
Da Almaty si arriva prima a Pechino che a Francoforte. Da Almaty si arriva prima a Tokyo che a Madrid. Per arrivare da Almaty a Lisbona a piedi ci vorrebbero più di 75 giorni, visto che le due città sono separate da 8095 chilometri, mentre, sempre da Almaty, il confine con la Cina è distante solo 285 chilometri.
Sono tutti così i post sui social che provano a spiegare quello che è successo ieri sera, e cioè che per la prima volta nella sua storia il Kairat Almaty si è qualificato per la fase finale della Champions League.
È difficile razionalizzare: va bene la Conference League, va bene anche l’Europa League, ma la Champions League è il posto dove l’Europa celebra le sue élite economiche, dove tutto è perfetto e scintillante, e dove la ricchezza si conta con cifre a sette zeri. Come è possibile che ci sia finita una squadra del genere? Neanche la capitale Astana, più vicina all'Europa sia geograficamente che economicamente, ma la squadra di una città che - se vogliamo affidarci alla geografia più che alla geopolitica - non solo non sembra Europa, ma non sembra neanche più Eurasia, piuttosto quella parte di mezzo tra Asia Centrale e Cina rurale, fatta di steppa, yurte e cavalli maestosi.
La Federazione calcistica del Kazakistan (KFF) è stata ammessa nella UEFA nel 2002, visto che il Kazakistan è uno stato transcontinentale, dividendosi tra Asia e una piccolissima porzione in Europa a ovest del fiume Ural (circa il 5% del territorio). Una decisione giustificata dal fatto che il Paese è cresciuto con “una tradizione calcistica europea” - ovvero nello specifico sovietica, visto che fu una repubblica socialista sovietica fino al 1990. Una decisione quindi, anche molto politica.

Lo stemma del club negli anni '60 e '70.
Dal 2002, quindi, la vincente del campionato kazako è di diritto qualificata al primo turno dei preliminari della Champions League, quel calderone di partite che inaugurano la stagione calcistica a inizio luglio e in cui si affrontano la vincente di campionati come quello moldavo, faroese, sammarinese, andorrano e così via. Al primo turno il Kairat non è stato fortunato e si è trovato contro l’Olimpija Ljubljana, la vincente del campionato sloveno (e secondo Transfermarkt con una rosa dal valore leggermente più alto). Dopo aver pareggiato 1-1 in Slovenia, ha vinto 2-0 al ritorno, in casa.
Al secondo turno l’avversario del Kairat era il KuPS, il vincente del campionato finlandese. Sulla carta un sorteggio più facile, ma all’andata è arrivata una sconfitta per 2-0. Al ritorno è quando questa storia ha iniziato a prendere i contorni della favola, almeno nella sua accezione sportiva.
Il Kairat in casa ha ribaltato il risultato vincendo 3-0 grazie alle giocate di Dastan Satpaev, la sua stella sedicenne. Satpaev ha segnato l’1-0 dopo nove minuti, diventando il più giovane marcatore nella storia della Champions, e poi ha servito l’assist per il decisivo 3-0. Se state pensando di aver scoperto un talento vi fermo: il Chelsea è arrivato prima di voi e lo ha comprato per 4 milioni di euro più bonus. Si trasferirà a Londra nell’estate del 2026 e la Gazzetta lo ha soprannominato il Camarda kazako.
Per il Kairat, che ha partecipato alla Conference League nel 2021/22, quando in rosa aveva Vagner Love (sì, quel Vagner Love) era sembrato già abbastanza così, visto che non aveva mai superato due turni in Champions League.
Il successivo avversario, lo Slovan Bratislava (che forse ricorderete dare filo da torcere al Milan a San Siro la scorsa stagione), aveva tutti i favori del pronostico, e una rosa dal valore di oltre il triplo (sempre secondo i calcoli aleatori di Transfermarkt). Eppure, ancora una volta, il Kairat ha ribaltato il pronostico, vincendo ai rigori dopo 180 minuti chiusi sull’1-1 (ancora una volta grazie a un gol di Satpaev).
La nuova riforma della Champions League ha leggermente aiutato il percorso delle squadre “Campioni”, cioè chi ha vinto il proprio campionato, aggiungendo uno slot, ma per chi parte dall’inizio rimane un percorso proibitivo. La dimostrazione è che al Kairat nel turno decisivo è capitato il Celtic, e non devo neanche spiegarvi le differenze, geografiche e sportive, tra le due squadre.
