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Daniele V. Morrone
La crisi dell'Arsenal?
19 set 2014
19 set 2014
Alexis, Welbeck, Ozil, il nuovo corso finanziario e la crisi d'identità dei tanto amati Gunners.
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Daniele V. Morrone
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Nel mito di Sisifo il protagonista viene condannato dagli dei a trasportare un macigno su per una montagna; una volta raggiunta la vetta però il macigno inesorabilmente rotola giù, costringendolo tra mille fatiche a ricominciare da capo. Nell’ultimo decennio Arsène Wenger deve essersi sentito un po’ come Sisifo: puntualmente, a marzo di ogni stagione, il masso piano piano comincia a rotolargli indietro portando con sé la fine prematura dei sogni di gloria della squadra. Solo al termine della scorsa stagione, finalmente, l’Arsenal è riuscito ad alzare un trofeo terminando un digiuno che sembrava infinito per una squadra tanto titolata (l'ultimo capitano a sollevare un trofeo, nove anni fa, è stato Vieira, e la squadra giocava ancora nel mitico Highbury). Per questo la stagione 2014/15 poteva essere pianificata diversamente da quelle precedenti: con l’idea che la squadra si sia finalmente sbloccata e che la vittoria della FA Cup abbia finalmente infuso confidenza ad un gruppo psicologicamente fragile dopo le tante delusioni subite negli anni.

 

Quello che entusiasmava i tifosi era anche il fatto che la nuova stagione portava in dote due nuovi contratti di sponsorizzazione (il rinnovo con la Fly Emirates e il cambio da Nike a Puma) con un innalzamento del budget di mercato disponibile. Finalmente Wenger aveva i fondi necessari per rinforzare la rosa come meglio credeva dopo anni di vacche magre.

 

In realtà già nella sessione estiva del precedente mercato (2013/14) il budget si poteva considerare adeguato, ma la decisione di Wenger di voler prendere un giocatore in grado di far fare il salto di qualità alla rosa (quello che in Italia da qualche tempo chiamiamo “top player”) nel ruolo ritenuto migliorabile (punta centrale), invece di rinforzare la rosa in più settori, aveva portato ad un mercato strano: con l’obbiettivo chiaro individuato in Luis Suarez che fallisce miseramente dopo una lunga telenovela, e con l’arrivo del “top player” l’ultimo giorno di mercato e non nel ruolo di punta. Per 50 milioni di euro tondi tondi è arrivato Mesut Özil, uno dei migliori trequartisti d’Europa. Per coprire il ruolo di punta centrale di riserva viene preso gratis il giovane Yaya Sanogo e sempre gratis viene preso il centrocampista difensivo di riserva Flamini. Un mercato strano quindi nato dalla ossessione di Wegner per l’acquisto di un giocatore in grado di portare finalmente l’Arsenal a vincere qualcosa. Un'ossessione che quest'anno non esisteva. L’Arsenal qualcosa l’aveva effettivamente vinto e Wenger poteva quindi pianificare con calma il mercato.

 

https://www.youtube.com/watch?v=hP-UQW1g1NY



 

Se c’è una cosa che la passata stagione ha mostrato anche all’osservatore meno attento è l’impossibilità di schierare una squadra equilibrata avendo Aaron Ramsey e Jack Wilshere alla base del 4-2-3-1 totemico di Wenger. Ramsey è un giocatore che ama inserirsi in area per andare alla conclusione (proprio questa sua dote ha portato all’esplosione della passata stagione) e Wilshere non ha un senso della posizione tale da coprire i movimenti del compagno di squadra. Una coppia di giocatori di talento che però è priva della chimica giusta per poter funzionare a dovere senza i giusti accorgimenti tattici.

 

Per poter schierare quindi un centrocampista in grado di coprire i movimenti di Ramsey (che sia questo Arteta o Flamini) Wilshere non può giocare al centro del campo. Schierarlo sulla fascia però è un vero peccato. Wenger, quindi, deciso ad avere contemporaneamente in campo il talento gallese e quello inglese, imposta la nuova stagione rovesciando il triangolo centrale portando il modulo ad un 4-1-4-1.

