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Lorenzo Cascelli
È stato anche il Giro di Jonathan Milan
27 mag 2024
27 mag 2024
Il ciclista di Tolmezzo ha vinto la maglia ciclamino con il record di punti.
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Lorenzo Cascelli
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IMAGO / Sirotti
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Roma, domenica 26 maggio, ultima tappa di un Giro d’Italia. La gara è stata dominata con una facilità impressionante e cannibalesca da Tadej Pogacar. Mentre la maglia rosa si gode nelle prime posizioni del gruppo il suo arrivo a Roma, di fronte al Colosseo e all’arco di Costantino, Jonathan Milan è fermo sul lato destro della strada. È sceso dalla sua nuova bicicletta che è poggiata alle transenne perché le si è rotta la catena. Di fronte al velocista friulano la sfortuna ha assunto la forma cubica e tozza dei sampietrini di via san Gregorio, che sotto le le ruote restituiscono un rumore sordo, menefreghista e impassibile nei confronti di ciò che gli sta accadendo sopra. Milan è tutto vestito color ciclamino, caschetto, maglia, pantaloncini, lenti degli occhiali e calze sono di un’unica tinta perché per il secondo anno consecutivo ha vinto la classifica a punti del Giro d’Italia, simbolo, come è scritto nel sito ufficiale della corsa, "della perseveranza che occorre per essere sempre lì davanti, in ogni sprint intermedio e di gruppo, fino all'ultima tappa". Nonostante in ogni tappa si distribuiscano punti ai ciclisti in base all’ordine d’arrivo finale e a quello dei traguardi volanti, i velocisti come lui sono i favoriti per la vittoria di questa classifica perché l’assegnazione dei punti è inversamente proporzionale alla difficoltà altimetrica della tappa. Insomma, una tappa pianeggiante assegna molti più punti di una tappa collinare o di montagna.Milan ha 23 anni, è alla sua seconda corsa in carriera di tre settimane ed è già sicuro di aver vinto la classifica proprio per la sua capacità di essere sempre presente nelle volate, per la sua perseveranza. Dopo che nel Giro dello scorso anno ha vinto una tappa e ha collezionato quattro secondi posti dietro quattro vincitori differenti, quest’anno, nelle sei volate svolte finora, è arrivato tre volte primo e tre volte secondo. In questi due anni, di Milan hanno impressionato due qualità: l’incredibile costanza nei risultati e la forza con cui sprinta. Ora manca solo l’ultima volata, quella che chiude definitivamente la corsa. Quando il meccanico scende dall’ammiraglia della Lidl-Trek, la sua squadra, porgendogli la bicicletta sostitutiva, Milan ha accumulato 48 secondi di ritardo dal gruppo. Qui comincia la sua rincorsa, mancano poco meno di 9 chilometri all’arrivo. Deve andare a tutta.Guardare le sue volate dal comodo punto di vista dello spettatore da casa, davanti al televisore, fronte all’arrivo, col campo visivo sgombro, che consente di osservare tutti i ciclisti nelle prime posizioni, è un’esperienza che trasmette una potenza fisica brutale. Milan ha un corpo imponente, è alto 194 centimetri e pesa 84 chili. La differenza rispetto ai maggiori velocisti presenti in questo Giro è evidente: Tim Merlier 188 centimetri per 76 chili; Kaden Groves 176 centimetri per 76 chili; Olav Kooij 184 centimetri per 72 chili (dati procyclingstats.com). La sua andatura è grave, erculea, di rottura rispetto ai lineamenti gentili del suo viso, alla tranquillità che traspare nelle sue interviste. Il suo soprannome, “il Toro di Buja”, dall’animale presente nello stemma del suo paese, palesa un elemento bestiale. Proprio come un toro, Milan le volate non le lancia, le “carica”. Quando si alza sui pedali per sprintare, il suo fisico straborda dalla bicicletta, assomiglia a quello del “Ciclista” del futurista Gerardo Dottori. Un corpo incredibilmente più grande della bicicletta che guida, che sembra stare in bilico a cavalcioni su un triciclo, che per tagliare l’aria, essere aerodinamico, e faticare di meno, utilizza il proprio capo come una testa d’ariete.

