Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Jon Jones è stato il più grande fighter di sempre?
27 giu 2025
Una domanda naturale da farsi dopo l’annuncio del ritiro.
(articolo)
7 min
(copertina)
IMAGO / Icon Sportswire
(copertina) IMAGO / Icon Sportswire
Dark mode
(ON)

`«Jon Jones ci ha chiamati ieri sera e ci ha detto di essersi ritirato. Ufficialmente». Con queste parole Dana White, durante la conferenza stampa successiva all’evento UFC che si è tenuto a Baku, nella notte di sabato scorso, ha gelato gli appassionati.

C’era la percezione che Jones potesse essere alle ultime battute, o che si fosse ritirato “di fatto”, ma c’era anche la speranza che Jones, dopo aver battuto Stipe Miocic, avrebbe concesso (insieme a UFC) al pubblico ciò che voleva: ovvero, il match contro Tom Aspinall, campione ad interim dei pesi massimi (oggi promosso campione indiscusso, appunto, in seguito al ritiro di JJ).

Jones compirà 37 anni a luglio anche se grazie al suo dominio quasi ventennale è praticamente un dinosauro delle MMA. Un’era geologica dominata, tra luci e ombre, tra periodi di attività serrata e pause lunghissime, tra una vittoria modificata in No Contest a causa della positività al doping e una risalita della china impossibile agli occhi altrui, ma che poi si è sempre realizzata.

Divisivo, incarnazione di un dualismo che non ha mai saputo gestire, fenomeno all’interno dell’ottagono e vittima di se stesso al di fuori. Nessuno (a parte Mark Hamill, per squalifica nel lontano dicembre 2009) è riuscito a batterlo, mai, certo ci sono decisioni dei giudici più o meno contestate - dal primo incontro con Alexander Gustafsson, datato settembre 2013, a quelli contro Thiago Santos nel luglio 2019, e Dominick Reyes nel febbraio 2020 - ma da questi match equilibrati è sempre uscito col braccio alzato.

Torniamo al presente. Nel novembre dello scorso anno, Jon Jones aveva affrontato e sconfitto Stipe Miocic, il peso massimo più decorato della storia UFC. Jones lo aveva affondato con uno spinning back kick dopo un dominio durato due riprese e aveva finito il lavoro con un superfluo ground and pound.

Miocic non combatteva da molto tempo ed è parso arrugginito, ma già da prima di questo match si era discusso di un possibile incontro tra Jones e Aspinall per l’unificazione del titolo dei pesi massimi. A conferma del desiderio dello stesso Aspinall di vedere una volta e per tutte chi era il peso massimo più forte in assoluto c’era stata la sua disponibilità a fare da eventuale “back-up” nel caso in cui uno tra Jones e Miocic avesse dato forfait, quindi allenandosi e preparandosi, di fatto, a vuoto.

Il loro è un incontro che sarebbe dovuto avvenire molto tempo fa, oppure è il ritiro di Jones che sarebbe dovuto arrivare prima, ma il suo star power, la sua forza contrattuale, la sua “aura”, gli hanno permesso di rimandare il confronto diretto con Aspinall così come qualsiasi altra decisione definitiva.

Il che ha attirato le antipatie di parte del pubblico e ha sporcato la sua immagine all’interno del discorso sui “migliori di ogni tempo”. Daniel Cormier - che ha subito l'onta della sconfitta per mano di Jones in ben due match - ha sempre sostenuto che un “dopato” non può essere considerato il migliore. Proprio dopo il loro secondo match (a UFC 214, nel luglio 2017), in cui Jones ha messo KO Cormier, era stato trovato positivo al Turinabol, uno steroide anabolizzante. Il risultato dell’incontro venne cambiato in No Contest e la cintura venne restituita a Cormier.

Dopo aver vinto il titolo ad interim con Sergej Pavlovich nel novembre del 2023, Tom Aspinall ha difeso il suo titolo temporaneo (cosa non usuale) contro Curtis Blaydes, battendolo in appena 60 secondi a UFC 304. Da lì in poi Aspinall, comprensibilmente frustrato per non poter combattere per il titolo assoluto, iniziò una campagna volta a far accettare a Jones la sua sfida.

