Juventus - Torino
di Alfredo Giacobbe (@la_maledetta)
Si dice che la cosa migliore per un pilota di Formula 1, dopo un brutto incidente, sia risalire immediatamente in macchina e impedire alla mente e al corpo di metabolizzare la paura dell’accaduto. Dopo il trauma della sconfitta con il Sassuolo, la Juventus ha avuto la fortuna di tornare in campo dopo appena tre giorni. Lo ha fatto ospitando il Torino, più avanti di tre lunghezze prima della partita.
Stappare il gioco
Allegri sceglie il sistema a lui più caro, il 4-3-1-2, la sua coperta di Linus. Tra gli interpreti del rombo, Hernanes è stato finalmente inserito nel ruolo di trequartista, con Marchisio che gli ha fatto da contraltare come vertice basso davanti alla difesa.
In fase di non possesso, però, quello della Juventus diventava un vero e proprio 4-3-3. I bianconeri hanno provato a tagliare fuori Glik, l’uomo attraverso cui il Torino iniziava l’azione: Hernanes schermava Vives, mentre le due punte Morata e Dybala si allargavano a coprire le linee di passaggio verso i terzini, rispettivamente Bruno Peres e Molinaro. I due juventini erano però pronti a pressare i centrali esterni, Bovo e Moretti, scattando in avanti su un passaggio orizzontale dal centro. Questa organizzazione difensiva è molto simile a quella del Sassuolo di Di Francesco, applicata proprio contro la Juventus nell’ultimo turno infrasettimanale.
Qui si vede Dybala scattare prima che la palla arrivi a Moretti.
Il meccanismo di pressing era completato da Hernanes, che sprintava in avanti a ogni passaggio in orizzontale verso Glik. Non ha sempre funzionato alla perfezione—qualche volta Marchisio non è salito a prendere Vives, quand’era lasciato da Hernanes—ma l’organizzazione juventina ha bloccato il gioco del Torino e ha di fatto messo la partita in stand-by. Dopo un prolungato possesso sterile sulla propria trequarti, i centrali granata erano costretti al lancio verso le due punte.
Quagliarella e Maxi López hanno tentato di ingaggiare un doppio duello con i centrali bianconeri per tutta la partita. Barzagli e Bonucci hanno assunto sulle loro spalle il rischio connaturato all’assenza di un compagno ad assisterli. Di fatto l’abilità in marcatura dei difensori ha annullato ogni pericolo al centro del campo, almeno fino a quando il Toro non ha trovato il terzo uomo. È accaduto ad esempio al ventinovesimo, quando Baselli ha liberato Quagliarella al tiro, dopo aver raccolto una spizzata di López su un lancio dalla difesa.
Qui invece Cuadrado compie lo sforzo quando Moretti sta già avanzando palla al piede a testa alta.
Lo stallo creato dal sistema impostato da Allegri è stato risolto, suo malgrado, da Khedira al decimo del primo tempo. L’infortunio del tedesco ha portato Cuadrado in campo, in quello che, solo sulla carta, era lo stesso 4-3-3 di prima. L’ingresso del colombiano ha creato due effetti contrapposti e a cascata.
I terzini granata, quando sono stati costretti a difendersi contro il tridente, hanno perso immediatamente campo. Molinaro e Peres andavano a schiacciarsi sulla linea dei difensori e i bianconeri risultavano così in superiorità numerica in mezzo al campo, grazie anche alla salita dei propri terzini. Ci ha messo un po’ Ventura a riassestare la fase difensiva della sua squadra, ma ci è riuscito, concedendo ai terzini la licenza di salire a prendere il terzino avversario, e di lasciare la punta esterna al centrale alle loro spalle. Insomma, quando la Juventus attaccava dalle fasce, il Torino difendeva con due linee da quattro.
