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Fabio Barcellona
La Juve prepara lo smoking
10 mag 2017
10 mag 2017
Jardim cambia il Monaco ma la fluidità non è una qualità per tutti. In finale ci va la squadra migliore.
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Fabio Barcellona
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Il solo risultato dell’andata obbligava il Monaco a tentare un’impresa per raggiungere la finale di Cardiff, ma a Montecarlo la Juventus

, grazie alla mossa inaspettata di Allegri che ha mandato Barzagli in campo e Cuadrado in panchina. Schierando costantemente una linea di 3 difensori in fase di possesso palla, Allegri si era garantito una grossa protezione centrale contro le ripartenze del Monaco, aumentando al contempo la resistenza al pressing avversario contro le due punte del 4-4-2 di Jardim. Disinnescando, quindi, le due migliori armi del Monaco: il pressing e le seguenti ripartenze in campo aperto.

 

Questo è stato lo scenario tattico dell’andata, e proprio partendo da queste premesse - oltre che tenendo conto dello 0-2 da recuperare - l’onere della prima mossa spettava a Jardim. E l’allenatore portoghese, in conferenza stampa, aveva effettivamente confermato l’intenzione di cambiare per ovviare alle difficoltà tattiche dell’andata.

 

 



 

A sorpresa sono finiti in panchina Lemar e Fabinho, con al loro posto Joao Moutinho e Raggi. L'infortunio occorso a Dirar nel corso del riscaldamento ha costretto Jardim a un ulteriore cambiamento, inserendo tra i titolari anche Mendy. Allegri ha confermato invece la formazione di Montecarlo, con l’eccezione ampiamente prevista del rientrante Khedira al posto di Marchisio.

 

Sin dai primissimi minuti è emersa chiaramente la struttura posizionale del Monaco: 3-4-1-2, una novità assoluta in questa stagione. Raggi si è posizionato a destra di una difesa a 3, vicino a Glik e con Jemerson sul lato sinistro. Le due fasce erano occupate da Sidibè e Mendy mentre, in mezzo al campo, Bernardo Silva occupava la posizione di trequartista davanti alla coppia di interni Bakayoko-Joao Moutinho.

 


La pass map che disegna il 3-4-1-2 di Jardim. Tra i 3 difensori centrali, Raggi era quello che con più frequenza si allargava fornendo ampiezza alla costruzione bassa della squadra.





Il piano di Jardim era probabilmente ambizioso: oltre a sorprendere la Juventus con uno schieramento non previsto alla vigilia, il tecnico portoghese sperava, correndo dei rischi, di ottenere vantaggi tattici sufficienti a rimettere in equilibrio la sfida. Lo schieramento di un trequartista era funzionale agli interessi del Monaco in varie maniere: in fase di pressing Bernardo Silva, assieme alle due punte Mbappe e Falcao, avrebbe potuto pareggiare l’inferiorità numerica contro i tre centrali della Juventus; in fase di possesso palla, associato ai due interni di centrocampo, il portoghese poteva potenzialmente creare superiorità numerica e posizionale in zona centrale, generando dubbi al blocco difensivo juventino sulla sua marcatura.

 

Come conseguenza di questa scelta, il Monaco rischiava la parità numerica difensiva contro i tre attaccanti della Juventus, scegliendo però - con Raggi e Jemerson - di giocare più vicino a Mandzukic e Dybala, sempre liberi di ricevere negli half-spaces all’andata e di creare, allargandosi, catene pericolose con gli esterni Dani Alves e Alex Sandro.

 

Infine, la rinuncia ad un equilibratore tattico come Fabinho, per schierare il più qualitativo Moutinho – 74 passaggi e 4 key pass, il migliore della partita in queste statistiche – definiva ulteriormente la strategia offensiva pensata da Jardim.



La Juventus ha effettivamente impiegato qualche minuto a decodificare le nuove coordinate tattiche proposte dal Monaco e a gestire l’aggressività con cui i biancorossi hanno iniziato la partita. La squadra di Allegri non riusciva a pressare alto la prima costruzione del Monaco, che abbassava uno o entrambi gli interni sulla linea dei difensori per garantirsi ampie possibilità di circolazione sicura del pallone.

 

Se gli accoppiamenti in fase di pressione tra i 3 attaccanti juventini e i 3 centrali del Monaco erano naturalmente disegnati dagli schieramenti, era più complesso per la Juventus gestire i due interni monegaschi. Pjanic e Khedira erano riluttanti ad alzarsi in pressione su Joao Moutinho e Bakayoko, preoccupati principalmente di schermare la posizione del trequartista Bernardo Silva alle loro spalle.

 

Se all’andata la Juventus aveva recuperato 6 palloni nella metà campo avversaria (2 intercetti e 4 tackle), a Torino i bianconeri sono riusciti a conquistare palla solamente 2 volte - e solo tramite tackle - nella metà offensiva del campo.

