
Maurizio Sarri ha rimesso Napoli sulla mappa del calcio contemporaneo, non tanto per una questione di risultati ma di branding. Tutti i migliori allenatori e i principali addetti ai lavori non hanno lesinato lodi nei confronti del suo calcio, e questo ha contribuito a creare un’identità forte e un riconoscimento anche in assenza di risultati sportivi eclatanti. La fine dell’impero di Sarri al Napoli - sostituito da Ancelotti - è stato segnato dalla cessione del suo pretoriano, Jorginho, che lo ha seguito al Chelsea.
Non c’è forse un giocatore che più pienamente riesce a rappresentare la rivoluzione sarrista al Napoli di Jorginho, «Un giocatore tecnico, non veloce di gambe ma veloce di testa», come lo ha descritto Sarri nella sua prima intervista al Chelsea.
Quelli al Napoli sono stati tre anni di crescita, in cui il rendimento del regista italo-brasiliano ha toccato picchi davvero inimmaginabili quando era arrivato, durante la gestione Benitez. Solo in riferimento all’ultima stagione, Jorginho è il giocatore con più passaggi di media effettuati in Europa: 96,9, con la frequenza di un tocco ogni 50 secondi per Squawka.
Al di là dei numeri, il vero talento dell’ex Verona sta nella pulizia tecnica e nell’intelligenza delle scelte, che permetteva al giro palla del Napoli di avere sempre la velocità giusta a seconda delle esigenze. Non è un caso che uno dei pochi periodi di crisi del sistema di Sarri abbia coinciso con un calo di prestazioni del proprio regista. Nella primavera del 2016 tutti gli avversari provavano a bloccare il Napoli oscurando le linee di passaggio verso Jorginho. Una strategia che aveva rischiato di far perdere ai partenopei la qualificazione diretta in Champions League.
Eppure si stenta a riconoscergli meriti che vadano oltre quelli del suo allenatore. Il calcio di Jorginho si è dissolto totalmente in quello di Sarri. Molto spesso si ragiona come se il sistema dopasse momentaneamente i giocatori, senza migliorarne realmente il repertorio. Non è detto che Jorginho al Chelsea riesca ad esprimersi ai livelli in cui lo abbiamo visto al Napoli. In questo senso il campionato inglese è forse il più complesso in assoluto per lui, che non ha dalla sua né l’intensità né la forza fisica per districarsi in un calcio forsennato. Ma forse d’altra parte tendiamo a sottovalutare le doti naturali di Jorginho, riducendolo a un puro giocatore di sistema. In questo senso forse non abbiamo ancora capito il suo talento.
Questione culturale
È un discorso che non sembra coinvolgere giocatori dalle doti tecniche e fisiche più evidenti, come Koulibaly, Zielinski o Ghoulam ma che, come detto, secondo la vulgata dovrebbe investire Jorginho. Credo che sia un’impressione destata dalla sua interpretazione del gioco e, in generale, dalla difficile comprensione di un ruolo chiave come quello del regista da parte del grande pubblico.
La cifra stilistica del suo calcio è la semplicità. «Jorginho vede la linea di passaggio come un enigma e per risolverlo usa la strategia più lineare. È una sfida intellettuale: trovare sempre la soluzione più semplice per risolvere un problema» scriveva Angelo Ricciardi in questo pezzo sull’ormai ex Napoli. Un’idea di calcio pulita, essenziale traslata nell’uso dell’interno piede e del gioco a due tocchi. «È dai tempi di Thiago Motta che non ammiravamo in Italia un gioco a due tocchi di questo livello».
Proprio il confronto con l’altro grande italo brasiliano del nostro calcio può aiutare a interpretare meglio la diffidenza dell’opinione pubblica nei confronti di Jorginho. Di Thiago Motta si è criticata oltre modo la lentezza, come se un metodista, per eccellere, dovesse per forza giocare a velocità forsennate. In un certo contesto, quello del ritmo è un falso problema. Apprezzare il calcio di Thiago, come quello di Jorginho, richiede uno sforzo analitico difficile da praticare, soprattutto se si è coinvolti emotivamente nella partita. La semplicità non è un pregio facile da cogliere.