Nei minuti successivi però, quando i granata sono tornati in possesso della palla, hanno trovato due volte di fila la combinazione che coinvolgeva tutta la catena sinistra composta da Moretti, Molinaro e Baselli. Questo accadeva perché Cuadrado sbagliava completamente i tempi di pressione sul centrale avversario. Il colombiano aggrediva Moretti quando aveva già ricevuto il pallone, non mentre la sfera viaggiava in orizzontale. Moretti poteva alzare la testa e servire un compagno alle spalle di Cuadrado, eludendo la sua azione di disturbo. Un’interpretazione sbagliata dei propri compiti da parte di un singolo ha fatto cadere l’intero castello bianconero.
Di fatto gli altri due attaccanti hanno rinunciato al pressing, visto che il Toro riusciva a eluderlo sul lato opposto. La Juventus ha perso trenta metri di campo sette minuti dopo la sostituzione di Khedira, preferendo sedere bassa nel 4-5-1, mentre i centrali granata, con l’aiuto di Vives, hanno iniziato a giocare il pallone pestando i piedi della linea di centrocampo.
Punti focali
Il sistema di Ventura è maturo perché le consegne sono chiare a tutti, infatti nessuno dei tre cambi ha inficiato la qualità del gioco granata. Il Torino di qualche anno fa preferiva chiudersi e affidava all’eccezionale velocità dei suoi attaccanti il compito di trasformare l’azione da difensiva a offensiva. Ora le due punte granata restano alte, staccate dal resto della squadra e molto vicine tra loro, fanno reparto a sé e cercano di combinare palla insieme. La responsabilità di guidare la transizione è affidata ai terzini Peres e Molinaro. Sono loro i destinatari della maggior parte dei passaggi oltre la prima linea di pressing, a inizio azione. E sono sempre loro che provano a rendere semplice il lavoro delle punte, allargando la difesa della Juventus.
Bruno Peres ha tentato spesso di farsi trovare in mezzo al campo, o di arrivarci palla al piede. Che Ventura lo stia trasformando in una sorta di playmaker à la Dani Alves?
La Juventus ha perso certezze nel corso dell’estate, ma ne sta acquisendo altre. Pogba e Dybala stanno diventando sempre più importanti in questa squadra, partita dopo partita. L’argentino da imprevedibilità a un attacco altrimenti statico, soprattutto quando schiera uno tra Mandzukic o Zaza, e se sbaglia qualche tocco di troppo (8 passaggi su 34 non hanno raggiunto i compagni) è perché comunque cerca sempre la giocata non banale nel cuore della difesa avversaria.
Il centrocampista francese è stato l’uomo più coinvolto della sua squadra: ha tentato più di tutti il tiro, in 6 occasioni, risultando anche il più preciso (4 conclusioni nello specchio); ha recuperato più palloni di tutti (8); ha tentato più dribbling di tutti, riuscendo a superare il diretto avversario 3 volte su 6. Pogba è salito di forma rispetto all’avvio di campionato: parliamo pur sempre di un atleta di ventiduenne anni, tutt’altro che brevilineo, che ha faticato a portare il suo fisico in condizione. Quando ha avuto la possibilità di giocare all’interno del campo, Pogba ha dato il meglio di sé: è accaduto nel derby, contro il Genoa e il Manchester City, quando ha avuto Morata a dare ampiezza alla sua sinistra nel 4-3-3; è accaduto anche contro l’Atalanta, quando prima Pereyra e poi Asamoah allargavano la propria azione dal centro verso la fascia nel 4-3-2-1.
Cambi e confusione
Il Torino rimette in piedi la partita grazie a un calcio piazzato e la cattiva gestione delle “palle morte” è ormai un tema in casa bianconera. In fase offensiva i bianconeri sono riusciti a sfruttare solo i tre calci di rigore che sono stati loro concessi. In fase difensiva anche ieri la Juventus ha dimostrato che ha ancora molto lavoro da fare.
Moretti fa blocco su Barzagli, Bonucci non ha la freddezza di cambiare l’uomo: Glik a botta sicura nella zona del primo palo, dove travolge l’uomo a zona Evra, incolpevole a quel punto.
