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Marco D'Ottavi
La carriera di Guidolin raccontata dalla sua faccia
11 ott 2016
11 ott 2016
Un allenatore molto umile.
(di)
Marco D'Ottavi
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Foto di Geoff Caddick/Getty Images
(foto) Foto di Geoff Caddick/Getty Images
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Francesco Guidolin ha iniziato la carriera da allenatore nelle giovanili del Giorgione nel 1986, continuando ad allenare quasi ininterrottamente fino al recente esonero dalla panchina dello Swansea. In questi che sono a tutti gli effetti 30 anni di lavoro, Guidolin ha svolto la sua professione con competenza e applicazione, arrivando a ottenere risultati importanti con squadre diverse e mai di primissimo piano. Da un punto di vista mediatico è sempre stato un allenatore molto pacato, preferendo il lavoro oscuro del campo alle battaglie combattute davanti alle telecamere. Rimanendo fedele alla sua natura veneta, ha sempre mantenuto un atteggiamento imperturbabile senza mai perdersi in polemiche eccessive o dichiarazioni roboanti. https://www.youtube.com/watch?v=4YBKfv1pMFs

La pacatezza di Guidolin nel momento più duro della sua carriera.

Se le sue parole e il suo spirito non hanno mai contraddetto il suo carattere introverso, lo stesso non si può dire della sua faccia. La faccia di Guidolin parla, ma non dice nulla, è una maschera di un uomo del Novecento in perenne crisi con sé stesso. Un uomo normale che crede nel lavoro, che si guarda allo specchio e vede che il suo naso è storto e torna a lavorare. La faccia di Guidolin non crede nella predestinazione, non crede neanche ai miracoli o ai colpi di fortuna. È una faccia scolpita nella fatica. Ho scelto 10 sue espressioni che ne raccontano i momenti più importanti della carriera, senza cercare necessariamente un nesso logico/temporale, ma solo affidandomi a cosa raccontava di volta in volta l'espressione del tecnico veneto. 1993 – Francesco sei esonerato dalla tua prima panchina in Serie A dopo solo 10 giornate

Guidolin conquista la prima panchina in serie A nel 1993 dopo una promozione miracolo in B con il Ravenna. Con addosso l'etichetta di seguace di Sacchi viene chiamato dall'allora presidente dell'Atalanta Percassi: «Vogliamo dare una svolta alla nostra filosofia calcistica, e Guidolin sarà il profeta giusto. Ha due anni di contratto, li rispetteremo in qualunque caso, anche a costo di retrocedere in B». È l'allenatore del futuro, ma viene mandato via dopo sei punti in dieci partite, la peggiore difesa della serie A (21 reti subite) e il penultimo posto in classifica venendo sostituito da Cesare Prandelli. Ma Guidolin non si abbatte, non se la prende con i presidenti presciolosi o col destino infame: Francesco Guidolin guarda il lato positivo: in uno speciale di Sky a lui dedicato chiamerà questo esonero una bella musata, di quelle che fanno bene nella vita. 1997 – Vai Francesco, hai vinto la Coppa Italia!

Dopo il fallimento con l'Atalanta firma con il Vicenza in serie B. Lo riporta subito in A dove i biancorossi mancavano 16 anni, la stagione successiva arriva nono in campionato mostrando un calcio interessante e spettacolare. Ma il primo vero successo di Guidolin arriva nella stagione 1996/1997: il Vicenza conquista la Coppa Italia battendo il Napoli in finale. https://www.youtube.com/watch?v=jJdXa-LkU7s Nell'intervista post-gara la prima domanda che gli fanno è «più che il miracolo Vicenza è il trionfo dell'umiltà e il lavoro quotidiano», una domanda che potrebbe essere il sottotitolo di una autobiografia del tecnico veneto. Lui guarda un punto sottile nel vuoto e sta per sibilare un sì, ma poi ci ripensa si corregge e dice «Non lo so... è il trionfo della squadra, è il trionfo di una società che ha fatto le cose per bene». 1998 – La semifinale di Coppa delle Coppe col Vicenza è comunque un enorme risultato Francesco

Più della Coppa Italia, più di quello che arriverà dopo, quello per cui tutti ricordiamo l'esperienza di Guidolin a Vicenza è la Coppa delle Coppe edizione 1997/98. Grazie ai gol di Pasquale Luiso, che terminerà capocannoniere della competizione con 8 reti, il Vicenza raggiunge la semifinale contro il Chelsea di Zola, Vialli e Di Matteo. Riuscirà anche a vincere 1 a 0 in casa con gol di Lamberto Zauli, ma poi subirà una bruciante sconfitta per 3 a 1 nel ritorno a Stanford Bridge dopo essere anche passata in vantaggio, subendo la rimonta con gol di Poyet, Zola e Huges. È la prima grande delusione della carriera di Guidolin, che anni dopo mostrerà un po' di rammarico per quell'occasione sprecata ricordando di un gol regolare annullato a Luiso e di come con un po' di fortuna quel Vicenza avrebbe potuto vincere la Coppa. Ma il calcio di Guidolin è proprio così: non prevede fortuna, solo lavoro duro. 2004/2005 – Francesco allora dicci di Zamparini

