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Foto di Jeff Baynes / Getty Images
NBA Daniele V. Morrone 30 ottobre 2018 7'

Klay Thompson ha messo 14 triple in una partita

Contro i Chicago Bulls il giocatore dei Golden State Warriors ha battuto il record di triple in una singola partita di stagione regolare.

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In 26 minuti e 33 secondi in campo, con 52 tocchi del pallone totali e 24 tentativi oltre l’arco, Klay Thompson, nella partita contro i Chicago Bulls, ha battuto il record di triple segnate in una partita di stagione regolare nella NBA. 



 

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14 triple a segno.
Giocando, tra l’altro, tre quarti.@KlayThompson ha fatto la STORIA.@warriors | #DubNation#NBA | #ThisIsWhyWePlay pic.twitter.com/VpynvjxSxK

— NBA Italia (@NBAItalia) 30 ottobre 2018




E pensare che ha iniziato la sua partita con alle spalle un 5 su 36 complessivo da tre, che l’aveva portato a voler seguire lo stesso percorso delle partite precedenti: Thompson provava a variare il tipo di conclusioni per uscire da quello che gli americani chiamano “slump”, quei momenti della stagione, che capitano ad ogni tiratore, in cui il tiro non vuole saperne di entrare.

 

Per uscire da questa situazione, nella partita precedente, contro i Nets, Thompson aveva cercato soluzioni più vicine al canestro. Aveva chiuso di più il ricciolo dell’uscita dai blocchi per arrivare al tiro sui 5 metri. I compagni si sono accorti del momento e avevano provato in tutti i modi a farlo segnare, lasciandogli tiri con spazio e forzando spesso il passaggio su di lui. La meccanica di tiro di Klay è ovviamente sempre la stessa ed è una meccanica impeccabile. La palla, però, non riusciva ad entrare da oltre l’arco.

 

La partita di Thompson

Contro i Bulls Thompson ha iniziato la sua partita segnando il primo canestro dai 6 metri con 2 minuti sul cronometro. Un minuto dopo riceve da Curry sull’angolo, con la linea alle spalle e Lavine davanti, attende l’arrivo di Draymond Green per il blocco e sul blocco fa il passo indietro per tirare prima dell’aiuto. Il braccio di Chandler Hutchinson arriva davanti al volto di Thompson, ma il numero 15 dei Bulls non è abbastanza alto per poter stoppare in tempo il tiro, già partito. La palla tocca il ferro ed entra.

 

Nell’azione successiva arriva un canestro in transizione di Curry e poi si va ancora su Thompson, ancora dalle mani di Curry, che mostra quanto ha a cuore la situazione del compagno. Questa volta tira ricevendo dall’uscita su di un blocco di Durant. La palla non tocca neanche il ferro. Thompson viene cercato anche nella conclusione successiva, da una situazione che parte con uno schema proprio per farlo segnare su rimessa di Durant: il centro Jones la passa a Green in punta, e si muove per bloccare per l’uscita dal gomito di Thompson, che può ricevere senza l’uomo e mettere la terza tripla a segno su quattro conclusioni.

 

Solo la quinta delle 6 triple segnate nel primo quarto è arrivata dal palleggio. Thompson prende il rimbalzo e palleggia fino all’arco prima di alzarsi da terra per tirare: «Quella tripla dal palleggio in transizione, non penso di averne provata una questa stagione. Questo mi ha fatto piacere, a quel punto sapevo di essere destinato ad una grande notte».



 

 


Se vi steste chiedendo se un giocatore, durante la partita, arriva a pensare all’idea di battere un record, la partita di Klay Thompson è una buona risposta. Ad esempio, rientrando da un timeout con 12 triple a referto, Thompson incrocia Kerr che lo sente ripetere «ancora due, ancora due». In quel momento la panchina capisce che Thompson si trova immerso in quella che gli americani chiamano “the zone”, quello spazio di astrazione mentale che porta un tiratore ad essere incandescente. La forza di questi Warriors, lo sappiamo, è quella di avere a disposizione tre dei più grandi giocatori della storia a saper entrare in quello spazio.





Thompson ci mette tre quarti per battere il record e tra la tripla con cui pareggia il record a 7’23’’ sul cronometro e quella con cui lo supera a 4’53’’ ci sono 4 tentativi a vuoto. Siamo in una situazione in cui la partita non ha più senso dopo il primo quarto, visto il vantaggio siderale degli Warriors e l’incapacità dei Bulls di opporre resistenza. Anzi, a dirla tutta, la difesa dei Bulls, incapace di stare dietro ai tagli e alle uscite degli esterni degli Warriors, collassa subito verso il ferro. Basta muovere un po’ il pallone per avere sempre un giocatore libero di tirare da tre. 



 

 

Un record continuamente migliorabile

A fine partita Thompson ha provato a descrivere cosa ha provato in campo: «Una delle sensazioni più belle del basket è quando tocchi la palla e senti che andrà dentro ogni volta». Dopo un inizio di stagione difficile Thompson ha finalmente ha ritrovato quella sensazione, che è poi il motivo principale per cui gioca a basket.

