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La battaglia del Mestalla
30 mag 2018
30 mag 2018
Ricostruzione di una delle risse più leggendarie del recente passato.
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L’arbitro fischia tre volte, crede di aver portato a termine il suo compito. La doppia sfida tra Valencia e Inter è appena finita e in maniera quasi automatica si forma un capannello di giocatori. Da una parte le maglie bianche, dall’altra quelle nerazzurre. Le risse di fine partita hanno il potere di riavvicinare i calciatori ai loro istinti, di liberarli dalle maschere che indossano durante i 90 minuti. Uomini abituati a volare al minimo contatto per ottenere un rigore, una punizione o solo per far ammonire l’avversario, improvvisamente ritrovano affinità con la natura a volte cruenta di un essere umano.

A Valencia succede tutto in pochi secondi, fino all’arrivo di un omone in grigio. Non è l’arbitro, non è un dirigente, non è qualcuno al di sopra delle parti. È un calciatore del Valencia, vestito con l’uniforme di chi non si è guadagnato la possibilità di scendere in campo nei 90 minuti. David Navarro si getta nella mischia e va a prendere di mira il più scatenato degli interisti. Il suo pugno frantuma il setto nasale di Nicolas Burdisso e scatena un’altra reazione naturale: l’inseguimento.

Gli scatti fotografici che riassumono la corsa disperata di Ivan Ramiro Cordoba e Julio Cruz, con qualche gioco di luce in più, potrebbero tranquillamente far parte di una mostra di opere del Caravaggio. Il volto trasfigurato di Cruz immortalato subito dopo il massimo sforzo, il tentativo di un calcio volante, brillantemente schivato da un Navarro che poggia tutto il peso del corpo sulla gamba sinistra per cercare di capire da che parte scappare. La rabbia di Cordoba, con la bocca in una posa innaturale subito prima di imitare il compagno di squadra, in una zampata furiosa che andrà a segno solo in parte. Sullo sfondo, il viso quasi rasserenato di Mariano Gonzalez, impegnato in una corsa portata avanti più per partito preso che per reale convinzione. Le facce fuori fuoco dei tifosi sugli spalti, prese a osservare una furia durata una manciata di secondi, fanno da cornice. Lo scontro proseguirà negli spogliatoi, provocando svariate conseguenze disciplinari. Se è passata alla storia come la battaglia del Mestalla, c’è un motivo.

Un passo indietro

L’Inter di Roberto Mancini partecipa alla Champions League 2006-07 con il tricolore sul petto, il primo dopo Calciopoli. Mentre in campionato la squadra vola, in Europa parte nel peggiore dei modi: sconfitta a Lisbona contro lo Sporting, con ungol di Caneira che inizia a far dubitare della titolarità di Francesco Toldo e sancisce l’ascesa di Julio Cesar, quindi un ko interno con il Bayern Monaco.

Ibrahimovic si fa cacciare per un fallaccio su Lucio, Pizarro porta in vantaggio i bavaresi, l’Inter resta addirittura in 9 per l’espulsione di Grosso e Cordoba regala a Podolski il pallone del raddoppio.Le pagelle della Gazzetta dello Sport restituiscono l’immagine di una squadra allo sbando. Grosso, lontano parente del terzino in missione per conto di Dio ammirato durante il Mondiale, rimedia un bel 3: «Ammolla una gomitata gratuita a Sagnol in mezzo al campo con il pallone in arrivo: dove pensava che arbitro, guardalinee e quarto uomo stessero guardando? Già non era riuscito a contrastare Pizarro sul gol, con quella sciocca espulsione ha spento l’ultima speranza». Stesso voto per Ibrahimovic, e nel giudizio riservato allo svedese vengono scomodati addirittura gli aspetti più intimi della sua vita: «Nemmeno la paternità lo ha reso più maturo. Sul piano tecnico si divora un gol davanti a Kahn andando a sbattergli addosso. Ma la seconda ammonizione, quella che mette nei guai i compagni, è davvero un monumento alla irresponsabilità».

