
«Dobbiamo avere più equilibrio», ha detto Bremer ancora col fiato corto, poco dopo il 4-4 con il Borussia Dortmund. Sembrava un passeggero sopravvissuto a un disastro aereo, scampato a un incidente potenzialmente mortale. La Juventus ha subito quattro gol nel secondo tempo, sette in due partite tra il derby d’Italia con l’Inter e l’esordio in Champions League. Sabato sera ha vinto con un gol di Adzic all’ultimo secondo, ieri è riuscita a segnarne addirittura due nei minuti di recupero.
Anche le parole di Tudor a fine partita sono difficili da interpretare. Da una parte c’era ancora in circolo l’euforia per il gol di Kelly all’ultimo secondo, insperato, un piacere prolungato dal controllo al VAR, un gol che prova la seconda volta in pochi giorni la voglia e il carattere della squadra bianconera; dall’altra è chiaro a tutti che non si può andare troppo lontano così. Non si può sperare di segnare quattro gol a partita per vincere o pareggiare, non si può tirare il fiato ogni volta fino all’ultimo secondo. Soprattutto, la Juventus lascia due punti in casa contro una squadra teoricamente alla portata, prima di due trasferte delicate con Villarreal e Real Madrid.
L’equilibrio di cui parla Bremer è quello che ha reso noioso il primo tempo. Con Juve e Borussia a specchio, 3-4-2-1 contro 3-4-2-1, entrambe orientate sull’uomo ma senza mettere troppa pressione o intensità. Nella prima mezz’ora i tedeschi hanno avuto più possesso del pallone, con una percentuale vicina al 65%, ma senza riuscire a creare alcunché, ma col passare dei minuti sembrava poter emergere meglio la Juventus da un contesto a basso ritmo.
Sempre con un ritmo compassato, paradossale considerata la formazione ricca di giocatori rapidi e verticali, la Juventus ha cucito belle combinazioni sul lato sinistro del campo, con quelli che sembrano i primi tentativi di trovare una lingua comune tra Openda, David e Yildiz. La Juventus costruiva con pazienza, passava da una parte all’altra del campo usando i difensori, poi provava a penetrare tecnicamente, ma senza trovare gli spazi giusti o la giocata capace di fare la differenza.
Tutto sommato poteva anche andar bene così, un tranquillo martedì sera che poteva essere sbloccato in qualsiasi momento da una giocata estemporanea.
Oltre a un tiro di Thuram da fuori area, dopo pochi minuti, questa è l’occasione migliore costruita dalla Juventus nel primo tempo, con un giro palla paziente e la verticalizzazione su David venuto incontro. Openda taglia in diagonale alle sue spalle e arriva a calciare al volo da posizione molto defilata, dopo che un suo cross era stato respinto e la palla gli era tornata sui piedi.
È cambiato tutto dopo cinque minuti dall’inizio del secondo tempo, però. Su un’azione del Borussia Dortmund identica a quelle che provava a costruire la Juventus. Comunque un’azione più rapida e verticale, più istintiva. Adeyemi si abbassa sulla linea di centrocampo e cambia lato con un lancio per Beier. Duello aereo vinto da McKennie (stavolta schierato largo a destra) ma seconda palla messa giù da Nmecha che può condurre fino alla trequarti.
Thuram recupera Nmecha e lo rallenta, anche Koopmeiners stringe in zona centrale ma nello spazio tra la linea difensiva e il centrocampo Adeyemi riceve da Giurassy, anche lui venuto incontro a dialogare. Kelly inizialmente esce su Adeyemi, ma sorprendentemente lo molla dopo il controllo orientato sul sinistro. Bremer non ha il tempo di uscire dalla sua posizione e il tiro di Adeyemi è troppo forte e preciso per Di Gregorio.
Una volta sotto nel punteggio, la Juventus ha aumentato l’aggressività. Rischia di più - quattro minuti dopo il vantaggio Adeyemi mette Giurassy davanti a Di Gregorio - ma è anche più pericolosa. Tudor a fine partita dirà che quando si è sotto nel punteggio è «più facile», individuando forse una caratteristica specifica, più psicologica che tecnica, di questa squadra.
Dopo lo 0-1 sono entrati in campo Vlahovic e Joao Mario, e se il centravanti alla fine segnerà due gol e realizzerà l’assist per il pareggio finale, va sottolineato quello che di specifico dà il laterale portoghese a questa squadra. Già contro l’Inter una sua conduzione dentro al campo - con il destro, usando l’esterno - ha abbassato Dimarco e la linea difensiva nerazzurra nella propria trequarti, creando i presupposti per il gol di Adzic; contro il Dortmund il tiro di Yildiz è preparato da una sua conduzione orizzontale a pochi metri dal limite dell’area, una specie di pausa riflessiva palla al piede che addormenta la difesa tedesca.
