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Fabio Barcellona
Come sarà la Juventus di Thiago Motta
31 mag 2024
31 mag 2024
Proviamo ad immaginare il futuro prossimo della squadra bianconera.
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Fabio Barcellona
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IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
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Alla fine, con uno stile più vicino al wrestling che al calcio, Massimiliano Allegri ha lasciato la Juventus. Sei giorni dopo, con una nota pubblicata sul proprio sito ufficiale, il Bologna ha comunicato la volontà di Thiago Motta di non rinnovare il contratto, in scadenza il 30 giugno. Manca ormai solamente l’ultimo pezzo del puzzle, ma sembra ormai scontato che Thiago Motta sarà l’allenatore della Juventus 2024/25.

Non è mai semplice provare a immaginare come sarà la squadra di un nuovo allenatore. Thiago Motta poi è un tecnico relativamente giovane, la cui carriera si può ridurre a 9 partite col Genoa, una stagione con lo Spezia e una stagione e mezza con il Bologna. Il campione da cui attingere, insomma, non è poi così grande. Di certo a Thiago Motta è bastato poco per mostrare uno stile originale e attraente, che proverò adesso a proiettare su quella che dovrebbe essere la sua nuova squadra, con tutte le cautele del caso.

Thiago Motta organizza bene la fase difensiva, ma in modo un po' diverso da quanto si dice

Uno dei segreti, non troppo nascosti a dir la verità, del successo di Thiago Motta a Bologna è stata l’efficacia della sua fase difensiva. Nel campionato appena concluso Juventus e Bologna hanno avuto, macroscopicamente, numeri difensivi molto simili. I bianconeri hanno subito 31 gol in campionato, secondi solo all’Inter, mentre i rossoblù ne hanno subito 32, di cui ben 5 nelle ultime due giornate, a qualificazione Champions League già ottenuta.

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Gli xG subiti (esclusi i calci di rigore) sono stati 0.74 per 90 minuti per gli uomini di Allegri e 0.79 per 90 minuti per quelli di Thiago Motta. Tuttavia la maniera in cui i due allenatori sono giunti a questi numeri difensivi sono molto diversi tra loro. Alcuni parametri statistici fotografano bene le differenze. Il Bologna è stata la quarta squadra con il PPDA (un indice quantitativo che dà un’indicazione dell’intensità del pressing offensivo di una squadra: minore è il valore, più intenso è il pressing) più basso della Serie A, mentre la Juventus è stata solo la sedicesima. Il Bologna è stata la seconda squadra per palle recuperate tramite una riaggressione dopo la perdita del possesso, mentre la Juventus è stata solamente la diciottesima. Ancora, il Bologna è stata la squadra in Serie A che ha recuperato più palloni con azioni di pressing, mentre la Juventus è stata la penultima.

Anche nella stagione 2022/23, quella in cui Thiago Motta è entrato in corsa, il Bologna ha avuto numeri simili: quarta squadra per PPDA, seconda squadra per palle recuperate da azioni di riaggressioni e pressing. La Juventus, in quella stagione, è invece stata la penultima squadra recuperate da azioni di pressing e la quintultima per palla recuperate da azioni di riaggressione.

A definire in maniera ancora più netta lo stile di Thiago Motta sono i numeri dello Spezia 2021/22, una squadra tecnicamente modesta con cui ha ottenuto una salvezza tutt’altro che scontata, tra l'altro con discreto margine. Lo Spezia di Thiago Motta è stata la quarta squadra in Serie A per palle recuperate da azioni di pressing e la settima per azioni di riaggressione, a testimonianza della volontà del proprio allenatore, anche con una squadra di caratura tecnica inferiore, di difendere in maniera aggressiva.

