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Juventus-Atalanta, la partita giusta nel momento sbagliato
23 gen 2023
23 gen 2023
Nonostante le distrazioni esterne una grande prestazione di entrambe le squadre.
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IMAGO / NurPhoto
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Prima della partita con l’Atalanta, Massimiliano Allegri aveva cercato di trasformare in energia positiva la penalizzazione di 15 punti appena ricevuta dalla Juventus. L’allenatore aveva usato parole come «ricompattiamoci», «dobbiamo ripartire dal campo», «dobbiamo fare una cosa straordinaria», alludendo a come la rincorsa al quarto posto poteva diventare il motore per affrontare alla grande il resto della stagione, almeno in attesa dell’esito del ricorso o di nuove sentenze che potrebbero far salire o affossare ulteriormente in classifica la Juventus. Se infatti la sconfitta col Napoli aveva praticamente chiuso le possibilità di puntare allo Scudetto, lasciando come obiettivo una non esaltante difesa di uno dei primi quattro posti, la nuova classifica - paradossalmente - presenta ai giocatori una sfida stimolante, se approcciata con il giusto spirito.

Da questo punto di vista Allegri può essere contento. La Juventus ha retto sul piano dell’intensità contro un Atalanta tonica, ha reagito dopo gli errori senza buttarsi giù come in altre partite di questa stagione, ma anzi alzando la qualità del proprio calcio, soprattutto nel primo tempo. A livello emotivo è stato evidente un maggiore coinvolgimento, anche nel linguaggio del corpo dei giocatori e del tecnico; come risultato si è vista una squadra meno “calma”, ma più coinvolta con il naturale respiro della partita, nel bene e anche nel male. Non è bastato perché dall’altra parte ha trovato una squadra capace di fare altrettanto, una versione dell’Atalanta di Gasperini forse meno talentuosa delle sue migliori annate, ma in qualche modo più varia, capace di più sfumature.

Ne è uscito fuori un 3-3 avvincente, una partita spettacolare sia nei gesti tecnici individuali che nell’approccio collettivo delle due squadre; una partita pulita e ruvida allo stesso tempo (anche per merito di un arbitraggio che lasciato correre molto), un piccolo bignami delle unicità della nostra Serie A, un campionato spesso bistrattato ma che può regalarci grandi partite come questa.

Con i piedi di Di Maria

Se prima del calcio d’inizio in pochi guardavano al campo, le scelte dei due allenatori - per quanto non rivoluzionarie - sono state molto precise. Allegri ha tenuto intatto il suo 3-5-2, ma ripudiando la mossa di Napoli, ovvero riportando in panchina Chiesa per allargare McKennie come esterno destro e inserire Fagioli come mezzala; mentre Gasperini sceglieva di sostituire lo squalificato Koopmainers con Ederson nella mediana del suo 3-4-2-1 e affidandosi ancora al nuovo trio offensivo composto da Boga e Lookman alle spalle di Hojlund; con Zapata assente e al centro di voci di mercato.

La facilità negli accoppiamenti uomo su uomo, dovuta ai moduli simili, ha permesso all’Atalanta di partire fortissimo. Nei primi tre minuti la squadra di Gasperini ha schiacciato la Juventus nella propria metà campo e il vantaggio, per quanto casuale, ne è stata la conseguenza. Un passaggio in verticale sbagliato da Locatelli ha consegnato palla a de Roon che ha servito velocemente Boga. Il francese ha cambiato lato per Lookman che, uno contro uno con Alex Sandro, si è spostato la palla sul destro per calciare, trovando il gol anche grazie a un intervento impreciso di Szczesny.

Un minuto e venti di partita, il pressing dell’Atalanta è già impostato alla perfezione. McKennie prova a servire Di Maria, ma Scalvini recupera il pallone.

Subire gol sul primo tiro, per un errore del portiere che fino a quel momento era stato il migliore del campionato, poteva essere un macigno sulla condizione della Juventus, in aggiunta a tutti i problemi esterni. E invece, per motivi che non sempre sono facili da spiegare da fuori, dall’errore di Szczesny è iniziata una nuova partita che ha visto i bianconeri giocare quaranta minuti come raramente si è visto in questa stagione, con un’intensità fuori dal comune e una pulizia tecnica da grande squadra.

