secondo quarto: Cska avanti di 13 con una frecciata nel cuore che ammazzerebbe chiunque. Tutto finito? Chiaramente no. I greci sono dei maestri nel riuscire a rimanere in partita con tutti i mezzi a disposizione, e se poco prima la giovane ala Dimitrios Agravanis aveva pagato lo scotto dell’esordio a questo livello scheggiando appena il ferro, sul suono della sirena finale – e grazie all’intuizione di Vangelis Mantzaris, altra anima mai doma – segna il secondo ma non ultimo buzzer beater della partita. E l’Olympiacos, non una novità, è più vivo che mai (40-33).
Quel “qualcosa” di oscuro che dal 2012 riesce a farsi largo tra le menti dei giocatori moscoviti sta chiaramente tornando, un’impressione confermata dal linguaggio del corpo e dalla fluidità offensiva che sta scemando rapidamente. Il Cska nel terzo quarto è ancora solo De Colo, qualche sprazzo di Teodosic e poco altro: è una preda che sta iniziando a sanguinare, che accetta passivamente tutti i cambi e i mismatch cercati dall’avversario e che due esperti predatori come Kostas Papanikolau e Mantzaris non perdono tempo ad attaccare, azzannandola con delle triple pesantissime culminate col terzo canestro in fila allo scadere (64-60).
I fantasmi del passato sono ufficialmente scesi in campo e corrono fianco a fianco del Cska Mosca. I russi non segnano per i primi due minuti dell’ultimo quarto, Teodosic torna in panchina con la lingua fuori e De Colo – votato nel primo quintetto Eurolega 16-17 – sbiadisce gradualmente dopo le ultime forzature a vuoto uscendo di scena, con i soli Cory Higgins e Aaron Jackson a cercare l’area per creare qualcosa di positivo, mentre Itoudis inizia a sbiancare in volto. Fin qui tutto già visto e rivisto, compreso il mondo a negare l’evidenza: «No, non può finire ancora così! Non di nuovo!».
Manca solo una cosa. Lo sceneggiatore non si è dimenticato di Vassilis Spanoulis, ma gli ha semplicemente concesso qualche minuto in più di riposo, considerato l’avanzare dell’età: sul 69-67 Cska a 4:25 dalla fine la leggenda greca ha solo 4 punti a tabellino. Nel 2015, sempre contro il Cska, ne aveva 2 prima dell’ultimo quarto. Mosca non vuole pensare a quegli attimi, ma quando dal nulla gli concede un finger roll di sinistro nel traffico è impossibile non tornare con la testa ai déjà vu più terrificanti degli ultimi cinque anni.
Da quel canestro del 69 pari inizierà uno show tanto personale quanto ineluttabile. Non si può, semplicemente, fermare. E sul 73-71 Cska, a 1:59 dal termine, arriva il capolavoro: Spanoulis sfida Khryapa che ha accettato l’ennesimo cambio forzato dall’Olympiacos, un fattore tattico che alla fine si rivelerà decisivo. Step back dagli otto metri d’incredibile difficoltà e… solo rete.
È il primo sorpasso dell’Olympiacos, che coincide anche con la chiusura virtuale e mentale della partita insieme alla bomba di Erick Green, affidatagli da Spanoulis a 41 secondi. Mancano solo le ultime due triple di Teodosic – una dentro e una sul primo ferro con ancora 11 secondi sul cronometro – per concludere la trama già vista di questa rivalità infinita: un déjà vu che sembra essere sempre di più un maledetto “Giorno della Marmotta” di cui il Cska non aveva autorizzato il remake. L’Olympiacos e i suoi underdog vanno in finale, Mosca a casa in cerca dello sceneggiatore e di uno sciamano.