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Fabio Barcellona
La partita che ha riaperto il campionato
23 apr 2018
23 apr 2018
La prudenza di Allegri non ha pagato e il Napoli, con calma e ostinazione, ha ottenuto una vittoria d'oro.
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Fabio Barcellona
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Come da tradizione del campionato italiano, lo scontro diretto che poteva riaprire il campionato è stato avaro di emozioni, ma stavolta imprevisto nel risultato finale. Il gol all’ultimo minuto di Koulibaly, al termine di una partita bloccata ha premiato la squadra di Sarri e punito le imprecisioni di una brutta Juventus. Il Napoli è ora a un solo punto dalla Juventus e la Serie A è completamente riaperta.

 

Sarri ha scelto di giocare la partita Scudetto con la sua formazione tipo, confermando Mertens al centro dell’attacco e lasciando Milik in panchina. Allegri, per la prima volta in stagione, aveva a disposizione tutti i suoi 6 giocatori offensivi, ma ha scelto la stessa formazione dell’andata, con la sola eccezione di Höwedes al posto di De Sciglio in posizione di terzino destro. Come a Napoli, nel 4-2-3-1 Asamoah è stato preferito ad Alex Sandro per la gestione dei tagli sul secondo palo di Callejon, Matuidi è stato impiegato sulla fascia sinistra, Douglas Costa su quella opposta e Dybala alle spalle di Higuain.

 

Le similitudini tra la gara di Torino e quella di andata non si fermavano alle formazioni. Se il piano gara di Sarri è in genere poco influenzato dagli avversari, Allegri ha tagliato il suo sulle caratteristiche del Napoli e la situazione di classifica, provando a controllare lo spazio difendendo con uno stretto 4-4-1-1, come fatto al San Paolo. L’idea di Allegri, in fase di non possesso, era quella, adottata da diverse squadre contro quella di Sarri, di negare il gioco tra le linee e negli half-space alle mezzali e alle punte del Napoli, specie sulla fascia sinistra. La Juventus congestionava il centro, riducendo gli spazi orizzontali e quelli verticali tra i reparti di difesa e centrocampo. I bianconeri hanno concesso solo l’esterno agli attacchi del Napoli, consapevoli della superiorità nel cuore dell’area contro eventuali palloni provenienti dalla fasce.

 


Il rigido 4-4-1-1 difensivo della Juventus.


 

In fase di possesso palla la Juventus ha provato invece a sfruttare a proprio favore il pressing alto del Napoli, per mezzo di una circolazione bassa del pallone che doveva, nelle intenzioni dei bianconeri, liberare spazi alle spalle della linea avanzata di pressione degli azzurri.

 


Definito il contesto, già dopo un minuto di gioco lo scacchiere tattico della partita è cambiato dall’infortunio di Chiellini. Allegri ha preferito non inserire Rugani o Benatia, spostando Höwedes al centro e inserendo Lichtsteiner sulla fascia destra. Il difensore tedesco è stato inizialmente schierato sul centro-destra con Benatia sul centro-sinistra, invertendo poi la posizione al 35'. La precoce rinuncia a Chiellini ha privato la Juventus di un’arma importante contro il pressing portato dal Napoli sulla costruzione bassa della squadra di Allegri.

 

Lo schema tipico del pressing azzurro era disegnato sulle diverse caratteristiche degli esterni bianconeri. Sul lato sinistro del campo Insigne rimaneva largo, nella zona del terzino destro bianconero, mentre dal lato opposto Callejon usciva in pressione sul centrale di sinistra degli avversari –inizialmente Chiellini – con Mertens che si occupava del centrale di destra. Alle loro spalle era Hamsik ad alzarsi su Pjanic quando il bosniaco provava a supportare i centrali nella circolazione del pallone, mentre Allan e Jorginho schermavano le linee di passaggio verso Khedira e Dybala, che dovevano aiutare la risalita del pallone. La linea difensiva è rimasta alta, comprimendo gli spazi utili alla manovra bianconera.

 

L’asimmetria del pressing del Napoli manteneva quindi la zona di destra dell’attacco della Juve - che aveva Douglas Costa e Dybala da quella parte - più coperta. Dall’altro lato, l’uscita centrale di Callejon lasciava invece in mezzo a due uomini – Asamoah e Matuidi – il terzino destro Hysaj. L’albanese preferiva in genere muoversi aggressivamente sul viaggio del pallone verso Asamoah, lasciando alle scalate aggressive di Albiol o ai ripiegamenti all’indietro di Allan, il controllo di Matuidi. Il successo del delicato e rischioso meccanismo di scalate previsto sulla fascia destra del Napoli dipendeva dalla precisione spaziale e temporale degli uomini di Sarri, ma anche dall’abilità della Juventus nello sfruttare la zona sinistra della propria area di costruzione bassa e delle temporanee libertà concesse ad Asamoah e Matuidi, trasferendole a catena in altre zone del campo.

