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Angelo Andrea Pisani
La migliore squadra di cui non avete mai sentito parlare
10 ago 2017
10 ago 2017
Il Pordenone 2016/17 esprimeva il miglior gioco della Lega Pro, ecco le 5 migliori azioni.
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Angelo Andrea Pisani
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Nonostante abbia quasi cento anni, il Pordenone ha passato gran parte della sua storia nel completo anonimato. Fondata nel 1920, la squadra friulana ha una storia piuttosto travagliata, fatta di crolli e risalite. In epoca fascista la squadra neroverde venne rinominata “Terza Coorte A. Salvato, 63ª Legione Tagliamento”, successivamente si chiamò anche “Pordenone Liber” e “A.S. Dante Alighieri”. Negli anni ’60 fu una squadra satellite della Juventus (che qui pescò Gianfranco Zigoni), e venne successivamente allenata da Evaristo Beccalossi.

 

Avvenimenti curiosi, nulla di più. La svolta avviene nel 2014, quando – dopo 50 anni di attesa – la squadra torna nella Serie C con Mauro Lovisa alla presidenza. Il ritorno tra i professionisti si chiude con una retrocessione, ma il salato ripescaggio (500 mila euro a fondo perduto) permette ai “ramarri” di restare in categoria.
Quella del Pordedone è una storia resa possibile da una grande forza economica, e lo scarso seguito dei tifosi - anche nelle medie della categoria - inserisce la narrazione del club in un contesto un po’ artificiale. In compenso, negli ultimi due anni la squadra ha mostrato un gioco tra i migliori della categoria, rivelandosi una grande realtà dal punto di vista sportivo e societario.

 

Bruno Tedino, subentrato in panchina nel 2015 dopo due anni passati come tecnico federale (voluto da Viscidi), è riuscito in poco tempo a cambiare la storia tattica della squadra.

 

In un contesto dove ha da sempre dominato un pragmatismo, in linea con lo stile tattico della categoria, Tedino ha avuto il coraggio di puntare sulla qualità di gioco. La squadra applica i principi del gioco di posizione, un pressing sistematico sul portatore e alterna indifferentemente tre moduli diversi, senza mai venire meno ai princìpi di fondo e all’atteggiamento in campo. La squadra gioca abitualmente con due o tre punte, un regista e due mezzali di qualità; i terzini sono quasi sempre nella metà campo avversaria, dove il Pordenone cerca di mantenere il proprio possesso. L’audacia nel corso del tempo ha dato i suoi frutti: in appena una stagione il Pordenone è passato dal 19esimo al secondo posto, raggiungendo due semifinali playoff in due anni, perse entrambe contro la vincitrice finale (il Pisa nel 2016, il Parma quest’anno).

 

Nella stagione appena conclusa il Pordenone è finito davanti Parma e Venezia, due realtà fuori categoria, arrivando terzo con il miglior attacco del girone: 68 reti. Molte di queste, meravigliose. Ho scelto quelle che più di tutte dimostrano che un calcio piacevole si può giocare a qualsiasi livello, indipendentemente (più o meno) dalla qualità dei giocatori che si hanno a disposizione.

 



 



 

In questa partita il Pordenone è schierato col 4-3-1-2, ma in fase di possesso la squadra sfrutta il più possibile l’ampiezza, cercando di allargare la difesa e togliergli riferimenti. In questa azione la punta Martignago è sull’ala destra e appoggia dietro per il terzino Semenzato, che si è accentrato per occupare la posizione lasciata libera dalla mezzala Misuraca (avanzato al fianco della punta). Semenzato lo serve tra le linee, e Misuraca allunga per Martignago, che si muove alle spalle del terzino: palla in mezzo e tap-in di Cattaneo, il trequartista, spostatosi sulla fascia opposta. Con tre passaggi il Pordenone ha superato la difesa schierata del Bassano.

 



 



 

Il SudTirol decide di difendere aspettando gli avversari, tenendo la squadra molto stretta per orientare il possesso sulle fasce. Il Pordenone risponde sovraccaricando la zona centrale, in modo da avere comunque superiorità numerica: Stefani verticalizza per Cattaneo (il trequartista), che arretra fino alla lunetta di centrocampo per scombinare le marcature avversarie; lo stesso fa la punta Padovan, che indietreggia tra le linee. Una volta messa in moto la squadra, l’assetto difensivo dei tirolesi crolla: Cattaneo e Suciu si scambiano la palla con la velocità di un flipper, mandando Padovan a tu per tu col portiere.

 



 



 

La squadra di Tedino punta sul possesso, ma senza mai un’attitudine conservativa. Quando c’è l’opportunità il Pordenone non rinuncia alla verticalizzazione immediata, sfruttando la qualità tecnica dei propri difensori. Qui capitan Stefani cambia gioco sulla fascia per Martignago, che si isola nell’uno contro uno col terzino e mette dentro: Arma fa da sponda per l’inserimento di Berrettoni, che segna in scivolata.

 



 



 

Berrettoni (seconda punta) arretra fino alla propria trequarti per aiutare la fase di uscita, cedendo a Semenzato per muoversi in verticale. Lo stesso fa Misuraca dopo lo scambio: ogni volta che la palla va in orizzontale, un giocatore si muove in verticale per dare una soluzione. A questo punto il Forlì ha 10 giocatori dietro la linea del pallone, ma la verticalizzazione di Burrai riesce comunque a trovare Arma: l’attaccante controlla e lascia il tempo alla squadra di avanzare. Con tre scambi a uno/due tocchi, compreso un colpo di tacco, il Pordenone riesce a liberarsi dei cinque avversari del Forlì. Arma viene atterrato in area, Berrettoni raccoglie e segna il 2 a 0 con un tiro a incrociare.

 



 



 

Una volta recuperata palla i pordenonesi vedono lo spazio e vanno immediatamente in avanti. Appena Misuraca riceve palla Azzi parte in attacco, allungando nonostante il passaggio sia diretto a Berrettoni. Il movimento in verticale del numero 7 costringe il difensore avversario a indietreggiare, dando al compagno il tempo di controllare, girarsi e servire la palla sullo spazio. Quando Azzi riceve Arma non gli va incontro, resta distante per costringere il difensore avversario a fare una scelta. Il forlivese esce su Azzi, Arma riceve e conclude facilmente in porta.

 


Per tutta la stagione il Pordenone è stata la prova che un calcio tecnico e ragionato, basato sui princìpi prima che l’utilitarismo, è possibile anche in Lega Pro. Forse con meno integralismo del

lo scorso anno, ma con un atteggiamento simile. Occupazione oculata dello spazio e del campo, controllo del possesso, fluidità: a prescindere da situazioni, risultato e avversari la squadra di Tedino è rimasta fedele alle proprie idee, arrivando a un passo dalla promozione. La corsa playoff si è interrotta solo ai rigori contro il Parma, in una semifinale che ha visto diverse

a favore dei ducali.

 

Con la partenza di Bruno Tedino, chiamato dal Palermo di Zamparini e sostituito da Leonardo Colucci, la squadra ha perso molti pezzi: Ingegneri ha seguito l’allenatore in Sicilia, Cattaneo è andato al Brescia, Arma alla Triestina, Semenzato al Catania. Della stagione che è stata resta solo il bel ricordo, e una certezza: a prescindere da come rinascerà questa squadra, vale la pena ricordare quella che è stata.

 

 

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