I nerazzurri sfruttano il doppio impegno con lo Spartak Mosca e tornano in carreggiata grazie al Jardinero Cruz, che firma due vittorie cruciali. Il gol di Crespo piega lo Sporting e la qualificazione è cosa fatta, il pari di Monaco serve solo a stabilire le posizioni nel gruppo B: Bayern primo, Inter seconda. Mancini ha ridisegnato i suoi con un rombo di centrocampo in cui Stankovic veste i panni del trequartista atipico e la formula funziona. Dopo la vittoria con lo Sporting, Moratti esalta Ibrahimovic, pentendosene immediatamente: nell’Inter che vola, infatti, non c’è molto spazio per il suo più grande amore. «Zlatan è divertente ma anche pratico, le sue giocate servono sempre, non sono mai fini a se stesse, là davanti può inventare in qualsiasi momento. Ora, però,basta complimenti a Ibra, altrimenti Recoba si offende».

Il sorteggio degli ottavi di finale dice Valencia, gli spagnoli hanno dominato il gruppo D nel quale era inclusa la Roma, che all’ultima gara del girone ha battuto proprio Joaquin e compagni, già certi del primo posto. Il Valencia 2006-07 è una squadra che ha abbandonato già da due stagioni l’esperimento italiano: la seconda esperienza di Claudio Ranieri alla guida del club valenciano era finita con un brusco esonero, segnando il destino di elementi come Di Vaio, Fiore e Corradi, ceduti nel corso del biennio, con Emiliano Moretti come unico superstite. Il difensore piace a Quique Sanchez Flores, il tecnico che ha condotto il Valencia al terzo posto nella Liga nella stagione precedente. Nonostante tutto, il nuovo direttore sportivo si era concesso un vezzo. Amedeo Carboni, passato dal campo alla scrivania, nell’estate del 2006 aveva portato a Valencia Francesco Tavano, reduce da una stagione da 19 gol in Serie A. Il suo è un flop in piena regola: sei presenze in sei mesi tra Liga, Coppa del Re e Champions League, a gennaio bussa la Roma e il Valencia non si oppone,El Ciccio se ne va.

L’azione che porta al vantaggio di David Villa in casa del Barcellona è uno dei momenti più alti del calcio del Valencia in quella stagione. Edu scambia con Joaquin che stringe e lascia libera la corsia per la sgroppata di Miguel, cross perfetto a pescare l’attaccante sul palo lontano.

A Milano, nella sfida d’andata, l’Inter è chiamata a confermare in Europa i risultati straordinari ottenuti in Italia. Ma la Champions è un’altra cosa. Mancini sceglie Burdisso terzino sinistro per contenere la catena di destra del Valencia, dove Angulo è stato preferito a Joaquin. Quique Sanchez Flores opta per Morientes al fianco di David Villa, con l’obiettivo di tenere impegnati i due centrali Cordoba e Materazzi.

Per i nerazzurri c’è Figo a ridosso di Ibrahimovic e Crespo ma Mancini perde presto Cambiasso, sostituito da Dacourt, in un centrocampo già orfano di Vieira. Dopo il palo pieno colpito da Ibrahimovic in avvio, proprio El Cuchu aveva portato in vantaggio l’ottima Inter del primo tempo: miracolo di Cañizares su una giocata manifesto della carriera di Zlatan, tap-in aereo vincente dell’argentino, infortunatosi poco più tardi.

Una punizione di David Villa, con la complicità di Julio Cesar nonostante la straordinaria traiettoria dipinta dal Guaje, vale l’1-1 nella ripresa. L’Inter spinge, passa nuovamente in vantaggio sull’asse Cruz-Maicon: degna di nota la sponda perfetta dell’argentino per l’ingresso in area del terzino. Ma il Valencia ha tanto talento a disposizione e una magia di David Silva fissa il 2-2. A San Siro il post-partita è dedicato interamente all’emergenza interista - senza Vieira e Cambiasso, e con un Dacourt non al meglio, per la gara del Mestalla si immagina una possibile rivoluzione tattica – e alla decisione di Roberto Mancini di tenere fuori Adriano, confinato in panchina anche al momento della sostituzione di Crespo. «Mancini ha scelto il giocatore che vedeva più in forma, che si era allenato meglio. E ha fatto benissimo», afferma Massimo Moratti.

