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La Juventus ha ucciso la Serie A?
27 lug 2016
27 lug 2016
5 distopie per immaginare le conseguenze per il calcio italiano dell'arrivo di Higuain alla Juventus.
(articolo)
28 min
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La Nazionale

di Emanuele Atturo

Quando il 30 luglio la Juventus ha annunciato ufficialmente l’acquisto di Gonzalo Higuain, in molti hanno gridato alla fine del calcio italiano. Non si trattava solo di dare il colpo di grazia allo già scarso equilibrio della competizione, ma anche di distruggere le certezze morali dei tifosi italiani.

Se il pubblico era per certi versi abituato a subire la voce forte dei club stranieri, era molto meno disposto a farsi succursale della squadra più amata e odiata d’Italia. Sia per lo storico campanilismo del paese, che per il malcelato desiderio di tutti, prima o poi, di vincere qualcosa. Nessun giocatore di quel livello era mai passato dal Napoli alla Juve, rendendosi protagonista di un salto culturale tanto grande, certificando in modo così inequivocabile ed eterno certe gerarchie. Mentre i tifosi del Napoli impazzivano, tutti gli altri stavano a guardare preoccupati: se era possibile quello nessuno poteva ritenersi al sicuro. E infatti fu solo l’inizio.

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Il 1 agosto, giorno della presentazione di Gonzalo Higuain, Andrea Agnelli pubblica un tweet che suona come un indovinello della sfinge.

Venendo meno allo stile del club, fatto di sobrietà e profilo basso, la presentazione di Gonzalo Higuain si tiene sul campo da gioco di uno Juventus Stadium come sempre gremito. Il “Pipita” fa il suo ingresso poco dopo le 20, sbucando da un tunnel a cui sono appesi grappoli di palloncini bianconeri. Indossa dei pantaloni lunghi neri della tuta stranamente démodé, una maglia bianca e una sciarpa al collo. Il “Pipita” saluta il pubblico con poche parole, sottolinea la sua voglia di vincere e poi si spende in qualche palleggio disimpegnato. Nei giorni successivi in tanti faranno notare quanto tutto, dall’outfit di Higuain all’impianto scenografico, somigliasse in modo inquietante alla presentazione di Diego Armando Maradona. “Una provocazione, un’offesa a tutta la città” ha tuonato il giorno dopo sindaco di Napoli, Luigi De Magistris.

Durante i palleggi di Higuain dagli spalti il pubblico mostra dei cartoncini con un punto interrogativo e la scritta “Dov’è la zebra?”. A un certo punto dalle casse dello stadio parte un pezzo di Nas, Life's a bitch, e dal tunnel sbuca a grande velocità una jeep che fa zigzag per il campo. Il pubblico gira i cartoncini mostrando la sagoma di una cresta. La Jeep arriva al centro del campo, vicino Higuain, Marotta, occhiali da sole e completo scuro, scende accompagnato da un giocatore con in testa la maschera di una zebra.

Mentre il pezzo di Nas arriva all’hook, scandendo i versi

Life's a bitch and then you die

That's why we get high

Cause you never know when you're gonna go

Life's a bitch and then you die

That's why we puff lye

Cause you never know when you're gonna go

L’uomo si toglie la maschera: è Marek Hamsik. Prende il microfono in mano e spiega che la situazione per lui a Napoli stava diventando insostenibile e così ha chiamato il “Pipita” chiedendo aiuto. Prende il microfono Marotta che spiega come l’intervento di Higuain sia stato fondamentale per la buona riuscita della trattativa, i cui contorni rimarranno coperti da un alone di mistero. Poco prima della fine dello show, Marotta chiude il suo intervento con la frase: “Siamo contenti degli arrivi di Gonzalo e Marek, ma questi non sono la fine del nostro mercato bensì l’inizio”.

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Seguono giorni di relativa quiete, riempiti solo da diversi rumor di cessioni. Nonostante ormai da settimane si parli della vendita di Pogba, i primi ad andare via sono giocatori meno importanti. Simone Zaza viene venduto al West Ham per 35 milioni di euro; Daniele Rugani si accasa all’Arsenal per 45 milioni; Stefano Sturaro va al Southampton per una cifra vicina ai 20 milioni. Mentre tutti si scandalizzano per le ipervalutazioni gonfiate, per il mercato drogato dai soldi della Premier League, in un articolo uscito sul Sole 24 ore, il giornalista economico Marco Belinazzo fa notare che la somma di queste cessioni non solo è in grado di coprire per intero l’esborso per Higuain, ma che a quel punto alla Juve rimane ancora margine per operare sul mercato. In molti cominciano a dubitare della cessione di Pogba mentre dal club non arriva nessuna conferma o smentita.

