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Alfredo Giacobbe
Josè Mourinho è ancora pieno di problemi
26 set 2016
26 set 2016
Nonostante la vittoria col Leicester, il Manchester UTD ancora non ci convince.
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Alfredo Giacobbe
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La vittoria contro i campioni in carica del Leicester City (un sonoro 4-1) ha riportato il Manchester United sulla buona strada, due settimane dopo che il derby perso contro il City due settimane fa aveva mostrato il

che lo separava dalla squadra allenata da Pep Guardiola minando la sicurezza di Ibrahimovic e compagni. Il contraccolpo è stato tale che lo United ha perso nelle successive trasferte di Rotterdam (Europa League) e Watford. La vittoria di sabato, quindi, non solo tiene i “Red Devils" attaccati al treno delle prime in classifica (con il Tottenham secondo più su di soli 2 punti) ma restituisce a Mourinho un po’ di spazio per respirare. Va detto subito, però, che la maggior parte dei problemi restano irrisolti, nonostante la sperimentazione di nuove idee.

 

Anzitutto, lo United è ancora una squadra noiosa, con poche idee in attacco e fragile nelle transizioni negative. Non è al livello del “Boring United” di van Gaal solo perché quest’estate ha acquisito giocatori dall’indiscutibile valore tecnico (oltre che mediatico, come Ibra e Pogba) che possono risolvere le partite con una singola giocata (questa squadra ha già 3 gol in più di quella dell’anno scorso dopo 6 partite). L’unica differenza che salta agli occhi tra questi due United è che ora la squadra Mourinho interrompe le lunghe fasi di possesso basso con improvvisi, spesso insensati, lanci lunghi.

 

L’allenatore portoghese ha cominciato ad attaccare alcuni singoli forse ancor prima di formare un gruppo, con gli ormai consueti atteggiamenti da principe machiavellico. Se potesse sembrare strana la decisione di rinunciare a priori all’esperienza di Bastian Schweinsteiger, è addirittura incomprensibile il trattamento riservato a Henrikh Mkhitaryan. L’armeno, inseguito per un paio di sessioni di mercato e strapagato quest’estate, è stato accantonato già alla fine del precampionato. Nella conferenza stampa di presentazione al match col Leicester, Mourinho ha ammesso che Mkhitaryan è stato escluso dalle convocazioni pur non essendo infortunato. Insomma il livello di rischio che il portoghese sta sostenendo è già altissimo.

 

 





La linea difensiva vista sabato all’Old Trafford — Valencia, Bailly, Smalling, Blind — potrebbe rappresentare la scelta definitiva di José Mourinho. A destra Valencia non sembra avere rivali, al contrario dello scorso anno quando van Gaal arrivò persino a provare nel ruolo di terzino destro Ashley Young, in teoria un’ala sinistra. Matteo Darmian ha giocato i 90 minuti del primo turno di Europa League contro il Feyenoord, ma non ha ancora visto il campo in Premier League da quando Mourinho siede in panchina (anzi, com’è sua abitudine: da quando Mourinho resta in piedi davanti alla panchina dello United).

 

Secondo i tabloid, Mourinho avrebbe promesso a Smalling e a Jones che sarebbero stati i titolari al centro della difesa ma, al di là del nazionalismo della stampa scandalistica inglese, il prezzo sul cartellino di Bailly e le sue prime buone prestazioni in campo sembrano dire piuttosto che l’ivoriano è stato fortemente voluto da Mourinho e che difficilmente lascerà lo

. Bailly è velocissimo nonostante il fisico imponente e questo gli permette di reggere lo scontro con la maggior parte degli attaccanti del campionato, oltre che di coprire la profondità recuperando gli errori di posizionamento che ancora commette (ha solo 22 anni).

 

Al suo fianco, inizialmente Mourinho è stato costretto a scegliere Daley Blind, ma l’olandese, quando schierato al centro, paga il gap fisico e la scarsa tenuta mentale in marcatura. Smalling da parte sua non è tra i centrali più veloci del campionato (eufemismo), almeno ha caratteristiche adeguate per ricoprire il ruolo e, grazie a van Gaal, è molto migliorato nella salita del pallone.

 

Dirottato a sinistra, Blind si è fatto valere per le letture e per la capacità di calcio. Lui, più di Rojo, può offrire allo United controllo e qualità in entrambe le fasi.

 


I 101 tocchi palla di Danny Blind sabato contro il Leicester City, nel grafico di Whoscored.com. Una capacità di penetrazione sulla fascia superiore anche a quella di Valencia.


 

 





Il duo di centrocampisti posti sulla seconda linea del 4-2-3-1 dell’allenatore portoghese ha rappresentato il più grande problema di questo inizio di stagione. In teoria, la coppia di mediani ideale è formata da un giocatore con spiccate qualità di regia e uno con doti d’interdizione. Ma la realtà dei fatti è diversa: lo stesso Mourinho in passato ha giocato con due giocatori forti fisicamente schierati a schermo della difesa, con i compiti d’impostazione assunti alternativamente dall’uno o dall’altro nel corso dei novanta minuti.

