Un grande attaccante, però, deve saper conciliare questo sacrificio e questo lavoro col numero di gol. Il calcio si è evoluto ma i
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Phillips era alto appena un metro e 70 e aveva imparato a girare attorno ai propri limiti fisici. Era bravo a sfuggire al contatto fisico con i difensori lavorando sui smarcamenti con l'artigianalità scrupolosa dei migliori attaccanti. Si muoveva con un grande istinto sulla linea del fuorigioco ed era prodigioso a trovare lo spazio per coordinarsi e tirare anche negli spazi più angusti. La rapidità d'esecuzione era senz'altro la sua migliore qualità. Oltre a una capacità prodigiosa di trovare di volta in volta il modo migliore per superare il portiere, e oggi infatti
sulla materia "finalizzazione" come uno dei più grandi esperti. Lui descrive la sua capacità di finalizzazione attraverso immagini che semplificano molto il gol come fatto: «Ho la maggior parte dei miei gol fissi nella testa. La maggior parte delle mie finalizzazioni erano forti all'angolino. E il mio angolo preferito era quello basso alla sinistra. Mi piaceva tirare secco e tagliato lì».
Oggi che Kevin Phillips fa l'allenatore gli piace far esercitare i suoi giocatori attraverso la ripetizione: «Ci sono esercizi che puoi fare con i manichini. Come smarcarti, fare un piccolo passetto, mettere in avanti le spalle e mettere la palla all'angolo. È un esercizio che ha a che fare con la ripetizione».