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Fabio Barcellona
La crescita della Roma di Di Francesco
20 dic 2017
20 dic 2017
Dopo un inizio stentato, l'allenatore abruzzese è riuscito ad applicare i suoi principi di gioco anche alla Roma, venendo incontro alle caratteristiche dei suoi giocatori.
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La Roma si è qualificata agli ottavi di Champions vincendo un girone che alla vigilia sembrava proibitivo, nonostante il club giallorosso sembrasse essersi indebolito alla fine dello scorso mercato, per via della partenza di uno dei suoi migliori giocatori, Salah, e per la scelta di affidare la panchina ad un allenatore alla prima esperienza in un club di prima fascia. C'erano dei dubbi anche sul cambio di panchina da Luciano Spalletti a Eusebio Di Francesco, ma quest'ultimo ha impiegato meno tempo del previsto a disegnare la sua squadra e ad affinare i meccanismi del suo gioco. A dicembre, oltre ad avere ottenuto la vittoria del proprio girone di Champions League, la Roma è ancora in corsa anche per lo Scudetto (e con una partita ancora da recuperare).

 

Era difficile prevedere un inizio così positivo, anche pensando che il primo impatto di Di Francesco con la Serie A era stato tutt'altro che facile. Alla sua prima esperienza, a Lecce nella stagione 2011-12, Di Francesco era stato esonerato dopo 14 partite e 25 gol subiti dalla sua squadra. Arrivato con l’etichetta, da lui mai esplicitamente rifiutata, di allenatore zemaniano, per il tecnico abruzzese era forse troppo presto per la massima serie. Ma dopo avere riconquistato la Serie A vincendo il campionato di Serie B con il Sassuolo, è stato nuovamente esonerato alla sua stagione in A, alla ventunesima giornata, con la disastrosa media di 2.19 gol subiti a partita.

 

Richiamato dopo le 5 sconfitte del suo sostituto Alberto Malesani, Di Francesco è riuscito a salvare il Sassuolo con una giornata d’anticipo, subendo stavolta 1.41 gol per match. Pur cambiando poco la rosa, il Sassuolo è migliorato progressivamente negli anni successivi, in particolare riguardo ai dati relativi alla sua fase difensiva. Nella classifica dei gol subiti il Sassuolo di Di Francesco è passato dal penultimo posto alla prima stagione in Serie A al quindicesimo posto nella stagione 2014-15, e infine al quarto della stagione 2015-16, nell’anno in cui uno storico sesto posto ha aperto le porte dell’Europa League agli emiliani.

 

Il miglioramento del Sassuolo, nei primi 3 anni di Serie A e di gestione Di Francesco, racconta di una squadra sempre più consapevole in campo e progressivamente più solida. Racconta anche del percorso di crescita del suo allenatore, capace di trasformare in poco tempo quella che era una delle peggiori fasi difensive della Serie A nella quarta difesa meno battuta. Un miglioramento ottenuto senza cambiare i propri principi di gioco e l’amato 4-3-3. La storia testimonia quindi di un continuo processo di affinamento dei meccanismi della propria squadra in campo e di una forte convinzione nelle proprie idee e nel potere di crescita grazie al lavoro in allenamento.

 

Dopo tre stagioni di costante miglioramento, il logorio di una stagione lunghissima, cominciata a luglio con i preliminari di Europa League e la volontà di testare ad alti livelli a salvezza raggiunta i tanti giovani a disposizione, hanno reso di fatto interlocutoria l’ultima stagione Di Francesco a Sassuolo.

 



Sulla panchina giallorossa, in un arco temporale ristretto, Eusebio Di Francesco ha mostrato lo stesso percorso che ha caratterizzato il suo lungo periodo al Sassuolo. Le prime partite della stagione, infatti, non avevano fugato le perplessità che avevano accolto l’arrivo del tecnico alla guida della Roma. Con volontà e lavoro, però, muovendosi sempre dentro l’alveo del suo calcio, Di Francesco ha limato i difetti e esaltato i pregi della sua squadra, migliorandola costantemente.

 

Nella prima partita di campionato la Roma ha vinto a Bergamo contro l’Atalanta, con una grande punizione di Kolarov, ma con una prestazione piuttosto deludente in entrambe le fasi di gioco. La squadra di Francesco ha subito 1.4 xG dai bergamaschi, racimolando solo 0.3 xG, con appena 6 tiri verso la porta avversaria.

