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Marco D'Ottavi
Il bicchiere della Juventus è mezzo pieno o mezzo vuoto?
12 mag 2023
12 mag 2023
La squadra di Allegri esce dall'andata col Siviglia con qualche speranza e molti dubbi.
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Marco D'Ottavi
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IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
(foto) IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
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«Ora abbiamo la possibilità di andare a Siviglia a qualificarci per la finale». Guarda il bicchiere mezzo pieno Allegri, e fa bene, perché il gol di Gatti al 97’ - déjà vu da imperfezione della matrice di quello segnato dal difensore contro lo Sporting, in un doppio confronto poi superato - permetterà alla sua Juventus di presentarsi nell’inferno bianco del Sánchez-Pizjuán con l’abito che più gli sta bene, ovvero quello della squadra che può aspettare e vedere cosa la partita ha da offrire. Con la nuova regola che annulla il gol fuori casa, infatti, questo 1-1 è un pareggio pulito pulito che rimanda tutto ai prossimi novanta minuti. Basta per essere contenti? Di questi tempi sì: è una Juventus che vive alla giornata, che scende in campo senza sapere bene che versione di se stessa sarà, che può alternare minuti volenterosi ad altri disastrosi, apparire propositiva e subito dopo spaventata, essere confusa e imprecisa ma poi perfettamente lucida quando si tratta di segnare all’ultimo secondo possibile con tre colpi di testa in fila. Dall’altra parte al Siviglia sono bastati venti minuti di fuoco per uscire dallo Stadium con un pareggio e qualche rimpianto. Non è stata la squadra indemoniata dell’Europa League, ma in una stagione difficile come questa - dopo aver flirtato con la retrocessione e aver esonerato due allenatori prima di trovare in José Luis Mendilibar l’uomo giusto - fare questa partita fuori casa, contro un avversario sulla carta superiore, non è né scontato né banale. Anche loro, giustamente, credono di essere al posto giusto: con un ritorno in casa in cui basterà fare un gol più dell’avversario.

Di questa partita abbiamo parlato anche in Che Partita Hai Visto, il podcast dedicato ai nostri abbonati in cui commentiamo a caldo le sfide più importanti della settimana. Se non siete ancora abbonati, potete farlo cliccando qui.

Un primo tempo preoccupanteSì è parlato - e se ne parlerà ancora se la Juventus dovesse essere eliminata tra sei giorni - del primo tempo di questa partita. 12 tiri a 3 per il Siviglia, 5 a 0 quelli in porta, 22 cross a 6, la sensazione che se Ocampos non si fosse infortunato, dopo il primo gol sarebbe arrivato inevitabilmente il secondo (l'esterno argentino ha realizzato 5 tiri in 35 minuti). Eppure, in maniera più convinta del solito, la Juventus era scesa in campo con un piano ben preciso e gli strumenti per realizzarlo. È stato evidente già dopo venti secondi: su una rimessa dal fondo è Bonucci a battere, con Szczesny accanto e Danilo anche lui coi piedi nell’area piccola. Palleggiando praticamente dentro la propria area di rigore, la squadra di Allegri voleva attirare il pressing mai conservativo dei quattro giocatori avanzati del Siviglia - En-Nesyri, Ocampos, Oliver Torres e Gil - per creare uno spazio alle loro spalle in cui far avanzare l’azione. In quella prima azione della partita, dopo qualche passaggio per muovere gli avversari, sarà il portiere polacco a trovare Alex Sandro poco prima del centrocampo con un preciso lancio lungo. Il brasiliano servirà di prima Rabiot, che andrà in verticale verso Di Maria. Il passaggio del francese è però impreciso: se non lo fosse stato la Juventus avrebbe potuto attaccare in quattro contro quattro nella metà campo del Siviglia.

