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Fabio Barcellona
Chi ha più problemi, la Juventus o il Milan?
29 mag 2023
29 mag 2023
I rossoneri si qualificano in Champions col minimo sforzo.
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Fabio Barcellona
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Foto Imago / Buzzi
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Si è parlato molto della tempistica dei punti di penalizzazione inflitti alla Juventus, proprio a ridosso della partita dell'Empoli che i bianconeri hanno perso 4-1. Una vittoria poteva portare la squadra ad appena 2 punti dal Milan, da affrontare poi nello scontro diretto. C'era, insomma, la possibilità per una prova d'orgoglio, ma alla fine di una stagione estenuante a livello nervoso - e con problemi di ogni tipo - forse le energie non erano abbastanza. C'era lo scoramento per la sentenza avversa e la sensazione che sarebbe stato comunque inutile a causa del nuovo processo sportivo, o per le voci sempre più insistenti di un’esclusione dell’UEFA. Certo, è impossibile entrare nella testa dei giocatori e di un gruppo che ha giocato una stagione in condizioni oggettivamente complicate. Stabilire una misura precisa di come ciò che era fuori ha condizionato quello che è successo dentro al campo.Quello che non si può discutere è che la Juventus ha espresso, quasi sempre, un calcio di bassa qualità e scarsa efficacia. La sconfitta con l’Empoli non è stata soltanto un episodio frutto di contingenze: fa invece parte di un filone di pessime prestazioni e brutti risultati. Contro il Milan dopotutto c'era ancora la possibilità di tenere aperte delle possibilità per qualificarsi. I rossoneri all'ultima giornata dovranno affrontare l’Hellas Verona in cerca di punti salvezza, non un match semplice. Questa situazione, assieme al blasone della sfida, lasciava sperare che i bianconeri avrebbero trovato delle motivazioni per cercare la vittoria. Era anche l’ultima partita in casa del campionato. Giocata nel silenzio irreale dello stadio, la partita contro il Milan mostrato una squadra molle, confusa e disorganizzata. Agli uomini di Pioli bastava un pareggio per essere certi di giocare la prossima Champions League ed è stato sufficiente un gol episodico ma bellissimo di Giroud. Le scelte dei due allenatori, i problemi di semprePer affrontare il Milan Massimiliano Allegri ha scelto di schierare assieme dal primo minuto Kostic, Di Maria e Chiesa. La Juve era schierata su un 4-2-3-1 raramente visto in stagione, se non in situazioni di emergenza. C'era l'annoso problema della convivenza tra i tre giocatori: Chiesa era piazzato a destra, Kostic a sinistra e Di Maria in posizione centrale alle spalle di Moise Kean. Il Milan invece si disponeva con quella che può essere considerata la sua formazione tipo di questo finale di stagione, con Thiaw al fianco di Tomori al centro della difesa e Messias largo a destra con Brahim Diaz dentro il campo. La Juventus ha cercato di assecondare il suo schieramento, più offensivo del solito, con un pressing alto inconsueto. La chiave del pressing della Juventus – e, di riflesso, quella della possibilità del Milan di sfuggire alla pressione avversaria – era localizzata nella zona centrale. Lì i bianconeri hanno affrontato i due centrali rossoneri con Kean, mentre Di Maria, impegnato nella zona di Krunic, andava in pressione su uno dei centrali. Il pressing della Juventus è stato, come sempre, poco organizzato negli inneschi e nell’orientamento della circolazione avversaria e sempre a rischio di sfilacciarsi e allungare la squadra. Nonostante tutto, la bassa qualità della circolazione arretrata del Milan, ha consentito al pressing alto della Juventus di recuperare qualche pallone e di diventare, sostanzialmente, la migliore arma offensiva degli uomini di Allegri. Tuttavia, nel match tra un pressing disorganizzato e una costruzione bassa molto povera, il Milan è talvolta riuscito a portare il pallone a Krunic, libero alle spalle del pressing offensivo della Juventus. Nulla di troppo preoccupante tuttavia per i bianconeri. Ripiegando nella propria metà campo nel consueto 4-4-2, la Juve riusciva a contenere l’attacco posizionale del Milan, povero di idee e soluzioni - come del resto troppo spesso è capitato nell’ultimo periodo. In fase d’attacco i rossoneri disegnavano l’ormai abituale 4-3-3 con Tonali che abbandonava la sua posizione al fianco di Krunic per andare ad occupare quella di mezzala sinistra ed interpretare il ruolo di incursore a rimorchio delle palle giocate su Giroud, cercando di approfittare degli spazi che le squadre avversarie, focalizzate sul controllo stretto di Leão, tendono a lasciare tra terzino destro e centrale. Dal lato opposto, invece, Diaz (nella posizione di mezzala destra) è stato utilizzato come di consueto per puntellare il possesso e variarne il ritmo con le sue conduzioni nervose. I terzini piuttosto bloccati, gli esterni isolati in ampiezza e una divisione dei compiti e delle posizioni netta hanno disegnato ancora una volta un attacco rigido, poco fluido che è in genere costretto a dipendere dalle iniziative individuali di Leão o, ancora di più, sul lavoro di Giroud. Un lavoro da “centro-boa” su cui giocare palloni per fare collassare la difesa ed creare così spazi da attaccare, sia da utilizzare come finalizzatore puro.Al quarantesimo del primo tempo, senza che il Milan avesse mai creato davvero i presupposti della pericolosità, le qualità di finalizzatore di Giroud hanno regalato il gol della vittoria alla squadra. È stata la migliore giocata tecnica di una partita poverissima da questo punto di vista: l'attaccante è sfilato alle spalle di Gatti e, in arretramento, ha colpito di testa centrando perfettamente e l’angolo sinistro della porta difesa da Szczesny.

