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Fabio Barcellona
La Juventus ha aspettato gli errori della Lazio
03 apr 2024
03 apr 2024
La partita dei bianconeri è stato un capolavoro di cinismo tattico.
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Fabio Barcellona
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IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
(foto) IMAGO / Gribaudi/ImagePhoto
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È il quinto minuto del secondo tempo di Lazio-Juventus. Dopo un primo tempo controllato dalla squadra di Tudor, che aveva avuto il dominio del possesso e che con il suo pressing aveva spento le velleità offensive della Juventus, i bianconeri vanno in vantaggio con Federico Chiesa, si potrebbe dire a sorpresa, nonostante la Lazio non si fosse resa poi così pericolosa.

Nell’occasione del gol la Juventus manovra procedendo dalla metà campo avversaria verso Perin: Danilo serve indietro Bremer che, pressato da Immobile, muove il pallone verso il proprio portiere. Il movimento all’indietro del pallone avversario è lo zuccherino che attira il pressing della Lazio, su cui Tudor sembra essersi concentrato in questi primi giorni da allenatore biancoceleste. Luis Alberto si fa ingolosire e va ad attaccare Perin nonostante sia in ritardo. Il portiere della Juventus ha un comodo scarico laterale alla sua destra verso Cambiaso, reso ancora più agevole dalla fretta con cui lo spagnolo è andato in pressione. A quel punto, in maniera ancora più avventata di Luis Alberto, Felipe Anderson si alza con veemenza su Cambiaso, mentre forse sarebbe stata più saggia un po' di prudenza nelle uscite. Di conseguenza per Cambiaso è molto semplice superare Felipe Anderson conducendo il pallone con il sinistro verso il centro del campo. Il terzino di Allegri trova tanto campo davanti a sé, che è spazio per condurre e tempo per decidere. I due interni del 4-2-3-1 di Tudor sono lontani dalla prima linea di pressione e distanti tra loro. La linea difensiva è aperta, con Casale preso in mezzo dai movimenti profondi di Vlahovic e Chiesa, e Marusic troppo lontano. Il gol viene di conseguenza, con Cambiaso che è bravo a trovare in verticale Chiesa.

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Da notare il movimento di Romagnoli verso la mezzala destra McKennie che allarga la linea difensiva della Lazio. Ci torneremo.

L’azione del secondo gol, sebbene giocata in un campo più piccolo, è simile a questa. La Juventus muove il pallone all’indietro, arrivando a Gatti, su cui va in pressione ancora una volta Felipe Anderson. Gatti potrebbe, assecondando il pressing avversario, girare il pallone verso Cambiaso, su cui già si sta alzando il terzino sinistro Gila. Il centrale juventino però trova Rabiot al centro del campo - si potrebbe dire “dentro” la pressione della Lazio. Il centrocampista francese infatti è piuttosto libero alle spalle del pressing effettuato da Felipe Anderson, ancora una volta. A questo punto, con Gila che ha scelto di uscire alto in pressione su Cambiaso, McKennie può trovare uno spazio utile alla ricezione al fianco sinistro di Vecino, che invece si è alzato su Rabiot.

Romagnoli rompe la linea uscendo su McKennie, forse immaginando che su Vlahovic possa arrivare la scalata dell’altro centrale, Casale. Quest’ultimo però si muove in ritardo, mentre McKennie e Vlahovic sono molto bravi a leggere la situazione e a sfruttare il vantaggio numerico e posizionale. Vlahovic attacca immediatamente lo spazio alle spalle di Casale e McKennie, servendolo di prima, elude il tentativo di pressione in avanti di Romagnoli. Anche in questo caso il gol arriva di conseguenza: Casale è troppo distante e quando raggiunge Vlahovic è ormai troppo vicino la propria porta per impedire l'inevitabile.

La Juventus è molto brava a sfruttare in verticale il tre contro due creatosi in zona centrale tra Rabiot, McKennie e Vlahovic con Vecino e Romagnoli.

Bisogna dare a Cesare quel che è di Cesare. Se, soprattutto nel primo gol, ci sono errori nelle scelte individuali dei calciatori della Lazio, nei due gol la Juventus è stata brava a sfruttare i vantaggi portati dalla posizione di McKennie, aiutata dal disallineamento tra l’aggressività di Romagnoli e la passività del resto della linea difensiva, che non è scalata prontamente alle spalle del compagno di reparto. Andando ancora più indietro, è il pressing alto di Felipe Anderson a creare la prima crepa nell'assetto difensivo della Lazio. L'esterno brasiliano, infatti, lascia la sua zona troppo presto costringendo Gila ad occuparsi dell’avversario in ampiezza e impedendogli di stringere su McKennie.

La nuova Lazio di Tudor

Come nella partita di tre giorni prima, sempre contro la Juventus, la Lazio si è schierata con un 4-2-3-1 piuttosto flessibile in entrambe le fasi di gioco che in fase di possesso cercava di occupare per tutta l’ampiezza la zona della trequarti, abbassando la squadra avversaria e favorendo così la riaggressione dopo la perdita del pallone. In fase offensiva la Lazio però abbandonava il suo 4-2-3-1 abbassando uno dei due interni sulla linea dei centrali per costruire con tre uomini in zona arretrata. Al contempo l’esterno destro Marusic si alzava ad occupare l’ampiezza a destra, mentre Felipe Anderson stringeva la sua posizione per occupare la zona centrale alle spalle di Immobile insieme a Luis Alberto. A completare questo schieramento asimmetrico c'era Zaccagni, aperto a sinistra ma pronto a tagliare dentro per accompagnare Immobile, e Gila, che partiva da una posizione più arretrata di quella di Marusic.