 

L’esperienza di Fellaini e Pogba come coppia è naufragata definitivamente a Watford: il belga è stato pescato costantemente fuori posizione, sguarnendo la zona centrale davanti alla difesa dalla quale sono nati 2 dei 3 gol degli “Hornets” di Mazzarri; trascinato nel baratro dalle scelte sciagurate del compagno, Pogba era anche costretto a restare basso e assumersi per intero la responsabilità dell’impostazione dal basso della sua squadra.

 

La situazione ha portato Mourinho a scegliere Ander Herrera, che con un po’ di compiacimento nostalgico si può definire “jolly”: non ha un fisico straordinario che gli permette di prevalere nell’interdizione e nei duelli aerei, e non ha una distribuzione di passaggi alla Pirlo; però ha senso tattico, ha energie da vendere ed è rapido ad uscire dalla posizione nelle chiusure in fascia: piazzato davanti alla difesa aiuta in copertura e migliora la fluidità della circolazione.

 


Lo United non trova sbocchi centralmente, allora Herrera si muove nella posizione di terzino, seguito da Slimani. Smalling, così, ha a disposizione sia il passaggio laterale sul basco, che il servizio centrale su Pogba.


 

Con Herrera in campo, Pogba può salire di qualche metro tornando a coprire, in certe fasi di gioco, la zona di campo che prediligeva quando, appena un anno fa, veniva impiegato da interno sinistro da Allegri. Con Carrick e Schneiderlin che non convincono per la loro scarsa mobilità (se il primo ha 35 anni, per il secondo non so quale scusa addurre), Herrera sembra imprescindibile nello scacchiere di Mourinho, come lo era per van Gaal un anno fa, per motivi differenti e in un ruolo differente.

 

 



 

Nel pacchetto offensivo siamo già alla resa dei conti: dopo il match di Europa League, dove Mourinho aveva comunque fatto turnover, Wayne Rooney è stato tenuto fuori dai titolari anche in campionato. La scelta di Mourinho è una conseguenza dell’apporto che Rooney può attualmente offrire alla squadra: ormai si muove poco senza palla, l’unico movimento nelle sue corde è quello incontro per chiedere il pallone sui piedi e abbassandosi priva la squadra di un riferimento tra la linee. Di conseguenza lo stesso Ibrahimovic è costretto a muoversi più in basso, e così facendo porta più in alto la linea difensiva avversario comprimendo gli spazi.

 

Nella partita col Watford, Rooney si è abbassato tanto al punto da dare l’impressione di un comando impartito dalla panchina: in quello che è sembrato un 4-3-3, Rooney ha agito da numero 8, pur non avendone le caratteristiche e in un ruolo nel quale Mourinho ad inizio anno aveva giurato di non avere intenzione di impiegarlo. Rooney non riesce a legare i reparti, fa fatica a saltare l’uomo e la sua inventiva palla nei piedi si limita al cambio gioco da una fascia all’altra.

 

Lo schieramento di sabato, con Rashford, Mata e Lingard alle spalle di Ibrahimovic, è sembrato più coerente ma non ha risolto tutti i problemi. Lo United ha ancora tracce di van Gaal nelle vene, con una circolazione di palla che procede per lo più a ‘U’ da una fascia all’altra. Mourinho non ha portato novità nel gioco offensivo, storicamente il suo

non è composto di molti fogli: se n’è lamentato Hazard, della scarsa varietà di schemi offensivi, lo scorso anno quando le cose iniziarono ad andare male per il Chelsea. Una circostanza involontariamente ammessa da Lingard alla fine del Community Shield, quando ha dichiarato che Mou assegna i compiti per le fasi di non possesso, ma per il resto lascia agli attaccanti totale libertà.

 

 



 

Insomma, il Manchester United gioca un calcio posizionale senza il suo sale: senza interscambio delle posizioni e senza movimenti ad allargare il campo. Gli attaccanti chiedono tutti palla tra i piedi finendo spesso nell’imbuto delle maglie avversarie (e non è un caso che lo United sia la squadra che ha corso

di tutta la Premier League).

 



 

 

Prima dello sciagurato quarto d’ora del Leicester, che ha orientato la partita in maniera irrimediabile, l’unico modo per Lingard e Rashford di rompere lo stallo è stato quello di caricare la difesa a testa bassa, palla al piede. Un’azione dalle percentuali di riuscita bassissime e che ha comportato un turnover nella maggior parte dei casi.

 

Rashford si sta imponendo tra i titolari non tanto per i gol che riesce comunque a realizzare con una regolarità sempre più sorprendente (8 reti in 15 match di Premier League sono tantissimi per un diciannovenne a mezzo servizio), ma perché è l’unico al quale si può dare palla sulla corsa. Rashford è il mezzo esclusivo attraverso il quale lo United allunga la squadra e inizia una transizione offensiva veloce.

 

Mourinho non è avanti quanto Guardiola nell’evoluzione tattica della sua squadra, e il pericolo peggiore sta nel possibile esaurimento delle risorse della rosa a disposizione, oltre che di quelle sue psicologiche. Se non ha aspettato neanche che finisse settembre per minacciare Wenger di “rompergli la faccia”, cosa dirà a dicembre? E a marzo?

 

 

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