La Pass Map del Milan fotografa bene il rigido 4-3-3 in fase offensiva del Milan.

Fino a quel momento era stata una partita mediocre in cui la Juve aveva fatto qualcosa in più, specie sfruttando transizioni su distanze medio-corte con Kean e, talvolta Chiesa. In fase di attacco posizionale, invece, la Juventus aveva parecchie difficoltà a disordinare il blocco basso con cui Pioli aveva deciso di difendersi. La Juventus ha cambiato modulo e aveva Di Maria sulla trequarti, ma comunque ignorava quasi del tutto la possibilità di sviluppare un gioco interno tra le maglie della difesa avversaria. Si sviluppava soprattutto sull’esterno, in un campo grande da coprire coi cambi di gioco, facendo affidamento sulle iniziative individuali dei tanti portatori di palla. Il risultato, prevedibile e ormai abituale, era un attacco incapace di muovere e disordinare la difesa avversaria che quindi poteva proteggere senza affanno la propria porta. Inevitabile la conseguente difficoltà dei bianconeri, cronica anch’essa, a creare pericoli per la porta avversaria e occasioni di qualità. Coi suoi 16 tiri in tutto il match la Juventus ha generato solo 0.8 expG, una media di 0.05 expG/tiro, indice che la qualità delle occasioni di tiro creata dai bianconeri è stata davvero povera.

La mappa dei passaggi nell’ultimo terzo di campo della Juventus è polarizzata sugli esterni e praticamente vuota sulla trequarti.

Il gol di Giroud ha ulteriormente complicato le cose per una squadra fragile come la Juventus di questa stagione. L’urgenza di alzare il ritmo del pressing per pareggiare il match, unito al sopraggiungere della fatica, ha diminuito l’efficacia della pressione bianconera che, all’inizio del secondo tempo, si è spesso trovata spaccata in due. La linea difensiva e i centrocampisti restavano lontanissimi dalla prima linea del pressing, facilmente saltata anche per la progressiva distrazione di Chiesa e Di Maria. Allegri ha quindi provato a rimediare aggiungendo un centrocampista – Paredes entrato al posto di Di Maria – e passando al 4-3-3. Milik al centro dell’attacco e Kean – poi sostituito da Iling Junior – sulla fascia sinistra. Il 4-3-3 ha stabilizzato la transizione difensiva della squadra, ma non ha regalato nulla alla squadra in fase offensiva. La Juventus non ha modificato il modo in cui portava i suoi attacchi e la presenza del più statico Milik al posto di Kean ha ulteriormente facilitato la difesa rossonera.Va detto che il Milan ha creato ancora meno della Juventus (9 tiri e 0.5 expG). La differenza allora è stata la bravura di Giroud, che ha nascosto i problemi di una fase offensiva rigida e opaca. Contro il gioco d’attacco della Juventus, centrato molto sulle iniziative individuali degli esterni, Calabria ha vinto il duello con Kostic prima e con Iling Junior successivamente, mentre Theo Hernandez ha ben controllato Chiesa, che pare in enorme difficoltà a giocare in una squadra in cui la circolazione del pallone è troppo lenta e perimetrale. Al di là dei discorsi sul suo ritorno dall'infortunio, Chiesa ha bisogno di un contesto tattico di isolamenti e squilibri avversari per esprimere il proprio talento. Insomma, è bastato poco al Milan per vincere la partita.