Per l’Inter è il trentesimo risultato utile consecutivo tra tutte le competizioni, l’ultimo ko è quello con il Bayern Monaco nel girone. Mancini applaude i suoi e cita Boskov: «Il risultato è bugiardo, il Valencia non è quasi mai stato pericoloso. Vuja avrebbe detto “meglio un pareggio che una sconfitta” e iovi dico che andremo a vincere a Valencia. Lo abbiamo già fatto, lo faremo ancora. Sono molto più fiducioso oggi che l’anno scorso prima di Villarreal».

Il 4 aprile del 2006 l’Inter si era fatta eliminare ai quarti di Champions League dagli spagnoli, lasciando che alcune beghe personali –Veron contro Sorin – condizionassero il clima generale di una partita decisa da un colpo di testa di Arruabarrena. L’incontro del Madrigal era passato alla storia per l’inspiegabile cambio di Mancini: con l’Inter sotto di un gol, il tecnico aveva richiamato in panchina Figo per inserire Sinisa Mihajlovic, mandando su tutte le furie il portoghese. Le ricostruzioni post-partita raccontavano di uno spogliatoio simile a una polveriera, con Veron fuori di testa per le continue liti con gli argentini del Villarreal, pupilli del c.t. Pekerman, epronto a scagliarsi insieme a Figo contro un impalpabile Adriano. Nel pezzo di Andrea Sorrentino per La Repubblica ci sono già i prodromi dei fantasmi che finiranno per divorare la carriera dell’Imperatore: «Buona parte dello spogliatoio non si fida di Adriano, che già in autunno fu criticato pubblicamente dagli argentini per un suo mancato rientro dal Brasile. Gli si contesta lo scarso impegno, la mancanza di cuore nelle partite che contano, l’impalpabilità delle sue prestazioni nonostante sia il campione più celebrato e pagato dell’Inter, un certo atteggiamento generale poco rispettoso del gruppo. […] Il brasiliano è sempre più isolato. C’è un rapporto di amicizia e di comuni scorribande serali con Martins (i due hanno trascorso una notte brava anche di recente insieme a Ronaldinho nei locali milanesi) ma nient’altro».

L’Inter si appresta quindi ad andare a Valencia, un anno più tardi, con una serie di macigni del passato ancora ben presenti nella memoria di tifosi e giocatori. È forse per questo motivo che Mancini spinge molto sul tema dell’unità del gruppo nelle ore subito successive al 2-2 di San Siro: «Conosco bene la mia squadra, giocheremo fin da subito per vincere e questa è la cosa che sappiamo fare meglio. Sono convinto di ciò che dico».

Il riassunto della partita d’andata, una sfida segnata da grandissime giocate individuali: l’acrobazia di Ibrahimovic per il primo vantaggio interista, la capacità di David Silva di mantenere basso il pallone per il gol del 2-2.