Negli ultimi anni molti trequartisti stanno arretrando il baricentro fino a centrocampo per la loro capacità, da trequartisti appunto, di mantenere palla sottopressione e di rompere le linee avversarie anche col dribbling. Mentre sulla trequarti bisogna andare sempre più veloci, i giocatori più lenti e cerebrali - o almeno quelli che riescono a sopravvivere - vengono arretrati registi. È il caso, ad esempio di giocatori come Dembelé o Guardado, ex mezzepunte di cui è facile apprezzare il virtuosismo. In Italia forse è un problema acuito da una figura come Pirlo, ormai archetipo del vertice basso di centrocampo per gran parte del pubblico. Anche qui, parliamo di un trequartista prestato alla mediana, capace di inventare assist anche a sessanta metri dalla porta avversaria.
Baller
Si tratta comunque di eccezioni, anche se sempre più frequenti nel calcio moderno, in grado di conferire sfumature tecniche più vivaci al ruolo, e per questo più facilmente riconoscibili. L’elemento chiave del gioco di Jorginho invece è il passaggio corto, il fondamentale più semplice, il primo che i bambini imparano nelle scuole calcio, la cui esecuzione, proprio per questo suo carattere elementare, viene troppo spesso sottovalutata.
Per eseguire un passaggio in maniera corretta non basta consegnare il pallone nei piedi del compagno, soprattutto in sistemi di calcio sofisticati come quello di Sarri. La palla va colpita nel momento giusto e il passaggio deve essere propedeutico alla creazione di una situazione vantaggiosa per la squadra. Il giro palla difensivo, la circolazione a U parafrasando Guardiola, non crea nessun beneficio. Delle volte è meglio avanzare palla al piede fino ad attrarre fuori posizione l’avversario. Ma la teoria non basta. Il piede deve avere la sensibilità di dare al pallone la velocità e traiettoria adeguate, così da consentire al compagno la ricezione migliore possibile.
In questo senso Jorginho diventa un giocatore straordinario, fedele discepolo dell’aforisma cruijffiano per cui «tecnica non vuol dire saper palleggiare mille volte, [ma] passare la palla con un tocco, con la giusta velocità, sul piede giusto del tuo compagno». Alla sensibilità dell’esecuzione Jorginho abbina la saggezza nelle scelte, che gli permette di variare a seconda delle evenienze la percentuale di rischio del proprio paziente gioco di cucitura. Se il tratto distintivo di Jorginho nel Napoli erano i laserpass ai fianchi o alle spalle del centrocampo avversario, per permettere a Insigne, Mertens o Higuain di ricevere in zone pericolose, non vanno dimenticati gli scambi corti con Hamsik, Allan e Zielinski, eseguiti proprio per attrarre la pressione avversaria e creare gli spazi vitali per i compagni più talentuosi.
La discriminante nelle scelte è l’intelligenza nella lettura della situazione. In questo senso Jorginho era depositario di ogni dettaglio tattico del Napoli di Sarri. Sapeva quando poteva di permettersi di tentare il passaggio più rischioso, con quei suoi rasoterra puliti, decisi, in grado di penetrare in ogni buco tra le maglie del centrocampo avversario. Al contrario, in situazioni concitate, con la squadra che magari rischiava di farsi travolgere dalla frenesia, preferiva dare un taglio più conservativo al suo range di passaggi, consolidando il possesso con i difensori e col centrocampista più vicino. Così, permetteva al Napoli di non soffrire le transizioni e di non perdere mai la propria prerogativa principale, quella compattezza che permetteva di difendere in avanti e di dare sempre un senso al possesso.
Se del Napoli di Sarri veniva menzionato quasi sempre il gusto estetico, fino quasi a diventare un meme, troppo spesso si sottovalutava l’efficienza matematica di un sistema il cui fine magari era anche la bellezza, ma le cui premesse seguivano una coerenza logica quasi ingegneristica. Se il tocco fantasma di Mertens nel 4-1 contro la Lazio incarna l’approdo estetico del calcio di Sarri, il palleggio a centrocampo di Jorginho rappresentava il sostrato razionale da cui è nato uno dei sistemi più peculiari visti in Serie A.