Il 7 agosto la Juventus annuncia ufficialmente la cessione al Manchester UTD di Paul Pogba per una cifra che, complessivamente, si aggira attorno ai 160 milioni di euro. Stando alle ricostruzioni, l’ultima fase della trattativa è servita a trovare i restanti 40 milioni pretesi dai bianconeri, investiti infine dall’Adidas, sponsor di Pogba e dello United, che ha agevolato la buona riuscita dell’accordo.

Nonostante il ruolo tecnico di Pogba sia teoricamente coperto da Hamsik, le dichiarazioni di Marotta spingono i media a cercare altri possibili nuovi acquisti della “Vecchia Signora”. Si parla di Eden Hazard, di Cesc Fabregas, di Kevin De Bruyne, persino di Andres Iniesta. Invece, dopo tre giorni, la Juventus ufficializza l’arrivo di Borja Valero dalla Fiorentina per 20 milioni.

Nonostante lo spessore indiscutibile del calciatore, sembra un acquisto davvero strano per la Juventus. Molti iniziano a sospettare che il mercato della Juventus nasconda l’intenzione di comunicare un messaggio esterno ai tifosi, o addirittura al paese. Xavier Jacobelli pubblica un editoriale dal titolo “La Juventus dà la sveglia all’Italia”. Borja Valero pubblica un tweet che stupisce per i toni violenti, così diversi dall’eleganza che di solito lo distingue.

Mentre i tifosi “viola” appendono a testa in giù i fantocci di Borja Valero a Piazza della Signoria, in molti si interrogano sul significato dell’hashtag usato nei tweet di Borja e Agnelli, ma anche in quelli di Hamsik e Higuain che salutavano loro nuovi tifosi: #gcea. I più perfidi ipotizzano un legame semantico di qualche tipo con la GEA, la società con cui Moggi soggiogava il mercato. “La restaurazione della GEA?” è un editoriale di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano capace di far nascere polemiche e sospetti.

Durante la conferenza di presentazione di Borja Valero, dove il centrocampista si presenta con la testa di zebra, Marotta annuncia nuovi colpi in arrivo.

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La prima volta che Marotta e Agnelli utilizzano l’epiteto “La Nazionale” in riferimento alla Juventus è in occasione della presentazione alla stampa degli arrivi di Antonio Candreva e Radja Nainggolan.

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Durante la conferenza stampa, nella quale Marotta arriva a citare il De Monarchia di Dante, il mercato della Juventus inizia ad assumere un respiro più generale. Il DS dichiara che di fronte all’immobilismo del calcio italiano è stato costretto a scegliere una misura drastica: cancellare le altre concorrenti, prendere i loro giocatori migliori ed essere finalmente competitivi in Europa. Persino Matteo Renzi si convince.

Con queste premesse arrivano dall’Inter Mauro Icardi, dal Milan Alessio Romagnoli e dal PSG Marco Verratti, desideroso di unirsi al progetto in modo spontaneo: “Ho chiesto al PSG la cessione, da italiano non potevo starmene a guardare”. In un editoriale di 38k battute Eugenio Scalfari faceva notare che se ci fosse stato in vita l’Avvocato non avrebbe mai permesso tale imbarbarimento; e mentre Michele Serra ricostruiva un sottilissimo legame con i social network e la fine della socialità, Andrea Scanzi in un lungo monologo televisivo, chiedeva ai vari presidenti di club di slegarsi e dare vita a una nuova lega, a una nuova federazione, a un nuovo campionato senza “l’arroganza di quelli che sull’altare della vittoria sacrificano il bene degli altri”, come ha dichiarato in un passaggio particolarmente ispirato.

Eppure, nonostante i numerosi peana, mentre la squadra in campo tritava il campionato, il progetto Juventus ha cominciato a raccogliere endorsement prima timidi.

Poi sempre più convinti.

In un’intervista al Corriere della Sera Andrea Agnelli svelava il segreto dietro l’hashtag usato fino a quel momento: #gcea = “acchiappali tutti”, il nome in codice dell’operazione portata avanti dalla dirigenza bianconera con grande fiuto mediatico.

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Il 30 maggio del 2017 la Juventus batte il Bayern Monaco di Carlo Ancelotti in finale di Champions League per 3 a 0: segnano Higuain, Pjanic e Leonardo Bonucci. Mentre Buffon alza la coppa, dedicandola ad Antonio Conte e agli italiani in generale (nelle sue parole: “un popolo che non smette di reinventarsi di fronte alle difficoltà”), nelle piazze di Torino, Milano, Firenze, Napoli, Bologna e Roma, a dispetto di quanto si pensasse, si festeggia l’inizio del nuovo corso del calcio italiano. “Italiani, siamo un popolo di traditori” tuonano sulle pagine de Il Giornale. Il filosofo Emanuele Severino dichiara che la Juve è riuscita dove non è riuscito l’illuminismo, “abbattere gli odiosi campanilismi medievali”; mentre il Presidente Mattarella, in un raggiante discorso celebrativo al telegiornale il giorno seguente, saluta la vittoria della Juventus come “una nuova era di unità nazionale”. #finoallafine