La rissa

Dalle parti del Mestalla la parola d’ordine è una sola alla vigilia del match: vendetta. Nei primi anni del nuovo millennio, l’Inter è diventata la bestia nera del Valencia:dall’1-5 dell’ottobre del 2004, spaventosa dimostrazione di forza dei nerazzurri, all’eliminazione subita nei quarti di Champions dell’edizione 2002-03. Nella Coppa Uefa 2001-02, la banda interista aveva sbancato il Mestalla finendo addirittura conFarinos tra i pali al posto di Toldo, in uno dei rarissimi momenti da ricordare della carriera nerazzurra dello spagnolo. Quique Sanchez Flores prepara il terreno: «Bisogna riscrivere la storia e riequilibrarla, se questo spirito di rivincita sportiva sale al massimo è un buon punto di partenza». L’elettricità si era respirata già dalla partita di andata, con uno scontro dialettico Joaquin-Burdisso. Per il Valencia, e in particolare per Amedeo Carboni, è un periodo caldissimo.L’ex terzino della Roma è nella bufera per la gestione dei rinnovi dei contratti – Ayala già promesso al Villarreal, Cañizares, Albelda e Baraja pretendono un trattamento simile a Joaquin e David Villa – e, soprattutto, per aver perso un talentuosissimo fantasista poche ore dopo essere sbarcato in Argentina per trattare con l’Estudiantes. Il 28 febbraio, il club ha infatti annunciato di aver concluso la cessione del Principito José Sosa al Bayern Monaco. In quel momento, il mancato acquisto sembra un delitto. La storia dirà il contrario e Napoli regalerà a Sosa il soprannome di Uallarito, per la gioia di Carboni.

In casa Inter, Adriano è un dubbio da sciogliere: il brasiliano non sta bene, Crespo scalpita. «A San Siro avremmo vinto ai punti. Dobbiamo rigiocare la stessa identica partita, aggiustando un paio di cose che non stiamo a rivelare a quelli del Valencia. A Livorno ho visto cose che mi fanno stare tranquillo, siamo una squadra difficile da affrontare». Senza Cambiasso e Vieira, Mancini improvvisa: Burdisso davanti alla difesa, pressoché inedito vertice basso del rombo di centrocampo. Nel primo tempo succede poco: Baraja spaventa Julio Cesar, l’Inter chiede un rigore per un mani di Albiol ma non convince Stark. Cruz e Figo entrano nella ripresa per Crespo e Dacourt ma il più pericoloso è Materazzi, con un colpo di testa salvato sulla linea da Marchena. Nelle cronache del giorno dopo resta poco di calcistico, è la rissa a catalizzare tutte le attenzioni. Per riviverla fino in fondo, bisogna partire dagli ultimi secondi del recupero, con i nerazzurri alla disperata ricerca del gol qualificazione. Affidiamoci ai secondi del video per dividere la rissa in quattro fasi.

Da 0.00 a 1.18: The Materazzi Situation

Se non fossimo al 93’ di un ottavo di finale di ritorno di Champions League, con il punteggio in bilico dopo due sfide massacranti a livello nervoso, la tonnara aerea provocata dal lancio lungo di Maicon potrebbe essere derubricata a banalissimo incidente. Ma la tensione è già alle stelle e quando il gioco si ferma ci sono due uomini a terra. Uno è Carlos Marchena, l’altro è Marco Materazzi. Lo spagnolo resta giù, quasi immobile, mentre il fresco campione del mondo rotola sul terreno di gioco. Il modo di rotolare di Materazzi era abbastanza codificato, con il corpo a formare una sorta di arco e la testa quasi puntata a terra. In realtà, il gigante interista sta abbastanza bene: lo lasciamo agonizzante a 0.11 e lo ritroviamo alquanto vispo a 0.15. Si scaglia contro Ayala, uno dei quattro uomini coinvolti nella battaglia aerea. In questi momenti, Burdisso sembra perfettamente padrone di sé: cerca di placare gli animi, fa da paciere. Il dialogo tra Ibrahimovic e Ayala (0.20-0.31) è acceso ma ancora all’interno di una dinamica da campo. Il colpevole dello scontro è l’insospettabile Cruz, che i replay mostrano allargare il gomito provocando un effetto domino: Ayala su Materazzi, Materazzi su Marchena. È una sequenza che termina con il triplice fischio, il regista Uefa ci regala unachiusura in stile Boris: stacca su Materazzi che impreca basito, il fondu al nero viene sostituito dall’immancabile logo della Champions.