Non è un caso che al centro di tutte le GIF sulle uscite palla del Napoli, che in queste tre stagioni hanno fatto la gioia dei videomaker di tutto il mondo, ci sia sempre Jorginho. È una questione di senso per gli smarcamenti, necessari per dare continuità a un gioco improntato sulla frequenza dei passaggi. Il nativo di Imbituba, proprio per la sua capacità, grazie ai passaggi, di indirizzare i movimenti dei compagni, riesce a leggere lo sviluppo dell’azione sempre in anticipo e a capire quali linee di passaggio occupare. Probabilmente, ragionando da passatore, riesce a immedesimarsi nel compagno in possesso e a occupare la posizione migliore, così da creare una zona di luce e indicargli la traiettoria da far percorrere al pallone. È una dote rara, che segna la differenza tra chi riesce a mettere il proprio talento al servizio della squadra e chi invece, magari dall’alto di una tecnica superiore, non sa come mettere a frutto il proprio estro. In definitiva, un’altra di quelle sfaccettature del talento di Jorginho non immediatamente percettibili.
Prendiamo come esempio una delle ultime azioni-GIF che ci lascia il Napoli di Sarri. E’ il 53’ del match scudetto contro una Juve che non sembra avere alcune intenzione di pressare col rischio di esporsi al palleggio partenopeo. Per ricavare spazio nella metà campo avversaria, il Napoli prova allora a costruire una situazione teoricamente agevole per il pressing bianconero. Mario Rui e Hamsik scambiano il pallone vicino alla linea laterale così da attrarre, inevitabilmente, Cuadrado e Khedira; la linea esterna dovrebbe agevolare l’aggressione da parte di due giocatori atleticamente superiori agli avversari. Mario Rui tiene palla con Cuadrado alle spalle fino a quando non decide di appoggiare a Jorginho, a pochi passi da lui. L’italo brasiliano è seguito a sua volta da Pjanic, così controlla il pallone e torna da Rui che intanto aveva indietreggiato ulteriormente per sfilarsi dalla marcatura di Cuadrado. Col retropassaggio Jorginho invita il colombiano a seguire il terzino quasi fino alla linea di fondo campo. Ora però alle spalle dello juventino si è creato un buco; proprio ciò che aveva programmato Jorginho, in anticipo mentale prima che di movimento su Pjanic, il suo marcatore. Legge ed occupa quello spazio prima che il bosniaco riesca a seguirlo, così crea una nuova linea di passaggio e ha il tempo di controllare e servire Hamsik appena prima dell’aggressione di Pjanic. Ora il Napoli può attaccare la Juve in campo aperto.
Vecchie abitudini, nuovi input
Lo stile di Jorginho insomma possiede sfumature che lo rendono un giocatore davvero unico nel panorama dei metodisti del calcio moderno. La capacità di ordinare la squadra col palleggio e di muoversi in modo da agevolare i compagni sono caratteristiche preziose in uno sport in cui ormai 110 metri di campo non sembrano essere più sufficienti. Ecco perché Sarri non ha esitato a portarlo con sé a Londra.
Ma nonostante le affinità con il proprio allenatore, Jorginho dovrà riuscire ad adattarsi il prima possibile al nuovo contesto, in particolare all'atteggiamento degli avversari e alla ricezione dei principi di Sarri da parte dei propri compagni. In questo senso, la cerebralità e il bisogno di interazione con gli altri giocatori potrebbero metterlo a disagio in un campionato turbolento come la Premier League.
