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Alfredo Giacobbe
Risultato senza gioco
23 nov 2015
23 nov 2015
La Juventus vince col minimo scarto una brutta partita tra squadre ancora ricche di problemi.
(di)
Alfredo Giacobbe
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Chi pensa che quello italiano sia il campionato più difficile del mondo, e per questo il più bello, di solito argomenta la propria tesi esaltando l’equilibrio di tutti i match, anche quelli tra squadre di rango differente, che mostrerebbe l’alto tasso di preparazione degli allenatori della nostra scuola.

 

L’idea di fondo è condivisibile, ma questi ingredienti non sono sufficienti per dare vita a una bella partita—anche perché la definizione di bello nel calcio è un esercizio di stile che non trova tutti d’accordo: una delle squadre che per qualcuno è tra le più belle di sempre, il Barcellona del "Sextete" del 2009, finiva per annoiare qualcun altro, tanto per fare un esempio.

 

Su Juventus - Milan, però, non possono esserci molti dubbi: è stata una brutta partita, sotto molti punti di vista. Le pressioni interne ed esterne alle due squadre, che non potevano accettare un risultato diverso dalla vittoria, hanno dato vita a una partita ancora più bloccata di quanto si potesse sperare, oltre che costellata di errori tecnici, con le due squadre che hanno perso 141 palloni a testa, sbagliando 1 passaggio ogni 4.

 

Come se non bastasse, Allegri ha dovuto fronteggiare l’inattesa ricaduta del guaio alla coscia destra di Sami Khedira e tenere conto, nelle sue scelte di formazione, dell’esigenza di guardare due partite più in là, al match di Champions League con il Manchester City. Mihajlovic, dal canto suo, ha confermato il 4-3-3 e ormai, alla sua sesta apparizione consecutiva, sembra aver trovato il suo indici di predilezione.

 



Il “busillis del trequartista” sta assillando Allegri dall’inizio della stagione: dal mercato è arrivato Hernanes, unica alternativa a Roberto Pereyra nel ruolo; eppure da quando il “Tucumano” si è infortunato contro l’Atalanta, il “Profeta” è stato eletto trequartista solo un’altra volta, contro il Torino. E in quella occasione, peraltro, Hernanes ha fatto il trequartista solo per pochi minuti, a causa del cambio di modulo imposto dall’infortunio di Khedira.

 

Anche sabato Hernanes avrebbe dovuto essere uno dei piatti della bilancia che ha Mandzukic nel fulcro e Dybala sul lato opposto. Il tentativo tattico dichiarato era quello di liberare un uomo tra la linea di difesa milanista e quella di centrocampo, per poi puntare l’area di rigore frontalmente.

 

La prestazione di Hernanes è stata certamente insufficiente: 12 passaggi giocati in maniera per lo più elementare; 10 palloni persi. Ma la maggiore “colpa” del brasiliano è stata quella di finire nella zona di predilezione di Paul Pogba. In questo anche il francese ha le sue responsabilità. Se dal lato opposto Sturaro facilitava l’intento tattico di squadra, allargandosi molto e finendo per svuotare la zona centrale (della sua presenza e di quella del suo marcatore), Pogba preferiva restare piuttosto stretto.

 

È pur vero che le migliori prestazioni stagionali del francese sono venute quando ha avuto la possibilità di entrare più nel vivo del gioco; sabato, però, ha finito per semplificare il compito di Kucka, che con il suo posizionamento finiva per marcare due uomini, permettendo a Cerci di restare più alto e pronto per le ripartenze.

 


Evra ha allargato lo schieramento avversario prima di dare palla a Chiellini, che avrebbe tempo e spazio per la verticalizzazione. Peccato che Hernanes resti alle spalle di Pogba, fuori quadro. Chiellini si rassegna a dare un altro giro in orizzontale al pallone.



 

Hernanes si muove preferibilmente sull’asse verticale, Pereyra lo faceva in orizzontale e permetteva di creare gli spazi che Pogba desidera prendere centralmente. Non a caso, le migliori combinazioni tra Hernanes e Pogba sono avvenute quando, sul finire del primo tempo, il brasiliano ha preso a isolarsi sulla fascia sinistra.

 



Dall'altra parte la manovra offensiva del Milan si è rivelata tutt’altro che sofisticata, oltre che inefficace. Provava a partire dalla difesa palla a terra, coinvolgendo anche Donnarumma, che ha finito per giocare il pallone coi piedi 29 volte, ma per via della pressione alta degli avversari (la Juventus ha recuperato palla un terzo delle volte nella metà campo avversaria) Antonelli e Abate preferivano lanciare in avanti, per favorire lo scatto di Niang e Cerci. Che, però, non hanno avuto il supporto del resto della squadra e hanno finito spesso per isolarsi sulla linea laterale.

 

Il Milan, inoltre, non è riuscito ad avvantaggiarsi della vena e della classe di Carlos Bacca. Il colombiano aveva un compito proibitivo, disimpegnarsi tra Barzagli e Chiellini, e ai due si è aggiunto Bonucci nel secondo tempo. Bacca, mai servito nello spazio come preferisce, non è riuscito a tirare una sola volta verso la porta avversaria, ma ha saputo comunque ricavare 6 sponde e 2 assist dai soli 30 palloni giocati, il numero più basso registrato tra gli uomini di movimento.