Se i dati statistici delle stagioni con il Bologna, ma anche con lo Spezia, fotografano l’idea di un recupero del pallone attivo, in campo la volontà di Thiago Motta si mostra con una fase di non possesso molto orientata sulla posizione degli avversari. Le squadre di Motta cominciano la loro fase di pressing pareggiando gli uomini contro la linea difensiva avversaria (e, di conseguenza, accettando la parità numerica nella propria zona arretrata) e non hanno alcuna remora a destrutturare le linee difensive per seguire da vicino gli avversari. Tranne per un breve periodo a La Spezia, Thiago Motta ha sempre optato per una linea arretrata a quattro, che si rompe attraverso i movimenti dei centrali, pronti a seguire i propri diretti avversari quando si abbassano per ricevere il pallone.

Ma l’aggressività della fase di non possesso di Thiago Motta non si vede solo in difesa e viene espressa praticamente in ogni zona del campo. L’altezza media del pressing non è sempre elevata: a fronte dei numeri da squadra iperaggressiva per numero di palloni recuperati con azioni di pressing e riaggressione, il Bologna è stata nelle ultime due stagioni la quindicesima squadra per altezza media degli interventi difensivi. Insomma, la squadra di Thiago Motta decideva a che altezza pressare e lo faceva con aggressività ed efficacia. Anche difendendo più basso poi, non predilige la difesa degli spazi ma prova sempre un recupero attivo del pallone attraverso la pressione sugli avversari. Grazie a questo, nonostante l’altezza media degli interventi difensivi, il Bologna è stata la squadra di Serie A che nella scorsa stagione ha concesso meno passaggi all’interno della propria area di rigore.

È evidente quindi che la filosofia di recupero del pallone di Thiago Motta, che è rimasta piuttosto stabile tra La Spezia e Bologna, sia piuttosto diversa da quella della Juventus delle ultime tre stagioni. Alla continua pressione degli uomini di Motta si contrappone la difesa degli spazi dei bianconeri di Allegri, come ben fotografato dai numeri dei palloni recuperati tramite azioni di pressione. Il dato dei palloni recuperati con azioni di riaggressione ci parla invece di come il Bologna di Motta e la Juventus di Allegri abbiano in questi anni interpretato in maniera opposta la transizione difensiva, con il primo orientato a una riconquista rapida del pallone e il secondo invece più concentrato a ricomporre la struttura difensiva nella propria metà campo.

Il cambiamento richiesto in fase di recupero del pallone ai giocatori che rimarranno alla Juventus sarà insomma piuttosto radicale.

La liberazione dello spazio in fase offensiva

In fase d’attacco, oltre a utilizzare il pressing e il gegenpressing come fonte di gioco autonoma, il Bologna di Thiago Motta provava anche a muovere e disordinare le squadre avversarie attraverso il movimento di uomini e pallone. Nella passata stagione il Bologna è stata la seconda squadra in Serie A per numero di passaggi tentati, mentre la Juve di Allegri è stata l’undicesima. I rossoblù costruivano dal basso con un approccio posizionale molto fluido.

Generalmente il Bologna costruiva con una linea arretrata di 3 uomini, con 2 uomini più avanzati in appoggio. Di solito uno dei centrali (non solo Calafiori, ma anche Lucumí o Beukema) prendeva una posizione più avanzata, a fungere da riferimento alle spalle della prima linea di pressione, accanto a uno dei centrocampisti, con i terzini più stretti a completare la linea arretrata a tre. In alternativa era uno dei terzini a stringere la propria posizione alle spalle della pressione avversaria, mentre l’altro restava legato ai due centrali.

L’ampiezza era fissata costantemente dai due esterni del 4-3-3/4-2-3-1 adottato da Motta, mentre le due mezzali andavano ad occupare, assieme al centravanti Zirkzee, i canali centrali. La caratteristica peculiare di questo approccio posizionale era l’estrema fluidità della struttura e dei movimenti dei calciatori. L’utilizzo dinamico di uno dei centrali come appoggio alle spalle della pressione, per esempio, rendeva meno agevole alle squadre avversarie il controllo diretto dei possibili ricevitori dietro la prima linea di pressing, considerando che Calafiori, o chi per lui, andava a occupare in corsa la posizione per ricevere, arrivando da dietro.

