
Ci sono voluti quindici anni e 448 gol, ma finalmente Harry Kane ce l’ha fatta.
C’è un senso di liberazione anche solo a scriverlo, pensate a essere lui: un uomo che abbiamo trasformato in un meme perché non riusciva a vincere un trofeo. Nel calcio i titoli sono pochi e ancora meno i calciatori che hanno la fortuna di alzarne uno, eppure per Kane questo discorso non è mai valso.
Ora stanno provando a ridimensionare questa vittoria, la vittoria cioè della Bundesliga con il Bayern Monaco, perché Kane non l’ha vinta in campo, e neanche a bordo campo. I bavaresi hanno avuto il primo match point sabato contro il Lipsia, ma hanno pareggiato 3-3, subendo il gol di Poulsen al ‘94, mentre Kane era già pronto a entrare in campo. Non poteva giocare perché era squalificato (e anche per questo è stato vagamente preso in giro: assente nella partita decisiva, come se non ce ne fossero state 31 prima). Vestito con la tuta del club, le braccia conserte, la faccia seria, dai nostri smartphone abbiamo goduto perché abbiamo potuto prenderlo in giro ancora un po’.
Il Bayern Monaco ha vinto la Bundesliga da settimane, eppure per alzare le braccia serve la matematica, e la matematica è arrivata beffardamente il giorno dopo la partita con il Lipsia, con il pareggio del Bayer Leverkusen con il Friburgo. Dov’era Kane nel momento in cui si è tolto la proverbiale scimmia dalla spalla? Kane era con i suoi compagni di squadra da qualche parte - forse al ristorante, forse a casa di uno loro, forse in quello spicchio del centro sportivo in cui festeggiano i titoli - davanti al televisore. Lo sappiamo perché l’inglese ha documentato tutto: i canti al fischio finale, lo champagne versato, la foto abbracciato a Eric Dier, con cui ha diviso anche gli anni in Inghilterra.
Per chi non vince, cioè tutti noi, questo tipo di festeggiamenti possono sembrare posticci. Festeggiare un titolo vinto in campo lontano dal campo è scadente a livello scenografico: nei video celebrativi i giocatori del Bayern sembrano festeggiare come se fosse un’altra giornata in ufficio. Però bisogna davvero essere senza cuore per non sentirsi almeno un po’ felici per Kane, non cercare tra i calici alzati e il We are the champions d’ordinanza di astrarre dal generale per concentrarci sul particolare. E cioè che Harry Kane non è più un perdente. O almeno non lo è secondo la definizione comune che volevamo per forza far passare.
Chissà come l’ha vissuta lui fino a ieri tutta questa ironia su di lui. Da una parte, forse, dovrebbe prenderla come un complimento: lo prendevamo in giro perché era un’anomalia. Kane era un vincente che fino a ieri aveva sempre perso. Lo so che la definizione di vincente è l’esatto opposto, e il calcio non è poesia, dove puoi infilare un ossimoro e fare bella figura. Ma come definirlo altrimenti?
Il livello delle sue prestazioni è sempre stato alto: quest’anno vincerà il titolo di capocannoniere della Bundesliga, come già l’ha vinto la scorsa stagione, come già l’ha vinto un totale di nove volte in carriera nei tornei che ha giocato (3 in Premier League, 2 in Bundesliga, 1 in Champions League, 1 al Mondiale, 1 all’Europeo, 1 alle qualificazioni per l’Europeo). Nel Tottenham ha segnato più di tutti quelli arrivati prima di lui, nella Nazionale inglese lo stesso: essere il miglior marcatore nella storia dell'Inghilterra, il Paese dove questo sport lo hanno inventato. E Kane ha 31 anni, non 40. Con il suo fisico e la capacità che hanno i giocatori di conservarsi anche più avanti con l’età, può continuare a segnare a questi ritmi almeno per altre 4 o 5 stagioni. Non arriverà a superare Muller (570 gol), ma con il Bayern ha già segnato 80 volte, e la sua media gol è praticamente uguale a quella di Lewandowski, che in 8 anni al Bayern Monaco ha vinto una quantità di titoli che non mi va neanche di riportare tanto è lunga.
Come è stato possibile non vincere nulla con questi numeri? Tra l’altro Kane non è di quei centravanti a cui contare sono solo i gol: è un numero nove raffinato, bravissimo ad abbassarsi e a cucire il gioco.
Insomma, mettersi a criticare Kane come calciatore sarebbe assurdo, eppure qualcosa deve essere andato storto. Sicuramente aver dedicato più di metà della sua vita sportiva a un club storicamente perdente non lo ha aiutato. Il suo attaccamento al Tottenham può essere visto come romantico oppure ingenuo, ma non possiamo fargliene una croce. Ha pensato di poter vincere lì, e avrebbe avuto tutto un altro sapore. Ci è andato vicino: con il Tottenham ha perso 3 finali, due volte la Carabao Cup, una volta la Champions League. Così come ha perso 2 finali dell’Europeo con l’Inghilterra (più una Supercoppa tedesca col Bayern Monaco, dove era arrivato da due giorni).
Sono queste finali ad aver accentuato il suo spirito perdente. In queste finali spesso Kane ci è arrivato svuotato, mezzo infortunato. Non ha mai giocato bene, e gliel’hanno fatto notare, eccome. Eppure se sono arrivate queste finali, spesso il merito era principalmente suo. Non si è salvato da solo, ma nessuno lo ha salvato. Tutti i grandi vincenti, prima o poi, sono stati vincenti anche grazie a qualcun altro: a Kane non è successo. Nel 2016 ha segnato 25 gol in Premier League e il Tottenham ha perso la volata per vincere il titolo contro il Leicester City, qualcosa che ancora oggi è difficile razionalizzare. La stagione successiva di gol ne ha segnati 29, ma a vincere è stato il Chelsea di Conte. Poi sono arrivati il City e il Liverpool. Anche la scorsa stagione, l’aver perso il titolo contro il Bayer Leverkusen che non ha mai perso: come fargliene una colpa? Gliene hanno fatto una colpa, come se portasse sfiga, come se fosse un gatto nero. Lui in quella Bundesliga ha segnato 36 gol in 32 partite, ma non è bastato. Come non è bastato segnarne 11 in Champions League quest'anno. Ha segnato anche al ritorno con l’Inter, ma di lui ricorderemo l’incredibile palo colpito all’andata.
Forse Kane ha pagato anche il prezzo di non avere un'immagine abbastanza vincente fuori dal campo. Ha qualcosa di anti-carismatico, con la stempiatura perenne, gli occhi buoni e il muso lungo. Qual è la faccia di un vincente? Chissà se Kane questa domanda se l’è fatta mentre vedeva i meme su di lui stratificarsi fino a creare un genere, un canone della meschinità. Chissà se è per questo che ha scelto di andare al Bayern Monaco, un posto pieno di vincenti, forse il posto più facile al mondo per vincere un titolo. Ora che si è liberato di questo peso, gli manca essere decisivo in una finale, oppure no. Il livello del suo talento ci dice che può succedere, che può vincere ancora, far somigliare sempre più la sua bacheca a quella dei migliori. Non deve succedere per forza; intanto da ieri Kane fa parte della definizione di vincente, perché ha vinto, e questo non glielo può togliere nessuno. Forse però sarebbe il caso di interrogarsi: da oggi è davvero un giocatore migliore?