Come guardare al futuroAl termine del match, con l’ennesima dichiarazione auto-assolutoria, Massimiliano Allegri ha affermato che la Juventus non è stata costruita per vincere. Ha aggiunto che se lui avesse voluto vincere sarebbe andato ad allenare da un’altra parte. Le attenuanti le conosciamo e sono molte, e sul valore della rosa di può discutere, ma resta difficile non giudicare negativamente questo secondo ciclo di Allegri sulla panchina bianconera. Nonostante i tanti cambiamenti nella rosa effettuati sia durante che tra le due stagioni, la proposta di gioco portata avanti dal tecnico bianconero è rimasta invariata, così come non sono cambiate le ragioni della sua inefficacia e la sua cattiva applicazione in campo. Allegri non ha mai rinunciato alla sua idea di difendere abbassando il baricentro della squadra, ma la Juventus non è mai riuscita veramente a superare l’eccessiva passività con cui ha interpretato il copione difensivo immaginato dal suo allenatore e a costruire un affidabile sistema di transizioni offensive. Al contempo, le occasionali fasi di pressing sono sempre state mal organizzate e imprecise. In fase d’attacco la scelta, immutabile e indipendente dagli interpreti, è stata quella di ridurre all’osso la struttura di palleggio della squadra, di attaccare utilizzando un campo grande, svuotando il centrocampo, rinunciando quasi filosoficamente a qualsiasi tentativo di manovrare sul corto tra le maglie della difesa avversaria per affidarsi agli inserimenti delle mezzali e al crossing game, peraltro poco sostenuto da un’efficiente occupazione dell’area di rigore. In questo contesto i migliori giocatori della Juventus di questa stagione sono forse stati Adrien Rabiot, un incursore che si esalta in un campo grande, e un crossatore quantitativo come Filip Kostic. Il disegno tattico è stato portato avanti a dispetto di ogni altra qualità dei componenti della rosa e senza alcun miglioramento nel tempo della sua efficacia. Non è la mancanza di vittorie, ma la scarsa qualità del gioco proposto e l’ostinazione e l’incapacità nel modificarlo per trovare dei miglioramenti la vera colpa di Massimiliano Allegri. Con la vittoria di ieri il Milan è diventato sicuro di qualificarsi alla prossima Champions League, favorita ovviamente dalle vicissitudini giudiziarie dei bianconeri. Non è semplice giudicare la stagione del Milan. La semifinale di Champions League è stato un risultato sportivo notevole, sebbene diventato una fonte di malessere per averla persa con l'Inter. Resta la sensazione generale che il Milan, come squadra, abbia fatto un passo indietro. Indipendentemente dal valore della rosa, che il mercato d’estate non ha forse rinforzato abbastanza, la squadra è sembrata smarrire i punti di forza che le avevano regalato il titolo di campione d’Italia. La tensione verticale, l’intensità, il pressing offensivo, la fluidità in fase d’attacco hanno lasciato spazio a una squadra più compassata e soprattutto più statica, rigida e prevedibile in fase offensiva. La palla lunga su Giroud è diventata una necessità e la verticalità degli attacchi, esaltati dalla fluidità dei giocatori, si è persa a favore di sviluppi più meccanici e prevedibili, che hanno tolto ritmo e velocità ai rossoneri. Il Milan si è spesso trovato a giocare in contesti tattici poco favorevoli e in cui i difetti di tanti giocatori, minimizzati dall’intensità delle partite giocate la passata stagione, sono emersi con nettezza. Non è ancora chiaro se Stefano Pioli sarà anche l’anno prossimo l’allenatore del Milan. Qualora fosse confermato sulla panchina rossonera avrà molto lavoro da fare, così come la dirigenza, che per consolidare la posizione di vertice del Milan dovrà per forza rinforzare la rosa. Di certo i soldi della prossima Champions League rappresentano un un buon inizio.

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