A Roma, mentre il gruppo è già alla fine di via dei Fori Imperiali, Milan si accoda all’ammiraglia della Visma-Lease a Bike per sfruttarne la scia. A tutti gli altri mancano 8 chilometri all’arrivo. I secondi di distacco sono 52, i commentatori RAI esclamano: «Ci vorrebbe un miracolo». Il miracolo, però, Milan in realtà l'aveva già fatto.Il percorso di Milan al GiroLa prima volata di Milan in questo Giro era avvenuta nella terza tappa, la Novara-Fossano. Pogacar era scattato assieme a Geraint Thomas ai meno tre chilometri dall’arrivo sul traguardo volante di Cherasco, ed era stato ripreso ai meno 250 metri. Milan è sulla parte sinistra della carreggiata, forse troppo esposto al vento decide di fare una scelta controintuitiva, di non seguire il treno della sua squadra e di buttarsi sulla destra, accanto agli altri velocisti. Forse lo fa per sentirli vicino. Quando lancia la volata, prima di tutti, è in quarta posizione. Il suo sprint è un’ostentazione di potenza, sembra impossibile da raggiungere, eppure mentre si sposta sulla sinistra, di nuovo staccato dagli altri, Merlier sguscia da dietro, sulla destra. Il belga è scaltro nei movimenti, lo recupera e lo scavalca di pochi centimetri. In uno sprint le differenze sono centesimi di secondo che si recuperano o che svaniscono; si arriva secondi, terzi, quarti, quinti per dettagli che diventano il tutto, per essersi lanciati al vento troppo presto, per una decisione presa con un impercettibile ritardo, per aver bloccato la pedalata per evitare di collidere con un altro ciclista, per uno spostamento repentino, magari suggerito dall’istinto. Nei secondi posti di Milan c’è una costante: quando viene battuto è quasi sempre per pochissimo, è una questione di spanne, di un talento ancora levigabile, di un’esperienza da formare di volata in volata. Nella tappa successiva, la quarta, che va da Aqui Terme ad Andora, Milan aveva vinto esattamente a un anno di distanza dalla sua prima vittoria assoluta al Giro.

Ai 500 metri dal traguardo il gruppo aveva recuperato Filippo Ganna, che era scattato sul Capo Mele ai meno 4 chilometri. Il primo a raggiungerlo è Simone Consonni, ultimo uomo di Milan, che è subito dietro di lui. I tre assieme a Francesco Lamon compongono la squadra che ha vinto l’oro nell’inseguimento a squadre alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Fa uno strano effetto vederli in fila lì sull’asfalto, uno dietro all’altro. Lo dirà anche Consonni al termine della tappa: «a un certo punto non sapevo se mollare per Pippo (Ganna) o se tirare per Johnny (Milan)».Ai 300 metri dal traguardo parte la volata, è uno sprint lungo, Milan si sposta sulla destra, tiene con la spalla sinistra il rientro di Kooij e s’invola verso il traguardo davanti a tutti. La bocca è spalancata, pronta a ingoiare i metri che lo distanziano dal traguardo, la testa taglia l’aria in maniera forsennata con dei movimenti dall’alto verso il basso. Ogni fascio di muscoli sembra voler comprimere la bicicletta sotto il suo sforzo, maltrattarla sotto ogni colpo di pedale, accartocciarla col movimento delle braccia e delle spalle mentre aumenta di potenza e velocità. Milan ha un rapporto di completo dominio con la propria bicicletta, qualcosa di sadico per come la doma per portarla al limite sotto il proprio controllo, sembra di assistere a una rappresentazione cronenberghiana. Dopo il colpo di reni sulla linea dell’arrivo di Andora, Milan agita il braccio mentre spalanca la sua bocca a tratti mostruosa. I dati raccolti da Velon CC sulla sua volata sono assurdi.

Mind-blowing power, come dice il tweet.