Operazione SSCJ

di Marco D’Ottavi

All'alba del 24 Luglio Adriano Galliani si sveglia di soprassalto con la netta sensazione che qualcosa sia successo. È madido di sudore ed ha la bocca completamente asciutta, ma non ricorda brutti sogni. Ancora scosso fa una doccia fredda, si infila un paio di bermuda bianchi, una camicia di lino anch'essa bianca ed esce nella sua Forte dei Marmi. In bicicletta raggiunge pigramente il bagno Roma di Levante dove passano l'estate tutti i suoi amici e dove tutto è così familiare da tranquillizzarlo anche ora che il suo lavoro è praticamente impossibile per via dei cinesi. Si siede al solito tavolo, ordina la solita colazione e simultaneamente raccoglie una copia della Gazzetta dello Sport da sopra una sedia.

Adriano Galliani trasale. Era stato informato da Aurelio di una trattativa della Juventus per Higuain, ma non pensava potesse davvero arrivare a spendere tanto denaro. Senza scomporsi tira fuori dalla tasca il telefono cellulare, compone un SMS con la frase “Attivare operazione SSCJ” e lo invia.

Quattro giorni dopo, il 28 luglio, Adriano Galliani si ritrova in una villa privata sul lago di Como insieme a Callisto Tanzi, Sergio Cragnotti, Rosella Sensi, Vittorio Cecchi Gori e Massimo Moratti. È la cupola di quelle sette sorelle che dominarono il calcio italiano ed europeo a cavallo tra gli anni novanta e il duemila, manca solo la rappresentanza della Juventus. Nessuno di loro possiede più una squadra, ma segretamente hanno continuato ad esercitare un potere occulto all'interno del calcio italiano.

L'amministratore delegato del Milan è in piedi e sta parlando: «La Juventus è fuori controllo, va fermata. Per il bene della Serie A dobbiamo impedire che diventi una monarchia. La democrazia richiede l'alternanza del potere». Gli altri si guardano tra loro, annuiscono. Sono consapevoli che vadano prese delle misure, ma non hanno idea quali: la Juventus sta lavorando semplicemente meglio degli altri. «Se continuano a vincere sempre loro non attireremo più capitali stranieri, la Serie A diventerà ancora più povera, mentre la Juventus continuerà a fagocitare i milioni della Champions. Non possiamo accettarlo, è d'accordo anche Silvio: è arrivato il momento di agire». Si spengono le luci della stanza e una luce proietta un quadrato bianco alle spalle di Galliani con al centro una grande scritta nera, «è arrivato il momento di spiegarvi l'operazione Sei Sorelle Contro la Juventus».

Il 29 luglio un tweet di Gianluca Di Marzio squarcia la noia delle due del pomeriggio.

Secondo Di Marzio dal nulla il Crotone del presidente Vrenna si è assicurato le prestazioni del portiere sloveno. Molti pensano sia l'account fake del giornalista, altri ad uno scherzo un po' scemo. Ma nel giro di qualche ora arrivano le conferme: con un comunicato sul proprio sito l'Inter ringrazia il portiere e ne certifica la cessione. I tifosi interisti insorgono, quelli del Crotone non sanno che pensare. Nei giorni seguenti succede l'impensabile: con una mossa à la Marotta Peppe Ursino, direttore sportivo della squadra calabrese, ottiene i prestiti gratuiti di Kostas Manolas e Radja Naingollan dalla Roma. Dal Napoli arrivano a Crotone anche Koulibaly e Marek Hamŝik. Tutte queste operazioni hanno in comune una segretezza fuori dal comune, nessuno anticipa nulla, non si conoscono mai le cifre precise delle trattative, sapere gli ingaggi dei giocatori è impossibile.

Nei giorni successivi sul Fatto Quotidiano azzardano possa esserci la mano della 'Ndrangheta dietro queste operazioni di mercato così importanti. Il Giornale è scettico e aspetta solo lo scoppio della bolla Crotone. I giornalisti della Gazzetta dello Sport non sanno che pesci prendere: al 5 Agosto si sono aggiunti al ritiro del Crotone anche Bacca, Felipe Anderson, Insigne, Borja Valero ed Icardi. Il 7 agosto Nicola viene esonerato e al suo posto arriva il tandem Sarri/Spalletti che si erano liberati dei loro contratti qualche giorno prima e si portano dietro i pupilli El Sharaawy, Salah e Jorghino.

