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Fabio Barcellona
La Juventus è troppo lontana dal Barcellona
29 ott 2020
29 ott 2020
La squadra di Koeman ha vinto dominando.
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Fabio Barcellona
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Per l’ennesima volta, al termine della partita persa malamente e meritatamente contro il Barcellona, Andrea Pirlo ha dichiarato che la Juventus è una squadra in costruzione. Difficile dargli torto. Sia perché in effetti l’arrivo di Pirlo, che sembra avere stravolto l’esperienza tattica di Sarri, e il constestuale innesto di parecchi giocatori, avrebbero meritato un periodo di rodaggio precedente all’inizio della stagione maggiore di quello che i calendari stravolti dalla pandemia hanno concesso ai bianconeri. Sia perché effettivamente la partita con il Barcellona ha mostrato una squadra confusa, imprecisa e ancora lontana dal mostrare un’identità vagamente solida.


 

La squadra di Koeman era giunta a Torino reduce dalla sconfitta in casa nel Clásico contro il Real Madrid, preceduta da quella nella giornata precedente contro il Getafe, che relegava il Barcellona al dodicesimo posto in Liga con soli 7 punti in 5 partite. Le assenze di Piqué, squalificato, e Coutinho, infortunato, non miglioravano certo lo scenario di partenza del Barcellona. Tuttavia i blaugrana hanno dominato la partita, specie nel secondo tempo, e messo in grossa crisi la Juventus, che non è riuscita mai a mettere in difficoltà il palleggio del Barça e a mettere in affanno la difesa di Koeman.


 

La riconquista del pallone


Tra i bianconeri non ha funzionato quasi nulla. Nella conferenza stampa post-partita Andrea Pirlo ha in particolare evidenziato la necessità di migliorare la fase di riconquista del pallone.


 

L’inizio della partita ha visto 3 occasioni da gol nei primi 2 minuti di gioco per il Barcellona, nate da un errore di Demiral che, in fase di costruzione bassa contro il pressing blaugrana, ha sbagliato un passaggio e ha servito Messi al centro dell’area di rigore bianconera. Scampato il pericolo, la Juventus ha trovato la maniera di rendere difficoltosa l’impostazione bassa del Barcellona, sporcando parecchie uscite con il pressing e sfiorando il recupero del pallone al centro dell’area avversaria con Kulusevski su un passaggio rischioso di Pjanic. Nelle fasi iniziali del match il 4-4-2 con cui la Juve gioca la fase di non possesso si accoppiava naturalmente con 4-2-3-1 di Koeman: Dybala e Morata pressavano i due centrali avversari, sulla palla verso i terzini uscivano gli esterni, e i due interni Pjanic e De Jong potevano essere aggrediti facilmente da Rabiot e Bentancur.


 


Contro una linea arretrata a 4, il pressing della Juventus è efficace e agevolato dalla sovrapposizione delle due disposizioni in campo.


 

È bastato che il Barcellona ruotasse la sua linea difensiva in fase di costruzione bassa, stringendo Sergi Roberto e alzando Jordi Alba, disegnando così una linea arretrata a tre in impostazione, per fare saltare tutti i meccanismi del pressing juventino, che ha perso ogni efficacia fino al termine della partita. Significativo è il fatto che il gol di Dembélé sia nato proprio nella prima azione in cui la squadra di Koeman si è disposta con tre uomini sull’ultima linea per sfuggire alla pressione bianconera, venendo fuori sul lato sinistro, per poi trovare, grazie al cambio di gioco di Messi, l’attaccante francese in isolamento contro Danilo dall'altra parte. Il lato sinistro è stato, per tutta la partita, quello preferito dal Barca per risalire il campo manovrando, grazie alle capacità di palleggio di Jordi Alba e all’impressionante partita del diciasettenne Pedri, capace di gestire in maniera cattedratica i tempi di gioco del Barcellona grazie alla sua tecnica sopraffina e alla sua comprensione del gioco.



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Lenglet può avanzare palla al piede capitalizzando la superiorità numerica della linea arretrata del Barcellona contro Dybala e Morata. La palla giunge agevolmente a Jordi Alba e il movimento di Messi in zona palla crea un’altra zona di superiorità numerica per il Barcellona che, dopo avere palleggiato, trova Dembélé sul lato debole.


 

Come contro il Crotone e il Verona, il 4-4-2 della Juventus non è stato in grado di pressare efficacemente una linea di costruzione a tre. Le difficoltà in fase di pressing hanno così permesso al possesso palla del Barcellona di consolidarsi nella metà campo bianconera e costretto i bianconeri a lunghissime fasi di difesa posizionale contro l’insistito palleggio avversario. L’intensità del pressing non è stata quella necessaria a gestire efficacemente le scalate necessarie per adattare il 4-4-2 difensivo di partenza alla disposizione adottata dagli avversari, e la precisione nel posizionamento e negli angoli di pressione non è stata sufficiente a impedire che il Barcellona potesse risalire il campo palleggiando. Costretta quindi ad affrontare lunghe fasi di possesso avversario, la Juventus ha mostrato difficoltà anche nella difesa posizionale, in particolare nel riuscire, in mezzo al campo, a mettere pressione intensa e di qualità agli avversari in possesso di palla.