Guidolin lascia Vicenza dopo 4 anni per andare ad allenare l'Udinese. La prima esperienza ad Udine dura solo un anno con il tecnico che viene esonerato in estate nonostante la conquista della UEFA (dopo uno spareggio con la Juventus) a causa «della ruggine» tra lui e il presidente Pozzo. Dopo una lunga parentesi a Bologna (dove sfiora la Champions, ma dove dirà anche la frase «città di merda» che gli metterà contro la tifoseria), finisce di nuovo in serie B prendendo in corsa il Palermo di Zamparini. Inaspettatamente il binomio tra l'ombroso tecnico e il vulcanico presidente funziona e in Sicilia Guidolin ripete il percorso di Vicenza ottenendo al primo tentativo una storica promozione (che mancava a Palermo da 31 anni) grazie ai gol di Toni, trenta. La stagione successiva è super: 6° posto in campionato da neopromossa con un gioco spettacolare che poteva vantare in attacco il trio Zauli-Brienza-Toni; una vittoria contro la Juventus di Capello, il minor numero di sconfitte mai subite dal Palermo (9) e, come al solito, la qualificazione alla Coppa UEFA. Dopo Vicenza, di nuovo, Guidolin prende una squadra dalla Serie B, la riporta in A e gli costruisce un gioco intorno. A questo punto però Guidolin fa un cosa molto particolare, che gli appartiene: si fa da parte, «è il momento adatto per mettermi da parte, non ci sono problemi con il presidente Zamparini, ma sono convinto di aver centrato il migliore obiettivo possibile e non so se il prossimo anno potrei fare altrettanto. Non ho nessuna squadra alle spalle». Anche questa idea, di non poter fare meglio, che un lavoro ha dei tempi, dei modi e un termine. Anche tutto questo è molto guidoliniano con il tecnico che anni dopo dirà di essersi fermato «perché ero stanco». 2005/2006 – Francesco com'è essere il principe di Monaco?

Il passo successivo è Genoa: la società è appena tornata in A e Preziosi ha progetti importanti. Guidolin firma e gli comprano Lavezzi. Sembra l'inizio di una storia perfetta, ma l'occasione sfuma quando la squadra viene mandata in C per una valigetta piena di soldi. Anche qui possiamo parlare di mancanza di fortuna, si ritrova senza colpe invischiato in una storia più grande di lui, perdendo magari un'altra squadra, un altro progetto. Costretto a sedersi sul trespolo in attesa, come tutti gli allenatori senza contratto a Settembre, non deve attendere molto: ad ottobre attraversa il confine e firma con il Monaco in Ligue one. Il Monaco ha appena mandato via Deschamps, l'allenatore che due anni prima li aveva guidati in finale di Champions, ed è in piena crisi. Guidolin vive una stagione opaca, non riuscendo a togliere via la polvere da una squadra senza motivazioni, e chiudendo con uno scialbo decimo posto. È l'ennesima occasione in cui sceglie di lasciare, per scelta, lasciando Monaco dopo aver parlato con Zamparini all'aeroporto di Cannes, e chissà cosa gli può aver detto. 2006/2008 – Perché sei tornato nella tana del lupo, Francesco?

Tra il 2006 e il 2008 Guidolin si impone quell'esperienza mistica che è il tira e molla con Zamparini, questo per confermare che ogni personalità introversa è sempre anche un po' autolesionista. La prima stagione è folle: dopo tre giornate è primo in campionato, posizione in cui torna per tutto novembre, fino a chiudere il girone d'andata al terzo posto in piena lotta per la Champions. La crisi arriva dopo l'infortunio di Amauri (in una squadra in cui militava anche un giovanissimo Cavani) e dopo 11 partite senza vittorie, anche se ancora quinti in classifica, Zamparini esonera Guidolin. È forse uno dei più lampanti esempi dell'insensatezza di alcune decisioni del presidente del Palermo, che affida la panchina a Renzo Gobbo e Rosario Pergolizzi, tanto più che dopo poche giornate deve tornare sui suoi passi e richiamare Guidolin che con due vittorie riesce a riportare la squadra al 5° posto (miglior risultato di sempre) e in UEFA (di nuovo). Zamparini lo mette di nuovo da parte, nonostante lo indichi come uno dei migliori allenatori d'Italia, e per capire le dinamiche del loro rapporto servirebbe qualche luminare della psicologia. La stagione successiva viene usato da Zamparini come tappabuchi, sostituendo Colantuono e poi venendone sostituito. Nella prima conferenza stampa dopo l'ennesimo ritorno pronuncia la famosa frase «Zamparini è il miglior presidente del mondo, dal martedì alla domenica». Il rapporto non decolla, si mollano definitivamente, e il presidente del Palermo tempo dopo dirà «Forse non esiste un tecnico giusto per me, Guidolin poteva esserlo. Ma è troppo triste per giocare con me, ne vorrei uno molto allegro» che mi sembra racconti abbastanza bene il tecnico veneto. 2008/2010 – Francesco ma quanto ti piace prendere le squadre in B, portarle in A, fare campionati sopra le aspettative e poi andartene?

