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Come NON utilizzare Yildiz e Leao
06 ott 2025
Al termine di Juventus-Milan due temi su cui riflettere per entrambe le squadre.
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7 min
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IMAGO / Anadolu Agency
(copertina) IMAGO / Anadolu Agency
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Da un po’ di tempo, ormai, le partite tra Juventus e Milan lasciano a chi le guarda un certo senso di sconforto. Due squadre che si affrontano senza riuscire a dare il meglio di sé stesse, e che se trovano un’occasione o addirittura il gol lo fanno quasi per caso, contro la propria volontà. È stato così lo scorso anno ed è stato così anche ieri.

Juve e Milan ci hanno ricordato che certe volte la domenica sera è meglio andare a letto presto per iniziare la settimana con un po’ di stanchezza in meno. E anche quando avrebbero potuto mettere un po’ di pepe sulla partita, si sono rifiutate di farlo, con errori sottoporta davvero inammissibili a questo livello. I dati di StatsBomb parlano di 1,1 xG per la Juventus e di 1,7 xG per il Milan (rigore di Pulisic incluso), numeri che normalmente avrebbero fruttato una partita con almeno tre gol: una gara brutta ma con qualche rete in più avrebbe reso di certo meno sonnacchioso il posticipo.

Quali conclusioni trarre, allora, da una partita in cui nessuna delle contendenti sembrava interessata ad esprimere il massimo del proprio potenziale (il Milan per una questione di opportunità, visto che il pari all’Allianz Stadium non è un cattivo risultato, la Juventus per timore di perdere il controllo, come spesso le è accaduto in questo inizio di stagione)?

È LA JUVE DI CONCEIÇAO, PIÙ CHE DI YILDIZ
Dal punto di vista della Juventus, il primo dettaglio su cui riflettere è che, come nei momenti peggiori dello scorso anno con Motta, quella che dovrebbe essere la squadra di Yildiz, in realtà, è la squadra di Conceiçao.

Non che la crisi di gioco e la “pareggite” dei bianconeri siano da imputare al portoghese, che è una conseguenza, più che una causa, dei risultati delle ultime settimane. Il peso di Chico nel gioco è un po’ il termometro dello stato di forma della squadra di Tudor. Perché se la Juventus è costretta continuamente a recapitargli il pallone in isolamento, sperando che un suo dribbling porti un pericolo, significa che qualcosa non stia funzionando. Conceiçao sul lato debole può essere una risorsa, ma non può essere il fuoco creativo della Juventus. Quei galloni, sulla carta, dovrebbero spettare a Yildiz.

Il turco, però, era confinato sulla fascia sinistra, ad aspettare il pallone in isolamento proprio come se avesse le stesse caratteristiche di Conceiçao: il modo più sbagliato di usare un giocatore con la sua qualità – e, per inciso, era anche il modo in cui lo usava Thiago Motta. Yildiz avrebbe bisogno di entrare nel cuore del gioco, guidare gli attacchi decidendo quando ricevere dentro e quando invece stare sulla fascia. Più che usarlo per tentare l’uno contro uno, la giocata estemporanea, la Juve dovrebbe sfruttarlo per creare circuiti associativi e, in un secondo momento, attaccare la porta. Ultimamente, però, non accade nulla di tutto questo.

Ieri sera Tudor lo ha penalizzato ulteriormente affiancandogli un esterno come Cambiaso che non sembra per nulla essere il partner adatto per Yildiz sulla sinistra. Come tutti i grandi giocatori, Yildiz dovrebbe esercitare la sua influenza su più possessi possibile. Già su quel lato del campo per la Juve in mediana c’è Locatelli, che è il centrocampista più portato a toccare palloni e dai cui piedi, per forza di cose, ne passa il maggior numero in quella zona; se poi sulla stessa fascia Tudor schiera anche Cambiaso, che è un laterale con spirito da centrocampista a cui piace muoversi verso dentro e partecipare al palleggio, ecco che gli interventi di Yildiz si riducono e si restringono anche le zone di campo in cui può sentirsi libero di muoversi per chiamare palla. La passmap di ieri sera è un po’ il riflesso di tutto ciò.

E così la Juve, invece di costruire i propri attacchi intorno a Yildiz, la cui qualità potrebbe migliorare il gioco in generale, spesso il corridoio di sinistra o di centro sinistra lo usava solo per iniziare l’azione per poi far girare la palla verso il lato opposto e isolare Conceiçao in ampiezza.

Il portoghese è stato anche produttivo e ha messo in seria difficoltà Bartesaghi. Però, per quanto possa puntare l’uomo, non migliora il rendimento della squadra. Ecco perché se l’unica fonte creativa è lui significa che qualcosa per la Juventus non sta funzionando.

Oltretutto, sui suoi cross rasoterra, i compagni, McKennie in particolare, sono stati imprecisi; e quando l’americano ha trovato il modo di girare palla sul secondo palo Jonathan David sembrava stesse pensando ad altro.

