Qualche settimana fa ho intervistato Massimo Testa, presidente del U.S.D. Tor di Quinto, per un articolo uscito su “la Repubblica” di lunedì 24 ottobre. L’intervista è andata per lunghe e molto è rimasto fuori da quanto pubblicato. La sua è una storia interessante e mi sembrava un peccato non venisse letta per come me l’ha raccontata lui. Questa è la versione integrale.
Alcune informazioni necessarie prima di leggere. Il Tor di Quinto è una delle squadre più importanti del panorama romano e laziale, la prima squadra che gioca in Promozione ma è conosciuta soprattutto per il suo settore giovanile. Nella sua storia ha vinto 5 titoli nazionali Juniores, oltre venti tra regionali e provinciali, e ogni anno cede giocatori alle società professionistiche: l’esempio più illustre è Marco Materazzi, un esempio più recente è Luca Antei.
Il Tor di Quinto è stato fondato nel 1946 da Vittorio Testa con l’aiuto di Palmiro Togliatti e del Partito Comunista. A Vittorio Testa è succeduto il figlio Massimo, e qualche tempo fa Massimo aveva abdicato al figlio Paolo. Alla scomparsa prematura di Paolo quattro anni fa, Massimo Testa ha ripreso le redini del Tor di Quinto. Ogni giorno siede alla sua scrivania ingombra di carte societarie, con un mazzo di napoletane e il telefono a portata di mano, tra le fotografie che lo ritraggono in compagnia di Arafat e Fidel Castro e una bandiera rossa appesa al muro.
A settantadue anni, Testa è una di quelle figure tipicamente romane al confine con la leggenda metropolitana, contraddittorio e elusivo, al di là del bene e del male nel senso che è impossibile farsene un’idea precisa mettendo insieme le cose che si dicono di lui. Né parlandoci in prima persona, se è per questo.
Diciamo che quest’intervista può piacere a chi ama i personaggi forti, oltre a chi, come me, è cresciuto sentendo storie con Massimo Testa come protagonista. Per comodità del lettore è divisa in quattro parti. Sentitevi liberi di leggerle in ordine sparso.
Prima parte. La storia incredibile di Massimo Testa.
Mi interessava la sua storia, oltre a quella del Tor di Quinto.
Quanti anni aveva quando è diventato presidente del Tor di Quinto?
Suo padre aveva giocato nella Lazio?
A che livello è arrivato a giocare?
Poi ha finito di giocare nel Tor di Quinto.
Quindi ha fatto una piccola carriera?
Non le piace?
Non le piace il gioco o l’ambiente che lo circonda?
Prima ha detto che lei non ha doti tecniche. Invece suo figlio Paolo ne aveva eccome (in 11 anni di carriera da allenatore, Paolo testa aveva vinto 3 Scudetti nazionali e 9 titoli regionali).
Gestiva tutto lui?
Perché ricominciare? A quel punto poteva benissimo ritirarsi, chi glielo ha fatto fare?
Devo confessarle che quando ho chiesto a Repubblica di fare questa intervista mi hanno messo in guardia dicendo che lei è una figura delicata. E mi sembra di capire che lei è consapevole di essere una figura divisiva.
Però ha anche molti nemici.
Una delle storie che gira su di lei…
Eh. È vero?
Qual era?
Ed effettivamente poi hanno arbitrato male?
Tutte le domeniche?
Però non ho capito… cosa è successo dopo la festa?
E le altre domeniche?
È vero che una volta ha liberato i cani da guardia chiudendo l’arbitro nello spogliatoio?
E poi effettivamente ha notato che hanno cambiato arbitraggi?
E se adesso un suo allenatore se la prendesse con un arbitro?
Però come fa a dire queste cose ai dirigenti, o anche ai ragazzi, col suo passato?