Da 1.19 a 1.35: Nicolas Burdisso and Joaquin’s wife

Come in Profondo Rosso, vediamo quasi subito il volto del killer ma il regista, con un abilissimo cambio di inquadratura, si perde l’inizio della rissa tra Burdisso e Joaquin per mostrarci degli amabili tifosi asiatici del Valencia, estasiati dal passaggio ai quarti di finale. Dopo circa quattro secondi di inspiegabile primo piano, il nostro uomo capisce che sta succedendo qualcosa di grosso. È direttamenteNicolas Burdisso a raccontare i dettagli di quel principio di rissa. «Avevo litigato con Joaquin già all’andata. Nella partita di ritorno abbiamo discusso per tutto il tempo. Al fischio finale, altri due giocatori vennero a caricarmi. Mi voltai e vidi Marchena che mi spinse, lo spinsi anch’io. Pim, pum, e sarebbe finita lì se non fosse apparso Navarro». La versione di Joaquin è leggermente diversa: «Stavamo festeggiando quando verso di noi è arrivato Burdisso fuori di sé, sembrava un leone. Fortunatamente se la prese con Marchena, perché se mi avesse preso mi avrebbe ucciso».

In un mondo che da sempre esalta il concetto di uomo vero,Joaquin non ha paura di dire che avrebbe avuto la peggio. «Tornai a casa ed ero pieno di graffi. Mia moglie mi chiese cos’era successo e le risposi che lo avrebbe visto presto in televisione». Burdisso corre all’impazzata in circolo ma trova un Marchena scatenato, che gli piazza una tacchettata mancina sulla coscia. Il capannello è inevitabile, sulla scena accorre anche un uomo in abito elegante che brandisce una cartellina, sperando di riportare la calma.

Da 1.36 a 2.35: Navarro Unchained

Occhi puntati sul lato sinistro del video, sopra la testa di Ibrahimovic. David Navarro arriva a velocità supersonica, colpisce in pieno volto Burdisso e scappa via. È un’azione fulminea, che dura meno di due secondi. C’è chi non ha capito fino in fondo cosa è appena successo e chi realizza immediatamente. Il più rapido è Julio Cruz, che parte praticamente da fermo e non riesce a tenere il passo di Navarro. Deve agire in fretta e prova a sferrare un calcio in iperestensione, fallendo miseramente.

Il difensore del Valencia continua a correre all’impazzata, sventolando una maglia. Il secondo tentativo interista porta la firma di Ivan Ramiro Cordoba, il colombiano ha un passo totalmente diverso da quello di Cruz e va a segno, anche lui con la gamba sinistra. Se fossimo in partita, Navarro crollerebbe a terra urlando, provocando l’espulsione dell’avversario per poi rialzarsi zoppicando. Ma le maschere sono sparite, nel delirio si lotta per la sopravvivenza. Lo spagnolo sa che deve soltanto scappare, nascondersi e sperare di farla franca. Si riassesta dopo il colpo, teme il terzo assalto di Ibrahimovic e pare piacevolmente sorpreso nel vedere che lo svedese non vuole infierire. Nel dubbio, accenna un nuovo scatto e poi si ferma per valutare la situazione. Per qualche momento l’immagine stacca, non vediamo cosa combina Maicon mentre si avvicina a Navarro, che poi sfila verso gli spogliatoi come un invasore di campo: i filmati in mano alla Uefa mostreranno un tentativo di entrata da karateka del terzino brasiliano. Cordoba viene placato a forza, Morientes è uno dei pochi a mantenere la calma. Appare anche Francesco Toldo, vicino agli spogliatoi, con quattro uomini intorno. Quique Sanchez Flores abbraccia Hugo Viana e lo tranquillizza come si fa con un bambino dopo un grande spavento. Anche Javier Zanetti finisce nel marasma, riuscendo comunque a mantenere impeccabile la sua pettinatura.