 

Il Barcellona è pertanto riuscito a tenere il pallone tra i piedi per più del 60% del tempo e, nel secondo tempo, a palleggiare fin dentro l’area di rigore di Szczesny. Solo una sorprendente idiosincrasia verso il tiro in porta e la ricerca quasi caricaturale del passaggio verso il giocatore meglio posizionato per battere a rete hanno impedito al Barcellona di capitalizzare ancora di più il netto predominio sviluppatosi lungo la partita. Le difficoltà in fase di non possesso della Juventus sono testimoniate in maniera indiretta anche dalla prima sostituzione effettuata da Pirlo, che ha sostituito Kulusevski con McKennie per mettere dentro al campo un giocatore in grado di aumentare l’impatto fisico sugli avversari in un momento in cui il Barcellona sembrava potere tenere il pallone praticamente all’infinito.


 

Il calcio complesso di Pirlo


La fase di riconquista del pallone non è però stato l'unico aspetto del gioco di Pirlo a essere ancora in fase embrionale. Come è ormai chiaro, Pirlo cerca una transizione fluida dal 4-4-2 adottato in fase di non possesso palla verso un 3-2-5 di possesso i cui cardini sono la linea di costruzione a 3 e l’occupazione offensiva dei cinque corridoi verticali. La rotazione più ovvia contro il Barcellona ha previsto l’avanzata di Cuadrado sulla destra, con la conseguente occupazione del canale intermedio da parte di Kulusevski. Partendo da questa disposizione base, i giocatori offensivi sono stati liberi di muoversi lungo il fronte offensivo, avendo cura però di occupare tutta l’ampiezza del campo, fatta eccezione per Chiesa, che ha sempre adottato una posizione piuttosto aperta e profonda sulla fascia sinistra, finalizzata a sfruttare l’ex viola in isolamento sul lato debole, dopo avere palleggiato in costruzione prevalentemente sul lato destro del campo (il 45% del gioco bianconeri si è sviluppato dal lato destro del campo e solo il 27% sul lato sinistro).


 

Adottando questa disposizione, il momento chiave dello sviluppo del gioco è il passaggio dal momento di costruzione a quello più avanzato, che coinvolge i giocatori offensivi, preferibilmente quelli che occupano la posizione interna. La bontà di questa transizione dipende dalla qualità della preparazione in fase di costruzione bassa e dalla capacità dei giocatori avanzati di trovare spazi per una ricezione quanto più agevole possibile. Oltre che, come per ogni momento di gioco, dalla qualità dell’esecuzione.


 

Contro il Barcellona, specie nel primo tempo, la Juventus è riuscita a creare buone trame offensive, riuscendo a gestire con qualità il palleggio basso, liberando buone ricezioni tra le linee, attaccando direttamente la profondità o raggiungendo Chiesa isolato sul lato debole. Tuttavia non sempre il meccanismo immaginato dall’allenatore juventino ha funzionato a dovere. Contro un Barcellona che ha rinunciato a pressare con continuità la costruzione bassa per regalare compattezza al suo 4-4-2 difensivo, i bianconeri hanno troppo spesso forzato soluzioni complicate tra le linee, non supportate da una precedente fase di preparazione e smarcamento che rendessero più agevole e sicura la giocata. Specie contro difese schierate, e con tanti uomini sopra la linea del pallone, rimane fondamentale una paziente circolazione del pallone e la qualità delle scelte di passaggio. E troppo spesso la Juventus, pur senza aver creato precedentemente gli spazi sufficienti a questo palleggio, ha invece cercato complessi passaggi verticali tra le maglie della difesa del Barcellona, che aveva gioco facile nell'intercettarli. 



 

In quest’ottica rimane fondamentale la disposizione assunta dai giocatori offensivi che devono distribuirsi orizzontalmente su tutta l’ampiezza del campo, occupandolo ad altezze diverse per disordinare le linee difensive avversarie. Come detto, la rotazione del 4-4-2 difensivo della Juve era innescata dall’avanzata laterale di Cuadrado e il contemporaneo taglio verso l’interno di Kulusevski. La successiva libertà posizionale non è però sempre stata sfruttata a dovere dai giocatori bianconeri. In particolare Dybala e Kulusevski hanno spesso occupato la stessa porzione del terreno di gioco sul centro-destra, la loro zona di campo preferita. Come detto anche da Pirlo al termine della partita, i due hanno troppo spesso assunto una posizione simile cercando di ricevere lo stesso tipo di passaggio.


 


Demiral conduce palla e allarga su Cuadrado che occupa l’ampiezza. Dybala e Kulusevski si avvicinano entrambi al portatore di palla nella medesima zona di campo: stesso movimento e stesso spazio occupato.