 

Nella giornata successiva la Roma ha perso in casa contro l’Inter subendo 3 gol nella ripresa, dopo essere passata in vantaggio nel primo tempo. Nonostante i tre pali colpiti sull’1-0, però, la sconfitta non era stata del tutto immeritata: la Roma, a fronte di 1.4 xG prodotti, aveva concesso ben 2.5 xG all’Inter, crollando nell’ultima mezz’ora e mostrando ancora una volta evidenti difetti in fase di non possesso palla.

 

Anche il terzo match ufficiale della stagione ha dato risposte contrastanti. La Roma è riuscita fortunosamente a pareggiare in casa contro l’Atletico Madrid nella prima partita del girone di Champions League, ma ancora una volta le statistiche avanzate certificavano le difficoltà della Roma nelle due fasi: i 20 i tiri in porta dell’Atletico Madrid hanno prodotto 2.4 xG, mentre la Roma è riuscita a tirare solo una volta nello specchio arrivando appena a 0.5 xG.

 

Dopo queste partite molto complicate, Di Francesco ha trovato un alleato nel calendario favorevole (il Verona e l’Udinese in casa, e il Benevento in trasferta) per affinare il suo calcio. Le tre vittorie conseguite hanno aiutato il tecnico abruzzese a proseguire il suo lavoro sulla squadra senza doversi preoccupare troppo dei risultati.

 

A inizio stagione la Roma ha mostrato difficoltà in ogni fase di gioco. I motivi per cui i giallorossi subivano più di 2 xG a partita di media erano principalmente tre, tutti fortemente legati al gioco di Di Francesco: una scarsa efficienza in fase di pressing, una cattiva gestione della linea difensiva e le tante imprecisioni in fase di costruzione bassa.

 



L’allenatore giallorosso ha più volte richiamato la rivoluzione portata da Sacchi in Italia, citando l’intensità e la compattezza come cardini delle proprie squadre, per cui sono centrali la corsa e l’organizzazione. Passando dai principi generali alla loro applicazione in campo, Di Francesco, come ampiamente noto, predilige il 4-3-3, con una radice zemaniana piuttosto ortodossa. In fase di possesso palla lo sviluppo della manovra è preferibilmente verticale («due passaggi orizzontali sono già troppi») e utilizza, per l’avanzamento lungo il campo le catene laterali costituite da terzino, mezzala ed esterno offensivo, e, per le fasi di rifinitura e finalizzazione, i movimenti coordinati nello spazio delle tre punte.

 

In fase di non possesso palla Di Francesco applica invece una marcatura a zona quasi integrale, che ha come riferimento principale il pallone e, in seconda istanza, i compagni di squadra, per il posizionamento difensivo. Il 4-3-3 ripiega in un 4-5-1 che richiede un importante sforzo difensivo soprattutto ai due attaccanti esterni, che devono essere molto attenti ad abbassarsi sotto la linea del pallone in fase di non possesso per non rompere la compattezza della squadra.

 

Il marchio di fabbrica, e l'aspetto di gioco che ha funzionato meglio fino ad adesso, è però il pressing alto, continuo e aggressivo. Interrogato a questo proposito, Di Francesco ha sottolineato le differenze con il calcio di Zeman: «Per Zdenek gli avversari vanno aggrediti sempre, comunque e ovunque. Io ritengo che in dati momenti non si debba cercare di rubare palla agli avversari. Qua sta la differenza». Il pressing, attuato in maniera specifica e innescato da specifici trigger, aiuta la squadra a rimanere corta, anche grazie all'azione della linea difensiva, che sale il più possibile in fase di non possesso a palla coperta.

 


Il retropassaggio verso il portiere è uno degli inneschi del pressing della Roma.


 



Il calcio proposto da Di Francesco è un calcio molto organizzato, che richiede, per il suo successo, un’estrema precisione dei meccanismi e dei tempi di gioco. Nel 4-5-1 disegnato in fase di non possesso, la pressione sul pallone in zone interne è appannaggio delle mezzali, con gli esterni difensivi deputati a dare copertura esterna sull’uscita del compagno di squadra.

