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I problemi di Jorginho sono quelli del Chelsea
13 mar 2019
13 mar 2019
Il centrocampista brasiliano è il capro espiatorio della gestione Sarri.
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Come era facile pronosticare quest'estate, l'adattamento di Jorginho al calcio inglese era legato a doppio filo a quello di Sarri in Premier League. Un processo tribolato, in una stagione se possibile con un livello di competitività ancora più alto del solito tra le prime sei squadre del campionato. Il Liverpool di Klopp sembra aver quasi raggiunto nelle gerarchie il City di Guardiola; il Tottenham di Pochettino, come dimostra anche il percorso europeo, è sempre più maturo e ha saputo resistere agli infortuni di Alli e Kane; più dietro, Solskjaer ha rivoltato come un calzino la stagione di un roster ricco di talento come lo United, mentre Emery sta cercando di rendere l'Arsenal una squadra più continua rispetto agli ultimi anni di gestione Wenger e nell’ultima giornata ha colto una vittoria di spessore proprio contro il Manchester United.

Il Chelsea nel frattempo ha vissuto una stagione piena di alti e bassi. Dopo l'ottimo inizio, dalla partita di dicembre col Tottenham sono emersi alcuni problemi offensivi, legati alla mancanza di profondità e all'occupazione dell'area in occasione dei cross. La sconfitta con l'Arsenal poi ha mostrato problemi nell’approccio alle partite. Una questione mentale secondo Sarri, che, per mandare un messaggio chiaro e inequivocabile alla squadra, nella conferenza post partita dell'Emirates ha preferito esprimere il suo disappunto in italiano: «In campo è scesa una squadra con un livello di determinazione nettamente superiore al nostro e questo non lo posso accettare. Posso accettare che la squadra sbagli una volta l'approccio come col Tottenham, cosa di cui avevamo parlato molto negli spogliatoi. Pensavo fosse un problema risolto ma mi sto rendendo conto che non è così. Questa è una squadra difficilissima da motivare».

Squadra allo sbando

Parole che forse hanno incrinato il rapporto con la squadra. A quel punto il livello di gioco del Chelsea è calato drasticamente: non solo problemi offensivi, ma anche poca precisione nel pressing alto, tratto distintivo del calcio di Sarri, che ha portato al tracollo col City e alla sconfitta in FA Cup con lo United, match nei quali il Chelsea non è mai riuscito a recuperare palla alta agli avversari ed è stato spesso costretto a correre all'indietro.

L'uomo che più ha sofferto lo sbando degli ultimi mesi è stato Jorginho. L'italo-brasiliano è il tipo di giocatore più distante possibile dai canoni della Premier League. Senza grandi doti atletiche, le distanze larghe per via del pressing mal eseguito e dell'imprecisione nei movimenti della linea difensiva hanno evidenziato tutte le sue lacune. Rio Ferdinand, appartenente a un'epoca e a un contesto distanti anni luce da quello di Jorginho, ha speso per lui parole di assoluta condanna, attingendo a una visione del calcio inconciliabile con quella dell’italo-brasiliano: «Quanti assist ha messo in questa stagione? Neanche uno, eppure ha fatto circa 2000 passaggi. Non è bravo a difendere. Non corre, quindi non riesce a darti niente in fase difensiva e non riesce a darti niente neanche nella metà campo avversaria».

L'ex centrale dello United si è aggrappato a concetti archetipici del calcio britannico: la corsa come unico strumento difensivo e gli assist o i gol come parametro per valutare il rendimento offensivo. L'opinione di Ferdinand è significativa della percezione generale del calcio inglese nei confronti di giocatori cerebrali come Jorginho. Segno che il campionato ha vissuto un’evoluzione dei concetti superiore a quella avvenuta nella cultura che lo ospita.

In occasione del suo ingresso contro il Malmo nei sedicesimi di finale di Europa League, il pubblico di Stamford Bridge ha fischiato Jorginho, che di lì a qualche giorno avrebbe macchiato ancora di più la sua credibilità col rigore sbagliato in finale di Coppa di Lega.