Da 2.36 a 2.58: l’epilogo

L’ambientazione cambia improvvisamente e scopriamo cosa voleva fare Francesco Toldo: entrare nello spogliatoio del Valencia. Ci riesce con una mossa alla Navarro. Tutti guardano da un’altra parte lasciando libero un ingresso e il portiere ne approfitta, superando la resistenza di un oppositore sconosciuto (2.38). Rivedendo le immagini, fa impressione l’indifferenza con cui Mancini attraversa il delirio (da 2.43). Cerca di farsi strada nella mischia, capisce di non potercela fare e se ne va a passo tranquillo, con il suo gilet elegante, da sposo nel giorno delle nozze.

Toldo raccontaparte della sua irruzione ai microfoni di Viva Radio 2: «Negli spogliatoi c'era più traffico che a via Montenapoleone a Milano, si è messa la polizia davanti, io sono arrivato di corsa, non ho guardato in faccia nessuno e sono entrato lo stesso, ma c'erano dieci scalini prima di entrare nella sala dove si spogliano i calciatori e così la polizia mi ha bloccato e non mi sono più mosso». Ma torniamo nella pancia del Mestalla, dove Mancini deve fronteggiare la stampa spagnola. «Perché siete impazziti?»,chiedono i giornalisti al tecnico. «È un giocatore del Valencia che è impazzito, ha colpito Burdisso rompendogli il naso. Uno che dà un cazzotto così e scappa è un vigliacco».

Navarro è il bersaglio della rabbia interista. Stankovic: «Navarro è un coniglio». Zanetti: «Ci abbiamo messo un po’ a capire chi aveva colpito Burdisso, dopo non è successo niente perché si è chiuso negli spogliatoi». L’anima italiana del Valencia, Emiliano Moretti, si trova tra due fuochi: «In un periodo in cui ci sono grossi problemi fra tifosi, noi abbiamo perso un’occasione, siamo noi i primi teppisti: Navarro è un mio compagno di squadra ma non posso nascondermi dietro un dito». Non è dello stesso avviso Sanchez Flores: «Burdisso si è scagliato su Marchena, Navarro è intervenuto per calmare gli animi». Per la stampa italiana, Navarro è il cattivo perfetto. Corrida e caccia le sue passioni, titola la Gazzetta dello Sportin un ritratto che parte addirittura dal confronto con Dave Navarro dei Red Hot Chili Peppers.

Al di là della forzatura del titolo, c’è poco da segnalare sul conto del difensore del Valencia: «Pare che sia un appassionato di corride e che nel tempo libero ami imbracciare un fucile e andare a caccia. Ama anche il Valencia, da ieri un po’ meno corrisposto». Il primo contatto tra Navarro e Burdisso dopo la rissa avviene via sms. «Continuavo a chiamare ma non rispondeva, allora gli ho mandato un messaggio. Non ho nulla contro di lui, la tensione degli ultimi minuti e il fatto di non poter giocare mi hanno fatto saltare i nervi. Burdisso mi ha scritto che sono cose che succedono nel calcio e per lui l’episodio si chiude lì». La campana dell’argentino ha un suono diverso: «Mi hanno preso da dietro, ho fiducia nell’Uefa. Io ho litigato con Marchena ma è un altro discorso. Prendermi da dietro non è da uomo. Mi ha fatto piacere la reazione della mia squadra, dimostra che siamo un gruppo unito».

L’accusa di vigliaccheria è la più diffusa nelle turbolente ore post-partita. Materazzi rincara la dose: «Navarro è un vigliacco, chi scappa lo è sempre. Si dovrebbe fare un lungo esame di coscienza, così si rischia di ammazzare una persona per una partita di calcio». La Uefa studia il caso,Marchena prova a mettere in guardia da subito gli addetti al giudizio: «Non temo alcuna sanzione perché non ho fatto nulla, anzi, mi aspetto che non mi dicano niente e che non prendano alcun provvedimento nei miei confronti. Sarebbe un’ingiustizia e un errore. Nelle immagini si vede tutto, quella di Burdisso è stata un’aggressione. Non l’ho mai provocato e non sono in malafede, è stato l’attacco d’ira di un avversario che non ha saputo perdere. Non capisco perché si dichiarino loro vittime, le vittime sono il Valencia e i suoi giocatori. Ha fatto tutto Burdisso, Navarro è venuto a difendermi».