In un’occasione Quagliarella è stato liberato da un buco al limite dell’area creato da Maxi López e Bovo: su quest’ultimo c’erano due juventini in marcatura, Barzagli e Hernanes. In un’altra Barzagli ha perso Glik, ancora su un blocco, stavolta operato da Moretti, e solo un miracolo di Buffon ha impedito al Toro di andare in vantaggio. In un’altra ancora Barzagli è stato semplicemente sovrastato da Glik nello stacco da fermo. Ci possono essere anche delle sofferenze individuali, dietro la difficoltà della Juventus di proteggere la propria porta sui calci piazzati, ma sicuramente i bianconeri non stanno lavorando come un reparto.
La mancanza di conoscenza reciproca è uno dei problemi che affligge anche l’attacco e Allegri ci mette del suo nel secondo tempo. La girandola dei cambi tattici che hanno accompagnato le sostituzioni sono sembrate mosse dettate dalla disperazione, più che da un ragionamento. Cuadrado è stato prima spostato in posizione da trequartista, nel tentativo di ripristinare il 4-3-1-2 e di riportare Morata in una posizione più centrale. Il colombiano non riusciva a trovare la posizione corretta, finendo col pestarsi i piedi con Pogba, quando arretrava, o con Dybala quando avanzava. Dall’ingresso di Mandzukic a quello di Alex Sandro, Cuadrado è stato portato a sinistra, di nuovo nel 4-3-3: in quella posizione non è riuscito a toccare un solo pallone.
L’ingresso del brasiliano ex Porto ha permesso ad Allegri di avere due ali, Cuadrado e lo stesso Alex Sandro, schierate nel modo classico. La Juventus ha allargato l’imbuto che essa stessa aveva creato, con la contemporanea convergenza di Cuadrado e Dybala sul piede invertito; i tre mediani del Torino, schiacciati sulla linea dei difensori, avevano avuto gioco facile nell’annullare gli spazi agli inserimenti di Marchisio e Pogba.
Tre punti e poco più
La Juventus ha incamerato i tre punti con una determinazione che a Reggio Emilia non s’era vista. Per Allegri non ci sono altre buone notizie: la sua squadra ha ancora molti punti aperti. La Juventus non può prescindere da Dybala e Pogba, quest’ultimo determinante se viene utilizzato in mezzo al campo. Per fare questo, Allegri potrebbe continuare col 4-3-3, ma a questo punto dovrebbe legare le sue fortune a doppio filo con l’ispirazione ondivaga di Cuadrado e la sua completa incapacità di leggere il gioco quando non ha la palla. Oppure potrebbe schierare Pogba più avanti nella linea dei trequartisti, recuperando anche Morata al centro dell’attacco. In ogni caso avrebbe bisogno di schierarsi a quattro dietro, e in questo momento non si sa quando potrà recuperare Lichtsteiner.
Ventura di terzini destri buoni ne ha addirittura due, Zappacosta e Bruno Peres, e se li tiene stretti. Sulle prestazioni dei due, oltre che su quelle dei loro omologhi sull’altra fascia, dipendono la maggior parte delle fortune del Torino in questa annata. Se l’allenatore genovese riuscisse a sistemare l’approccio alle partite (nove volte su undici i suoi sono stati costretti a inseguire nel risultato), i granata potrebbero restare molto in alto in classifica fino alla fine del campionato.
Genoa - Napoli
di Flavio Fusi (@FlaFu_tbol)
La vittoria dell’Inter sulla Roma offriva al Napoli la possibilità di agganciare in testa alla classifica i nerazzurri e la Fiorentina: ma prima bisognava vincere a Marassi, dove la attendeva il Genoa di Gasperini. Non un compito facile.
L’undici titolare degli azzurri è ormai delineato: l’unica variante proposta da Sarri è stata l’impiego di Mertens al posto di Insigne, nel ruolo di esterno sinistro d’attacco del 4-3-3. Il tecnico del Napoli ha dichiarato di aver visto il belga più brillante del compagno durante gli allenamenti settimanali.