I problemi di Jorginho sono quelli del Chelsea

Jorginho è il riflesso in campo di Sarri, l'uomo che più di tutti conosce i codici del calcio del tecnico toscano. Si parla di lui come del giocatore indispensabile nel giro palla per la sua capacità di coinvolgere con frequenza i compagni e quindi di creare quella rete di triangoli e rombi tipica del gioco di Sarri. Il gran numero di palloni giocati da Jorginho però offusca la sua importanza a livello difensivo. L'ex Verona è l'uomo chiave proprio per la sua conoscenza dei tempi e dei movimenti in fase di non possesso. Jorginho compensa il gap fisico con doti di lettura davvero sopra la media.

Quando la squadra sale per pressare lui guida il centrocampo, spesso alzandosi nella zona del regista avversario per schermarlo o provare a intercettare il passaggio. Se il pressing indirizza il possesso verso i terzini lui si sposta verso il lato palla, magari per coprire le uscite aggressive delle mezzali. La situazione in cui brilla di più per intelligenza è però il gegenpressing. Quando la squadra riesce a riaggredire bene l'avversario dopo aver perso il possesso, chiudendo tutte le linee di passaggio vicine, Jorginho legge alla perfezione quale traccia è rimasta a disposizione dell'uomo in possesso. Così cerca la posizione migliore per poter eventualmente intervenire sulla linea di passaggio, intercettare e rilanciare la transizione.

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Il Chelsea però, da dicembre in poi, ha avuto gravi problemi con la difesa in avanti e Jorginho che si è ritrovato a difendere in spazi davvero troppo grandi da gestire. I “blues” quindi hanno sofferto troppo in transizione difensiva, perdendo molte delle certezze costruite a inizio stagione. Il pressing d'altronde è uno dei fondamentali più difficili da allenare. Basta un tempo d'uscita sbagliato per far collassare tutto il sistema. Un aspetto su cui peraltro Sarri ha avuto pochissimo tempo per lavorare, dato l'ingaggio tardivo di quest'estate e il calendario congestionato da Premier, coppe nazionali ed Europa League.

La coordinazione tra centrocampisti e attaccanti non sempre è stata ottimale. Ala e mezzala del lato palla dovevano dividersi centrale e terzino, ma spesso le uscite non erano puntuali, con gli avversari in grado di trovare facilmente la linea di passaggio dalla fascia verso il centro del campo. E così Jorginho si ritrovava scoperto sul lato palla e costretto a difendere all'indietro: un'evenienza non proprio confortevole per un centrocampista così poco atletico. Bisogna considerare anche che, rispetto alla Serie A le mezzali e i trequartisti della Premier sono più veloci e più abili nel dribbling. Per questo riuscire a limitarli è ancora più difficile. Jorginho è quattordicesimo per dribbling subiti a partita in campionato (1,4), decimo se si considerano solo i centrocampisti.

Ancora più grave di quello degli attaccanti è però l'atteggiamento dei difensori, poco avvezzi a lavorare di sistema come dimostrano le parole di Rudiger: «Facciamo tattica, tantissima tattica. Per la maggior parte dei giocatori è una cosa nuova ma ci siamo dovuti adattare. È come se fossi tornato sui banchi di scuola, ad ascoltare tutto il tempo il professore che si ripete all'infinito. C'è da diventare matti, ma dobbiamo fare il nostro lavoro».

Il tedesco e David Luiz, sia per caratteristiche individuali che per esperienze pregresse, sembrano lontani dalla cerebralità di centrali come Koulibaly, Albiol o Rugani, prototipi a loro modo del difensore secondo Sarri. Rudiger e David Luiz si distraggono facilmente, e hanno dato il meglio in sistemi di difesa a tre in cui, protetti dalla superiorità numerica centrale, potevano permettersi di uscire in maniera aggressiva sull'avversario. Oltre a qualche scivolamento problematico, in particolare per Luiz, nella copertura delle scalate dei terzini, i centrali hanno faticato soprattutto a mantenere le giuste distanze col centrocampo. Spaventati dallo spazio alle loro spalle, non sempre hanno seguito i compagni nel pressing e hanno creato voragini che, prima di tutti gli altri, hanno fagocitato Jorginho. Un aspetto evidente in particolare nella partita col Tottenham, quella più difficile per l'italo-brasiliano, marcato a uomo da Alli. Luiz e Rudiger, terrorizzati dalla velocità di Son, non hanno avuto fiducia nel sistema difensivo del proprio allenatore e non si sono alzati in sincronia con i compagni. Così hanno lasciato praterie ai movimenti incontro di Kane, Eriksen e Alli che hanno avuto lo stesso la possibilità di lanciare Son: la prudenza di Rudiger e Luiz non è bastata contro la velocità del coreano e anzi ne ha acuito la pericolosità.