Se seguite un po’ il calcio europeo minore, potete immaginare che squadra sia il Kairat: solida ossatura di difensori e centrocampisti kazaki (o comunque di Paesi dell’ex Unione sovietica), tutti piuttosto grossi, tutti piuttosto simili, e poi qualche brasiliano sparso in attacco, pescato chissà dove nella speranza di svoltare del talento offensivo. In questa squadra ci sono Ricardinho, Jorginho (in realtà portoghese), Edmilson, Elder Santana e Joao Paulo (questi ultimi due infortunati). All’andata, al Celtic Park, il Kairat ha retto incredibilmente bene, lasciando il possesso agli scozzesi, ma soffrendo relativamente poco.
A pochi minuti dalla fine, però, il portiere titolare si infortuna e viene sostituito da Temirlan Anarbekov, 21 anni e neanche una pagina Wikipedia. Mentre Satpaev viene ammonito al centesimo minuto di gioco, un giallo che gli costa la squalifica per la partita di ritorno, da giocare ad Almaty, sempre più vicino alla Cina che all'Europa (non solo geograficamente), con in palio la prima storica qualificazione in Champions League.
Ora, voi sapete già come è andata, sapete anche che, nel senso sportivo del termine, è stata una favola, ma in campo la sua costruzione è stata piuttosto normale, almeno nei 120 minuti. Il Kairat grazie all’organizzazione datagli da Rafael Urazbakhtin, di cui non fingerò di conoscere la filosofia, ha chiuso ogni spazio al Celtic, rischiando solo, ma molto, all’85’ quando Maeda si è infilato nella difesa troppo alta del Kairat e solo davanti alla porta ha calciato alle stelle.
Ma ha anche avuto questa strana occasione da gol.
Poi si è arrivati ai rigori. Da una parte Anarbekov, sempre il secondo portiere del Kairat, sempre 21 anni, sempre senza una pagina Wikipedia, dall’altra Kasper Schmeichel, 38 anni, figlio di Peter, ma soprattutto portiere dall'infinita esperienza, da 26 rigori parati in carriera tra cui uno a Modric ai Mondiali e uno a Kane agli Europei, vincitore di una Premier League.
Il primo rigore lo calcia il Celtic e Anarbekov lo para. Il secondo tocca a Gromyko che ovviamente prova il Panenka e prende la traversa. Tocca di nuovo al Celtic, e di nuovo a Anarbekov, che ha questo strano modo di prepararsi al rigore: si piega prendendosi le ginocchia con le mani e allo stesso tempo spinge il culo all’indietro, quasi una sorta di stretching. Anarbekov para anche il secondo a McCowan, che calcia anche lui alla destra del portiere.
Dopo tre errori arriva la parte centrale dei rigori perfetti. Avete presente? Quando i calciatori sembrano ricordarsi che, dopotutto, calciare da 11 metri in una porta lunga 7 metri e 32 centimetri non è difficile. Segna Martynovich, segna Engels, segna Arad, segna McGregor, segna Sorokin. Poi tocca a Maeda provare ad allungare la lotteria, mettere ansia all’ultimo rigorista del Kairat. Ma sbaglia, come aveva sbagliato durante i tempi regolamentari. Tira un rigore moscetto e centrale, che Anarbekov respinge col piede.
Qui un bellissimo angolo sulla lotteria dei rigori: anche se commentati in kazako si può capire la tensione e la gioia.
È l’atto decisivo che porta il Kairat nella storia. Primo club a raggiungere la fase a eliminazione diretta della Champions League partendo dal primo turno preliminare, la squadra più a est di sempre a partecipare alla competizione, la seconda nella storia del Kazakistan, dopo l’Astana nel 2015/16. Curiosamente il Kairat Almaty ha vinto per due volte il trofeo più simile alla Champions League di calcio che possiamo immaginare, e cioè la Champions League del futsal, nel 2013 e nel 2015. C’erano stati forti investimenti di sponsor e imprenditori kazaki, ma ovviamente avere successo, anche al più alto livello, nel futsal richiede uno sforzo economico infinitamente minore. Nel calcio a 11 è molto diverso e questa impresa è più una casualità, una casualità ovviamente mista a bravura e capacità di sovvertire tutti i pronostici, che non un cambio in atto nella geografia del calcio europeo.
Nella stessa notte si sono qualificate per la prima volta in Champions League il Bodo, che però ha alle sue spalle un percorso veramente virtuoso, e il Pafos. Anche loro non sono il centro geografico, culturale o economico dell’Europa, anche loro rappresenteranno una trasferta curiosa per le squadre contro cui verranno sorteggiate. Il Kairat però è davvero oltre in tutti i sensi, geografici, culturali e spirituali.
Almaty in kazako vuol dire “il posto delle mele”. Nei monti che la circondano cresce la Malus sieversii, considerata dagli scienziati la pianta selvatica progenitrice di tutte le mele coltivate nel mondo. Secondo una fiaba kazaka, gli spiriti benevoli del Tien Shan donarono agli uomini le mele come simbolo di salute e prosperità. Ora a portarla saranno i soldi della Champions League.