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(di)
Alfredo Giacobbe
La lezione
16 apr 2015
16 apr 2015
Il Barcellona mostra un piglio da grande squadra e distrugge un Paris Saint-Germain poco organizzato e pieno di assenze.
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Alfredo Giacobbe
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PSG e Barcellona si sono ritrovate l’una di fronte all’altra dopo essersi divise la qualificazione in palio nel Gruppo F giusto pochi mesi fa. Nella partita di girone giocata a Parigi, il 30 settembre, i francesi hanno battuto i catalani per 3-2, grazie ad una partita difensiva disciplinata e alcune buone esecuzioni da calcio piazzato. Blanc era già stato costretto a fare a meno di Zlatan Ibrahimovic, infortunato. E ieri sera, quella dello svedese squalificato, è stata l’assenza che si è fatta sentire meno.

 

In conferenza stampa Blanc ha sostenuto di avere una risposta al problema chiamato Leo Messi: «La soluzione deve essere collettiva perché una marcatura a uomo non funzionerebbe». Altri allenatori prima di lui (da Allegri in Milan-Barcellona del 2013 ad Ancelotti nell’ultimo Clásico) hanno adoperato lo stesso metodo: lasciar ricevere palla a Messi. Se si evita di provocarlo con una marcatura ravvicinata, si hanno buone probabilità di non perdere un uomo subito, sul primo dribbling. Blanc è stato fedele ai suoi propositi: il PSG ha iniziato difendendo basso, con due linee da quattro uomini grazie al ripiegamento di Lavezzi sulla fascia destra.

 



Che Messi sia un fenomeno con la palla è chiaro a tutti, ma è anche una testa che pensa calcio come pochissimi altri calciatori. L'argentino si è trovato di fronte allo sbarramento formato da Matuidi e Maxwell, che concedevano solo la fuga lungo la linea del fallo laterale di destra, per quanto erano stretti a protezione del centro del campo. I tagli interno-esterno del nuovo uomo-guida del centrocampo, Rakitic, ormai consueti nel Barça in versione Luis Enrique, non riuscivano a distruggere le posizioni nello scacchiere avversario.

 

Messi sapeva che alle sue spalle non c’era il suo “partner in crime”, e playmaker aggiuntivo, Dani Alves. L’argentino, allora, ha cominciato a spostarsi per il campo, venendo al centro per cercare le combinazioni con gli altri centrocampisti e per farsi playmaker lui stesso. A farne le spese il povero Cabaye, che ha lasciato troppo spazio alle proprie spalle, preoccupato anche della posizione estremamente avanzata di Sergio Busquets. A proposito del prodotto della cantera catalana, è lui il vero equilibratore del gioco blaugrana, l'uomo che chiude tutte le falle e che, con le sue 5 palle recuperate e i suoi 9 duelli vinti su 12 (record della partita), contribuisce a creare superiorità numerica centralmente. Per questo Busquets gioca sempre anche se commette qualche errore in più degli altri.

 

Messi è ritornato nella posizione nella quale è stato utilizzato nel primissimo scorcio di stagione, quella di playmaker offensivo in un centrocampo a rombo, una soluzione che all'epoca aveva ideato Luis Enrique per innescare gli attaccanti a disposizione (Pedro e Munir), in attesa dei reduci dal Mondiale (Neymar e Suarez). Ed è proprio tra le linee, al centro del campo, che Messi confeziona l’assist per il gol di Neymar che sbilancia la partita a favore del Barcellona già dal diciottesimo minuto.

 


Iniesta trova Messi in una posizione da cui per l’argentino è semplice mettere davanti alla porta Neymar, con van der Wiel che si è fatto attrarre dal pallone.

 

Il gol è nato da un pallone perso da Rabiot, recuperato da Busquets e trasformato in oro da Iniesta, ma l’applicazione di tutto il Barcellona nella fase di non possesso è stata degna di lode. I catalani hanno conquistato 15 palloni nella metà campo avversaria (contro i soli 7 del PSG), con un’altezza media dei recuperi di 39 metri.

 

In realtà, già dai primi secondi di gioco si poteva capire l’andamento dell’intero match: Suarez è andato subito in pressione rabbiosa su Thiago Silva e Marquinhos, Busquets si è alzato per prendere Cabaye, mentre Rakitic e Iniesta restavano su Matuidi e Rabiot. Se molte delle certezze del PSG, in fase di costruzione della manovra, erano state tolte dall’assenza contemporanea di Thiago Motta e Verratti, quelle residue sono state demolite dal Barça subito.

 

Senza Verratti (e Motta)

Ai parigini non è rimasto altro da fare se non lanciare lungo, anche sui rinvii dal fondo, per cercare la testa di Cavani. Non solo, quindi, il PSG ha dovuto completamente snaturare il proprio gioco per ragioni tattiche e di contingenza, ma ha visto fallire subito anche il piano di riserva, con il "Matador" battuto sulle palle alte sia da Piqué sia, sorprendentemente vista la statura, da Mascherano. I due centrali del Barcellona hanno recuperato 21 palloni in due senza mai soffrire gli avversari.

 

In tutta la prima frazione i francesi ha fatto pochissimo gioco, eppure la prima occasione della partita è stata a loro favore: al settimo minuto Busquets ha mollato le caviglie di Cabaye per un secondo e tanto è bastato al centrocampista ex Newcastle per cambiare gioco sul lato debole, attaccato contemporaneamente da Maxwell e Matuidi. Dal settimo al ventiseiesimo minuto, lasso di tempo nel quale il Barcellona concretizza la propria pressione col gol, il PSG non crea alcun pericolo. Alla fine del primo tempo, l’Indice di Pericolositá di SICS segna un lusinghiero 27 a 15 per la squadra di Luis Enrique.