 

Nelle prime tre partite della stagione, però, la Roma ha mostrato enormi difficoltà a difendere lo spazio alle spalle della prima linea del pressing. A inizio stagione gli avversari hanno avuto vita facile a ricevere il pallone negli half-space ai fianchi del regista, di solito Daniele De Rossi. Le uscite delle mezzali erano imprecise, nei tempi e negli spazi, e in questo modo scoprivano lo spazio alle proprie spalle con la loro salita.

 


La palla viaggia da Palomino a Masiello: è l’innesco del pressing della Roma. Su Masiello, in posizione interna, si alza la mezzala destra, Strootman, con Defrel che rimane in copertura. Se portato coi tempi e gli angoli giusti, e supportato dal resto della squadra, il pressing di Strootman dovrebbe coprire anche la zona alle sue spalle, lasciata invece sguarnita dall’uscita in pressione.


 

Questo difetto, tra l'altro, era evidente sia durante le fasi di pressing più aggressivo, che, meno comprensibilmente, anche nelle fasi difensive puramente posizionali, a causa di un’eccessiva passività della squadra e, in particolare, della linea difensiva.

 

Per via delle difficoltà in fase di pressing, la Roma faceva anche molta fatica a difendere la profondità. Una volta che veniva saltato il primo pressing, a causa anche di una bassa intensità nella pressione sul portatore di palla, la squadra avversaria poteva attaccare facilmente la profondità e lanciare alle spalle della linea difensiva giallorossa, che era costretta a quel punto a scappare verso la propria porta.

 


Kurtic ha tempo e spazio per lanciare. Gomez attacca la profondità alle spalle di Bruno Peres.


 

La fase offensiva invece mostrava inefficienze sia nella costruzione bassa che negli sviluppi più avanzati. La circolazione arretrata del pallone pensata da Di Francesco è piuttosto semplice e ha la funzione di innescare le catene laterali, per questo i terzini rimangono allineati ai centrali e il regista, specie quando è De Rossi, si limita a fornire un supporto lineare alla manovra. L’avanzamento preferenziale è quello per vie laterali e prevede i movimenti contrapposti dei vari interpreti della catena. Così, se l’esterno viene incontro al pallone, la mezzala attacca la profondità; se invece l’esterno taglia dentro al campo, la mezzala tende a occupare l’ampiezza.

 

A differenza dello sviluppo offensivo visto nella catena di sinistra del 4-3-3 di Sarri a Napoli, in cui viene costantemente ricercata la superiorità posizionale utilizzando, se necessario, un palleggio insistito al fine di disordinare l’avversario, i movimenti della catene laterali della Roma hanno lo scopo di creare e attaccare lo spazio, preferibilmente nella maniera più rapida possibile. Quindi, ad esempio, se l'esterno si muove incontro al terzino in possesso di palla, liberando lo spazio profondo, questo deve essere immediatamente attaccato dalla mezzala.

 


El Shaarawy si abbassa, attirando il terzino destro avversario. Strootman, attacca lo spazio alle spalle di Cacciatore, liberato proprio dal movimento di El Shaarawy.


 

È un avanzamento lungo il campo che prevede movimenti prestabiliti e piuttosto rigidi, che necessita pertanto di precisione nel tempo e nello spazio degli smarcamenti, e tecnica nell’esecuzione dei passaggi. Nelle prime partite della stagione, però, questo gioco era interpretato in maniera eccessivamente meccanica, come se la mancata interiorizzazione dei principi di gioco costringesse i calciatori ad un’esecuzione inconsapevole di schemi provati in allenamento. La circolazione palla era priva di rischi e, nonostante questo, difficoltosa sotto la pressione avversaria, la risalita laterale del campo vincolata alle alterne fortune di meccanismi di fascia ancora poco oleati.

 

Alcuni giocatori inizialmente sembravano inadatti ad un gioco così rigidamente impostato. L’esempio più evidente era probabilmente Nainggolan, tornato al ruolo di mezzala dopo essere stato reinterpretato da Spalletti come trequartista incursore con grande successo. Il tecnico toscano lo aveva utilizzato alle spalle del centravanti, in maniera piuttosto libera da vincoli di posizione, sfruttando in fase offensiva le sue doti di inserimento e di finalizzazione e, in fase di non possesso, le sue capacità di pressing, anche individuale, sulla costruzione bassa avversaria. Di Francesco ha invece arretrato Nainggolan nella posizione di mezzala classica, allontanandolo dalla porta e inserendolo in un complesso meccanismo di movimenti coordinati, che prevedono anche frequenti spostamenti in fascia.