Il giorno seguente il Corriere dello Sport usa per la prima volta il termine anti-Juve parlando del Crotone. Le radio romane e le tv private del Nord Italia dopo una settimana di durissime proteste e manifestazioni iniziano ad ammorbidire la linea. Tra i tifosi inizia a diffondersi l'idea che poi non sia così male quello che sta accadendo, che dopotutto il Crotone è una società simpatica e potrà portare una ventata di freschezza in un campionato ormai morente. L'hype inizia a crescere a dismisura: la società calabrese comunica nuovi lavori per ampliare lo stadio Ezio Scida fino ad una capienza di 40000 posti per venire incontro alle moltissime richieste di abbonamento giunte da tutta Italia. In attesa del termine dei lavori il Crotone giocherà le sue partite al San Nicola di Bari.

Interrogati sull'argomento i dirigenti della Juventus fanno spallucce. Si può notare un clima di fastidio crescente all'interno della società, ma nessuno parla. A rompere il silenzio ci pensa Bonucci, intervistato da So Foot: dice che quello che sta accadendo non è normale, che non è possibile che una squadra come il Crotone riesca ad acquistare giocatori di quel livello. Non lancia accuse precise, ma ipotizza «un disegno da parte dei club di serie A per rendere il Crotone l'avversaria unica della Juventus». Dice anche che questo clima non gli piace, spostare tutta l'attenzione su la sfida tra due squadre tanto diverse non può portare nulla di buono alla Juventus che si ritroverà a giocare sola contro tutti. Da Crotone smentiscono tutto e accusano Bonucci «di avere paura».

I maggiori network mondiali iniziano ad arrivare a Crotone. ESPN prova a spiegarne il fenomeno in maniera razionale, The Ringer cerca di capire se c'è spazio per farla diventare la squadra hipster per eccellenza o se è è già mainstream. Paolo Condò affitta direttamente una casa a Isola di Capo Rizzuto per monitorare la situazione. In mezzo a tutta questa copertura mediatica il 14 agosto sul Neovitruvian's Blog esce un post dal titolo L'operazione SSCJ: un complotto in Serie A. L'articolo è completamente delirante e nessuno lo prende sul serio: si parla di una società segreta dietro i movimenti del Crotone, vengono definiti gli Illuminati del pallone. Secondo l'autore sono tutte persone vicine alle sette sorelle che dominarono il calcio italiano anni prima e che hanno l'obiettivo di fermare la Juventus e il suo strapotere sulla Serie A. Si parla di un cartello dei calciatori gestito da Tanzi, Cragnotti e Cecchi Gori, si parla di P2, si identificano strani simbolismi all'interno del 4-3-3 con cui si è schierata la squadra nelle prime amichevoli, di come i giocatori arrivati a Crotone facciano tutti parte di questa stessa società segreta volta ad influenzare il campionato italiano.

Il 21 Agosto il Crotone si presenta a Bologna per la prima giornata di campionato con questa formazione: Handanovic; Bruno Peres, Manolas, Koulibaly, Marcos Alonso; Nainggolan Jorghino, Banega; Insigne, Icardi, Salah. La squadra deve ancora integrare al meglio il gioco voluto dai due allenatori, ma risulta troppo forte per il Bologna, che anzi non sembra impegnarsi più di tanto. Finisce 2 a 0 con reti di Icardi e Florenzi, entrato nel secondo tempo. Il 22 dicembre la Juventus va a Crotone da prima in classifica con due punti di vantaggio proprio sui calabresi, il Milan terzo è distante 12 punti. L'atmosfera è un po' tesa, ma non si verificano scontri tra le tifoserie e anzi le scenografie sono tra le più belle di sempre. Il Crotone vince 2 a 1 in rimonta una partita bellissima, per molti la migliore nella storia del calcio italiano. Il giorno dopo la stampa è impazzita: la partita risulta la più vista nella storia della Serie A, con quasi un miliardo e mezzo di telespettatori, l'hashtag #forzapitagorici entra nella top ten dei più usati del 2016 su Twitter. All'improvviso la sfida tra la Juventus e l'All Star team del Crotone ha gli occhi di tutto il mondo puntati su di sé.

Il 31 dicembre Adriano Galliani sta brindando al nuovo anno in un appartamento di Firenze insieme ad alcuni amici. Mentre è in balcone a fumare soddisfatto una figura spunta dall'ombra, lo saluta con un vago accento toscano: «Grazie Adriano, ora possiamo tornare a parlare di bipolarismo».

La Juventus infrange tutti i record

di Daniele Manusia

«Il successo della Juventus non è quello del calcio italiano». Andrea Agnelli ha concluso la Serie A 2016-17 con le stesse parole usato nel giugno 2015 aveva commentato la finale persa contro il Barcellona. “Anzi”, ha aggiunto nella conferenza successiva all’ultima giornata, “Io odio il sistema calcio italiano e credo che tutti i tifosi juventini siano con me. È stata una stagione storica, che segna la fine del campionato per come lo conosciamo. Che senso ha per le altre squadre scendere in campo l’anno prossimo? Forse sarebbe meglio per tutti se la Juventus giocasse in un altro campionato”.