Pochi minuti dopo è Miretti a calibrare male il passaggio per Vlahovic dopo aver ricevuto un bel pallone tra le linee da Bonucci, mentre al 12’ un’altra azione tutta in verticale, questa riuscita, ha portato Kostic a calciare da buona posizione in diagonale (fuori) anche se al centro c’erano Cuadrado e Miretti piuttosto liberi, un'altra scelta non perfetta. Insomma la partita sembrava seguire un copione piuttosto rigido: il Siviglia a lanciare lungo, provare a vincere le seconde palle e poi crossare per rendersi pericoloso grazie alla fisicità dei suoi giocatori offensivi; la Juventus a cercare di scambiare dal basso per attirare la pressione e poi attaccare rapidamente in verticale negli spazi che la struttura degli spagnoli - con i due mediani e la difesa che rimaneva bassa - concedeva. Per i bianconeri non un piano perfetto, soprattutto perché un indemoniato Ocampos da solo stava creando diversi pericoli, ma almeno uno gradito: storicamente Allegri ama far attaccare le proprie squadre in un campo largo, approfittando anche delle qualità dei suoi giocatori. Al 19’, ad esempio, Locatelli ha approfittato della cattiva pressione dei due mediani del Siviglia (Rakitic e Fernando) per tagliarli fuori con un lancio corto per Vlahovic, che dopo il controllo spalle alla porta ha lasciato il pallone a Di Maria che col sinistro, il suo sinistro, ha giocato un filtrante perfetto sulla corsa di Kostic. Il cross del serbo ha tagliato fuori l'uscita di Bonou, ma Vlahovic non è riuscito a segnare in una porta vuota. Probabilmente il gol sarebbe stato fuorigioco (di quelli molecolari che vede solo il VAR) ma è stata un’azione indicativa di come la Juventus poteva coinvolgere i suoi giocatori con quello che sanno fare meglio (Locatelli a verticalizzare, Di Maria a rifinire, Kostic a crossare, Vlahovic a finalizzare). Attaccare in questo modo però richiede di essere estremamente decisi in caso di perdita del pallone, perché altrimenti l’avversario può trovare a sua volta un campo aperto in cui controattaccare. La Juventus non ha un sistema di riaggressione efficace, l’obiettivo è al massimo di rallentare l’avversario per tornare tutti dietro la linea della palla e difendere in maniera posizionale. Anche per questo raramente Allegri esaspera questo atteggiamento, perché finisce per creare degli squilibri. Ieri, però, la Juventus sembrava più intraprendente da questo punto di vista, e questa intraprendenza gli si è ritorta contro. Al 24’ i bianconeri avevano Kostic alto a sinistra, Cuadrado a destra, Miretti e Vlahovic in area di rigore. Di Maria, però, invece di cercare l’ampiezza ha servito l’inserimento di Alex Sandro - anche lui ieri più di spinta del solito - sbagliando però la misura del passaggio. Sul recupero di Balde, la Juventus è apparsa una tigre di carta. Il centrale ha appoggiato di prima per Jesus Navas, che senza pressione con un passaggio in verticale verso Ocampos ha tagliato fuori sei giocatori della Juventus. A quel punto l’esterno sinistro del Siviglia - molto più solido della versione vista in Italia - ha giocato di sponda con Fernando e poi è scappato alle spalle di Bonucci, molto impacciato nell’indecisione tra provare l’anticipo e contenere, non riuscendo poi neanche a spendere il fallo. Senza un sistema di marcature preventive il resto è stato un gioco da ragazzi per il Siviglia. Fernando ha servito Oliver Torres che a palla scoperta ha lanciato per Ocampos nello spazio, mentre i giocatori della Juventus non potevano fare altro che scappare indietro. Ma difendere correndo indietro è difficile e Locatelli e Danilo non hanno potuto far altro che vedere Ocampos mettere il pallone in mezzo, Gil fare velo e En-Nesyri segnare dal centro dell’area. [gallery columns="4" ids="91485,91486,91487,91488"] Subito dopo il gol Cuadrado ha fatto notare ad Allegri, con grande nervosismo, l’errore di Di Maria e il cattivo posizionamento della squadra come se fosse stata una follia attaccare con tutti quegli uomini. L’allenatore ha invitato alla calma la squadra, forse intuendo il momento, ma come spesso accade, il gol subito ha mandato in bambola i suoi giocatori. Sull’azione successiva Alex Sandro, pressato