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Matteo Ciambelli/DeFodi Images via Getty Images
Serie A Marco D'Ottavi 19 gennaio 2022 6'

Chi ha visto Kokorin?

L’esperienza dell’attaccante russo alla Fiorentina non sta andando come previsto.

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«Questa è una storia molto oscura», «Una truffa all’italiana». A parlare è Anzor Kavazashvili, e la storia oscura è quella di Aleksandr Kokorin a Firenze. Secondo lui l’attaccante sarebbe stato vittima di un raggiro, parcheggiato in Italia per gli interessi di qualcuno – di certo non i suoi. Se fosse rimasto in Russia – a parlare è sempre Kavazashvili – avrebbe continuato a giocare, segnare e a essere protagonista in Nazionale. 

 

Ma è stata davvero la Fiorentina a truffare Kokorin? Il suo contratto da 1.8 milioni di euro a stagione (il quinto più alto della rosa) scade nel 2024, ma l’arrivo di Piatek è una definitiva bocciatura per il russo. Nel calcio difficilmente esistono le truffe: i Viola hanno provato a scommettere sul rilancio di un giocatore di talento (secondo Roberto Mancini che lo ha allenato allo Zenit è «un calciatore da Real Madrid»), perdendo la scommessa in maniera plateale. Nei 12 mesi passati da Kokorin a Firenze si sono avvicendati tre allenatori, ma nessuno di loro è stato neanche sfiorato dal dubbio di poterlo schierare, se non in brevi momenti di disperazione. L’ultima apparizione è stata quasi punitiva: Italiano l’ha inserito a 17 minuti dalla fine della partita col Torino con la squadra sotto 4-0, a marcarlo c’era Bremer. 

 


Trovargli una sistemazione in questo mercato di gennaio sarà difficile, e la soluzione più probabile è che si arrivi a una risoluzione del contratto con due anni e mezzo di anticipo. Anche il suo ex agente lo ha scaricato: «Il fatto è che in termini di rapporto qualità-prezzo, è un cattivo affare». La sua esperienza fin qui è stata quasi surreale: nel 2021 la Fiorentina ha avuto il miglior attaccante del campionato e il peggiore, se non a livello di talento almeno nella volontà di voler esserlo. I numeri parlano chiaro: in 10 presenze (221 minuti totali) Kokorin ha messo insieme zero gol, zero assist, 1 tiro, 3 falli, 2 ammonizioni, zero cross, 1 fuorigioco. Negli stessi 12 mesi Vlahovic ha segnato 33 gol. Ma se è ingeneroso parlare di statistiche con così pochi minuti in campo, fin dal suo arrivo tutto è andato storto.

 

Oggi ci sembra normale vedere Vlahovic occupare tutti i minuti possibili come centravanti della Fiorentina, eppure quando Kokorin è stato preso si era evidenziata la necessità di un “giocatore forte” per una squadra che ballava pericolosamente sull’orlo della retrocessione (il serbo fino al 16 dicembre aveva segnato appena 1 gol in campionato). Non voglio dire arrivasse per fare il titolare, ma anche noi avevamo parlato delle sue qualità e l’idea che potesse aiutare la Fiorentina era concreta. Eppure a metà febbraio, dopo appena qualche minuto nel finale di una partita già persa con l’Inter, Kokorin era rimasto in panchina contro la Sampdoria per tutti i 90 minuti, nonostante la squadra dovesse recuperare un gol e gli unici due attaccanti disponibili fossero Vlahovic e Kouame. Ritardo di condizione, era stata la giustificazione dall’interno. 

 

La prima vera occasione era arrivata solo a inizio marzo contro la Roma, quando l’infortunio di Castrovilli a inizio secondo tempo aveva spinto Prandelli a farlo entrare accanto a Ribery e Vlahovic. In una sfida piena di ribaltamenti e transizioni, Kokorin era sembrato un corpo estraneo, come se non avesse l’energia per essere un calciatore professionista nel nostro campionato. 

Guardate con quanto poco interesse cerca di portare pressione su Karsdorp chiuso sull’esterno.

 

In quella mezz’ora in campo Kokorin aveva fatto solo una cosa sbagliata – sul risultato di parità, avrebbe potuto con un passaggio piuttosto semplice regalare un’ottima occasione a Ribery, ma aveva sbagliato in maniera molto sciatta – ma l’impressione di inconsistenza era stata altissima. Dopo la partita in molti si erano chiesti perché Prandelli per riequilibrare la squadra avesse sostituito Ribery e non Kokorin, facendo notare la differenza di influenza sul gioco dei due, nonostante il francese fosse stato spremuto come un’arancia (a 37 anni) mentre il russo avrebbe dovuto essere fresco come una rosa. «Ci vuole tempo per integrare un giocatore che non conosce il calcio italiano, Platini ci ha messo sei mesi» l’aveva giustificato Pradè, lo stesso che l’aveva voluto alla Fiorentina. 