In questo caso è Guendouzi che si abbassa sulla linea dei centrali, mentre Isaksen (che ha sostituito nella posizione Felipe Anderson dopo l’infortunio di Zaccagni) e Luis Alberto occupano le posizioni alle spalle di Immobile. L’ampiezza è presa da Marusic e Felipe (che ha sostituito nella posizione Zaccagni). Gila rimane più basso di Marusic.

Contro una squadra come la Juventus, che non pressa la prima costruzione e non ha meccanismi di pressing troppo sofisticati, alla Lazio è bastato schierare la sua linea arretrata a tre contro i due attaccanti bianconeri e girare il pallone in orizzontale per trovare gli spazi per abbassare la difesa juventina e consolidare il possesso nella metà campo avversaria.

La Lazio muove la palla da Romagnoli a Patric passando da Guendouzi, che si è abbassato sulla linea dei difensori. Basta questo per liberare spazio per Patric che può alzarsi in conduzione abbassando la Juventus e permettendo alla sua squadra di palleggiare nella metà campo avversaria.

La Lazio, specie nel primo tempo, ha ben manovrato sino alla zona di rifinitura, trovando spesso ricezioni di Luis Alberto e Felipe Anderson (o Isaksen, quando è entrato) ai fianchi di Locatelli. È però mancata la fase di gioco successiva, la capacità di entrare con pericolosità nell’area di rigore avversaria e di giungere al tiro da posizione e in condizioni vantaggiose. La Lazio con i suoi 12 tiri non ha mai centrato la porta di Perin, calciando solamente 4 volte da dentro l’area e generando solamente 0.32 xG, a dimostrazione della scarsa qualità potenziale dei tiri creati.

Adesso sarà compito di Tudor capire come mai. Un ruolo sicuramente lo ha avuto il centravanti, diverso rispetto alla partita di tre giorni fa in campionato, con Castellanos che è sembrato più pronto e adatto alle richieste di Tudor rispetto a Ciro Immobile. Anche Isaksen, in posizione di trequartista e più accentrato di quanto fosse abituato a giocare, è apparso non esattamente a suo agio. In ogni caso le difficoltà nella creazione di occasioni da gol contro una difesa chiusa e preparato come quella della Juventus non sono una novità per la Lazio di questa stagione, che sembra soffrire ancora il vuoto lasciato da Milinkovic-Savic nell'ultimo quarto di campo.

La mappa dei palloni giocati dalla Lazio mostra come sulla trequarti avversaria siano state privilegiate le ricezioni interne a quelle in ampiezza (Fonte: Lega Serie A).

Le buone notizie arrivano dalla fase di pressing e riaggressione rapida. Già nella partita di campionato, la Lazio aveva ottenuto il record stagionale dell’altezza media degli interventi difensivi, a testimonianza della volontà di andare a riconquistare il pallone in posizione avanzata. Le modifiche apportate da Tudor non si limitano però, solo all’altezza della pressione, ma coinvolgono anche le modalità con cui il pressing viene portato. Se la Lazio di Sarri giocava una zona pura in cui il riferimento principale era la posizione del pallone e il mantenimento dell’integrità delle linee era una priorità strategica, la squadra di Tudor pone un’attenzione maggiore per la posizione degli avversari e non si fa problemi a rompere in avanti la linea difensiva.

Ieri Tudor in fase di pressing ha affrontato i tre difensori bianconeri con Ciro Immobile e i due trequartisti, alzando un mediano, in genere Guendouzi, su Locatelli. La scelta di alzare Guendouzi sul mediano avversario apriva a una potenziale situazione di inferiorità in mezzo al campo lasciando il solo Vecino contro le due mezzali juventine. Fondamentale in questo senso era il lavoro della fascia sinistra della Lazio, con l’esterno (Zaccagni all’inizio, Felipe Anderson nel resto della partita) che copriva l’ampiezza consentendo a Gila di rimanere più vicino a Romagnoli, potendo così gestire con maggiore prudenza le necessarie scalate in avanti verso le mezzali bianconere.

Gila rimane stretto, coperto sull’esterno da Zaccagni, ed esce alto su McKennie.

Nel primo tempo il pressing della Lazio ha ben funzionato, limitando le possibilità offensive della Juventus alle transizioni lunghe dopo il recupero del pallone o alle giocate verticali addosso a Vlahovic. Il serbo è riuscito a ripulire i palloni ricevuti facendo così risalire la squadra. E la sua prestazione è stata premiata con grande cinismo dalla squadra di Allegri, a cui sono bastati due errori nei tempi del pressing da parte degli avversari per portarsi a casa l'andata di questa semifinale.

Interrogato a fine partita sui rischi del pressing alto, specie dopo così poco tempo dal suo insediamento in panchina, Tudor non è indietreggiato dichiarando di volersi muovere con decisione verso la direzione già tracciata. Forse è inevitabile per un allenatore che deve pensare anche a gettare le basi in vista della prossima stagione, ma contro una squadra esperta come la Juventus ieri il poco tempo avuto per lavorare sui principi di gioco ha presentato il conto. Il cinismo e l’abilità nello sfruttare gli errori altrui, d'altra parte, sembrano essere l'osso a cui si è ridotto il gioco della squadra di Allegri in questo finale di stagione, in cui continua a sembrare una squadra fragile e lontana dai suoi momenti migliori. Una vittoria quindi che ha un valore per il risultato in sé, aumentando le possibilità della Juventus di arrivare in finale di Coppa Italia e diminuendo quelle della Lazio, ma che non sembra spostare molto nel percorso delle due squadre.

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