 

La possibilità della disposizione della Juventus di ruotare e di muoversi liberamente per il campo rispettando i principi di scaglionamento richiesti dallo staff tecnico si è scontrata a volte con l’istinto dei singoli calciatori a occupare alcune zone del terreno di gioco. Nessuno dei trequartisti juventini, Dybala e Kulusevski, ama ad esempio la zona sinistra del campo e l’affollamento sulla zona di centro-destra, sebbene funzionale all’isolamento di Chiesa sul lato debole, è stato troppo spesso eccessivo per la ridondanza dei movimenti dei calciatori. Rispetto alle precedenti esibizioni dei bianconeri, si è avvertita l’assenza di Aaron Ramsey, capace di leggere la disposizione dei compagni e occupare quasi indifferentemente ogni posizione sul fronte offensivo, equilibrando lo schieramento della squadra.


 

Più in generale, la prestazione della squadra ha sofferto, oltre che di una non eccelsa scelta dei passaggi, dei movimenti e dello scaglionamento in campo, anche di una qualità insufficiente delle esecuzioni. Kulusevski ha troppo frequentemente sbagliato il primo controllo e la conduzione successiva alla ricezione tra le linee. Federico Chiesa, una delle armi prescelte da Pirlo per far male alla difesa del Barca sfruttando il duello individuale contro Sergi Roberto, è riuscito a portare a termine con successo solo 2 dei 7 dribbling tentati, una percentuale del tutto insufficiente per un giocatore che punta quasi tutto sulle iniziative personali. La partita di Dybala, dopo i 90 minuti giocati con il Verona al rientro dall’infortunio, è stata davvero poco brillante. In un’ottica più ampia, alcuni dei giocatori bianconeri, Kulusevski, Chiesa, lo stesso Morata, abituati a esprimere il meglio delle loro qualità tecniche in spazi ampi, dovranno migliorare il loro gioco negli spazi più angusti in cui le difese schierate e lo stesso sistema di gioco pensato da Pirlo li costringeranno a giocare nel prossimo futuro.


 

L'importanza della lettura della partita


La qualità della prestazione bianconera si è degradata con il passare del tempo e l’avanzare della fatica. L’assenza di molti titolari e la scarsa possibilità di concedere riposo ai giocatori impegnati ogni tre giorni è una parziale attenuante, invocata anche da Pirlo nel post-partita, al vistoso calo della prestazione nel secondo tempo. Ma non spiega certo da sola il dominio del Barcellona. La lettura complessiva della partita nelle fasi di difficoltà non è parsa sempre lucida e capace di rispondere alle esigenze tattiche del match. Costretta a inseguire il palleggio del Barcellona per momenti della partita troppo lunghi, la Juventus avrebbe avuto bisogno, dopo avere faticosamente riconquistato il possesso, di gestire con pazienza il pallone per regalarsi fasi di possesso sicure che togliessero la palla dai piedi degli avversari e che le permettessero di riorganizzare il proprio attacco per abbassare il Barcellona e spostare il baricentro più in alto. Invece, proprio nei momenti di maggiore difficoltà nella riconquista del pallone, la Juventus ha più volte forzato la ricerca della ripartenza veloce, perdendo precocemente il possesso e regalando un’ulteriore fase di possesso avanzato agli uomini di Koeman. Un errore nell’interpretazione del match e un segnale che l’identità tattica della squadra è ancora acerba e l’acquisizione profonda dei principi di gioco ancora insufficiente a condurre a una gestione matura della partita.


 

La partita con il Barcellona, oltre alla sua importanza per la classifica del girone di Champions League, era un test per verificare lo stato di avanzamento dei lavori della Juventus. Il test ha confermato come la squadra di Pirlo sia ancora in uno stato piuttosto acerbo del suo sviluppo. L’assenza di tanti giocatori e il poco tempo a disposizione per la preparazione e gli allenamenti costituiscono degli ostacoli oggettivi per una squadra che ha profondamente cambiato il proprio credo tattico e buona parte della rosa.


 

La Juventus ha mostrato difficoltà in ogni fase del gioco. Dalla riconquista del pallone alla gestione delle troppo lunghe fasi di difesa posizionale. Dallo scaglionamento in campo alla lettura delle giocate da eseguire. Dalle singole giocate tecniche alla gestione complessiva della gara, specie nei momenti di difficoltà. Non è certo tutto da buttare e il progetto tattico appare ambizioso e a tratti mostra le sue potenzialità. La strada da fare è però ancora tanta e comprende anche un grosso lavoro per trovare il giusto punto di contatto tra le caratteristiche dei giocatori, le loro abitudini e il sistema di gioco adottato e per trovare la giusta chimica tra le qualità tecniche dei giocatori offensivi a disposizione.


 

Il Barcellona di Koeman, giunto a Torino dopo un difficile inizio di stagione, è invece riuscito, almeno per una sera, a superare i propri problemi in transizione difensiva grazie alla qualità del proprio possesso palla e ha ridotto gli spazi tra i reparti in fase di non possesso puntando sulla compattezza invece che sulla ricerca di una riconquista aggressiva del pallone - una scelta forse confermata anche dalla rinuncia iniziale ad Ansu Fati. Nonostante ciò, contro la Juventus, la qualità del palleggio blaugrana è stata più che sufficiente a dominare una partita che potrebbe essere stata già decisiva per l’assegnazione del primo posto nel girone.


 

 

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