L'influenza della fase offensiva

Oltre alla fase di non possesso, alcuni problemi di Jorginho in difesa nascono dal modo in cui il Chelsea sviluppa i propri attacchi. Sarri, lo sappiamo, cerca la continua formazione di triangoli e rombi per arrivare in porta attraverso il palleggio. Rispetto al Napoli però, cambia soprattutto il valore degli interpreti. Giocatori come Hazard, Pedro e Willian riescono a eseguire dribbling ed esecuzioni ad alto tasso tecnico anche in spazi strettissimi. Senza quel tipo di qualità individuale, il Napoli cercava di attaccare con più calma, affidandosi a rotazioni e possesso per attaccare difese schierate. A Londra, per caratteristiche, Sarri può demandare qualche licenza in più ai suoi uomini.

Questo però a volte li porta a cercare combinazioni e giocate troppo veloci e rischiose nel corridoio centrale del campo, la zona con più densità di avversari, quando invece sarebbe meglio continuare a muovere il pallone per creare smagliature nella difesa. Le interazioni improvvise coinvolgono la punta, le ali che stringono verso l'interno o le mezzali che si alzano. Se gli avversari, in superiorità numerica al centro, riescono a intercettare, si possono ritrovare ad attaccare in transizione quando il Chelsea non è ancora pronto per riaggredire. Jorginho, non protetto, rischia ancora una volta di dover difendere all'indietro in un campo grande.

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I limiti evidenti di Jorginho

Ai problemi collettivi si sommano quelli individuali, che chiunque aveva messo in conto al momento del suo trasferimento in Inghilterra. Il primo è, inevitabilmente, il gap fisico con il resto dei giocatori del campionato. Basta dare un'occhiata a qualsiasi partita del Chelsea per notare quanto Jorginho sia gracile rispetto agli altri calciatori. Altezza media, esile soprattutto nella parte bassa del corpo, quella che permette di assorbire i contrasti e di spostare gli avversari. In ogni duello individuale Jorginho parte con un notevole svantaggio. Ancora più che in Italia dunque è costretto a ricorrere alle letture e a giocare sull'anticipo, in modo da prevenire qualsiasi contatto o uno contro uno difensivo. Jorginho ha difficoltà ad impostare il duello individuale: ha piedi poco veloci per seguire gli spostamenti dell'avversario. Per questo si concentra sempre sulla linea di passaggio.

Il problema è che contro alcuni giocatori della Premier non bastano neanche tempismo e letture eccellenti per recuperare il pallone. Ogni squadra inglese ha in rosa almeno tre o quattro giocatori molto dotati tecnicamente, capaci di proteggere palla e saltare l'uomo anche nei contesti più difficili. In Serie A purtroppo calciatori di quel tipo sono ancora un lusso e non un bene diffuso. Ilicic, Papu, Dybala, Douglas Costa: i giocatori forti nel dribbling e nella copertura del pallone si contano sulle dita di una mano. In Inghilterra invece anche Fulham e Crystal Palace dispongono di elementi estrosi come Sessegnon o Zaha. Questi giocatori, nonostante l'abilità di Jorginho negli intercetti, riescono a coprire il pallone o anche ad eseguire un dribbling prendendo controtempo il suo intervento. Alcune difficoltà difensive insomma ci dicono molto non solo dei limiti di Jorginho, ma anche di quelli della Serie A, un campionato che spesso nella selezione dei giocatori alla tecnica e all'estro preferisce l'atletismo e l'attitudine difensiva.