 

L’idea di Wenger è di avere i due giocatori al centro del campo senza i problemi nei movimenti della scorsa stagione. Così diventa fondamentale il ruolo del centrocampista davanti alla difesa. Per i giornali era lì che Wenger avrebbe dovuto rinforzare la rosa andando a prendere Khedira dal Real Madrid (cosa strana visto che il ruolo preferito dal tedesco non è quello di centrocampista davanti alla difesa) o il francese Schneiderlin dal Southampton, o anche il meno conosciuto ma interessantissimo William Carvalho dallo Sporting Lisbona. Come sempre controcorrente, Wenger invece ha deciso di non investire nel ruolo dando fiducia per un altro anno ai declinanti Arteta e Flamini. Per il francese i soldi andavano spesi in altri ruoli.

 

I tentativi di falliti di far rimanere il portiere di riserva Fabiansky, il difensore centrale di riserva e capitano della squadra Vermaelen, e soprattutto l’esterno basso titolare Sagna, hanno forzato Wenger ad intervenire nel reparto difensivo. Per coprire le spalle al portiere titolare è arrivato il colombiano David Ospina, reduce da un ottimo Mondiale e per solo 4 milioni di euro. Il ruolo ben più delicato di “nuovo Sagna” è stato affidato a Mathieu Debuchy, esperto (28 anni) esterno basso francese che ha preso il posto di Sagna anche in Nazionale. Pagato 12 milioni dal Newcastle, gli è stato chiesto di inserirsi subito nel sistema facendo quello che sa fare meglio: correre lungo la fascia per arrivare al cross sul fondo e non risparmiarsi nei contrasti. Il ruolo di terzo difensore centrale, esterno destro basso di riserva e all’occorrenza centrocampista difensivo, Wenger lo ha affidato a Calum Chamber comprandolo per ben 20 milioni di euro dal Southampton. “Ben” 20 milioni perché stiamo parlando di un ragazzo di 19 anni con appena una ventina di partite ufficiali alle spalle. È risaputa la passione di Wenger per i diamanti grezzi, non ha sorpreso nessuno, quindi, la scelta di puntare tanti soldi su un talento tanto inesperto. Con la seguente cessione del giovane Ignasi Miquel e l’assenza di acquisti nel ruolo anche nell’ultimo giorno di mercato, Wenger ha di fatto scelto di affrontare la stagione con solo tre difensori centrali. Cosa non certo apprezzata dai tifosi vista la propensione dell’Arsenal agli infortuni.

 





 

Posto quindi che il centro del campo è stato ritenuto all’altezza, i restanti acquisti estivi sono avvenuti davanti. L’acquisto più importante è stato l’attaccante esterno cileno ex Barcellona Alexis Sánchez. Per 42,5 milioni di euro è arrivato un giocatore di indubbio valore e sicuramente più adatto al calcio britannico rispetto a quello catalano. Veloce, potente e incisivo sotto porta, Alexis ha tutto per riscattare le stagioni agrodolci in blaugrana. Con il ritorno dopo anni di prestiti formativi del giovane costaricano Joel Campbell che tanto male ha fatto all’Italia nell’ultimo Mondiale il mercato per il reparto offensivo ha soddisfato Wenger. L’infortunio di Giroud contro l’Everton alla seconda giornata, con il mercato ancora aperto, ha cambiato tutto.

 

Nel 4-1-4-1 è chiaramente importantissimo l’apporto della punta centrale al gioco della squadra in quanto a capacità di impegnare da solo i centrali di difesa avversari, dialogo con i compagni e conclusioni in porta. Dopo che l’inesperto Yaya Sanogo si è dimostrato non all’altezza del ruolo di titolare (a sua discolpa avendo 21 anni è ancora ampiamente nella parte iniziale dello sviluppo per un giocatore con le caratteristiche da “target man”, cosa che non gli risparmia però il gioco di parole con il nome finendo per essere chiamato Sanogol dai tifosi) e il tentativo di adattare Alexis non è riusciuto appieno per le caratteristiche del giocatore e per il poco tempo a disposizione per conoscere i compagni. così l’acquisto di una prima punta è tornato d’attualità.