L’Atalanta forse ha sentito un falso senso di sicurezza, ha abbassato l’intensità del pressing sui portatori palla della Juventus, senza però rifugiarsi in una pura difesa posizionale, rimanendo in una zona difensiva ibrida che ha aiutato la Juventus. I bianconeri infatti hanno iniziato a superare la prima linea di pressione con sempre maggiore facilità, trovando alle spalle molto spazio dove far ricevere i centrocampisti e gli attaccanti, che si muovevano in continuazione (soprattutto Fagioli e Rabiot) per non dare punti di riferimento alle marcature dell’Atalanta, per poi scambiare con triangoli veloci o affidarsi alla qualità dei suoi giocatori offensivi per creare pericoli.

Su tutti, ovviamente, Angel Di Maria, che nel primo tempo ha dimostrato in tutto il suo splendore che squisito giocatore di calcio sia ancora oggi, a 34 anni, in una stagione strana tra gli infortuni e la consacrazione del Mondiale. L’argentino formalmente era la seconda punta alle spalle di Milik, ma aveva totale libertà di cercarsi le zone dove ricevere, i compagni con cui scambiare, mettendo in crisi il sistema difensivo dell’Atalanta, che si trovava in difficoltà a decidere chi lo doveva seguire e, anche una volta scelto, a impedirgli di saltare l’uomo o trovare il passaggio migliore.

Alcune delle zone dove ha ricevuto Di Maria e chi provava a marcarlo.

Non è un caso che, pur essendo uscito al 74’ e essendo calato molto nel secondo tempo, Di Maria sia stato il miglior giocatore della partita per xG e xA creati, per passaggi chiave e dribbling riusciti. È stato lui a prendere in mano la Juventus subito dopo il gol subito, essere pericoloso con azioni solitarie o con un passaggio, fino al gol del pareggio su rigore. Un’azione che ha evidenziato anche la volontà della Juventus di non essere passiva, con Locatelli (12 palloni recuperati) e Fagioli che arrivano prima degli avversari su due palloni vaganti al limite dell’area di rigore difendendo in avanti e non scappando indietro.

Il gol del pareggio non ha cambiato l’inerzia della gara. La Juventus ha continuato a essere aggressiva anche più dell’Atalanta, cercando di recuperare il pallone il prima possibile. La squadra di Gasperini non riuscendo a risalire il campo, provava ad appoggiarsi su Hojlund con dei lanci in verticale, ma Bremer è stato quasi sempre perfetto nell’anticiparlo o comunque impedirgli ricezioni facili, dimostrando come sia più a suo agio a difendere in un sistema aggressivo. E la voglia di recuperare il pallone all’Atalanta è anche alla base del secondo gol della Juventus: Musso lancia velocemente con le mani per Lookman spostato a sinistra, l’inglese rientra dentro al campo, ma non trova un compagno da servire perdendo l’attimo per far partire il contropiede; da dietro arriva Rabiot che ne intercetta il passaggio e fa ripartire l’azione con un passaggio a Fagioli.

L’Atalanta sarebbe in superiorità numerica, con la maggior parte dei giocatori della Juventus che è scappata indietro, e ben posizionata per difendere, ma è in questa azione che la maggior qualità della rosa della Juventus rispetto al resto della Serie A le fa pagare dazio. Fagioli serve Di Maria, che intanto si è smarcato sull’esterno, l’argentino si fa scorrere il pallone tra le gambe e con un tacco delizioso lo allunga per la corsa in verticale del compagno, che dopo un tocco alza la testa e vede il movimento al centro dell’area di Milik che serve con un cross teso. Come poi il polacco riesca a coordinarsi per calciare sul primo palo di controbalzo col piede debole rimane uno di quei misteri, gelosamente custoditi da generazioni di centravanti.

Il giovane talento emergente, il fenomeno al tramonto della carriera e il centravanti in cerca di riscatto: i tre giocatori che hanno confezionato questo splendido gol.

È qui che Allegri chiede ai suoi di "continuare ad attaccare”, invece di predicare la solita calma, forse intuendo il passaggio a vuoto dell’Atalanta, che - infatti - nei dieci minuti finali del primo tempo sbanda un paio di volte, salvandosi un po’ con il mestiere e per un po’ di imprecisione dei bianconeri (come quando Bremer dopo un impressionate uscita palla al piede serve un passaggio troppo largo a Di Maria), riuscendo ad arrivare al riposo sotto di un solo gol.