L’approccio posizionale del Bologna, in un universo calcistico di squadre avversarie sempre più orientate alle marcature individuali, si basa sul concetto di liberazione e creazione di spazi da attaccare con il movimento fluido dei propri giocatori. L’obiettivo della costruzione del Bologna era quello di trovare spazi per risalire il campo e non necessariamente quello di abbassare la squadra avversaria. Per questa ragione, quando venivano pressati aggressivamente, gli uomini di Thiago Motta non disdegnavano affatto di attaccare in maniera diretta e veloce le difese avversarie, secondo il principio che se gli avversari ti vengono a prendere inevitabilmente si creano spazi da attaccare dietro.

In fase di possesso palla il centrale Lucumí si smarca dinamicamente alle spalle della linea di prima pressione, i due terzini supportano l’altro centrale (Beukema) nell’ultima linea.

Contro squadre chiuse o in assenza di spazi da attaccare, la costruzione del Bologna avanzava invece in maniera più paziente. Una delle strategie utilizzate per rompere i blocchi difensivi avversari era quella di sovraccaricare le zone laterali d’attacco per creare superiorità numerica e posizionale L'obiettivo era quello di avvicinarsi all’area di rigore avversaria, creando spazi fuori dalla zona di densità.

Un'altra peculiarità è quella di non cercare la rifinitura tramite cross. Il Bologna è stata la squadra che, dopo il Frosinone, ha crossato di meno in questo campionato. Aumentare la densità in determinate zone e evitare di affidarsi alla casualità del cross, poi, permetteva al Bologna di effettuare una riaggressione del pallone appena perso più efficace.

Un sovraccarico laterale del Bologna.

Creare spazi attraverso il movimento dei giocatori e le rotazioni è stata una strategia del Bologna anche in zone più avanzate di campo. In questo senso, è stato decisivo il contributo di Zirkzee che, con i suoi movimenti ad allontanarsi dalla linea difensiva, apriva spazi per gli inserimenti da dietro dei centrocampisti (in particolare di Ferguson) o dei due esterni, o addirittura, del centrale difensivo prestato alla zona mediana. È uno dei più antichi strumenti tattici di questo gioco, il cosiddetto “dai e vai”.

Anche da questo punto di vista, le differenze con il calcio offensivo proposto da Allegri alla Juventus sono molte. La centralità della costruzione dal basso, la creazione di zone a elevata densità e i tentativi di penetrazione dei blocchi bassi con azioni manovrate sono tutte novità per i giocatori bianconeri, che invece hanno fatto pesante affidamento al crossing-game per provare ad arrivare in area.

La rosa della Juventus è adatta a questo gioco?

Insomma, tutto sembra dirci che la Juventus di Thiago Motta sarà molto diversa da quella che abbiamo conosciuto negli ultimi anni. Ovviamente molto dipenderà da un calciomercato che si preannuncia vivace. Un primo, grande, cambiamento potrebbe essere l’abbandono della difesa a tre e l’adozione di una linea a quattro. In questo discorso va inserito l'interesse per Riccardo Calafiori, un difensore che nella rosa della Juventus avrebbe perfettamente senso. Non solo perché è mancino, ma anche perché si è dimostrato capace di interpretare alla perfezione, tecnicamente e tatticamente, la fase di costruzione della manovra.

Nella rosa della Juventus non mancano comunque giocatori di questo tipo. Gleison Bremer, peraltro già migliorato in impostazione, è reduce da una stagione notevole e potrebbe trovarsi assolutamente a proprio agio in un sistema difensivo aggressivo e orientato sull’uomo come quello di Thiago Motta. Sull’esterno un punto fermo dovrebbe essere Andrea Cambiaso, rivelazione della scorsa stagione e fresco di rinnovo di contratto fino al 2029. Cambiaso ha già lavorato con Motta a Bologna e il suo dinamismo, la capacità di giocare sull’esterno e dentro il campo, lo fanno un candidato ideale per il ruolo di terzino nel calcio del nuovo allenatore.