 

Un discorso simile poteva essere fatto per Diego Perotti. Abituato a ricevere la palla sui piedi largo in fascia e a tagliare internamente solamente in conduzione, adesso l’argentino deve invece muoversi molto senza il pallone, soprattutto dall'esterno verso l'interno.

 

Altri giocatori, invece, sono riusciti fin da subito ad avere un grosso impatto sul gioco di Di Francesco. Le note maggiormente positive in questo senso sono costituite da Aleksandr Kolarov e Edin Dzeko. Il terzino serbo si è immediatamente imposto come regista, nemmeno troppo occulto, della Roma: la grande qualità del suo piede sinistro ha consentito alla Roma di avanzare, grazie ai suoi passaggi taglia-linee capaci di innescare i compagni alle spalle del centrocampo avversario. Anche sotto pressione Kolarov si è rivelato fondamentale per la sua squadra, riuscendo, con il dribbling, a venir fuori dalle situazioni più complesse creando superiorità numerica. E si è rivelato importante anche in fase di rifinitura e finalizzazione, con 2 gol e 3 assist fino ad adesso.

 

Edin Dzeko è stato fondamentale, invece, oltre che per l’enorme mole di finalizzazioni prodotte, anche per risolvere i problemi della Roma nella risalita del campo. Il bosniaco è il giocatore di serie A che ha realizzato più tiri in assoluto (78) e, tra quelli che hanno un numero di presenze significativo, è secondo solo Dybala per tiri ogni 90 minuti (5.2); ma è stato importante anche per la sua capacità di fungere da perno avanzato da utilizzare per avanzare lungo il campo. I movimenti e le capacità del centravanti della Roma nel fornire una soluzione di passaggio ai compagni arretrati sono molto vari.

 

Il bosniaco è capace di allungare la squadra con tracce "a mezzaluna”, che, partendo dall’interno, attaccano il fianco esterno del centrale avversario. Oltre a questo,  può fungere da terminale per i lanci lunghi dalla difesa, sia con tracce interno-esterno sia, più staticamente, frapponendo il suo corpo tra la palla e il difensore. Dzeko ha spesso occupato, venendo incontro, la zona centrale alle spalle del centrocampo avversario, fornendo una soluzione utile anche in fase di attacco posizionale.

 


Dopo un inizio stentato, più sul piano del gioco che su quello dei risultati, la Roma ha inanellato cinque vittorie consecutive tra campionato e Champions League, alzando anche il livello delle proprie prestazioni.

 

Di Francesco ha allargato le rotazioni della squadra, coinvolgendo praticamente ogni giocatore della rosa (insieme alla Juventus, la Roma è la squadra di vertice che impiega con continuità il maggior numero di giocatori). In difesa il costante inserimento di Federico Fazio tra i titolari ha migliorato la costruzione bassa, regalando alla linea arretrata della Roma il piede educato e la sensibilità tattica necessarie a migliorare l’uscita del pallone da dietro. Nel ruolo di terzino destro Florenzi, dopo il rientro dall’infortunio, sembra avere scalzato Bruno Peres (mentre il nuovo acquisto, e potenziale titolare, Karsdorp, si è nuovamente infortunato). La posizione più contesa è però quella di esterno destro, dove hanno ruotato Defrel, Ünder, Florenzi, Gerson e addirittura, nella partita contro il Torino, Nainggolan. Le prestazioni più convincenti sembrano essere arrivate da El Shaarawy che, abituato a giocare a sinistra, ha ampiamente dimostrato di potere giocare con estremo profitto anche a destra. In ogni caso, la squadra ha mostrato una qualità costante con quasi tutti gli undici titolari, a testimonianza della profondità del lavoro di Di Francesco e dell’importanza dei suoi principi di gioco.

 

Dopo questa striscia di vittorie, la Roma ha subito una battuta d’arresto in casa contro il Napoli, in una partita in cui per la prima e unica volta, il tecnico giallorosso ha accantonato il suo 4-3-3 per disporre la squadra con un 4-2-3-1, in modo da adattarsi perfettamente allo schieramento avversario. Il percorso positivo è però ripreso subito dopo, con il ritorno al 4-3-3 e il pareggio a Stanford Bridge contro il Chelsea.