 

Poi Kokorin si era infortunato. Un misterioso problema all’anca l’aveva tenuto tra l’indisponibile e il lavoro differenziato per due mesi, prima di farsi tre panchine. All’ultima giornata, mentre calava un triste epilogo su una triste stagione, a Kokorin erano stati concessi 14 minuti. 

 

È difficile dire che Kokorin sia un attaccante “scarso”, di quelli con i piedi montati al contrario. Per lui parlano gli anni con lo Zenit e in Nazionale, ma anche qualche giocata spalle alla porta di alta sensibilità nei pochi minuti alla Fiorentina. Tuttavia quello che prevale è uno spirito rinunciatario. Paragonato a Vlahovic, un attaccante con dei limiti ma che ogni pallone che gioca sembra voler spostare le montagne, fa quasi tenerezza. 

 

Qui il serbo va a giocare un duello aereo che sarebbe toccato al russo. 

 

Kokorin in campo ha la consistenza di un ectoplasma: c’è ma potrebbe non esserci. Gli avversari non si preoccupano di lui, le sue corse sono inutili, i suoi scatti troppo lenti, le sue pressioni fragili. 


Se nella prima mezza stagione la speranza era comunque di cavare qualcosa da Kokorin, con l’arrivo di Italiano e una Fiorentina nuova, più aggressiva e intensa, il russo è diventato quasi un lontano ricordo. Si è parlato di una cessione in estate, ma non era certo un giocatore appetibile (prima notizia su Kokorin al raduno in ritiro: “Kokorin, arrivato in ciabatte nonostante un clima comunque fresco, cercherà di convincere tutti dopo lo scetticismo”). Dopo le prime panchine, Italiano si era detto sicuro che, per caratteristiche, Kokorin poteva fare il vice Vlahovic, ma già alla seconda giornata, quando l’attaccante serbo sembra dover dare forfait per un piccolo problema, a Firenze fanno di tutto per metterlo in campo (a oggi sempre titolare in campionato). La prima apparizione del russo sono 9 minuti di culto nel finale di Genoa-Fiorentina, nove minuti in cui appena entrato ha provato a staccare una caviglia a Behrami con un intervento che poteva costargli il rosso, poi dopo uno stop sulla fascia ha eseguito una rovesciata sghemba e di difficile interpretazione, per finire con due scatti in cui non è facile dire quanto sia pesante lui e quanto imprecisi gli assist dei compagni (che quanto meno non sembra capire).   

 

L’idea di inseguire la propria rovesciata andrebbe comunque premiata. 

 

Anche nel momento più tragico del tentativo di rinnovo di Vlahovic, quando tutti hanno capito non sarebbe arrivato, l’idea di tenerlo fuori per far giocare Kokorin è stata citata dai tifosi in maniera ironica, come a cercare un modo per rendere peggiore una situazione già abbastanza drammatica. La prima vera occasione per il russo è arrivata in Coppa Italia: contro il Benevento è partito titolare. Per capire il livello di fiducia intorno a lui, La Repubblica ha accolto questa scelta con il titolo sobrio di “Italiano a Palazzo Chigi se risveglia anche Kokorin”.

 

Non ci riuscirà: i 75 minuti passati a guidare l’attacco della Fiorentina dal centro si perdono in un’evanescenza quasi scontata. Niente di particolarmente grave, ma in ogni sua giocata Kokorin risulta impalpabile e anche quando avrebbe l’occasione per riscattarsi, ne esce una conclusione pigra e strozzata addosso al portiere. 

 

Dopo quell’occasione su Kokorin è calato il sipario, tolti i minuti col Torino. Il suo sostituto Piatek ci ha messo appena 50 minuti, tra tempi regolamentari e supplementari col Napoli, per fare più di quello che è riuscito al russo in un anno. Recentemente il presidente dello Spartak Mosca lo ha chiamato “il calciatore più inutile del mondo”. «Deve smetterla di mettersi in imbarazzo e finire la sua carriera calcistica» ha continuato, come se gli avesse fatto qualcosa di personale. Per i tifosi della Fiorentina, più che inutile, Kokorin è un “memento mori”, un nascosto ma presente ricordo che le cose possono tornare ad andare male in ogni momento, basta puntare sull’attaccante sbagliato.

 

Tags : fiorentinakokorinVlahovic

Marco D'Ottavi è nato a Roma, fondato Bookskywalker e lavorato qui e là.

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