«Non si arriva in serie A solo perché ci chiamiamo Parma, bisogna andare subito forte. I distacchi ancora non sono enormi ma è indubbio che siamo più vicini alla zona retrocessione che a quella promozione. E i tempi per lavorare un allenatore non li ha mai: servono subito i risultati». Si presenta con queste parole a Parma, che devono essere una specie di formula magica, visto che ancora una volta conquista la promozione in Serie A al primo tentativo. La stagione successiva va come deve andare, bene, ma Guidolin è già lontano dal progetto, sta pensando di lasciare e accetta la corte dell'Udinese, squadra che lo aveva scaricato anni prima. 2010/2014 – Come si sta a casa, da nessuna altra parte Francesco

Guidolin che torna a Udine è la chiusura di un cerchio, come dice lui deve riprendere «un lavoro interrotto». C'è tutta una narrazione intorno ad Udine e all'Udinese che è tangente a quella di Guidolin e nei quattro anni passati in Friuli diventano una storia sola. Niente si ottiene per caso ad Udine: è tutta progettazione e lavoro duro, tanto che Guidolin perde le prime quattro partite sulla nuova panchina, perché nulla si improvvisa. Alla fine della prima stagione centra i preliminari di Champions arrivando quarto grazie ai gol di Di Natale e Alexis Sanchez. Gli vendono Sanchez, incontra l'Arsenal ai preliminari, perde giocandosela alla pari, gioca un anno ancor più strepitoso finendo questa volta terzo in classifica grazie ai gol di Di Natale e guadagnandosi nuovamente il diritto di giocare i preliminari di Champions. In estate gli vendono Handanovic, Asamoah e Isla, incontra lo Sporting Braga nei preliminari, esce malissimo ai rigori per un maldestro cucchiaio di Maicosuel, va davanti alle telecamere e dice «evidentemente non sono in grado di guidare una squadra in Champions League». Chiude l'esperienza ad Udine dopo un 13° posto per diventare il supervisore tecnico delle tre squadre della famiglia Pozzo, lo fa in lacrime: «Ho ritenuto giusto passare il testimone per quanto riguarda la guida della squadra da un punto di vista strettamente tecnico». 2015/16 Swansea, Friuli

Il ruolo di supervisore dura un anno, poi Guidolin decide di esserne stufo e che vuole tornare ad allenare. Questa volta l'attesa è più lunga, aspetta un occasione particolare, che arriva a gennaio in Premier League, sotto forma di Swansea. Subentra alla 22esima giornata con la squadra al 17° posto e come al solito centra l'obiettivo: si salva in anticipo portando la squadra al dodicesimo posto battendo anche Arsenal, Chelsea e Liverpool. Confermato anche per questa stagione viene esonerato dopo aver perso due partite consecutive contro Manchester City e Liverpool, nel giorno del suo compleanno, ricordandoci ancora una volta che la fortuna non esiste, ma esiste solo il lavoro e la fatica. Solo in bicicletta Francesco è un uomo libero

L'unica cosa che sappiamo di Guidolin, ma la sappiamo veramente bene, è che ha un infinita passione per il ciclismo. Non è un hobby, qualcosa da fare a tempo perso, è proprio quella cosa per cui Guidolin si spoglia di tutte le sovrastrutture tipiche dell'allenatore veneto e diventa un bambino. Guidolin si è esposto più per il ciclismo che per il calcio: ha fatto l'opinionista sia al Tour de France che al giro d'Italia, dove è di casa, e dove in diverse occasioni ha dimostrato la sua competenza. Si è fatto addirittura riprendere mentre pedala in salita, col fiatone, riflettendo su ciclismo, vita, sport con un sottofondo di musica da camera. https://www.youtube.com/watch?v=lQ-ANrAsSW0 Guidolin ama principalmente le salite - il suo record sullo Zoncolan è di 56 minuti, un tempo quasi da professionista - perché per Guidolin il ciclismo è tener duro, è una grande palestra di vita. Questo modo di pensare è quello che poi il tecnico veneto ha portato sul campo ogni giorno della sua carriera da allenatore, senza mai cercare scorciatoie o ammiraglie a cui attaccarsi, guadagnandosi ogni traguardo con fatica e applicazione. E allora tieni duro Francesco, c'è sempre una nuova salita dietro l'angolo.

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