 

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La palla circola da Benatia a Chiellini su cui escono in pressing rispettivamente Mertens e Callejon. A godere di discreta libertà è Asamoah su cui deve uscire, dopo una lunga scalata Hysaj.


L’uscita dal campo di Chiellini ha tolto però alla Juventus l’unico centrale mancino a disposizione, capace, col piede forte, di far scorrere velocemente il pallone verso Asamoah. Quando la palla girava indietro, Benatia e Höwedes ricevevano il pallone con il corpo fortemente orientato verso il centro del campo e l’opzione di passaggio preferita riportava il pallone in mezzo. Lo scorrimento del pallone verso la fascia sinistra, quando avveniva, era lento e impacciato e regalava al Napoli tempo sufficiente a effettuare con precisione le scalate necessarie sulla propria fascia destra.

 

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Benatia prima e Höwedes poi ricevono il pallone da Buffon con le spalle “chiuse”, guardando il centro del campo e non riescono a girare velocemente il pallone verso Asamoah, il più libero tra i giocatori bianconeri in campo.


Incapace di sfruttare la scelta del Napoli di concedere libertà ad Asamoah, la Juventus non è riuscita neanche a forzare il pressing del Napoli in altre zone di campo. La circolazione bassa del pallone è stata quasi del tutto orizzontale e ha coinvolto molto Buffon, più per necessità che per scelta.

 

I bianconeri non sono mai riusciti a liberare un uomo alle spalle della linea della pressione avversaria e, cercando una circolazione sicura, hanno abbassato tanti uomini dietro la linea del pallone che, disposti in orizzontale, statici, erano un bersaglio facile per l’ottimo pressing del Napoli. Lo scaglionamento dei calciatori, mai ad altezze diverse e quasi sempre statico, era inadatto a una circolazione efficace del pallone e gli unici movimenti che provavano a disegnare una linea di passaggio verticale o diagonale erano quelli, lineari e prevedibili, di Douglas Costa, Dybala e Higuain che si muovevano incontro al pallone, facilmente pressati dai loro diretti marcatori, agevolati dalla mancata creazione di superiorità posizionale della Juventus.

 

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La scelta di Allegri di difendere gli spazi e non concedere profondità al Napoli, ha costretto la squadra a schierarsi bassa a difesa del centro e della propria area di rigore. L’atteggiamento difensivo è stato però pagato caro in fase di transizione offensiva. Recuperando il possesso in zone molto arretrate e con quasi tutti gli uomini dietro la linea del pallone, la Juventus aveva grandi difficoltà sia a impostare transizioni offensivi verticali, che a consolidare il possesso, favorendo quindi l’ottimo gegenpressing del Napoli, che recuperava in fretta il pallone.

 


La Juve ha perso il possesso palla (56.8 %) prevalentemente nel suo terzo di campo difensivo, soffocata dal pressing e dalla riaggressione del Napoli (mappa della perdita del possesso via Wyscout).


 

Soffocatainella propria metà campo, i bianconeri non hanno trovato la via per risalire lungo il campo. Le iniziative individuali di Douglas Costa, preziose per avanzare lungo il campo e per creare superiorità numerica, erano confinate lontanissime dall’area avversaria. L’unico dribbling del brasiliano nella metà campo avversaria è arrivato nel secondo tempo e ha creato i presupposti per un’occasione pericolosa nell’area del Napoli. I restanti 4 dribbling dell’esterno bianconero sono arrivati sempre nella metà campo della Juve, in situazioni di gioco troppo complesse per aiutare realmente la squadra ad avanzare lungo il campo.

 


La mappa dei dribbling di Douglas Costa (via WhoScored).


 

Per migliorare la risalita del pallone, Allegri all’intervallo ha sostituito Dybala con Cuadrado. La Juve a quel punto è passata al 4-3-3 e ha confidato nei dribbling e nelle iniziative individuali dei suoi due esterni – il neo-entrato e Douglas Costa – per alzare la squadra e portare il pallone nella metà campo avversaria. La situazione però non è migliorata e il 4-5-1 difensivo, abbassando ancora un uomo rispetto al precedente 4-4-1-1, ha reso ancora meno agevole la costruzione di transizioni offensive.

 

Allegri ha giocato la sua ultima carta inserendo Mandzukic per Douglas Costa, rinunciando di fatto alle ambizioni di avanzare palleggiando e affidandosi al lancio lungo verso il croato, accompagnato da vicino da Matuidi per il recupero delle seconde palle e delle spizzate del neo-entrato. Il piano di Allegri è sembrato funzionare: Mandzukic ha domato diversi palloni lanciatigli dalle retrovie. Tuttavia, mostrando anche i limiti di questo approccio, proprio una sponda sbagliata di Mandzukic croato su un lungo lancio di Buffon ha innescato Zielinski e l’azione che ha portato al calcio d’angolo decisivo per i destini della partita.