 


Moutinho e Bakayoko si abbassano per iniziare l’azione creando superiorità numerica contro i 3 attaccanti della Juventus. Pjanic e Khedira vengono tenuti bassi dalla presenza del trequartista Bernardo Silva.



 

Dall’altro lato del campo, i bianconeri hanno faticato a trovare efficaci contromosse al nuovo sistema di pressing del Monaco. L’idea di Jardim era quella di orientare Falcao su Chiellini e Mbappe su Barzagli, alzando Bernardo Silva su Bonucci con il compito aggiuntivo di mettere in ombra Pjanic; oppure, in ogni caso, impedire il passaggio verso uno degli interni e consentire a Bakayoko di non alzarsi troppo, provando così a schermare i movimenti incontro al pallone di Dybala.

 


Bernardo Silva si alza su Bonucci schermando Pjanic, consentendo così a Bakayoko di rimanere basso ad occuparsi di Dybala.





 



 

Se all’andata la superiorità numerica in zona arretrata aveva consentito alla Juventus di risalire il campo palleggiando, la nuova strategia del Monaco forzava i bianconeri a trovare soluzioni diverse per superare il pressing. Con la consueta capacità di adattarsi ad ogni situazione in campo, e dopo un breve periodo di adattamento, la Juventus ha trovato la maniera più efficace per disinnescare il meccanismo di pressione del Monaco giocando il pallone direttamente verso i propri attaccanti. Utilizzando, in un certo senso, contro Jardim la sua stessa scelta di giocare uomo contro uomo in zona arretrata.

 


Chiellini serve direttamente in verticale Higuain. Sulla palla giocata indietro, Bonucci cerca di nuovo in verticale Dybala che si muove stavolta in profondità. Con due giocate consecutive da un difensore a una punta la Juve crea un’occasione da rete.



 

In particolare, Bonucci (15 lanci lunghi) e Chiellini hanno cercato con continuità Mario Mandzukic, dominatore nel gioco aereo. Il croato ha vinto l’enormità di 10 dei suoi 12 duelli aerei, contro qualsiasi avversario, ricevendo 6 passaggi da Chiellini e 5 da Bonucci. Higuain ha ricevuto 4 passaggi da Chiellini e 3 da Bonucci.

 

Sul lato destro, al passaggio diretto verso gli attaccanti si aggiungeva l’uscita del pallone verso Dani Alves che con le sue doti tecniche ripuliva ogni possesso.

 


La direttrice Barzagli-Dani Alves è la più ricercata della Juventus, con 9 passaggi. Mandzukic e Dani Alves i perni su cui appoggiare la manovra per uscire dal pressing: sono i due giocatori che ricevono il maggior numero di passaggi, 46 il brasiliano e 38 il croato.





A prevalere, quindi, erano le doti individuali dei giocatori della Juventus che hanno vinto complessivamente i duelli individuali, in particolare coi propri attaccanti, sempre sollecitati per risalire il campo, contro i difensori del Monaco. Risolto il problema del pressing avversario, la Juventus ha saputo sfruttare chirurgicamente le debolezze strutturali del Monaco, cui si sommavano quelle contingenti legati al nuovo schieramento proposto da Jardim.

 

 



 

In particolare, la zona tra le linee di centrocampo e difesa del Monaco era troppo ampia per non essere sfruttata dalle punte bianconere, abbassandosi, e dai centrocampisti, inserendosi.

 

Come spesso è accaduto anche quando schierato con il consueto 4-4-2, le due linee francesi avevano difficoltà a rimanere vicine, slegandosi durante le fasi di pressing che trascinavano avanti gli interni, Joao Moutinho e Bakayoko. È bastato davvero poco,

, per creare un’occasione alla Juventus.



In aggiunta, il sistema a 3 difensori evidenziava ulteriormente le lacune di Glik, Jemerson e Raggi nel gestire individualmente avversari di livello assoluto e a prendere le decisioni migliori in situazioni complesse, dovendo decidere tra la copertura della profondità e il mantenimento di una difesa alta ed aggressiva. La Juventus ha approfittato benissimo delle difficoltà difensive della squadra di Jardim, cercando spesso la giocata “a muro” della punta centrale, seguita dalla ricerca di un terzo uomo in profondità.

 

La Juve ha creato occasioni da gol a ripetizione, concludendo il primo tempo con un bilancio di 1.6 expected goal.

 


Le giocate a muro e la ricerca del terzo uomo rendono impossibile la vita ai difensori del Monaco





Da un certo punto in poi del primo tempo i bianconeri hanno dominato in ogni aspetto del gioco, chiudendo il discorso qualificazione grazie all’assist e al gol di un lucidissimo Dani Alves.



Se da un punto di vista difensivo il 3-4-1-2 sembrava addirittura peggiorare la performance del Monaco rispetto alla gara d’andata, le cose non sono migliorate sotto l’aspetto offensivo. Pjanic e Marchisio, rinunciando alla pressione alta, schermavano molto bene Bernardo Silva che non riusciva mai a ricevere tra le linee ed era costretto ad abbassarsi per giocare il pallone. In questo senso, il precoce ingresso di Marchisio per l’infortunato Khedira, ha regalato alla Juventus un giocatore molto abile nel controllo degli spazi alle sue spalle.