 

Partita dopo partita Di Francesco ha migliorato la sua squadra, partendo dal rendimento difensivo e confidando, con l’ottimismo della volontà, nel progressivo miglioramento degli ingranaggi della propria squadra tramite l’allenamento. La qualità del pressing è diventata di livello assoluto, e questo consente adesso alla squadra di rimanere corta, con una linea difensiva costantemente alta.

 


Il pressing della Roma è attivato dalla ricezione spalle alla porta del centrocampista basso avversario e viene portato alzando la mezzala dal lato debole. Al resto pensano le qualità individuali in pressione di Nainggolan, che ruba la palla a Badelj e crea le premesse del gol dell’1-0 contro la Fiorentina.


 

Il baricentro medio della squadra è però più basso di circa 3 metri rispetto a quello del Napoli e simile a quello di squadre come Inter e Juventus, che non disdegnano lunghe fasi di difesa posizionale. La fase di non possesso della squadra di Di Francesco, nonostante la grande affidabilità del suo pressing alto, lascia infatti anche spazio a periodi di difesa più statica e bassa.

 


La tendenza è però quella a un progressivo innalzamento del baricentro, come risultato di un pressing più efficiente.


 

Oltre all’affinamento dei meccanismi di pressing, i progressi nella qualità della costruzione basse e nei meccanismi in uscita del pallone hanno portato decisi miglioramenti nei numeri difensivi rispetto ai più di 2 xG subiti di media nelle prime tre partite della stagione.

 


L’andamento degli xG subiti è in costante miglioramento.


 

La Roma adesso è sempre piuttosto coperta nei posizionamenti preventivi in fase di possesso palla, in modo da non disorganizzarsi durante le transizioni difensive. Il mediano rimane sempre davanti ai centrali difensivi e il terzino dal lato debole rimane spesso allineato coi compagni di reparto, prendendo l’ampiezza, se il pallone si sposta dal suo lato, solo in un secondo tempo.

 


Kolarov sul lato forte si alza, mentre Florenzi rimane allineato a Manolas e Fazio, con Gonalons davanti, costituendo così una barriera di 4 uomini in caso di transizione difensiva.


 

In fase offensiva, pur tenendo fede ai suoi principi, Di Francesco ha proposto col tempo alcun piccoli aggiustamenti che tengono conto delle caratteristiche individuali dei suoi giocatori, coerentemente con la sua storia di allenatore “di campo”.

 

Sempre più spesso, ad esempio, le mezzali della Roma invece di connettersi dinamicamente con gli esterni occupano più staticamente la zona alle spalle del centrocampo avversario. In tale maniera, le mezzali, e in particolare Nainggolan, riducono le loro corse verso l’esterno e vengono avvicinate alla porta. Il posizionamento tra le linee, inoltre, tende ad abbassare il centrocampo, lasciando più tempo e spazio alla costruzione bassa, aumentando le linee di passaggio in grado di far progredire la manovra in maniera diversa dai classici meccanismi costruiti dalle catene laterali.

 


Pellegrini e Nainggolan si schierano alle spalle del centrocampo della Fiorentina.


 

A volte la Roma adotta uno schieramento posizionale ancora più prudente, con una delle due mezzali che si apre nel mezzo spazio tra centrale e terzino per fluidificare la circolazione bassa del pallone, mentre l’altra mezzala occupa lo spazio tra le linee. In particolare è Strootman il centrocampista che rimane basso, mentre Nainggolan si alza dietro il centrocampo avversario, occupando di fatto la posizione di trequartista.

 

Entrambe le soluzioni permettono a Dzeko, in fase di attacco posizionale, di limitare il lavoro di raccordo con il centrocampo, che tanto lo aveva impegnato ad inizio stagione, permettendogli di concentrarsi solo sui movimenti laterali e profondi.

 


Nainggolan si alza dietro il centrocampo del Chievo, mentre Strootmann rimane al fianco di Gonalons per facilitare la circolazione del pallone.