Come in ogni big match giocato quest’anno, Allegri ha impostato una partita estremamente prudente, in cui il controllo degli spazi e il rifiuto di concedere qualsiasi occasione in transizione agli avversari hanno avuto la priorità assoluta. Le difficoltà del Napoli ad attaccare in spazi congestionati e i 4 punti di vantaggio in classifica non potevano che aggiungere ulteriori argomenti a favore della consueta scelta conservativa del tecnico bianconero.

 

Il piano difensivo della Juventus ha funzionato bene. Se la partita del Napoli è stata ottima in fase di pressing, e ha del tutto prosciugato la pericolosità offensiva dei bianconeri, è stato meno efficace in attacco. La squadra di Sarri ha provato a infilarsi tra le maglie avversarie con costanza, ma non è riuscita quasi mai a trovare un uomo alle spalle della linea difensiva - fatta eccezione per il solito attacco al secondo palo di Callejon, considerato ingiustamente in fuorigioco in occasione della bella conclusione al 27° minuto del secondo tempo - e ha trovato solo un paio di inserimenti interni di Hamsik servito nel cuore dell’area da filtranti di Insigne nella zona alle spalle del terzino destro.

 

Gli azzurri hanno

e fino al gol di Koulibaly avevano prodotto solamente 0.6 xG. Rispetto alla partita di andata, in cui la Juventus aveva deciso fino in fondo il contesto,

, a Torino la squadra di Sarri ha provato fino in fondo a cavalcare le proprie inclinazioni per scalfire il muro difensivo juventino. Al San Paolo il Napoli era stato costretto ad attaccare di più dal proprio lato destro rispetto all’amato lato sinistro ed era stato forzato all’enormità di 41 cross, un’arma offensiva particolarmente spuntata. La Juventus era stata capace di limitare l’influenza di Jorginho e Koulibaly, i giocatori più importanti nella costruzione bassa, dirottandola verso Albiol e Hysaj.

 

A Torino invece il Napoli è riuscito a portare i proprio attacchi per il 49% delle volte a sinistra e solamente il 31% delle volte a destra. Con pazienza e ostinazione ha limitato a 10 il numero dei cross. Complice anche il 4-3-3 adottato nella ripresa dalla Juventus - che ha complicato il controllo del mediano del Napoli - Jorginho (113 passaggi di cui 70 nella secondo tempo) e Koulibaly (79 passaggi) sono stati i giocatori più coinvolti nel gioco.

 


I 12 tiri del Napoli, di cui 4 in porta, generano 0.9 xG per gli azzurri. Misera invece la produzione offensiva della Juventus, che ha prodotto 1 solo tiro su azione e 3 su calcio piazzato.


 


La partita di Dybala ha sollevato parecchie perplessità e la sua sostituzione nell’intervallo ha sancito la rinuncia al lavoro di raccordo dell’argentino per la risalita del pallone lungo il campo. I suoi numeri sono piuttosto chiari. Dybala ha toccato il primo pallone dopo 10 minuti di gioco, sfiorando, senza controllarlo, un passaggio fuori misura di Pjanic nella propria metà campo. Il primo passaggio è avvenuto addirittura dopo 15 minuti di gioco, calciando il corner che ha portato a una conclusione in semi-rovesciata di Higuain. La partita del numero 10 si è chiusa con appena 6 passaggi e 16 palloni toccati.

 


La scarna mappa dei passaggi della partita di Dybala (via Wyscout).


 

Nei 45 minuti giocati Dybala ha giocato due dribbling (secondo solo a Douglas Costa), entrambi con successo, e ha costretto al fallo in due occasioni Jorginho, superato, che ha prevenuto che il numero 10 potesse affrontare palla al piede la difesa del Napoli. Nella pochissime volte in cui ha toccato il pallone la Joya ha fornito il suo contributo nel fare alzare il baricentro della squadra. La valutazione della prestazione di Dybala può in parte essere illuminata dalla comparazione con quella dell’altro attaccante bianconero, Gonzalo Higuain. Il centravanti ha giocato solamente 11 passaggi in 90 minuti, sbagliandone 4 e ha toccato il pallone appena 19 volte.

 


La pass-map di Higuain non è certo più ricca di quella di Dybala (via Wyscout).