 

Chiuso ogni sbocco centrale, al Monaco rimanevano solo le corsie laterali; in particolare quella sinistra dove Mendy ha utilizzato bene la sua forza fisica e qualche errore di posizionamento difensivo di Dani Alves, talvolta troppo stretto verso il centro. Il terzino monegasco, pur giocando solo 54 minuti, è stato il giocatore della sua squadra che ha crossato più volte (7) ma, nonostante ciò, non ha mai raggiunto un suo compagno, grazie alla

della BBC, che ha prodotto ben 19 spazzate complessive. Il primo tempo, in cui il Monaco ha perso ogni speranza di volare a Cardiff, si è chiuso con un misero 0.1 nel conteggio degli expected goal a favore dei francesi.



Con un vantaggio complessivo di 4 gol la Juventus ha rallentato il ritmo nel secondo tempo - complice anche l’uscita dal campo di Dybala, che ha tolto brillantezza e lucidità alla gestione del pallone - cedendo progressivamente l’iniziativa al Monaco. Grazie a un calo di concentrazione juventino su un calcio d’angolo a sfavore, è arrivato il gol esterno. Subìto il gol, la Juve ha rialzato il livello del proprio gioco e della propria attenzione, rendendo nuovamente inoffensiva la manovra del Monaco, concedendo solo 3 tiri in porta da lunghissima distanza. Nonostante le giuste urla di Allegri, la qualificazione era già chiusa nei primi decisivi 45 minuti.

 


Dopo il disastroso primo tempo, il Monaco riesce a creare un paio di pericoli con Mbappe, compreso il gol del 2-1, che portano xG complessivi a 1.1





 



 

In svantaggio di due gol e sotto anche tatticamente, Jardim ha provato a far saltare il banco tattico rivoltando la propria squadra e schierando un inedito 3-4-1-2. L’esperimento ha forse funzionato nei primi 10 minuti di gioco, in cui la Juve ha preso le misure del nuovo abito tattico del Monaco, ma ha poi completamente fallito, eliminando il Monaco dalla corsa per la finale già alla fine del primo tempo.

 

La Juventus si è velocemente adattata alle nuove modalità di pressing dei monegaschi e, giocando verticalmente verso le punte, ha messo a nudo le fragilità difensive della squadra di Jardim. Il modulo coi 3 centrali avrebbe dovuto consentire, nelle intenzioni, una maggiore aggressività su Dybala e Mandzukic, impedendo loro ricezioni facili alle spalle degli interni. La missione è fallita sia per il predominio fisico del croato sul suo marcatore Raggi sia per le carenze in fase di transizione difensiva del Monaco, sempre piuttosto disattento, per usare un eufemismo,

. Inoltre il pressing, nella nuova configurazione, è stato disordinato e ha esposto ancora più del solito la fragile difesa del Monaco agli attacchi avversari.



In fase la presenza di Bernardo Silva tra le linee si è rivelata un fattore per abbassare gli interni della Juventus ma, ben schermato da Pjanic e Marchisio, il portoghese si è rivelato poco incisivo. Pur se ben controllata dalla Juventus nella partita di andata, la solita struttura posizionale del Monaco, con i due esterni ad occupare gli half-spaces, aveva creato maggiori problemi alla difesa bianconera ed assicurato maggiore compattezza complessiva alla squadra.

 

Jardim ha tentato un all-in, ma è andato molto lontano dal vincere la mano, dimostrando anche che avere un’identità fluida e capace di variare in funzione delle partite - con la naturalezza della Juventus - è una dote meno banale di quello che si vuole fare credere. Non basta muovere le pedine sul campo di battaglia, ma è necessario che la squadra e i giocatori abbiano una maturità tattica e una consapevolezza del gioco tale da consentire loro di padroneggiare le mutate condizioni in campo.

 

La Juventus possiede in abbondanza queste qualità e nei 10 minuti iniziali ha trovato il bandolo della nuova matassa tattica e ha dominato il primo tempo chiudendo la qualificazione. In difesa i bianconeri hanno giocato la solita eccezionale partita, proteggendo l’area e negando ancora una volta il gioco in campo aperto, la profondità e le ripartenze al Monaco.

 

Ha vinto la squadra più forte, capace di creare il contesto tattico favorevole per esercitare la propria superiorità individuale. La Juventus di Allegri arriva con pieno merito alla finale di Cardiff, dopo avere giocato una fase ad eliminazione diretta quasi senza errori, sempre in controllo delle proprie partite e del proprio destino. Una dimostrazione di forza e consapevolezza delle proprie capacità che chiama in causa tutta la Juventus, dalla capacità di programmazione della società, alla capacità di lettura tattica delle partite dell’allenatore, per giungere alle qualità dei calciatori.

 

Adesso non resta altro che vincere la finale. Certo, non è poco.

 

 

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