Agnelli non sbagliava e già dai giorni successivi quasi tutti i quotidiani nazionali, sportivi e non, adottarono la retorica della stagione finale, se non addirittura della fine del calcio italiano. “Caro juventino non integralista, già dopo l’acquisto di Higuain era chiaro che la Juve stava provando ad uccidere il campionato”, ha scritto Gramellini su La Stampa. “Adesso è successo, e ci abbiamo rimesso tutti. Mentre gli americans si godevano il Colosseo e i cinesi il Duomo, chi ha smesso di amare il calcio sono i tifosi veri, quelli buoni, quelli che faticano ad arrivare alla fine del mese”. Quando si è sparsa la voce che anche la Juventus si sarebbe potuta trasferire in Olanda in molti espressero il proprio sollievo su Twitter e Facebook.

D’altra parte la stagione era cominciata con i 7 gol di Higuain (che ha battuto il record di 6 gol segnati in una stessa gara di Piola nella stagione ’33-’34 e Sivori in quella ’60-’61) alla Fiorentina, mettendo in chiaro da subito che quell’anno si sarebbe divertito solo il pubblico juventino. In realtà, per qualche tempo è stato divertente anche per i tifosi neutri, il cui interesse si è focalizzato nel capire se la Juventus avrebbe battuto tutti i record, come poi è successo. Ma dopo le prime 19 partite e altrettante vittorie consecutive (distruggendo il record dell’Inter 2006-7: 17) senza subire gol, è diventato chiaro che lo scherzo era uno di quelli di cattivo gusto.

18 vittorie per 1-0 (dopo il 7-0 dell’esordio) con tutti gol segnati entro i primi venti minuti di gioco e il resto del tempo dominato da una difesa solidissima all’altezza della metà campo, con dieci uomini dietro la linea del pallone che non hanno permesso praticamente mai alle avversarie di rendersi pericolose, trasformando le partite in 80 o 75 minuti di stallo frustrante. A metà del girone di andata, dopo Juventus-Napoli, Allegri ha chiarito le intenzioni della Juventus in maniera inequivocabile: «Ci hanno trattato da prepotenti, ma noi vogliamo mostrare la differenza tra prepotenza e potenza. Vogliamo che sia chiaro che se una squadra riesce a tirare in porta è perché noi glielo abbiamo permesso». Alla fine del girone di andata Buffon ha rinnovato il suo record di imbattibilità arrivando a 1710 minuti.

A quel punto giornali come Corriere dello Sport e Il Mattino hanno iniziato a paragonare la Juventus all’Isis, parlando di terrorismo sportivo. «Sì, vi vogliamo far passare la voglia di guardare calcio», ha dichiarato Bonucci dopo il derby con il Torino deciso da un tiro da fuori. Il pareggio 1-1 con la Fiorentina (autogol di Chiellini) nella prima giornata di ritorno ha interrotto la striscia di vittorie (a cui sarebbe seguito il pareggio con il Sassuolo due settimane dopo, per cui i giornali hanno iniziato a chiedersi se la Juve era in crisi) ma con 35 partite vinte su 38 la Juventus ha battuto il suo stesso record della stagione 2013-14 (33 partite vinte). E poi hanno vinto tutte le partite giocate in casa (19) e ben 17 di quelle giocate in trasferta, infrangendo il record precedente di 16 dell’Inter post-Calciopoli 2006-7.

Come gesto di spregio supremo, Allegri ha fatto giocare l’ultima partita a Mandzukic in porta, con Buffon, Audero e Neto a centrocampo, Dybala e Pjaca difensori centrali, Chiellini centravanti con Barzagli e Benatia attaccanti esterni e i soli Evra e Dani Alves nel proprio ruolo. Perdendo quell’ultima partita con il Bologna 4-3, recuperando 3 volte lo svantaggio e inchinandosi al Bologna solo allo scadere su rigore. Allegri in zona mista ha dichiarato: «Almeno così vi siete divertiti anche voi».

Higuain ovviamente ha vinto il titolo di capocannoniere con 40 gol (su 115 segnati in totale dalla Juventus, con una media di 5 gol a partita nel girone di ritorno) e dopo la partita di ritorno con il Napoli, dopo aver segnato due gol ed esultato portandosi le mani alle orecchie ha commentato: «Non importa con chi gioco, né contro chi. L’importante per me è solo segnare. Se potessi giocare con entrambe le squadre e segnare in entrambe le porte sarei l’uomo più felice del mondo».