Jorginho paga nei confronti del calcio inglese un notevole gap atletico. Parliamo comunque di un giocatore nettamente inferiore agli standard del calcio britannico, sia per quanto riguarda il fisico, sia per quanto riguarda la corsa. L’unico modo per sopravvivere in un ecosistema ostile alle sue caratteristiche sarà però concentrarsi sulla forza dei propri principi, diluiti in un sistema di gioco in teoria confortevole come quello del nuovo Chelsea. Sarri insomma dovrà essere il miglior garante sulla sopravvivenza di Jorginho in Inghilterra. Il credo dell’allenatore toscano dovrà essere il sostegno a cui aggrapparsi per non cadere preda di un campionato muscolare e spesso privo di logica, al polo opposto del suo calcio. Non sarà facile, specie all'inizio. Per ora la rosa dei “Blues”, soprattutto a centrocampo, non sembra rispondere alle esigenze di Sarri.
Nessuna delle mezzali, a parte Kanté che dovrà comunque migliorare nel senso del gioco e nella precisione, sembra convincente: Fabregas, dato da alcuni in partenza, non ha più il dinamismo per muoversi in quella posizione, Bakayoko è tecnicamente troppo grezzo, mentre Barkley interpreta il ruolo in maniera troppo diretta. Per Jorginho è invece fondamentale avere a fianco mezzali intelligenti e tecniche con cui poter dialogare e che gli permettano di manipolare con continuità e profitto il possesso della squadra: se mancano gli smarcamenti o la tecnica delle mezzali non riesce a sostenere il palleggio, allora Jorginho non ha modo di praticare il suo calcio e quindi rimane vittima del contesto.
Sarà interessante comunque notare come proseguirà lo sviluppo di Jorginho sotto la guida di Sarri. Già lo scorso anno l'italo-brasiliano aveva aggiunto sfumature più dirette e creative, che potrebbero tornargli utili in Inghilterra.
Con l’infortunio Goulham infatti il Napoli aveva perso una fonte di gioco indispensabile sulla sinistra. Senza le conduzioni e la visione di gioco dell’algerino i meccanismi offensivi rischiavano di incepparsi. Per ovviare parzialmente al problema, Sarri ha invitato Jorginho ad alzare il proprio baricentro e ad assumersi maggior responsabilità offensive, anche decentrandosi più spesso verso sinistra, così da supportare Hamsik e Insigne. Jorginho ha provato quindi a diventare un centrocampista più creativo, cercando di giocare con più frequenza filtranti alle spalle della difesa ed esplorando soluzioni di passaggio più ambiziose. Un esempio è il pallonetto con cui dà vita alla transizione del gol di Mertens contro la Lazio.
Uno stile più diretto, magari con rasoterra più lunghi e rischiosi, che ha dimostrato di saper giocare, potrebbe essere perfetto per una squadra con una batteria di trequartisti come quella del Chelsea: Hazard - dovesse rimanere - è un giocatore con una potenza nelle gambe che gli permette di muoversi agevolmente spalle alla porta; Pedro, dall'alto della sua esperienza con Guardiola, sa benissimo come tagliare alle spalle della difesa. In più, se davvero arrivasse Higuain, Jorginho avrebbe un appoggio centrale che conosce benissimo le sue prerogative. Già durante il primo anno napoletano di Sarri era molto esplorata la direttrice verticale con cui il regista innescava spalle alla porta il “Pipita”, che così poteva agire da regista offensivo. Una connessione ricercata anche con Mertens punta ma che, per una questione banalmente fisica, con Higuain potrebbe essere ancora più efficace. Cosa c'è di meglio di un asse play-pivot in grado di spostare il possesso sulla trequarti e quindi di fare da collante tra mezzepunte come Willian e Hazard?
Ngolo il braccio destro
Si è detto dei limiti fisici di Jorginho, che potrebbero metterlo in difficoltà di fronte alla pressione e all'atletismo degli avversari. Si tratta comunque di un deficit compensabile col sistema di gioco e con l'interazione coi compagni. La vera difficoltà potrebbe essere l'adattamento alla fase difensiva. Senza il vigore dei migliori mediani, l'ex Napoli riusciva comunque ad eccellere in fase di non possesso grazie a doti di lettura notevoli.