 


È il primo possesso della partita e il PSG è pressato nella propria metà campo da sette avversari.



 



Il Barcellona ha giocato con aggressività anche quando non aveva la palla tra i piedi, cercando di riconquistare palla vicino alla porta di Sirigu, quasi altrettanto furiosamente di quanto faceva il Barça di Guardiola. La linea difensiva sempre molto alta, accorciando i reparti e negando gli spazi agli avversari, soprattutto a Javier Pastore (fresco di candidatura a giocatore “più creativo” del mondo da parte di una leggenda, che spesso la spara grossa, come Eric Cantona).

 

Pastore, come Messi, abbandonava spesso lo spazio sulla fascia per venire al centro del campo, ma non gli è mai stato concesso il tempo sufficiente per ragionare: l’argentino a fine partita deve contare ben 17 palle perse (record della partita). Quando lo ha fatto, ad inizio secondo tempo, il PSG si è fatto vedere dalle parti di ter Stegen due volte. Dei sette passaggi chiave giocati da Pastore (nessun altro ne ha messi di più), solo uno ha portato al tiro.

 

In fase difensiva, il PSG ha risposto in modo meno corale, forse troppo passivo. Cavani e Pastore, ad esempio, si portavano sotto la linea della palla ma non esercitavano alcuna pressione sul portatore e in questo modo il PSG ha recuperato pochi palloni, e anche quando lo ha fatto i due attaccanti avevano troppi metri di campo da coprire per raggiungere la porta avversaria.

 

Verratti è mancato al PSG non solo quando si trattava di rompere la pressione avversaria, ragionando nello stretto per portare su il pallone; ma anche quando si doveva mettere pressione agli avversari. L’italiano è solito dettare per primo i tempi del pressing ai compagni, senza di lui il PSG ha finito semplicemente per concedere l’iniziativa e abbassarsi troppo. Una cosa è lasciare la palla agli avversari, un'altra tutto il campo che vogliono.

 


Van der Wiel gira palla all’indietro e la difesa del Barcellona sale a mettere in fuorigioco gli avversari, i centrocampisti assecondano a loro volta: gli automatismi del Barcellona sono perfetti quanto una sinfonia.



 

L’inizio del secondo sembrava promettere qualcosa di diverso: il PSG ha provato a tenere la linea difensiva un po’ più alta e ha provato ad aggredire maggiormente gli avversari, in fase di non possesso Cavani o Pastore ripiegavano a turno sull’out di sinistra formando ora un 4-5-1 che permetteva a Matuidi di stringere in mezzo e restare più vicino al povero Cabaye.

 



Un po’ per incoraggiare i segnali di ripresa dei suoi, un po’ per tentare una mossa disperata, Blanc ha speso subito la sua seconda sostituzione (la prima l’aveva spesa nel primo tempo per rimpiazzare l’infortunato Thiago Silva con David Luiz) ed ha immediatamente preso il secondo gol.

 

Con l’ingresso di Lucas Moura al posto di Rabiot, Lavezzi si è spostato sulla fascia sinistra ed è stato subito preso in mezzo da una combinazione tra Rakitic e Montoya: a Lavezzi è venuto a mancare l’aiuto di Matuidi, scappato all’indietro e preoccupato di dover coprire con Cabaye uno spazio maggiore, dovuto proprio all’uscita di Rabiot. Montoya ha servito largo Suarez che… ha fatto un gol alla Suarez! Un capolavoro di classe, di

, di opportunismo.

 

Come in una partita di tennis, dove si dice che “si gioca solo su un servizio” quando un giocatore subisce un break e applica il massimo sforzo nei game di risposta per recuperare, allo stesso modo il PSG, sfiduciato, ha iniziato a giocare solo sui propri possessi, lasciando completamente l’iniziativa agli avversari quando avevano la palla. La terza rete catalana, il secondo gol alla Suarez della serata, ne è stata la conseguenza naturale. L’IPO del Barcellona al fischio finale (63) doppia largamente quello degli avversari (26) e fotografa l’andamento della partita alla perfezione.

 



Il Barcellona ha mostrato un piglio da grande squadra che sembrava aver smarrito la scorsa stagione. Ha giocato una partita con intensità e carattere fin dal primo secondo, usando un registro vario di strumenti di gioco.

 

Blanc, da parte sua, non è riuscito a replicare l’impresa fatta nella partita di girone, quando la squadra è stata naturalmente aggressiva e poco preoccupata di subire gol, come lo era invece ieri sera. Giustificato dalle assenze, e dall'andamento della gara, certo, ma le strategie di Blanc hanno fallito una ad una: la difesa passiva, i lanci, persino i cambi non hanno dato una svolta alla gara, ma hanno fatto crollare il poco che i giocatori erano riusciti a costruire come un castello di carta.

 

Si dice che nel calcio tutto è possibile, il PSG non perdeva da 33 partite in casa, ma dopo anni di investimenti qatarioti il divario tra il colosso francese e gli altri colossi è decisamente troppo grande, e ci ricorda quanto è difficile costruire una squadra vincente, con una mentalità vincente. Non bastano neppure i miliardi di petrodollari (basta pensare anche al Manchester City), e nella storia del calcio sembrano funzionare di più le rivoluzioni culturali, tipo quella di Cruijff al Barça, o di Sacchi al Milan (ma anche quelle meno eclatanti, come quella di Klopp al Borussia Dortmund): a dimostrazione che il calcio è un gioco in cui contano, e tanto, anche le idee.

 
 



 
 

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