La Juventus ha vinto il campionato con 6 giornate d’anticipo e 25 punti di stacco dalla seconda in classifica (ancora una volta surclassando l’Inter 2006-7, che aveva distaccato la Roma di 22 punti e vincendo il campionato con 5 giornate di vantaggio, come il Grande Torino nella stagione precedente Superga), totalizzando 107 punti (neanche a dirlo, record europeo) e subendo appena 10 gol. Il capitano ha dichiarato: «La Juventus ha finalmente il rispetto che ha sempre meritato. Da capitano anche della Nazionale, da italiano dico: possibile che sia stato necessario tutto questo?».

Ma i record della Juventus si spiegano anche con i fallimenti delle possibili concorrenti. Con lo smantellamento del Napoli da parte di Aurelio De Laurentiis, che dopo aver venduto Koulibaly e Hamsik al Chelsea a gennaio ha lasciato la società al figlio Edoardo, e con il passaggio di proprietà della Roma da James Pallotta alla Yum! Brands, proprietaria del marchio Kentucky Fried Chicken, che anziché rafforzare la squadra e portare avanti il progetto dello stadio si è preoccupata di convertire gli store di piazza Colonna e via del Corso in fast food. Con l’eterna crisi di gioco dell’Inter, a cui non è bastata la seconda parte di stagione positiva con Mazzone in panchina per riscattare la falsa partenza di Mancini, e quella societaria del Milan, che ha subìto l’onta della terza retrocessione della propria storia con Silvio Berlusconi che si è rifiutato di cedere la società nei suoi ultimi giorni lasciando poi tutto a Dudù. Anche la Fiorentina, con il Franchi vuoto per gran parte dell’anno per via del primo campionato di Calcio Storico a 20 squadre a cui si sono riconvertiti i tifosi, non ha avuto una stagione all’altezza della situazione, mentre la Lazio senza allenatore si è salvata solo all’ultima giornata. Ne hanno approfittato Sassuolo (secondo) e Cagliari (terza alla fine), le uniche due squadre felici alla fine della stagione 2016-17.

Dopo la sconfitta in finale di Champions League contro il Bayern di Monaco, tuttavia, Andrea Agnelli ha chiarito il suo gioco. «La Juventus non va da nessuna parte», ha dichiarato nella conferenza che ha chiuso ufficialmente la stagione. «L’Italia è il Paese che amo». Poi ha chiesto che gli venissero restituiti i 2 Scudetti revocati da Calciopoli in cambio della restituzione di Higuain al Napoli. La FIGC ha accettato lo scambio.

La squadra più forte del mondo

di Valerio Coletta

Finalmente. Primo giorno di ferie. Basta scarpe scomode e cravatta. Biglietto Ryanair e costume Sundek nero e verde. Parto da solo, stacco dal mondo e chissenefrega, ho bisogno di un paio di settimane di mare e inoltre posso pure smettere di sbattermi di ansia per il calcio mercato, che per quanto mi riguarda è faticosamente e felicemente concluso: abbiamo preso Higuain.

Formentera. Spiaggia. Sono qui da dieci giorni e sto benissimo. Ho staccato da tutto, ci voleva. Mi sono cancellato da Facebook, non vado su internet, non ho neanche mai acceso la tv in camera d'albergo, non voglio sentire più una parola di calcio estivo, commenti, attacchi, critiche, basta, prima di partire l'ho detto anche ai miei amici romanisti e a mio cugino di Napoli: fatevene una ragione, è così che va il mondo. Me ne sto per conto mio tranquillo, sulla spiaggia, non guardo più neanche le ragazze. Con un bastoncino di legno disegno sulla sabbia umida il 4-3-1-2 di Allegri e sogno ad occhi aperti. È l'anno buono questo. Fantastico sui movimenti incrociati del Pipita e di Dybala, traccio i passaggi impossibili che potrebbe fare Pjanic e le scorribande di Dani Alves, poi mi metto col 3-5-2 e funziona uguale, metto una piccola conchiglia al posto di Pjaca e me lo figuro nello Stadium. Un'onda più coraggiosa delle altre sale a inondare il mio fantasy tattico, ma al ritirarsi dell'acqua tiepida e schiumosa le mie incisioni sono rimaste chiare e indistruttibili tra i granelli bianchi. È l'anno buono questo.

Ultimo giorno di vacanza, la sera vado in discoteca. Mi butto un po' in pista per non fare una vacanza di totale eremitaggio e mi diverto. Dopo un'ora esco al fresco a fumare. C'è un ragazzo che beve un drink con la maglia bianca del Real. RONALDO 7. Non provo nessuna paura, anzi mi esalto, d'un tratto mi riprende il fomento calcistico, non manca molto alle partite vere, voglio ributtarmi nei discorsi, sono pronto. Mi avvicino e gli dico sorridendo che quest'anno sarà dura difendere la Coppa. Lui ride, ha la faccia furbetta da bambino, sembra Morata, ripenso a Morata e non ne sento la mancanza, gonfio il petto. Gli dico che assomiglia a Morata e gli dico che è un bel giocatore e che gli ritornerà utile quest'anno. Lui ride ancora, senza cattiveria, una risata pacifica e poi mi dice che Morata lo hanno venduto. Arriva un altro ragazzo sempre con la maglia bianca del Real, sono amici, non riesco a vedere di chi sia la sua maglia perché non si volta, ma mi importa poco.