Per carità, niente al confronto con le prodezze di Adzic e Yildiz, ma qualcuno il pallone da quelle parti ce lo dovrà pur portare…
Certo poi va considerata la mistica di Yildiz (che a fine primo tempo è tornato «bianco» negli spogliatoi, per la stanchezza) con il numero 10 sulle spalle. Quasi esattamente 30 anni dopo il primo gol di Del Piero alla Del Piero - era il 13 settembre 1995 - sempre contro il Borussia Dortmund. A questo proposito: sarebbe stato bello se qualcuno avesse preparato meglio Yildiz prima dell’intervista post-partita, con Del Piero in studio, è stato sconfortante sentirlo dire che non lo aveva mai visto prima. Okay, non era neanche nato, ma possibile che nessuno gli avesse mai parlato della tradizione dei numeri 10 bianconeri?
Ad ogni modo, il gol di Yildiz apre la porta a quattro minuti senza senso. Neanche trenta secondi dopo il pareggio Nmecha riporta il vantaggio il Borussia Dortmund, ma subito dopo Vlahovic (azione nata da un recupero alto di Kalulu e da una bella verticalizzazione di Yildiz) segna il 2-2. Tre gol nello spazio di sei minuti, esultanze comprese.
Quello del momentaneo 2-2 è il terzo gol di Vlahovic da subentrato - poi arriverà anche il quarto - dopo quelli segnati contro Parma e Genoa in campionato. Tudor ha detto che con le cinque sostituzioni le partite che vengono spesso decise negli ultimi venti minuti, non ci sono più veri e propri panchinari, che non è solo retorica. Ed è vero, ma nella testa dei giocatori esiste ancora questa differenza e a Vlahovic sembra fare bene, partire senza avere addosso la pressione del titolare, dovendo dimostrare piuttosto che confermare il proprio valore. Forse Vlahovic, come questa Juventus, gioca meglio quando non ha niente da perdere.
Il gol di Yan Couto tira in ballo il senso della posizione e la rapidità a scendere a terra di Di Gregorio - come ha sottolineato Paolo Condò negli studi di Sky, sui 7 gol subiti nelle ultime due partite ben 5 sono arrivati dal limite dell’area - ma anche la passività e la prudenza della linea di difesa juventina, più attenta a mantenere la posizione che a contrastare il tiro.
Nel gol di Nmecha, come nel primo di Calhanoglu di sabato scorso, si nota la tendenza dei due centrocampisti centrali a schiacciarsi sulla linea a cinque di difesa.
Di nuovo sotto di un gol la Juventus si è sbilanciata nella metà campo avversaria e, a dieci minuti dalla fine, ha subito la transizione che ha portato al rigore di Bensebaini. L’azione nasce da uno splendido lancio di Adeyemi per Brandt, ma anche dalla mancata riagressione di Thuram ostacolato dall’arbitro. A volte le partite si giocano su dettagli davvero microscopici.
La gara, dopo il 2-4, era virtualmente finita ed è difficile razionalizzare la passività del Borussia negli ultimi due gol o, se preferite, la facilità con cui la Juventus penetri in area di rigore. Sembra davvero un altro sport rispetto a quello del primo tempo. Perché d’accordo la brillantezza, la fame, il desiderio di Vlahovic; d’accordo l’intuizione di Kalulu nel crossare un pallone teso e basso sul primo; d’accordo l'istinto di Kelly in area di rigore, ma è difficile non sottolineare la differenza di concentrazione delle due squadre in quel momento.
La capacità della Juventus di non abbattersi e, anzi, ribaltare partite che sembravano perse, è senza dubbio l’aspetto più positivo delle ultime due uscite. Il «cuore» di cui ha parlato Tudor al fischio finale. Si tratta, d’altra parte, di una squadra che deve “ribaltare” la passata stagione. Tudor stesso deve dimostrare che non è solo un allenatore di ripiego, dopo la scelta di Conte di restare a Napoli, ma che la sua Juventus può fare grandi cose.
Forse parte dello “squilibrio” di questo inizio di stagione è anche dovuto al fatto che è una squadra in parte rinnovata. Negli ultimi minuti hanno condiviso la trequarti Adzic e Zeghrova (che con un suo dribbling difensivo è stato decisivo nell’avviare l’azione del gol di Kelly) due giocatori che, probabilmente, prima di poche settimane fa, non sapevano l’uno dell’esistenza dell’altro.
La sensazione è che la Juventus, conoscendosi, possa crescere ancora. Deve maturare nella gestione dei momenti, controllare con meno passività quelle fasi in cui non può essere aggressiva nella metà campo avversaria, e sarebbe troppo facile aggiungere che deve concedere meno tiri dalla lunetta. Ma è una squadra tutto sommato giovane (6 dei titolari sono nati dopo il 2000) e ancora inesperta, che ha recuperato un giocatore importante come Bremer solo da poco, che sta provando a tirare fuori Vlahovic dalle sabbie mobili in cui finiscono gli attaccanti quando non segnano, e che deve cercare di non mettere troppo peso sulla schiena di Yildiz, la sua stella.
Una squadra che è riuscita a non perdere una partita in cui era sotto 2-4 al novantatreesimo minuto di gioco. Insomma, il bicchiere è mezzo pieno. Se basterà oppure no, dipenderà anche da quante sete avranno, Tudor e la sua squadra, strada facendo.