e senza compagni vicini, è scivolato mandando Ocampos in porta (bel salvataggio di Bonucci), quella dopo Gil ha messo En-Nesyri praticamente davanti alla porta, ma il centravanti del Siviglia è stato impacciato e si è fatto recuperare da Danilo. Per i restanti venti minuti del primo tempo, la Juventus è stata completamente in balia del Siviglia. Alla squadra di Mendilibar è però mancato il colpo del ko, la capacità creativa di approfittare di una squadra allo sbando con un secondo gol che avrebbe probabilmente chiuso la semifinale, finendo per prendersi qualche tiro sbagliato e per abusare dei cross, uno strumento con cui non è comunque facile far male alla Juventus. Tra confusione e speranzaAlla ricerca di una soluzione, Allegri a inizio secondo tempo ha inserito Iling-Junior e Chiesa per Kostic e Miretti passando dal 3-5-2 al 4-2-3-1 (con l’inglese a sinistra, l’italiano a destra e Di Maria al centro). Una scelta che permetteva alla Juventus di mettersi “a specchio” con il Siviglia e contenere in maniera più precisa le ripartenze degli spagnoli, ma anche di attaccare meglio sulle fasce, visto che passando per il centro si era scontrata con l’imprecisione dei suoi giocatori (Vlahovic, negativa la sua partita, e Di Maria su tutti). Con il Siviglia che ha abbassato notevolmente il ritmo e il baricentro, convinto che un gol di vantaggio in casa della Juventus fosse un sufficiente bottino di guerra, avere due esterni che saltano l’uomo poteva avere un senso. E nei primi minuti qualche giocata di buona volontà di Iling-Junior ha fatto pensare che la Juventus avrebbe potuto finalmente rendersi pericolosa, ma è stato un fuoco di paglia. I limiti creativi della Juventus sono atavici, ma - in serate come queste - vengono acuiti dalle caratteristiche della rosa e dalla mancanza di un sistema offensivo lineare. Con Di Maria sempre più involuto, o forse stanco per la lunga stagione, per i bianconeri creare occasioni da gol è come scalare una montagna senza attrezzatura, attraversare un oceano senza sapere nuotare. La confusione offensiva è stata certificata anche da come Allegri ha mosso le sue pedine nel secondo tempo. Dopo aver inserito Pogba per Di Maria al 70’ è passato al 4-3-3 con Locatelli vertice basso e il francese e Rabiot mezzali. Poco dopo ha invertito Chiesa e Iling-Junior, poi ha invertito Pogba e Rabiot, che però, poco dopo, si sono scambiati di nuovo. Insomma Allegri è sembrato andare per tentativi, cercare una fiammella in una notte buia e quella fiammella è stata Paul Pogba, che quasi da solo ha cambiato l’inerzia della gara. Ieri i tocchi del francese sul pallone sembravano arrivare da un posto diverso rispetto a quelli dei compagni: il palleggio di testa tipo foca sulla trequarti del Siviglia, il controllo a seguire per saltare Rakitic, il tacco con cui di spalle ha trovato Locatelli per avviare l’azione su cui poi la Juventus ha recriminato un rigore per fallo su Rabiot. Ma anche più semplici cambi gioco coi tempi giusti, passaggi in avanti e non indietro (come quello per Milik, che avrebbe potuto liberare Chiesa e invece ha calciato a incrociare vedendo il suo tiro respinto), la voglia di farsi dare il pallone e non nascondersi. A chiudere, poi, l’assist di testa - forse non del tutto voluto, ma comunque importante - per Gatti, il gol che ha riempito almeno in parte il bicchiere della Juventus.

Avere questo Pogba anche al ritorno è la speranza per Allegri, una speranza che riempie un vuoto offensivo ancora una volta preoccupante. Il francese, come ripete spesso l’allenatore, non è in grado di giocare 90 minuti, ma potrà essere lasciato fuori al ritorno? A Siviglia servirà qualcuno capace di tenere la squadra compatta, di impedire che si lasci trascinare dagli episodi che sicuramente ci saranno. In una squadra piena di giocatori esperti e carismatici, ieri alla Juventus è sembrata mancare esperienza e carisma. Per vincere una semifinale europea, anche in Europa League, anche contro l’undicesima in classifica della Liga, è necessario averne, soprattutto se - come è il caso di questa squadra - le idee sono poche e molto confuse.

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