Da questo tipo di azione, con la palla mossa da un lato all’altro, da sinistra verso destra, per attivare l’uno contro uno di Conceiçao, è nato anche il calcio d’angolo che ha portato alla clamorosa occasione di Gatti.

È stato praticamente l’ultimo sussulto della partita, perché da lì in avanti il Milan ha giocato meglio e forse avrebbe meritato la vittoria.

IL MILAN FUNZIONA MEGLIO, MA LA SUA FORMA DEFINITIVA NON È ANCORA ARRIVATA
Se la Juve ha ancora problemi a capire chi debba essere il padrone della squadra, al Milan non ci sono dubbi. Tutto il gioco deve passare da Luka Modrić e Allegri ci tiene così tanto a consegnare il maggior numero possibile di possessi al croato da invitarlo a giocare praticamente da centrale difensivo, dove può attivarsi subito.

È stato un ragionamento lineare quello del nuovo allenatore rossonero, calibrato sulle caratteristiche dei giocatori. Quando si ha a disposizione uno dei migliori centrocampisti della storia, abituato oltretutto a muoversi incontro alla palla, non ad aspettarla, meglio fargliela toccare già da inizio azione, inutile farla tenere ai difensori: in questo modo si possono nascondere anche eventuali limiti dovuti all’età. Oltretutto, abbassare Modrić signfica anche sgravare del peso dell’impostazione giocatori poveri tecnicamente come Pavlović e Fofana, che quando il croato si abbassa si allontanano più possibile dalla palla: il serbo in particolare, si sistema da terzino.

Quando gli avversari si chiudono in blocco medio o medio-basso, in Serie A è difficile che chi difende si alzi in maniera aggressiva abbandonando la posizione per pressare i giocatori più arretrati. E così Modrić, praticamente in posizione di difensore centrale di sinistra, ha tutta la libertà di vedere il gioco. Uno come lui, la palla che porta al rigore di Kelly su Giménez, può darla ad occhi chiusi se non viene pressato (e anche se venisse pressato, valla a togliere la palla a Modrić, col rischio di lasciarti un buco alle spalle).

Per sfortuna del Milan, Pulisic ha calciato il rigore alle stelle, incrementando l’assurdo dato per cui i rossoneri hanno sbagliato 6 degli ultimi 8 rigori in Serie A.

Il Milan comunque non si è demoralizzato e, tra le due, come detto, è stato la squadra che ha provato di più a vincere. Per provare a “uccidere la partita”, per dirla con le sue parole, Allegri ha inserito prima Leão e poi Nkunku, che alla fine hanno costituito la coppia d’attacco.

Il loro cameo, però, ha lasciato qualche dubbio sul loro impiego da punte. Non si sono mossi molto, hanno occupato soprattutto il centro e hanno ricevuto quasi sempre di spalle, senza mai riuscire a imporsi. Il loro contributo, quindi, non è stato all’altezza. Cosa pensare? È solo questione di tempo o per caratteristiche andrebbero usati in un altro modo?

Di sicuro da entrambi non si può pretendere il lavoro sporco del centravanti classico: Nkunku, quando al Lipsia giocava in attacco, non eccelleva di certo nei duelli spalle alla porta.

Se proprio vuole usarli da punte, Allegri deve trovare il modo di farli svariare e vedere il gioco frontale; e se proprio devono ricevere di spalle, devono farlo con un minimo di spazio per eseguire il primo controllo.

Tra i due, Nkunku per ora dovrebbe essere quello in grado di muoversi maggiormente da attaccante. Occhio, però, a sottovalutare i margini di miglioramento di Leão. Può sembrare strano dirlo al termine di una partita in cui si è divorato due palle gol imperdonabili non solo per un numero nove, ma per qualsiasi giocatore che ambisca a essere decisivo. Tuttavia il fatto di giocare al centro e non inchiodato alla fascia è un’occasione per il portoghese. I suoi margini di miglioramento, ricevendo da fermo sulla sinistra, si erano esauriti.

Per giocare con continuità al livello dei migliori al mondo Leão ha bisogno di essere sollecitato in un altro modo rispetto agli ultimi anni: sia facendo sentire la sua influenza con la palla in zone più sensibili (Leão se vuole sa condurre nello stretto anche al centro e il suo primo controllo, lontano dalla fascia, è migliore di quanto si dica), sia tagliando verso la porta: nella palla gol del 90’ Gatti si perde il suo taglio, ma uno scatto in profondità di Leão sarebbe difficile da contenere per qualsiasi difensore; un movimento simile, peraltro, si era visto anche nei pochi minuti disputati in Coppa Italia contro il Bari.

Insomma, per Leão, per certi versi, i prossimi mesi saranno di apprendistato. Il Milan avrà abbastanza margine per concedergli di sbagliare?

È una domanda a cui è impossibile rispondere oggi che siamo ad ottobre e che in Serie A, a dirla tutta, non sembrano esserci squadre completamente in salute tra quelle che ambiscono alle prime quattro posizioni. Che tra Juve e Milan venisse fuori una partita come quella di ieri sera, insomma, era ampiamente pronosticabile.

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