 

Klay sembra completamente avulso dalle dinamiche della lega, dall’idea di stardom contemporanea. Sembra davvero giocare a basket solo perché ama vivere quel momento lì. 

Dopo le 11 triple segnate da Steph Curry ad inizio stagione è rispuntata fuori la domanda sul perché un record così teoricamente accessibile come le sue 13 segnate contro i Pelicans il 7 novembre 2016 non fosse già stato battuto. In fondo la lega sta vivendo un momento storico di vera a propria corsa all’oro per quanto riguarda il numero di triple segnate a partita.

 

Ci sono voluti 13 anni per battere il record di Kobe Bryant di 12 (con 18 tentativi) contro i Sonics nel 2003. Un record superato da Steph Curry il 7 novembre del 2016, quando contro i Pelicans ne segna 13 con 17 tentativi. Due anni dopo Klay Thompson supera il compagno di squadra. Quando chiedono a fine partita a Steph Curry quanto pensa possa salire ancora il record, dov’è il limite realistico, lui risponde con la solita espressione serafica: «dei 24 tentativi, Klay ha avuto 20 tiri che erano puliti, poteva andare anche più in alto».




shotchart

 

L’unicità di Thompson



Thompson era uno dei principali candidati per battere il record, come ha detto Steph Curry i nomi di chi può farcela sono sempre gli stessi. Ci vogliono particolari abilità e un certo contesto. Già in passato ci era andato vicino, per tre volte ha segnato 10 o più triple in una partita, con un record personale di 11 su 15 come record personale. Non contando le 11 triple con cui ha cambiato la storia della NBA nella gara 6 contro OKC, ai Playoffs del 2016, visto che si stiamo parlando di record in stagione regolare.



 

Le abilità da tiratore d Thompson sono note, ne abbiamo già scritto in passato e fanno riferimento a una pulizia tecnica del gesto con pochi eguali, al moto continuo con cui si muove in campo e alla velocità di esecuzione una volta ricevuto il pallone. Per dirla con le parole del suo allenatore:«La qualità di Klay è che può tirare in qualsiasi momento: è così grosso e strutturato fisicamente che può prendersi il tiro in qualsiasi momento e da ovunque voglia».

 

Thompson ha una capacità unica di posizionare le spalle rispetto al canestro una volta ricevuta palla: «Hopla [il suo coach del tiro, ndr] dice che non importa dove sono i tuoi piedi se le tue spalle sono in ordine, e questa cosa ha funzionato con me fin da quando ero bambino. Quindi ora ogni volta che provo a prendere un bel tiro voglio essere sicuro che le mie spalle guardino il canestro, anche se i miei piedi partono da posizioni strane. Partire da questa base e avere una buona elevazione è tutto quello che mi serve».



Anche il contesto che possono creare gli Warriors è noto: vuoi perché sono in grado di portare il giocatore a tirare più di 15 volte a partita da 3 senza problemi, vuoi perché con la loro forza spesso possono chiudere il discorso punteggio a comando e concentrarsi solo sui record da battere. In una squadra che prende molto sul serio l’idea di battere ogni record possibile. Guardate quanto Curry spinga per permettere a Thompson di segnare ancora una tripla subito dopo la sua terza consecutiva a segno. Ruba la palla e la prima cosa che pensa è di darla al compagno.

 

 

 

Poi parte con il gesto della tripla per festeggiare prima ancora che la palla entri.



 

Thompson ha trovato agli Warriors il proprio habitat ideale: «Non so se sarei in grado di battere i record avuti, in passato o oggi, senza il sistema in cui gioco e la squadra e i giocatori con cui gioco». È questo tipo di umiltà che sta permettendo a un gruppo storico di mantenere tutte le stelle a remare nella stessa direzione, condividendo i riflettori.

 


Questa versione degli Warriors è una delle squadre più forti della storia della NBA. Una squadra così forte da essere condannata a competere con sé stessa nella stagione regolare. In un certo senso, gli Warriors devono creare sempre uno spettacolo diverso per giustificare il fatto di poter battere sempre chiunque.

 

Dopo aver accusato forse le critiche di chi diceva che avessero ammazzato la lega con l’arrivo di Durant, ora gli Warriors sembrano essersi tolti questo peso. I singoli giocatori ora sembrano invece disposti a giustificare l’accusa di aver tolto interesse alla lega creandolo loro di partita in partita. 

Come fossero un circo itinerante, gli Warriors si spostano nel paese per regalare uno spettacolo peculiare. Quando si sono spostati ad est, ad esempio, la squadra ha mostrato sempre qualcosa di diverso: 51 punti di cui 24 in un quarto per Curry una sera, 41 punti di cui 25 in quarto per Durant poi e infine questi 52 punti con 22 in un quarto e record di triple per Thompson ieri. Novembre sta iniziando solo ora, Klay Thompson ha tutto il tempo di battere il suo stesso record.

 

Tags : golden state warriorsklay thompsonsteph curry

Daniele V. Morrone, nato a Roma nel 1987. Laureando in economia, amante del "calcio di posizione" di Cruijff e Guardiola, segue con attenzione l'evoluzione del calcio asiatico.

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