 

La soluzione del rebus è arrivata solo nell’ultimo giorno di mercato con un riluttante Wenger che ha deciso di spendere 20 milioni di euro per comprare l’attaccante di riserva del Manchester United Danny Welbeck, ex pupillo di Alex Ferguson. Famoso per la velocità di base, i movimenti continui, la capacità di dialogo con i compagni e per l’etica del lavoro, il ventitreenne inglese pecca di una dote però fondamentale per una punta: la freddezza sotto porta. Il problema si è manifestato fin da subito con il buon Danny, che ha stampato sul palo un pallone calciato solo davanti al portiere contro il Manchester City, e fuori di un paio di metri l’unica vera occasione capitatagli contro il Borussia Dortmund in Champions League.

 

https://www.youtube.com/watch?v=EWNjDL2ik5E



 

La vittoria del Community Shield contro il Manchester City, primo trofeo di stagione con qualcosa di simile a un’amichevole di lusso, oltre a portare un nuovo titolo in bacheca ha mostrato un Arsenal in gran forma. Le assenze dei giocatori reduci dalla finale del Mondiale per entrambe le squadre vengono patite più dal Manchester City che si è fatto letteralmente schiacciare nei primi 45 minuti di gara da un Arsenal veloce e incisivo. Mai fidarsi del calcio d’agosto.

 

La vittoria schiacciante sul piano del gioco ha esaltato i tifosi, ma si è rivelata un fuoco di paglia dato che il bel gioco è magicamente scomparso nelle partite successive. Con forse ancora le gambe pesanti dalla preparazione estiva l’Arsenal ha superato di misura e con qualche rischio di troppo i turchi del Besiktas nei preliminari di Champions League (0-0 e 1-0 il punteggio), ha battuto senza entusiasmare il Crystal Palace nell’esordio in Premier (2-1), ha pareggiato solo all’ultimo contro un Everton in vantaggio per 2-0 fino al minuto ’83 e pareggiato di nuovo, tra la noia generale, contro i neopromossi del Leicester (1-1).

 

Quella che Wenger ha messo in campo in questi ultimi tempi è una squadra prevedibile, che gioca con un 4-1-4-1 piatto in cui la squadra vuole recuperare rapidamente la palla ma non ci riesce se non nella sua metà campo, finendo con l’affrontare poi palla al piede la difesa avversaria schierata già da tempo. Il centrocampo formato da Flamini dietro al talentuoso duo (Ramsey e Wilshere) come interni non funziona come forse dovrebbe nelle idee di Wenger. Entrambi hanno spiccata vocazione offensiva ma Ramsey non riesce a trovare i tempi di inserimento (con conseguente abbassamento del livello di impatto sulla gara) e risulta troppo impreciso nella gestione del ritmo e nei passaggi; mentre Wilshere si prende il centro in modo troppo discontinuo.

 

Flamini si impegna, ma non è Mascherano. Non ha una capacità di lettura delle azioni tale da compensare lo scarso atletismo (o, insomma, “normale”) con il tempismo, e finisce spesso per rincorrere il pallone e basta. Se attaccato risulta inutile come schermo al centro e le doti di palleggio non sono mai state il suo forte.

 

Per poter fare spazio ad Özil Wenger ha deciso di schierarlo sulla fascia come ha fatto Löw nel fortunato Mondiale. Non aiutato dalla forma fisica, Özil in campo è un fantasma. Forse inconsciamente ha la tendenza a prendersi il centro, già ampiamente congestionato dalla presenza di Ramsey e Wilshere. Il risultato finale è che l’Arsenal concede sempre una delle fasce all’avversario quando in fase di non possesso, quella dove viene schierato Özil. Davanti, Alexis si muove e corre anche a recuperare il pallone nonostante risulti estremamente isolato dal resto della squadra. I difetti nel sistema difensivo della stagione precedente vengono riproposti con la linea troppo alta per le caratteristiche del leader del reparto Mertesacker che per velocità di base non si può permettere di avere una prateria alle spalle. In aggiunta a questo, anche facendo possesso, l’Arsenal non sa difendere le ripartenze avversarie.

 

https://www.youtube.com/watch?v=albny1Pc70w



 

Non era un bell'Arsenal, ma non era neanche un Arsenal perdente quello che a metà settembre è arrivato al primo vero esame stagionale: in tre giorni l’Arsenal ha affrontato nuovamente i campioni in carica del Manchester City (questa volta al completo) ed ha esordito contro il Borussia Dortmund di Klopp in Champions League.