A destra la rosa della Juventus non ha invece un vero e proprio specialista. Weah è veloce ma sembra un terzino piuttosto convenzionale, non molto a proprio agio nei movimenti interni al fianco dei centrali o alle spalle della pressione avversaria. Danilo ormai da tempo nella Juventus gioca da centrale in una difesa a tre, ma nella Nazionale brasiliana è costantemente impegnato nella posizione di terzino destro. Ha carisma, intelligenza tattica e la pulizia tecnica necessaria per giocare nel sistema di Thiago Motta. Certo, non è più di primo pelo e ci sono alcuni dubbi sulla sua capacità di potere giocare ai livelli di intensità richiesti per un'intera stagione. Federico Gatti, oltre a ricoprire il ruolo di centrale difensivo, potrebbe anche essere impiegato da terzino destro e ha la giusta intensità adeguata per l’aggressivo sistema di recupero del pallone del suo nuovo allenatore. Alla luce di questa batteria di difensori, la Juventus sembra avere bisogno di un centrale, preferibilmente mancino, in grado di regalare al reparto qualità in fase di costruzione, e di almeno un terzino.

Sembra inoltre che la Juventus sia vicina all'acquisto di Michele Di Gregorio dal Monza, ma non è ancora ben chiaro se per affiancare Szczȩsny in attesa della scadenza del contratto o per sostituire il numero 1 della Juventus. Szczȩsny è un portiere di livello mondiale e ogni possibile sostituto soffrirebbe inevitabilmente il confronto con il campione polacco. Al di là delle strategie societarie, bisogna sottolineare come Di Gregorio sia stato in questi anni uno dei portieri in Serie A più coinvolto nella costruzione bassa, occupando le prime posizioni nella graduatoria dei passaggi effettuati e precisione degli stessi. Caratteristiche che lo rendono adatto al nuovo corso.

In mezzo al campo, secondo le voci di mercato, la Juventus vorrebbe fare almeno un colpo di mercato e uno degli obiettivi di cui si parla di più è Koopmeiners. A Bologna e a La Spezia Thiago Motta ha quasi sempre giocato con un 4-3-3/4-2-3-1 molto fluido in cui una delle due mezzali era più orientata degli altri centrocampisti ad accompagnare l’azione offensiva e a inserirsi profondamente negli spazi generati dal movimento del centravanti. A Bologna il ruolo era occupato dal dinamismo fuori scala di Lewis Ferguson, messo fuori mercato dall’infortunio al legamento crociato del ginocchio destro. Koopmeiners non ha il suo dinamismo, ma insomma non è certo un giocatore statico, come ha dimostrato nell'ultima finale di Europa League vinta dall'Atalanta. In dote, poi, porterebbe anche le sue grandi capacità balistiche e quindi realizzative.

Bisognerà vedere cosa succederà con Rabiot, svincolato dal 30 giugno ma potenzialmente molto adatto al nuovo allenatore della Juventus. Allo stesso modo sarà interessante capire l'evoluzione di Locatelli, che con Allegri è diventato un giocatore più abile a difendere posizionalmente. In questo senso, la raffinatezza tecnica di Niccolò Fagioli potrebbe tornare utile per dare timing e qualità alla circolazione del pallone.

Il ragionamento sul centrocampo della Juventus va però ampliato, integrandolo con la sua connessione con il reparto avanzato. Il Bologna di Thiago Motta ha avuto in Zirkzee e nelle sue peculiari caratteristiche una delle chiavi per il funzionamento della sua fase offensiva. In campo grande Zirkzee era abilissimo a fungere da terminale delle verticalizzazioni dalla zona arretrata quando la costruzione dal basso cercava più velocemente una soluzione al di là della pressione. In un campo più piccolo, nella metà campo avversaria, la raffinatissima tecnica e la strabiliante visione di gioco del centravanti olandese fornivano al Bologna la regia offensiva necessaria e occupavano qualitativamente la zona di trequarti campo, liberando spazi attaccabili dai centrocampisti e dagli esterni.