La notizia di Morata mi fa ricordare che sono fuori dal mondo da almeno 15 giorni. Gli dico che non ho più seguito il mercato dopo che la Juve ha preso Higuain e gli dico anche, con voce ferma e sicura, che quest'anno avremmo vinto noi la Champions, che siamo la squadra più completa, rodata, solida d'Europa, che abbiamo la miglior difesa del mondo e che possiamo piegare chiunque. Non fanno una piega, ma me lo aspettavo, i tifosi del Real sono i più arroganti di tutti, anzi gli scappa da ridere, che stronzi, ma io personalmente non sono un tifoso arrogante, sono molto lucido, la Juve adesso è la migliore squadra al mondo. L'ultimo arrivato dei due mi porge il suo drink, mi chiede di tenerglielo un attimo. Lo faccio senza rancore. Poi si volta. Per un attimo penso a uno scherzo dei colleghi, non so perché, il classico scherzo dei colleghi di lavoro, ben ordito, mi guardo intorno per cercarli. Ho quella sensazione di disorientamento che uno prova quando incontra il proprio vicino di casa quando è in viaggio all'altro capo del mondo. Succede quando una cosa viene tolta dal proprio contesto e ti viene sbattuta in faccia in una situazione completamente diversa, c'è da perderci la testa. Questo tizio rimane voltato, forse per darmi il tempo di realizzare quello che è successo. Sul bianco argenteo della sua maglia campeggia la scritta MESSI 10, con quel font comic sans così fastidioso. Comincio a pensare a quanto è stupida l'Adidas a usare quel comic sans così stupido, che stupidi. L'altro ragazzo, con quel sorriso buono e furbetto mi dice che hanno preso anche Neuer, ma la maglia non la vendono e non me la possono far vedere. Ridono. Mi allontano velocemente con la faccia che mi brucia. Prendo il telefono e installo Facebook Messenger, arrivano a cascata 40 messaggi di amici. Spengo. Arrivo alla spiaggia a piedi, non ho ancora realizzato quello che è successo, non riesco a pensare a nulla. Comincio a cercare la piccola conchiglia che avevo scelto per rappresentare Pjaca. Smuovo la sabbia con i piedi, non vedo più nulla, è notte, l'alba è ancora lontana, domani torno a casa.

Girandole

di Dario Saltari

Sì, la cessione di Higuain alla Juventus cambiò la Serie A per sempre, è vero, ma non nel modo in cui tutti si aspettavano all’inizio.

L’acquisto dell’argentino da parte dei bianconeri non significava infatti solo l’ultimo tassello di una squadra mostruosa, ma anche una rinnovata possibilità di spesa per il Napoli.

E il Napoli doveva colmare il vuoto lasciato da Higuain, l’uomo più rappresentativo, il giocatore che faceva vendere più magliette all’estero, una perdita finanziaria e d’immagine che secondo la dirigenza “azzura" non sarebbe stata compensata dagli arrivi di Icardi e Milik.

Serviva qualcosa di più. Serviva Kevin Strootman.

L’operazione venne avviata la notte di ferragosto, quando tutti dormono o festeggiano. La mattina del 16 i romani escono di casa convinti che l’incubo del calciomercato per loro sia finito con la cessione di Pjanic, buttano l’immondizia in un cassonetto vestito con la maglia della Roma numero 15, vanno al bar per aprire il Corriere dello Sport e leggono questo titolo: “STROOTMAN È DEL NAPOLI”. Nemmeno il tempo di vedere le immagini dell’olandese in ritiro a Dimaro su Twitter che la città è già sull’orlo dell’insurrezione popolare.

Il video più condiviso sui social di tutto il 2016.

È l’ennesima picconata alla già fragilissima autorità di James Pallotta in città, che da spirito ottimista qual è reagisce in maniera orgogliosa: when in trouble, go big. L’asso nella manica del presidente americano che ancora nessuno conosce è Marek Hamsik, preoccupato dall’arrivo dell’olandese e in rotta di collisione con De Laurentiis sul rinnovo del contratto nonostante la proposta del presidente del Napoli di un ruolo per sua moglie, Martina Franova, in “Vacanze a Londra” accanto a Wanda Nara. Le trattative andavano avanti in segreto da molto tempo ma con la perdita di Strootman la Roma si è ritrovata costretta ad accelerare.