 

Contro il Manchester City debutta Welbeck come prima punta con Özil a sinistra e Alexis a destra non in linea visto che il cileno spinge molto di più rispetto al tedesco. L’inizio è ottimo, il ritmo della partita è alto e lo detta l’Arsenal con quello che è finalmente un pressing degno di questo nome. I primi venti minuti sono l’esempio del calcio che ha in testa Wenger per la nuova stagione. Purtroppo per l’Arsenal Wenger ha anche la tendenza a preparare poco tatticamente le partite in funzione dell’avversario, preferendo insistere sui principi cardine del proprio sistema. Al City di Pellegrini quindi basta spingere lungo la fascia sinistra con Navas e Zabaleta, dove Monreal si trova sempre in inferiorità numerica (dopo che Wenger decide di spostare l’avanzato Alexis a sinistra) per trovare il gol che sblocca l’incontro. La gestione dell’azione da parte della difesa dell’Arsenal non è delle migliori e Navas non sembra crederci alla prospettiva di poter scorrazzare impunemente lungo la fascia del pover Monreal. Ancora peggio è la difesa a zona sul conrer che lascia Demichelis liberissimo di colpire di testa in rete. Sembra assurdo che l’Arsenal decida di utilizzare una zona pura per difendere i corner senza che nessuno vada ad attaccare dove finisce la palla. Con il secondo tempo ed il ritorno ad un ritmo più alto l’Arsenal trova due splendidi gol, prima con un eccellente Wilshere che finalmente prende per mano la squadra dominando il centro del campo, e poi con un bel tiro di Alexis.

 




 

Dopo aver assistito ad un Arsenal capace di giocare a grandi ritmi è arrivata inaspettata una prestazione come quella con cui l’Arsenal debutta in Champions League. La sconfitta contro il Borussia Dortmund, che sembrava correre il doppio, si candida già come una delle peggiori sconfitte stagionali. L’Arsenal era impotente nel recupero del pallone e incapace nel far male all’avversario quando in possesso. Il ritorno di Arteta davanti alla difesa non ha aiutato comunque la distribuzione del pallone, che avveniva troppo lentamente per impensierire i tedeschi. I giocatori sembravano dover sempre improvvisare per uscire dal pressing avversario con tanto di umiliazione nel gol con cui Immobile sblocca la gara dopo aver corso 50 metri palla al piede contro tutta la difesa dell’Arsenal.

 

Troppo spesso la scorsa stagione le trasferte contro squadre importanti si sono rivelate umiliazioni subite e iniziare subito riprendendo il trend non è il massimo che un tifoso potesse immaginare. Il primo esame stagionale termina con un buon pareggio e una brutta sconfitta: la strada è ancora in salita.

 



Wenger non è solito intervenire nell’immediato per correggere trend negativi, i tempi di reazione del tecnico francese non sono veloci. La rosa continua ad avere la mancanza di un centrocampista difensivo d’élite in grado prendere il posto del declinante Arteta da anni e la presenza di soli tre centrali (di cui uno adattato in Chambers) non promette niente di buono al primo raffreddore. I difetti strutturali non sono stati corretti, ma il talento offensivo è tale da poter garantire di lottare per la qualificazione in Champions League per l’ennesimo anno.

 

Sembra come se Wenger avesse un Arsenal metafisico in testa in cui il centrocampo ha un equilibrio perfetto, il recupero del pallone avviene sempre in campo contrario, la squadra non perda mai la palla grazie ai rapidi fraseggi tra i giocatori offensivi e l’ampissima libertà concessa ai giocatori venga premiata da giocate sempre imprevedibili.

 

La realtà è che con il ritorno a breve di Walcott questo Arsenal avrebbe senza ombra di dubbio il tridente più veloce delle Premier in Alexis-Welbeck-Walcott e un Arsenal più simile a quello di inizio “era Wenger” che sfrutti proprio questa cosa focalizzandosi su ripartenze veloci rispetto all’attuale focus sul calcio di possesso (magari giocando con una difesa più arretrata così da aiutare il reparto) potrebbe aiutare la squadra a trovare un miglior equilibrio sfruttando le caratteristiche dei giocatori a disposizione. Lo so Wenger è un testardo ed è molto difficile che torni indietro, ma c’è ancora tutta una stagione per poterci provare.

 
 

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