 

I numeri di Mario Mandzukic, che invece aveva dalla sua il supporto dell’intera squadra, se è possibile, sono stati peggiori. Dallo stesso numero di tocchi il croato ha prodotto appena un tiro, ha giocato 2 volte di sponda, senza creare nessuna occasione per i compagni. Incapace di offrire un movimento che potesse scompaginare l’assetto difensivo milanista, Mandzukic ha agito da punto di riferimento più per gli avversari che per i compagni.

 

Pur con caratteristiche diverse—l’uno basa tutto sulla velocità, l’altro la mette sul fisico—Bacca e Mandzukic sono due veri numeri nove, e come tali, per mettere in mostra le proprie qualità nella finalizzazione, hanno bisogno che i meccanismi offensivi della propria squadra funzionino alla perfezione. E Juventus e Milan sono, oggi, entrambe lontane da questo ideale.

 


Nel secondo tempo il Milan è stato meno diretto, ma il suo possesso è stato piuttosto perimetrale, con la Juventus chiusa a protezione della propria area.



 



Un infortunio muscolare ha estromesso Hernanes dal match all’intervallo e Allegri è passato al 3-5-2, ricorrendo a Bonucci, che era stato lasciato a riposo in vista dell’impegno contro il Manchester City. Nell’affrontare il 4-3-3 rossonero, con Cerci e Niang molto larghi, gli esterni bianconeri sono stati costretti ad abbassarsi, formando spesso una linea difensiva a cinque. I terzini milanisti hanno avuto finalmente la possibilità di superare la linea di centrocampo, per creare così la superiorità numerica.

 

La Juventus ha finito per cedere parte del controllo sulla partita: il primo tempo si era concluso con il 61% di possesso palla bianconero, contro il 39% milanista, mentre alla fine dei novanta minuti le rispettive percentuali si sono riequilibrate: 55% e 45%. Un possesso in ogni caso sterile, quello juventino, a causa di un giro palla reso estremamente lento dall’assenza di movimenti preordinati: la Juventus ha trovato sfogo solo sulla fascia destra in maniera continuativa, grazie alla superiorità numerica generata dalla catena Lichtsteiner-Sturaro-Dybala. Da quel lato sono arrivati 12 cross sui 19 totali.

 

La perdita di controllo nel secondo tempo, quindi, ha aiutato la Juventus a stanare il Milan dalla propria metà campo: nel primo tempo, le 7 conclusioni tentate dai bianconeri sono state tentate dalla distanza; nella seconda frazione, 4 volte su 8 gli uomini di Allegri hanno provato la battuta dall’interno dell’area di rigore. Il Milan ha via via aumentato la pressione sull’avversario, ma non ha saputo penetrare in area avversaria in maniera consistente. Le uniche occasioni sono arrivate ad opera di Kucka, autore di 4 delle 9 conclusioni dirette verso la porta di Buffon.

 


Un movimento “á la Tévez” di Dybala: viene incontro per ricevere palla, la restituisce al centrocampista e subito cambia direzione alla propria corsa. Intanto alle sue spalle Mandzukic si butta nello spazio creato dal compagno.



 

Il gol che ha deciso la partita è nato in maniera casuale, ma anche da una buona iniziativa sul lato sinistro. La difesa juventina ha riciclato velocemente il pallone verso Pogba, mentre i milanisti cercavano di riposizionarsi dopo che Bonucci aveva calciato una punizione sulla barriera. Abate si è quindi trovato schiacciato tra due avversari: il francese e Alex Sandro. Il gioco a due tra gli juventini ha portato il brasiliano arrivato in estate dal Porto al tentativo di cross dal fondo; Alex si è fatto attrarre dal pallone e ha lasciato via libera in area a Dybala, sempre letale in simili circostanze quest’anno.

 

L’unica mossa tattica di Mihajlovic, che dieci minuti dopo aver subito lo svantaggio è passato al 4-2-3-1 portando Luiz Adriano a sostegno di Bacca, non ha sortito effetti decisivi. La Juventus si è abbassata con tutti gli effettivi sotto la linea della palla e per gli attaccanti rossoneri non ci sono stati spazi per tentare una combinazione a due davanti all’area di rigore avversaria.

 



Ad Allegri vanno concesse le attenuanti del caso: gli impegni di Champions League, delle Nazionali, e gli infortuni ripetuti non gli hanno permesso di lavorare al massimo delle sue possibilità. Troppo poche

tattiche per poter amalgamare una rosa cambiata per il 40% nell’intervallo tra le due stagioni.

 

È un fatto, però, che la Juventus dopo 13 partite di campionato non abbia mostrato ancora un’idea di gioco coerente di partita in partita, che non sia riuscita a implementare una manovra offensiva fluida e concreta. Le responsabilità vanno comunque imputate all’allenatore, quanto meno lento nel trasmettere l’idea di calcio che ha in mente al proprio gruppo. Per sua fortuna, la Juventus si sta sostenendo sulle iniziative dei singoli dotati di talento, di cui la rosa fortunatamente abbonda, e su una fase difensiva di nuovo solida: 4 gol subiti nelle ultime 10 uscite.

 

Non sono poi così diverse le difficoltà del Milan e le soluzioni trovate dal suo tecnico, solo che Mihajlovic non ha le stesse attenuanti del collega. Il 4-3-3, che diventa un compatto 4-5-1 in fase di non possesso, ha dato maggiore copertura e nuove sicurezze ai rossoneri, che erano stati spezzati e spazzati via dal Napoli nell’ultima uscita col 4-3-1-2. Ma quando deve costruire gioco, il Milan vive solo delle intuizioni dei suoi giocatori migliori. E con un terzo di campionato ormai alle spalle, è davvero troppo poco per star tranquilli.

 
 



 
 

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