Proprio l’esclusione di Insigne ha influito anche sulle scelte di Gasperini, che ha accantonato l’idea della difesa a quattro, con Izzo dal primo minuto, e proposto il suo tipico 3-4-3. La difesa tutta argentina formato da Muñoz, Burdisso e Ansaldi ha operato davanti a Perin. Nella linea a quattro di centrocampo, Dzemaili e Tino Costa hanno agito da centrocampisti centrali, con Diogo Figueiras sulla fascia destra e Rincón su quella sinistra. Nel tridente spazio a Laxalt e Perotti, rispettivamente a destra e sinistra, ai lati di Pavoletti.
Il Genoa ha proposto il solito sistema fluido e spesso imprevedibile, in cui la flessibilità degli interpreti in campo permette una vasta gamma di soluzioni sia in fase offensiva che in quella difensiva. Ad esempio, l’ex Zenit e Atlético Madrid Ansaldi terzino sinistro di ruolo è stato riproposto nuovamente come centrale di sinistra della difesa a tre, in un ruolo in cui Gasperini aveva adattato in passato altri terzini, come Marchese e Antonini. Pur partendo dalla difesa, Ansaldi si è spinto numerose volte in avanti, combinando con Rincón e il connazionale Perotti (in grande forma: 3 occasioni da gol create, 5 dribbling e 7 cross per lui) e sovrapponendosi spesso lungo la corsia per fornire il cross (4 dei 12 cross del Genoa sono partiti proprio dai suoi piedi).
Contro il 4-3-3 del Napoli si è visto il solito approccio a uomo, sfociato nel tipico gioco delle coppie proposto dal Genoa di Gasperini, soprattutto a centrocampo. La conformazione della linea difensiva era molto flessibile, con impostazioni a 3, 4 o 5 uomini.
Normalmente, quando difendeva nella propria metà campo, il Genoa si disponeva con una sorta di 5-3-2. Rincón, che in fase offensiva partiva largo a sinistra, aveva il compito di stringere per occuparsi di Allan, che agiva da interno destro di centrocampo del Napoli, mentre il mediano Dzemaili prendeva in consegna l’interno sinistro Hamsik. L’altro centrocampista centrale del Genoa, Tino Costa, si occupava del regista del Napoli Jorginho, spesso con la collaborazione del centravanti Pavoletti, che nei pressi dell’area di rigore degli ospiti marcava Albiol.
Nel domino tattico di Gasperini, Laxalt si abbassava dal tridente fino alla linea difensiva, Figueiras scalava più stretto facendo praticamente il terzo centrale con Muñoz (infortunatosi dopo 35 minuti e sostituito da Izzo) e Burdisso, mentre Ansaldi si allargava da terzino sinistro, con Perotti che scalava spesso a coprire su Hysaj. Nello schema base era Burdisso a marcare a uomo Higuaín, mentre Muñoz prima e Izzo poi hanno giocato nel ruolo di unico uomo esente da marcature. Questa situazione faceva sì che Koulibaly fosse volutamente l’unico calciatore del Napoli lasciato libero di agire, anche quando i rossoblu pressavano alto.
Koulibaly riceve palla da Reina, ma non ha opzioni di passaggio corto disponibili a causa delle marcature a uomo del Genoa. Porterà quindi palla fino a quando non si libererà Hamsik nei pressi del centrocampo, grazie all’infortunio muscolare occorso a Dzemaili. Pavoletti scalerà quindi sul difensore francese e si ripropone la stessa situazione, con lo slovacco che giocherà un retropassaggio su Albiol.
Perotti marca a uomo Hysaj, Pavoletti Albiol, Laxalt Ghoulam, Tino Costa Jorginho e Dzemaili Hamsik (con Rincón, non inquadrato, su Allan). Koulibaly si ritrova davanti a sé una prateria in cui portare palla e giungerà fino alla trequarti, dove scaricherà su Mertens, originando indirettamente l’occasione del rigore non concesso a Higuaín.
Forzare Koulibaly a costruire il gioco ha portato discreti risultati, visto che il francese era di frequente costretto a lanciare lungo il pallone, spesso nel vuoto: a fine partita risulterà il giocatore del Napoli con più passaggi sbagliati, 13, e avrà completato appena un lancio.