In pochi giorni l’accordo è fatto, dando il via all’effetto domino che in poche settimane stravolge il panorama calcistico italiano. De Laurentiis, furioso, reagisce ancora comprando Candreva; Lotito a sua volta cerca di placare gli animi dei laziali acquistando Gonzalo Rodriguez e Borja Valero dalla Fiorentina; mentre Della Valle con i soldi fatti acquista Handanovic, permettendo a Thohir di sottrarre Donnarumma al Milan pochi giorni dopo aver dichiarato di voler restare rossonero a vita. Galliani, sfuggito per miracolo ad un linciaggio pubblico sotto Casa Milan, decide di spendere tutto il budget rimasto a disposizione per prendere Berardi, permettendo a Squinzi di acquistare finalmente la prima punta di cui aveva bisogno: Mattia Destro. Il Bologna prende l’occasione al balzo per prendere un portiere da prima pagina, Mattia Perin; e Preziosi si rifà a sua volta sulla Sampdoria, comprando Viviano.

In quel momento fu chiaro che la forza del movimento tellurico in atto era più forte di qualsiasi volontà individuale dei calciatori. In poche settimane la Serie A era diventata irriconoscibile, i tifosi delle squadre principali persero interesse nell’oggetto della propria passione e nessuna grande piazza in Italia fu risparmiata da forti manifestazioni di protesta. Si arrivò addirittura ad organizzare una grande manifestazione a Roma con i tifosi organizzati di 19 squadre di Serie A (tutte tranne la Juventus) con i tifosi delle piccole che finalmente trovarono alleati contro un trattamento che subiscono da anni. In piazza del Popolo si vedono magliette strappate, bandiere bruciate, scontri con la polizia: secondo gli organizzatori ci sono più di un milione di persone.

Ma molto doveva ancora succedere. I tifosi prima boicottano le campagne abbonamenti, poi disertano totalmente gli stadi. Dentro le cattedrali vuote spiccano gli striscioni di protesta – RIDATECI QUELLO CHE È NOSTRO, è il più gettonato. Su Facebook, nel frattempo, impazza il meme con la faccia di Slavoj Zizek e la scritta: “You don’t hate Juventus, you hate capitalism”.

Una versione ancora più radicale, con Karl Marx al posto dell’intellettuale sloveno.

Quella stagione inizia in maniera surreale, con la Juve vincente come da pronostico quasi ovunque in stadi silenziosi e vuoti. Ma alcuni segnali di un futuro meno scontato vennero sottovalutati. La prima partita persa dai bianconeri fu in casa proprio contro la Roma, cosa che allo Stadium non era mai successa prima, e proprio a causa di un gol di Hamsik che, con la fascia da capitano al braccio per le assenze di Totti, De Rossi e Florenzi, baciò la lupa sulla maglia.

Quella sconfitta minò le certezze psicologiche dei bianconeri forse per la prima volta e, insieme agli infortuni ripetuti e periodici di Pjanic, Marchisio e Khedira, permise al Napoli di strappare clamorosamente lo scudetto alla Juventus all’ultima giornata. A Napoli si festeggiò senza sosta per sette giorni consecutivi e qualche tifoso coprì alcuni murales di Maradona con dei nuovi: Strootman e Candreva che si inchinano di fronte alla curva B e sotto la scritta “Un giorno all’improvviso”.

Ma il gesto di Hamsik provocò soprattutto il definitivo addio al calcio di Francesco Totti, come ammesso da lui stesso in un’intervista al TG5 a fine stagione: “Non voglio più dare un contributo ad un calcio che ha scelto i soldi, e non il cuore”. Fu l’ultimo anno anche di Gianluigi Buffon, ritiratosi a sorpresa dopo quell’anno disastroso, secondo alcuni mosso proprio dalle parole di Totti. Sui social girò molto un video che lo ritraeva abbracciato in lacrime a Barzagli, mentre diceva: “Ha ragione Francesco”. Non chiarì mai se quel Francesco fosse davvero il capitano della Roma.

Ma quelle dichiarazioni infuocarono soprattutto l’estate romanista, con una faida fratricida tra chi chiedeva la cessione immediata dello slovacco e chi addirittura si comprò delle maglie clandestine con il nome di Hamsik e il numero 10. Nessuno, insomma, si aspettava che la Roma avrebbe vinto il campionato 2017/2018.

Certo, la camminata trionfale verso lo scudetto fu aiutata anche dall’indebolimento della Juve che, persa la Champions League in finale l’anno precedente, fu costretta a vendere sia Dybala che Pjaca rispettivamente a Barcellona e Atletico Madrid. Ma l’entusiasmo fu ugualmente contagioso e finì per riportare i tifosi allo stadio, almeno a Roma. All’ultima giornata, in casa contro il Bologna, Hamsik segnò un gol incredibilmente uguale a quello di Totti contro il Parma, che regalò lo scudetto alla Roma nel 2001. Al Circo Massimo, il 3 giugno del 2018, quasi tutti si presentarono con la 10 dello slovacco per festeggiare.

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