L’Inter si rituffa nel campionato e batte il Milan in rimonta: è ilderby del vantaggio rossonero firmato da Ronaldo, che segna e mostra polemicamente le orecchie al suo ex pubblico. A Cruz bastano undici secondi dall’ingresso in campo per trovare il pareggio, è Ibrahimovic a decidere la stracittadina.Il 14 marzo arriva la sentenza Uefa: Navarro squalificato per sette mesi, Marchena per quattro turni. L’Inter paga un dazio più pesante, se non si considera il maxi stop inflitto a Navarro: sei giornate a Burdisso e Maicon, tre a Cordoba, due a Cruz. È una sanzione decisamente più mite rispetto alle richieste dell’accusa: l’avvocato svizzero Jean Leuba aveva chiesto per tutti i calciatori coinvolti delle squalifiche a tempo, con effetto non solo sui tornei Uefa ma su tutte le gare ufficiali. La commissione disciplinare, presieduta dall’austriaco Thomas Partl, applica tale concetto soltanto a Navarro, declinando le richieste di quattro mesi di stop per Burdisso e Maicon, di due mesi per Cordoba e di un mese per Cruz. L’Inter presenta ricorso e la Uefa fa lo stesso, accettando di non estendere il criterio della squalifica a tempo ma chiedendo un inasprimento della pena: dieci turni per Burdisso e Maicon, sei per Marchena, quattro per Cordoba, tre per Cruz.Il giudice svizzero Wuilleré risponde picche: Maicon passa da sei giornate a tre, Cordoba da tre a due, restano immutate le squalifiche di Burdisso e Cruz, mentre Marchena scende a due soli turni e Navarro ottiene uno sconto di un mese.

Il cattivo della notte del Mestalla, con sei mesi di squalifica sul groppone, ha bisogno di respirare aria nuova per ripartire. Viene girato in prestito al Mallorca, dove rimane per due stagioni. Il rapporto con il tecnico, Gregorio Manzano, gli permette di provare a cancellare il momento peggiore della sua vita. «Mi ha chiesto di essere un uomo importante per lo spogliatoio, di prendere in mano la responsabilità della difesa. Sono cresciuto come calciatore e come persona. Quella notte ha cambiato il mio modo di vivere e di pensare. Ha forzato il mio addio al Valencia ed è stato un bene, perché era quello di cui avevo bisogno».

Rientra al Valencia, la sua casa sin da piccolo, e per l’assenza di Albelda si ritrova a essere addirittura il capitano: « Il mio ricordo più bello legato al Valencia risale alla mia infanzia. Vincemmo una partita con il Real Madrid in rimonta,con i gol di Fernando e Roberto. La vidi in casa con mio padre. Sono cresciuto con questo sentimento valencianista, essere il capitano non vuol dire soltanto portare la fascia al braccio: devo sostenere i miei compagni nei momenti buoni e in quelli negativi». Quando torna con la mente alla rissa con Burdisso, Navarro si fa scuro in volto. «Non ho dubbi, è stato il peggior momento della mia carriera. Ho perso la testa per difendere un compagno, è venuto fuori il mio istinto di protezione. Dovevo rimanere più freddo e tranquillo, invece non sono riuscito a controllarmi. Non mi piace ricordare quella notte, è stata molto dura per me». Dopo altre due stagioni al Valencia, passa al Neuchatel Xamax, in Svizzera, per poi fare nuovamente ritorno in Spagna, al Levante.Smette di giocare nel dicembre del 2017, con la maglia dell’Alcorcon. « Mi chiedono sempre di quell’episodio, anche i bambini, e mi piace che lo facciano, perché io rispondo che è una cosa da non fare assolutamente. Non ho più rivisto le immagini di quella rissa, non mi piace. E mi vergogno di quello che è successo. Però è andata così…»

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