 

Pur avendo sempre come faro una coerente distribuzione degli spazi tra terzino, mezzala ed esterno, i meccanismi di avanzamento della manovra sono di fatto più fluidi, in parte grazie alla interiorizzazione degli schemi, in parte per merito di una struttura meno severa imposta dall’allenatore. Capita allora che gli esterni offensivi, in particolar modo Perotti e in misura minore El Shaarawy, possano abbassarsi internamente, davanti al centrocampo avversario e provare a creare gioco da quella posizione o, addirittura, che cambino fascia creando temporanee zone di superiorità numerica.

 

Il risultato è che la Roma è attualmente la miglior squadra per xG prodotti, con una media di 1.81 xG ogni 90 minuti.

 



In un tempo forse minore di quello che era prevedibile ad inizio stagione, la Roma è già la squadra di Eusebio Di Francesco. Il tecnico giallorosso è stato capace di riscrivere i meccanismi di gioco della sua squadra e dei suoi calciatori rapidamente e, rimanendo sempre fedele ai suoi principi, ha apportato in corsa alcune variazioni in modo da correggere alcuni difetti emersi nella fase iniziale della stagione venendo incontro alle esigenze individuali di alcuni dei migliori calciatori della rosa (come Nainggolan e Perotti).

 

Quello della Roma rimane comunque un calcio essenzialmente intenso e verticale, le cui fortune dipendono dalla qualità del pressing, dalla compattezza in fase difensiva e dalla precisione dei meccanismi in fase di possesso palla.

 

La fase di non possesso, nonostante alterni momenti di difesa più statica, richiede un grosso dispendio energetico, per il pressing da effettuare e per il coinvolgimento di tutti i giocatori. Come detto, un lavoro particolarmente duro è quello degli esterni offensivi, a cui è richiesta la difesa dell’ampiezza anche in zone molto profonde.

 


Nel gol subito da Veretout, Gerson è in ritardo nella copertura del lato debole, con Florenzi impegnato a tenere la posizione a copertura dello specchio della porta.


 

Non a caso le rotazioni di Di Francesco coinvolgono profondamente gli esterni offensivi e, in generale, l’elevato turnover serve anche a mantenere elevata la prestazione atletica della squadra e, nel lungo periodo, a preservare le energie per l’intera stagione.

 

I meccanismi della fase di non possesso sono ormai piuttosto solidi e, in caso di eccessiva difficoltà difensiva, Di Francesco non ha avuto scrupoli ad utilizzare (soprattutto nelle fasi finali delle partite) una difesa a cinque in grado di proteggere il centro.

 

La fase di possesso palla ha giovato notevolmente dell’assimilazione dei meccanismi di gioco e della maggiore varietà di schieramenti posizionali proposti. Nonostante ciò, la Roma rimane una squadra che dà il meglio di sé in transizione, sfruttando a fini offensivi l’ottimo pressing alto che è in grado di proporre in campo. L’attacco posizionale, seppur migliorato, rimane talvolta ancora impreciso in fase di costruzione e rigido nella sua evoluzione (il che spiega i problemi avuti contro squadre particolarmente basse). Tuttavia, la consapevolezza dei calciatori delle richieste del proprio allenatore e la determinazione nel ricercare le soluzioni già note, hanno prodotto una fase d’attacco, non sempre brillante, ma sufficientemente solida ed efficace, ed in grado di generare pericoli per le difese avversarie con buona continuità.

 

Negli scontri diretti affrontati fino ad adesso, la Roma ha vinto contro la Lazio, ma ha perso in casa contro Napoli e Inter. Sebbene le due sconfitte siano avvenute all’inizio della stagione, i risultati contro le prime due squadre in classifica potrebbero indicare un limite superiore della squadra di Di Francesco.

 

Contro squadre tecnicamente e fisicamente inferiori, infatti, l’ottimo e consolidato impianto di gioco della squadra, è garanzia di un rendimento sempre elevato e generalmente sufficiente a prevalere. Alzando l’asticella, però, la stessa rigidità del calcio di Di Francesco potrebbe rivelarsi un ostacolo alle ambizioni dei giallorossi, limitando le individualità invece di esaltarle.

 

Per questo, per avere una misura delle reali ambizioni Scudetto della Roma, sarà decisivo non solo per la classifica il big match del 23 dicembre contro la Juventus. Ma, al di là dei risultati, Eusebio Di Francesco sembra aver già dimostrato di essere pronto per una panchina di una grande squadra, dissipando ogni dubbio sulla bontà della scelta della dirigenza giallorossa.

 

 

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