 

Il bassissimo numero di palloni giocati da entrambi gli attaccanti bianconeri sottolinea, più di ogni altra cosa la difficoltà della manovra bianconera di servire adeguatamente i due argentini, efficaci se chiamati in causa tramite il palleggio e più in difficoltà e ripulire palloni lunghi o sporchi. La pass-map di Dybala (e quella di Higuain) non certificano solo le prestazioni negative delle due punte bianconere, ma le mettono in relazione a quella della squadra.

 


La riuscita della strategia conservativa di Allegri dipendeva da due condizioni. Per giocare con gli avversari vicini alla propria porta e confidare nel dominio al centro dell’area, c’è bisogno di una grande concentrazione e ogni errore – una marcatura saltata, un pallone rinviato malamente – può costare carissimo.
La Juventus è spesso stata maestra nel non concedere alcuno spazio agli avversari attraverso un’applicazione difensiva feroce e a una precisione maniacale del presidio degli spazi. È però bastata una disattenzione di Benatia, che ha perso banalmente la marcatura di Koulibaly, per perdere la partita e riaprire il campionato.

 

La seconda condizione è invece la capacità di risalire il campo, sia palleggiando che in maniera più diretta e verticale, partendo da una posizione media piuttosto bassa. Una condizione necessaria sia per creare pericoli agli avversari, ma anche, in maniera meno ambiziosa, per alleggerire la pressione sulla propria difesa. La squadra di Allegri ha però più volte mostrato grosse difficoltà contro squadre capaci di aggredire il primo possesso avversario. La resistenza al pressing della Juventus non è particolarmente elevata e i meccanismi di costruzione bassa troppo poco sofisticati per prevalere contro pressione aggressive e molto organizzate.

 

Contro il Napoli, anche la capacità di attaccare partendo dal basso è venuta meno e la strategia prudente di Allegri, privata di due dei suoi pilastri non ha portato al risultato sperato dall’allenatore bianconero. Il confronto tra la mappa dei passaggi di Benatia e quella di Koulibaly (quelle di Höwedes e Albiol sono praticamente analoghe) è illuminante per sottolineare le differenze tra la costruzione bassa delle due squadre e tra la loro efficacia.

 


Fatta eccezione per qualche lancio lungo nel secondo tempo, successivo all’ingresso di Mandzukic, la pass-map di Benatia è fatta quasi esclusivamente di passaggi orizzontali (via Wyscout).


 

Mentre Benatia si limita a muovere il pallone orizzontalmente, con una circolazione incapace di disordinare lo schieramento difensivo avversario, Koulibaly gioca il pallone avanti e indietro, verso Reina, provando così a manipolare la disposizione degli avversari. Chiaramente la possibilità di giocare il pallone in avanti è regalata da un sistema di movimenti capace di generare linee di passaggio avanzate.

 


La pass-map di Koulibaly è completamente differente (via Wyscout).


 

Per la prima volta nella sua storia la Juventus non ha tirato nello specchio della porta allo Juventus Stadium. Nei 90’ ha effettuato un solo passaggio (sbagliato) all’interno dell’area avversaria. La squadra di Allegri ha palesemente mostrato i problemi nella costruzione bassa del gioco che si erano più volte intravisti nel corso della stagione. La profonda compatibilità di due attaccanti dalle caratteristiche di Higuain e Dybala, con un attacco che parte da molto lontano, è un quesito aperto a cui la Juventus dovrà rispondere alla fine di questo campionato, così come quella che riguarda la totale adattabilità di tutti i componenti della rosa a uno stile di gioco prudente e che richiede per questo sacrifico e questa concentrazione per 90 minuti.
Il Napoli ha vinto grazie all’efficacia dei suoi meccanismi di riconquista aggressiva del pallone, giocati a Torino con estrema precisione ed intensità, e che hanno annullato quasi ogni pericolo per la porta di Reina.

 

È stata inoltre fondamentale la capacità, non nuova in questa stagione, di capitalizzare le occasioni da calcio piazzato, gli ultimi minuti di gioco e le disattenzioni difensive avversarie. Il gioco d’attacco non è stato di alto livello, ma il gol di Koulibaly è bastato a portare a casa il risultato.

 

A quattro partite dalla fine la Juventus dovrà provare a vincere a Milano contro l’Inter e all’Olimpico contro la Roma per conquistare lo Scudetto. Non si potrà più permettere quindi atteggiamenti speculativi. Il Napoli, poco brillante nell’ultimo periodo, dovrà evitare di dare per scontate le ultimepartite e vincerle tutte per approfittare di un eventuale passo falso dei bianconeri. La Juventus ha un punto di vantaggio, ma il Napoli ha dalla sua l'inerzia psicologica. Entrambe le squadre dovrebbero superare la quota punti raggiunta la scorsa stagione, a conferma dell’alto livello del campionato giocato da entrambe, che ha dato vita a una corsa Scudetto mai stata così aperta negli ultimi anni.

 

 

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