Alfredo Giacobbe, in questo pezzo sull’atteggiamento dei campani in fase di non possesso, lo aveva definito il quinto Beatle della linea difensiva, un giocatore che, in generale, «si sforza di ragionare più da difensore che da centrocampista». Il contributo di Jorginho alla fase difensiva del Napoli era più vario di quanto le sue caratteristiche facessero immaginare. Persino un giocatore come Diawara, superiore fisicamente e con più talento per contrasti e difesa all’indietro, non riusciva a offrire a Sarri un set di soluzioni all’altezza di quello del numero otto.
A partire dall’aggressione in avanti, eseguita con sincronismo perfetto rispetto ai movimenti di attaccanti e mezzali. Chi ha bisogno del corpo a corpo quando gli spazi si comprimono in avanti ed è più facile leggere in quale zona l’avversario passerà il pallone? L’aspetto sorprendente però, era la capacità di mantenere inalterato il rendimento anche a pochi metri dalla propria porta, grazie all’efficienza nelle coperture e a uno spiccato senso della posizione in area di rigore, grazie al quale Jorginho diventava la prima arma difensiva contro i palloni messi a rimorchio da fondo campo.
Tuttavia, la Premier è un contesto diverso dalla Serie A. Molte squadre, per non cadere nella trappola del pressing preferiscono lanciare lungo per affidarsi ai duelli aerei e alla creazione di seconde palle. L'attitudine di Jorginho alla difesa in avanti potrebbe risentirne. Anche in questo caso dovrà essere la squadra a fornire le necessarie certezze al proprio regista. Se il Chelsea riuscirà a pressare bene come l'ultimo Napoli di Sarri, allora riuscirà a comprimere bene gli spazi e a rubare il pallone in zone pericolose; in più l'aggressione potrebbe annullare totalmente l'effetto dei lanci, impedendo agli avversari di occupare bene gli spazi e di creare in avanti quei duelli propedeutici al recupero delle seconde palle.
Ma al di là del contesto tattico, la Premier è un ecosistema differente anche per tipologia di giocatori. Un limite della Serie A è l'assenza di molti dribblatori puri. A parte poche eccezioni come Douglas Costa o Ilicic non ci sono veri e propri specialisti dell'uno contro uno. La Premier invece è zeppa di ali e trequartisti in grado di saltare l'uomo in ogni situazione. Il pericolo più grande per Jorginho potrebbe essere proprio questo. Se il Chelsea si ritrovasse a difendere all'indietro invece che in avanti Jorginho potrebbe affrontare isolamenti difensivi qualitativamente molto più complicati di quelli della Serie A. Già lo scorso anno in campionato era decimo per dribbling subiti (1,6).
Per un giocatore non molto veloce e con un fisico sotto la media per i contrasti della Premier, potrebbe essere difficoltoso affrontare un campionato in cui anche una squadra come il Watford può vantare dribblomani come Richarlison. Per fortuna Jorginho potrà avvalersi della collaborazione di Ngolo Kanté, forse il miglior centrocampista al mondo negli uno contro uno difensivi e nei recuperi all'indietro.
Il francese darà innanzitutto manforte a Jorginho nella pressione alta. La velocità di Kanté e la sua capacità di togliere il pallone dai piedi degli avversari potrebbe rendere ancora più letale il pressing di Sarri, anche solo considerando l'efficacia che un giocatore come Allan aveva raggiunto in Italia. Soprattutto però l'ex Leicester dovrà impedire a Jorginho di rimanere isolato nei momenti di caos tipici del calcio inglese, per non rimanere travolto dalle conduzioni palla al piede degli avversari.
Pronosticare un esito certo sull’esperienza dell’italo brasiliano in Inghilterra sembra impossibile. Come detto, l'adattamento di Jorginho dipende molto dal tempo e dal modo in cui Sarri riuscirà a instillare la propria ideologia. In questo senso il successo di Sarri e quello di Jorginho saranno strettamente legati, l’uno all’altro. Per questo la sua stagione in Inghilterra sarà così interessante da tenere d’occhio, e definirà con più chiarezza i limiti di un giocatore tutta tecnica e intelligenza nel calcio di oggi.