Un altro capitolo del grande giro di Milan arriva all’ultimo chilometro della nona tappa, quella che arriva a Napoli, dopo una curva a 180 gradi. La Lidl-Trek la prende in testa, insegue Jhonatan Narvaez che è scattato a 7 chilometri dall’arrivo. Ai 650 metri Pogacar, completamente disinteressato dallo stare in posizioni più tranquille, supera il treno di Milan per tirare la volata al suo compagno di squadra Juan Sebastian Molano. Con questa tirata Pogacar riporta a galla anche Kooij, che sceglie di seguire proprio la ruota di Milan. Ai 150 metri parte la volata. Vento in faccia, Milan supera Narvaez ai 20 metri, Kooji in giallo lo affianca e lo batte di mezza ruota. Stretto tra il tentativo di raggiungere Narvaez e il serrato recupero dei velocisti dietro di lui, Milan può recriminare ben poco a se stesso. A volte essere sopravanzati in volata ha a che vedere anche con le decisioni altrui, come quella di Kooij di battezzare, come si dice nel gergo ciclistico, la ruota del più forte. Nel suo lanciato Milan è così imponente che, anche quando viene battuto, si ha sempre la convinzione che abbia vinto.Nella undicesima tappa, la Foiano di val Fortore-Francavilla al Mare, Milan si era nascosto fino ai 200 metri. Era rimasto dietro al treno della Alpecin-Deceuninck che vuole lanciare Groves, velocista di cui ha preso la ruota. Sulla sinistra, poco dietro la testa della corsa, cadono Fabio Jakobsen e Madis Mihkels, scivolano malamente sull’asfalto e sbattono contro le transenne sulla destra. È una volata nervosa, infida, la cui soluzione sta nell’interstizio tra il trovare lo spazio e il farsi spazio. I ciclisti si sparpagliano, quello spazio si apre come fosse una radura e Milan ci si lancia. Parte terzo mentre gli avversari cercano di sorpassarlo, si sposta sulla destra e poi al centro della carreggiata, i movimenti della testa sembrano quelli di una trivella che buca l’aria. Sul traguardo la velocità è ancora in crescendo, le braccia spalancate in un’esultanza a mo’ di Cristo Redentore. Due tappe dopo, nella Riccione-Cento, lo strapotere è di tutta la squadra, la Lidl-Trek, che prima ricuce in dieci chilometri un buco creatosi ai meno sessanta chilometri a causa di un ventaglio e poi lancia perfettamente la volata di Milan col treno Stuyven-Theuns-Consonni. Fernando Gaviria anticipa tutti ai 300 metri dall’arrivo ma viene recuperato agilmente da Milan che vince nettamente arrivando sul traguardo in totale controllo. Mentre gli altri ciclisti tentano di flettersi e di avvilupparsi alla loro bicicletta per essere aerodinamici e aumentare la velocità, Milan dà la sensazione di compiere un lavoro di addizione: per sprigionare tutta la propria potenza si deve diventare più grandi, muoversi di più.

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L’imitazione che ne fa Juanpe Lopez col suo fisico mingherlino è notevole.