Le sconfitte, i problemi difensivi, l'inclinazione al palleggio ragionato hanno scatenato l'insofferenza dei tifosi nei confronti di Jorginho, uomo simbolo del calcio di Sarri. Un malcontento sfociato nella polemica sulla posizione di Kanté nella mediana dei "blues". Gran parte dell'opinione pubblica inglese ritiene infatti che lo slot di vertice basso di centrocampo spetti all'ex Caen, campione del mondo con la Francia e titolare con Conte lo scorso anno in quella posizione.

Al Leicester e al primo anno di Chelsea Kanté ha giocato in un centrocampo a due: 4-4-2 con le Foxes, 3-4-3 a Londra. Lo scorso anno Conte ha abbassato ancora di più il baricentro e, per compensare l'assenza di Matic nella gestione del pallone, è passato al 3-5-2 con Fabregas mezzala. Kanté ha effettivamente giocato da pivote, ma in un sistema reattivo e diretto in fase di possesso. Stesso discorso con la Francia: Deschamps ha rinunciato a qualsiasi velleità offensiva per costruire un 4-3-3 in grado di diventare 4-4-2 con lo scivolamento di Matuidi sulla fascia. Anche qua Kanté era vertice basso in un sistema diametralmente opposto a quello di Sarri.

La querelle Kanté-Jorginho conferma una volta di più come nel calcio moderno i moduli e le posizioni statiche non abbiano alcuna importanza: contano le funzioni, i compiti svolti all'interno del sistema di gioco. Il play basso di Sarri deve innanzitutto controllare il palleggio in maniera ordinata, in modo da occupare bene il campo e non soffrire in transizione difensiva. Kanté non ha la precisione nei passaggi e negli smarcamenti né tantomeno la gestione dei ritmi di Jorginho. Kanté stesso verrebbe penalizzato se schierato da vertice basso in un sistema come quello di Sarri. Lo dimostra il suo passato in nazionale. Ad Euro 2016 la Francia non era ancora la squadra ultrareattiva che ha conquistato il mondiale. Deschamps voleva provare a controllare di più il pallone, ma i problemi nascevano proprio dal centrocampo a tre, in cui Kanté da vertice basso non sapeva come far uscire il pallone dalla difesa per trasmetterlo ai giocatori più avanzati.

Segnali di ripresa?

Nelle ultime settimane comunque il Chelsea sembra più in salute. Sarri, in attesa di allestire un pressing più organizzato ed efficace, contro il Manchester City e in alcune fasi del match col Tottenham, ha preferito difendere con un blocco medio-basso. Jorginho si è adattato abbastanza bene e con i suoi movimenti ha compensato le uscite e le scalate dei compagni, permettendo al Chelsea di interpretare una fase difensiva attiva nonostante il baricentro più basso.

Con Higuain, poi, Sarri sembra stia trovando qualche sbocco offensivo migliore: più attacchi alla profondità e, soprattutto, migliori movimenti in area, specie quelli verso il primo palo, che permettono di arrivare in porta anche attraverso le catene laterali e non solo attraverso gli stretti corridoi centrali. Con i movimenti in profondità dell'argentino peraltro si stanno vedendo con più frequenza da parte di Jorginho i lanci “alla Valdifiori”: quelli improvvisi oltre la difesa, spesso su passaggio proveniente dall'esterno, per sorprendere squadre più ingenue rispetto a quelle di Serie A nella lettura della palla coperta/scoperta.

Contro il Fulham è arrivato il primo gol su azione, con Hazard che, circondato da tre uomini, ha potuto scaricare al limite dell'area per il tiro di Jorginho. Un fondamentale, il tiro, assolutamente da migliorare, per sfruttare, come a Craven Cottage, le attenzioni dei difendenti nei confronti di giocatori come Hazard, Pedro e Willian.

Jorginho è ancora un giocatore unico in Premier: Fernandinho e Dier, suoi omologhi in squadre con principi simili a quelli del Chelsea, dispongono di un fisico all'altezza del campionato. In più, hanno compagni come David Silva o Eriksen con cui condividere le responsabilità nel palleggio. Un miglioramento delle mezzali in fase di possesso potrebbe aiutare Jorginho. Ma, oggi come a luglio, il suo successo in Inghilterra è ancora inevitabilmente legato a quello del calcio di Sarri.

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