Avere Lookman è un lusso per Gasperini

Come in un deja-vù, il secondo tempo è iniziato come il primo. Errore della Juventus - in questo caso un passaggio sbagliato da Danilo in uscita e intercettato da Scalvini (anche lui autore di un'ottima partita) - e gol dell’Atalanta, con Mahele che approfitta della difesa non ben posizionata per tagliare dall’esterno e concludere in rete un passaggio semplice ma perfetto nell’esecuzione di Lookman. Se però nel primo tempo dopo il gol la squadra di Gasperini aveva abbassato la qualità della pressione, nel secondo hanno imparato la lezione.

Per funzionare l’Atalanta, anche questa versione meno diretta, ha bisogno che i suoi giocatori trovino facilmente i riferimenti, che gli angoli con cui portano la pressione siano giusti, che il pressing sia fatto bene a livello collettivo. Non è un caso che il gol del vantaggio sia arrivato cinque minuti dopo, al termine di altri cinque minuti di pressing ben portato, con la Juventus che ha avuto difficoltà a girare intorno all’avversario. Il gol in sé, poi, è più un incrocio tra i meriti dell’attacco dell’Atalanta e i demeriti della difesa della Juventus. Boga riceve sull’esterno, punta Danilo, finta di andare verso il centro, ma poi si sposta il pallone sul sinistro, che non è il suo piede, e crossa. In area di rigore Lookman fulmina Alex Sandro, un po’ fermo, e di testa conferma di essere non solo il miglior giocatore dell’Atalanta sia in conduzione che sulla trequarti, ma anche di essere un cecchino: undicesimo gol stagionale al dodicesimo tiro in porta (e, più in generale: 30 tiri totali, 7 xg creati, quindi un overperformance di 5 gol, la più grande della Serie A).

Solo in questa partita, Lookman è entrato in tutti e tre i gol dell’Atalanta, mettendo più volte in crisi quella che era - prima di incontrarlo - la miglior difesa della Serie A. La sua efficienza, l’intelligenza con cui si è inserito in un sistema molto codificato, lo rendono un perfetto trequartista per Gasperini. Non ha il talento immaginifico di Ilicic, ma ha una capacità onnivora di fare tutto bene, che sia dribblare, passare, tirare o muoversi senza palla. Ieri abbiamo scoperto che può segnare anche di testa.

I cambi come mezzo per cambiare la partita

Il vantaggio dell’Atalanta, arrivato al 53esimo, ha portato le due squadre a rallentare un po’ i ritmi. Alla Juventus è iniziato a mancare l’apporto di Di Maria, visibilmente stanco, e quindi qualcuno che ordinasse la squadra nella metà campo avversaria, non riuscendo più a tenere il pallone con la stessa pericolosità. L’Atalanta ha avuto un paio di ripartenze pericolose, ma prima Danilo e poi Bremer sono stati bravi a chiudere; in generale sembrava poter controllare la partita ma come spesso accade con le squadre di Gasperini, è una sensazione fittizia. Al 60’ allora Allegri ha sostituito Kostic con Chiesa, il migliore dei suoi nel riaccendere le partite, nella speranza di ravvivare la fase offensiva.

Con le squadre sempre più lunghe e stanche e con un po’ di fortuna, la Juventus è riuscita di nuovo a riportare la partita in equilibrio. Su un'azione di contropiede dell’Atalanta, Hateboer porta palla a destra e serve Lookman, che invece di avere un promettente uno contro uno con Rabiot scivola e lascia il pallone al francese. La squadra di Gasperini non riesce a sistemarsi bene dietro e Chiesa può ricevere largo e passare dal centro, dove de Roon esce in ritardo su Locatelli concedendo un calcio di punizione in zona centrale, appena fuori dall’area di rigore.

Da qui parte l’azione che porta al calcio di punizione, con l’Atalanta troppo schiacciata e scoperta a destra, dove Chiesa (si vede appena il braccio) può ricevere solo.