Nelle conferenze stampa che seguono le tappe Milan sottolinea sempre il lavoro di squadra, è un deciso riconoscimento, la piena consapevolezza che la propria vittoria è sempre un atto collettivo. Dopo le due ultime vittorie Milan dice: «è facile parlare dello sprint, ma dietro a quei 200 metri c'è il lavoro eccellente di tutto il team ed è a loro che dedico questo successo», e poi «la squadra ha fatto un lavoro fantastico. Non sta a me dirlo, basta guardare le immagini in tv. Sono grandiosi».Tra tutte le volate, quella della diciottesima tappa, Fiera di Primiero-Padova, è quella che più ricorda l’arrivo di Caorle del Giro dell’anno scorso, ed è il capolavoro nel capolavoro. In entrambi i casi Milan era molto indietro e aveva lanciato la volata in estremo anticipo per recuperare chi gli è davanti, come se non fosse mai troppo tardi. Sono due volate furiose, sui pedali sembra di vedere una locomotiva. A Padova ai 900 metri c’è una curva a sinistra, un uomo della Lidl-Trek è in testa ma Milan è intorno alla tredicesima posizione, praticamente inglobato nel gruppo. Ai 600 metri Consonni si gira e non lo trova, apre il microfono della radio, ci urla dentro, come se la voce avesse il potere magico di riportarlo dietro di sé. Alla successiva curva a destra, Milan è addirittura sedicesimo. Stuyven e Consonni sono davanti a tutti, rallentano, si voltano, lo cercano con lo sguardo e fanno entrare la volata in un’impasse per una frazione di secondo. Da questo rallentamento Milan riemerge con una carica taurina, una violenza disperata, è attardato e al tempo stesso in cerca di un recupero quasi impossibile da fare senza treno. È in tredicesima posizione, poi nona, al centro della carreggiata ai meno 200 metri lancia la volata, i suoi respiri si appaiano a quelli di Merlier per metri. Dalla ripresa aerea la volata è incredibile, è una vera sfida tra i due. Milan si sposta a sinistra, Merlier a destra, entrambi in cerca dei propri varchi mentre sorpassano Stanislaw Aniolkowski. I due si incontrano di nuovo sul traguardo, Groves in mezzo a loro, Merlier davanti di pochi centimetri grazie a un ottimo colpo di reni. È il terzo secondo posto per Milan che subito dopo l’arrivo fa un leggerissimo gesto di stizza con la bocca, quasi un ghigno, prima di accucciarsi stravolto, deluso e senza fiato accanto alle transenne. Ai microfoni con puntigliosa onestà dice: «è pienamente colpa mia, non sono riuscito a tenere la ruota dei ragazzi [...] Eddy - Theuns e Simo - Consonni - erano nella posizione perfetta per guidarmi nell’arrivo». Guardare le volate di Milan significa godere dei suoi picchi di prestazione già assoluti, della potenza tracotante, elettrica, con cui domina le corse. Al tempo stesso significa accettare i pochi errori che compie, che sono dettati principalmente dalla poca esperienza, dal suo essere un ciclista ancorain costruzione, con potenzialità inespresse da immaginare. Il suo è un percorso di perfezionamento come quello de Il gabbiano Jonathan Livingston, che nella vita cercava di affinare le sue capacità di volo di uscita in uscita, di planata in planata. Il suo nome, Jonathan, viene proprio da quel romanzo, che la madre stava leggendo mentre era incinta di lui.L'arrivo a RomaNel frattempo a Roma siamo a Corso Vittorio Emanuele e il distacco è calato a 35 secondi. Milan fa lo slalom tra le macchine, si muove dietro una e poi dietro all’altra. Sembra un toro che corre l’encierro per entrare nell’arena, per rientrare nel gruppo. La sua corsa è un inseguimento per trovarsi di nuovo al centro dello spettacolo.Ai 5,5 chilometri dall’arrivo Milan è su Lungotevere dei Tebaldi dietro l’ammiraglia della sua squadra, che viaggia a 70 chilometri orari. Ha dimezzato lo svantaggio, la sua azione è forsennata, muove le spalle come stesse facendo una volata lunga chilometri. Dopo poco Milan vede il gruppo, lo raggiunge. In fondo, ad aspettarlo, c’è il suo compagno di squadra Amanuel Gebreigzabhier. Sembra impossibile che sia riuscito a colmare quel distacco in uno tempo così piccolo, in così pochi chilometri. Ai 3,5 chilometri, all’altezza di Circo Massimo, Milan è di nuovo lì, in mezzo al gruppo. Il suo treno l’ha recuperato e ora vuole trovare lo spazio per riportarlo in testa per provare a vincere la tappa. È l’ultimo giorno, è l’ultima possibilità, è domenica, il giorno di festa. Nel frattempo gli uomini della Lidl-Trek recuperano posizioni su posizioni. Ancora una volta fanno un lavoro enorme, forse azzardato, perché ai 1,6 chilometri dall’arrivo sbucano sulla sinistra e si mettono subito in testa al gruppo. È stato un recupero proibitivo.Si arriva al finale. Con una spallata a un uomo della Alpecin Deceuninck, Milan si piazza alla ruota di Consonni in quarta posizione. È l’ultimo chilometro. Perde e riconquista la ruota del suo compagno di squadra fino ai 150 metri, quando sceglie di seguire Merlier, che nel frattempo è scattato proprio dietro di lui anticipandolo prima dell’uscita dall’ultima curva. La sfida è improba, nonostante i chilometri che ha fatto in solitaria Milan sembra avere ancora un pizzico di lucidità per lanciarsi. Si svuota delle sue ultime energie, le scatena brutalmente sulla bicicletta, sui sampietrini, con testa e spalle che esalano ancora forza per scomporsi e ricomporsi. Milan cerca di chiudere il buco ma con quello scatto Merlier ha giocato di esperienza, lo ha colto leggermente in controtempo. Con agilità è andato via, è troppo lontano, vince, mentre di potenza Milan ottiene il suo quarto secondo posto. Considerato il tempo perso per il problema meccanico e la fatica fatta per rientrare e rimettersi in testa il risultato è comunque clamoroso. Alla fine di questo Giro Merlier e Milan sono pari, hanno vinto tre volate a testa, la differenza tra i due l’ha fatta la continuità impressionante del secondo. Dopo l’arrivo non c’è spazio per la rabbia, Milan abbraccia i suoi compagni, è la sua liturgia di fine corsa, quella che compie dopo ogni sprint, vinto o perso. È il ringraziamento sincero e fisico per l’impresa tentata, le tappe vinte, la maglia ciclamino che indossa, conquistata con il record di punti: 352.

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