Dusan Vlahovic è un centravanti con caratteristiche diverse, più a suo agio ad attaccare la profondità, a giocare dentro l’area e ad impegnare fisicamente i difensori avversari. In questo senso, con Vlahovic in posizione di centravanti, potrebbe essere necessaria alla squadra di Thiago Motta una diversa distribuzione delle funzioni in campo (alcuni dicono, con una buona dose di fantasia, che la Juventus potrebbe comprare Joshua Zirkzee e impiegarlo da trequartista alle spalle di Dusan Vlahovic ma per adesso è troppo difficile immaginare uno scenario simile).

Zirkzee viene a giocare sulla trequarti campo e lo spazio liberato centralmente viene attaccato dalla mezzala Urbanski. Kristiansen attacca la profondità e viene servito da Zirkzee. Sul cross di Kristiansen, con Urbanski in posizione da centravanti, arriva da dietro Zirkzee che realizza il gol della vittoria in trasferta del Bologna contro la Lazio.

Alla luce di questo discorso, potrebbe tornare utile un calciatore capace di occupare con più continuità la trequarti avversaria. I giocatori dell’attuale rosa della Juventus che sembrano più in grado di svolgere questa funzione sono forse Fabio Miretti e Kenan Yildiz. Il primo non è certo un trequartista classico, ma una mezzala molto abile a trovare gli spazi di ricezione sopra la linea del pallone, preferibilmente in zona interna. Un impiego come mezzala con la funzione di occupare la trequarti campo avversaria potrebbe esaltare le caratteristiche del centrocampista bianconero. Kenan Yildiz è invece ancora un oggetto misterioso dal punto di vista tattico. Al di là dello strabordante talento tecnico non è ancora chiaro quale possa essere l’impiego più proficuo del giovane nazionale turco. Fino ad oggi è stato visto quasi sempre come seconda punta o esterno di sinistra e l’impressione è che sia più un attaccante che una mezzala o un trequartista, nonostante nella Juventus Next Gen sia stato spesso impiegato proprio in quel ruolo. In ogni caso, lo sviluppo di Yildiz in un sistema tattico complesso e stimolante come quello di Thiago Motta è una delle più grosse curiosità della Juventus futura.

Per quanto riguarda il ruolo d'esterno, la Juve ha già nella sua rosa molti calciatori in grado di ricoprire il ruolo. Yildiz, Chiesa, Soulè, Iling Jr. potrebbero in effetti già completare i posti a disposizione nel roster. Nel Bologna gli esterni fissavano l’ampiezza in fase di costruzione della manovra per poi partecipare alla fluidità offensiva e ai sovraccarichi laterali in fase di possesso. I dubbi che sono stati avanzati sulla presunta compatibilità di Federico Chiesa con le richieste difensive di Thiago Motta sembrano più che altro ipotetici. Chiesa, prima dell’impiego stabile come seconda punta del 3-5-2 di Allegri, era sempre stato impiegato in carriera come esterno di sistemi con quattro difensori o, addirittura, in gioventù, come quinto di un 3-5-2. Allo stesso modo non sembrano avere troppo fondamento i dubbi su Soulè, perfetto per dinamismo, capacità di coprire ampie porzioni di campo, tecnica e possibilità di giocare a piede invertito per il calcio di Thiago Motta.

Ovviamente la mia immaginazione può arrivare fino a un certo punto, e dove si ferma inizia la mia curiosità di vederlo all’opera in un ambiente spesso refrattario ai cambiamenti. Nel calcio il discorso sul DNA delle squadre è spesso utilizzato in maniera difensiva, per impedire i cambiamenti sul nascere, e mai come alla Juventus è un discorso presente, con un’identità fatta di squadre vincenti, ma non necessariamente brillanti o offensive. In realtà sono diversi gli esempi di Juventus di questo tipo, mi vengono in mente quelle di Marcello Lippi o delle prime stagioni di Antonio Conte. Se associamo queste squadre all'idea platonica della Juventus non vedo perché non lo possa fare anche un gioco come quello di Thiago Motta.

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