L’esecuzione vincente del calcio di punizione poi, con la finta di tiro Di Maria (molto credibile) che fa saltare la barriera e il successivo tocco per Danilo che segna col destro, è curiosa nel suo essere rara e nell’evidenziare una stortura del “coccodrillo”, ovvero l’uomo sdraiato sotto la barriera, che in questo caso è sembrato più un ostacolo a Musso che non un vantaggio.

Dopo il pareggio, gli allenatori hanno cercato di vincere la partita attingendo alla panchina. Gasperini ha inserito Pasalic per Boga, finendo però per togliere quell’imprevedibilità che dava il francese con le sue ricezioni sull’esterno, anche il cambio tra Hojlund e Muriel nel finale sarà più dannoso che altro; mentre Allegri ha cambiato il suo attacco inserendo Kean e Fagioli. In questa fase di partita, meno spettacolare della prima, sicuramente più caotica, è difficile dire chi ha provato più a vincerla. In diversi momenti le due squadre potevano “creare qualcosa” e la volontà c’è stata, ma forse la stanchezza ha annebbiato alcuni giocatori nel momento di fare una giocata decisiva. La Juventus ha rimpianto molto l’occasione avuta da Miretti, servito perfettamente al limite dell’area piccola da Kean dopo uno sciagurato tacco di Demiral. Il centrocampista italiano, entrato da pochi minuti, non ha avuto la cattiveria per anticipare il tiro, permettendo a de Roon alle sue spalle di sporcarne la conclusione.

In realtà, forse, la Juventus per provare a vincere avrebbe dovuto servire meglio Chiesa negli ultimi quindici minuti. L’attaccante, tornato al gol dopo oltre un anno con la Cremonese pochi giorni fa in Coppa Italia, ha mostrato quella verve che lo rende speciale in molte corse senza palla, che però i compagni non hanno avuto la forza o la precisione di servire. Chiesa ha finito la partita toccando pochi palloni, non tirando mai in porta (al contrario, per dire, di Cuadrado, che in meno di 10 minuti ha tirato 2 volte), senza mai provare un dribbling, nonostante Hateboer sembrasse essere in apprensione anche solo a seguirlo, passando la maggior parte del suo tempo a sbracciarsi per farsi notare.

Qui Locatelli poteva lanciare Chiesa nel buco della difesa dell'Atalanta, ma non vedrà il suo movimento o non avrà il coraggio di servirlo, scaricando sulla destra.

Alla fine, è difficile dire chi esce meglio da questa partita. Sicuramente i giocatori della Juventus (che, ricordiamolo, in questa storia sono vittime come i tifosi), capaci di dare una risposta sul piano del gioco alle dichiarazioni emotive dell'allenatore e ai post social di alcuni di loro. Come squadra, però, è evidente il senso di instabilità. Pareggiare questa partita può essere utile più per il morale che per la classifica in sé, che potrebbe persino peggiorare nel caso in cui arriveranno altre sentenze negative, e questo è un paradosso per una società abituata puntare l'obiettivo davanti a sé. Sul lungo periodo questo limbo potrebbe essere dannoso, le energie nervose trasformarsi nell’inedia di chi aspetta i tribunali più che la partita, o anche rafforzare la sensazione di essere soli contro il mondo, che sembra essere l'unica cosa in grado di motivare i giocatori. In ogni caso sarebbe ingiusto chiedere ai calciatori di risolvere una situazione in cui si è cacciata una dirigenza che ormai è anche fuori dai giochi.

L’Atalanta dopo una brutta stagione l’anno scorso ha dimostrato di avere una capacità quasi rettile di rigenerarsi. Accanto a quelli che ormai possiamo definire senatori, le prestazioni di Scalvini, Hojlund e Lookman lasciano sperare in un ulteriore salto di qualità (o in future ricche cessioni). Anche l’inserimento di Boga, che sembrava impossibile, si sta completando. Manca ancora tutto un girone, ma l’Atalanta è tornata a essere la squadra che nessuno vuole affrontare, che ti costringe a partite infernali. Quella che lotta ogni anno per un posto in Champions League nonostante una rosa che sembra inferiore nei valori tecnici alle sue rivali dirette.

In quella lotta spera di trovarsi anche la Juventus tra qualche mese, in una partita in cui però non ha più la possibilità di dimostrare la buona volontà che ha messo in campo ieri sera.

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