In chiusura di primo tempo Gasperini ha dovuto fare i conti con il secondo infortunio muscolare della prima frazione, dopo quello di Muñoz: Dzemaili ha chiesto il cambio e al suo posto è entrato Ntcham, che ne ha preso il posto a centrocampo. Invece che marcare Hamsik come faceva il compagno infortunato, il francese si è messo a uomo su Allan e poi sul subentrato David López, mentre Rincón ha preso in consegna lo slovacco. Quando poi anche il venezuelano ha dovuto alzare bandiera bianca a causa del terzo guaio muscolare occorso a giocatori rossoblù, Figueiras si è messo in mezzo al campo e ha marcato Hamsik, mentre Cissokho ha svolto gli stessi compiti dell’ex laterale del Siviglia.
Le nuove coppie ricostituitesi dopo i cambi. Pavoletti è ancora su Albiol e Tino Costa su Jorginho, mentre Ntcham marca David López e Figueiras Hamsik. In difesa Cissokho è su Insigne, Burdisso su Higuaín e si nota come Izzo sia esentato dal marcare a uomo uno dei diretti avversari.
A causa dell’approccio a uomo e dell’intensità proposta dal Genoa, il Napoli ha avuto notevoli difficoltà a proporre il solito possesso palla pulito a cui aveva abituato. Gli azzurri hanno completato l’81,8% dei passaggi (512, un centinaio in meno rispetto alla media stagionale) e perso ben 155 palloni. Anche a livello di singoli, nessuno dei titolari, escluso Albiol, ha completato un numero di passaggi vicino alla propria media stagionale: emblematici i casi di Allan (23 contro una media di 47,3) e di Higuaín (appena 11 contro una media di 25,1).
Pur creando 14 occasioni da gol e tirando 8 volte nello specchio della porta, il Napoli non è riuscito a trovare la via del gol a causa di imprecisione e di scelte non sempre ineccepibili.
Un approccio difensivo come quello del Genoa poteva essere manipolato in due modalità che rispondono alle caratteristiche dei giocatori del Napoli: con il dribbling, oppure utilizzando un uomo tra le linee. Contro una marcatura a uomo a tutto campo, ogniqualvolta il portatore di palla riesce a dribblare il suo diretto avversario, specie a centrocampo, si ritrova libero, visto che gli altri difensori sono occupati a marcare i compagni.
Ciò porta a una notevole perdita di stabilità del blocco difensivo avversario e a naturali situazioni di superiorità numerica che il Napoli non è riuscito a creare o sfruttare con continuità. In questo senso, l’utilizzo di Insigne dal primo minuto avrebbe potuto creare maggiori problemi alla difesa del Genoa, rispetto a Mertens. Il belga ha fatto registrare 5 dribbling positivi, ma tende a essere un giocatore meno incline alle combinazioni con i compagni e più individualista, soprattutto se paragonato a Insigne, causando situazioni in cui Higuaín si è trovato spesso isolato contro la difesa del Genoa.
Inoltre Insigne è solito venire frequentemente dentro al campo, quasi da trequartista. Contro una difesa a 3 priva della protezione di un mediano, la presenza di un giocatore tra le linee avrebbe creato non pochi problemi al Genoa, a causa della difficoltà nel leggere posizione e movimenti del trequartista e delle probabili manipolazioni dello schema difensivo a uomo che ne sarebbero scaturite.
Quando il Napoli riusciva a superare il primo pressing del Genoa ripartendo in velocità, trovava spazio alle spalle del centrocampo, specie nel primo tempo e nel finale di partita, quando le squadre erano più lunghe. La presenza di un giocatore a occupare stabilmente quello spazio avrebbe potuto creare non pochi problemi ai padroni di casa.
Gasperini è riuscito a fermare sullo 0-0 un Napoli lanciato da sette vittorie consecutive tra campionato e coppa, che potrebbe aver risentito anche di un turnover risicato: i titolari azzurri hanno giocato 14 partite in poco più di due mesi. Il Genoa era la squadra che non faceva registrare uno 0-0 da più tempo: il risultato a reti bianche mancava da ben 46 partite.
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