Aspinall le ha provate tutte. Prima con l’adulazione: ha detto che Jones era il più grande, che il suo record era il migliore in assoluto, che la sua eredità era irraggiungibile. Poi ha tentato con le provocazioni: dicendo che Jones lo stava evitando, che non voleva affrontarlo perché aveva paura. «Lo farò ritirare senza nemmeno affrontarlo». Ogni tentativo di Aspinall, però, è risultato vano, anche se Dana White sosteneva che il match fosse in preparazione. Sono passati molti mesi in questo limbo, fino al ritiro formale del 21 giugno.

Dopo il ritiro, poi, Jones è finito di nuovo al centro dell’attenzione per ragioni non sportive, diciamo. Secondo fonti come ESPN e New York Post lo scorso febbraio Jones ha avuto un incidente mentre era insieme ad una donna in auto e, a seguito del tamponamento, ha abbandonato la scena mancando di verificare le condizioni delle persone coinvolte.

A quanto viene dichiarato, la donna con lui era seminuda e ubriaca, avrebbe consumato a casa di Jones funghi allucinogeni e alcool, e non ricordava nulla dopo essere salita in auto. La donna avrebbe poi chiamato Jones, che l’avrebbe velatamente minacciata. La domanda, a questo punto, sorge spontanea: tutto questo c’entra qualcosa col ritiro sportivo di Jones? E soprattutto: il comportamento di un campione fuori dall’ambito sportivo deve rientrare nella considerazione del suo valore?

Jones è stato il più giovane campione della storia UFC, quando conquistò il titolo contro “Shogun” Rua aveva solo 23 anni e aveva sostituito il suo ex compagno d’armi Rashad Evans. Tra i due si crearono attriti e Jones ha battuto anche Evans, collezionando poi teste importantissime come quelle di Lyoto Machida, “Rampage” Jackson e Vitor Belfort, solo per citarne alcuni. In quel periodo Jones era visto come il dio dell’ottagono e la sua legacy era già paragonata a quella di mostri sacri come Anderson Silva. Si era addirittura parlato già allora di farlo salire nei massimi per affrontare il campione Cain Velasquez.

Si potrebbe dire che Jones abbia battuto praticamente tutti i fighter 1.0, la prima generazione, cioè, per poi confermarsi contro i fighter della sua generazione 2.0. Ma a differenza di gente come José Aldo o Demetrious Johnson (che troppo raramente vengono coinvolti in questo discorso e che meriterebbero più considerazione) non ha mai affrontato fighter più giovani: la maggior differenza di età è stata quella con Ciryl Gane, più giovane di tre anni. Reyes era più giovane di due, Smith di uno e Gustafsson, a suo dire l’avversario più duro, era suo coetaneo.

La strana vita da pensionato di Jon Jones.

L’eredità di Jones è sempre stata in discussione, ma la sua grandezza mai in dubbio. Per quanto possa lasciare il tempo che trova ogni discorso relativo al GOAT, se c’è una lista di cinque, quattro, ma anche solo tre nomi, quello di Jon Jones deve farne parte. Più si scende nei dettagli, più le opinioni diventano personali.

È stato il più grande di sempre? Forse. Ma proviamo a ragionare di qualità in qualità. Era il più forte? A mio avviso, no. Ngannou è senz’altro in possesso di una potenza maggiore, magari persino Tom Aspinall. Era il più rapido? Ancora, no. Neanche, forse, il più mutevole o adattabile. Ma sicuramente era il più enigmatico di tutti, quello più difficile da leggere. E anche quello con l’arsenale più ampio, il fighter che se messo in difficoltà aveva la capacità di tirare fuori quel qualcosa in più che non si era visto in nessun altro.

Se volete il mio parere, nell’ottagono Jones è stato il miglior fighter che si sia mai visto. E anche secondo molti addetti ai lavori, tra i quali si ricorda il compianto Abdulmanap Nurmagomedov, padre di Khabib, che amava dire che Jones aveva ricevuto «il suo dono da Dio». Jones è uno di quei fighter che nascono ogni mille anni, uno di quelli che o si amano o si odiano, proprio per quello che è il suo difficile carattere umano, in contrapposizione alla meraviglia che genera quando lo si vede combattere.

Sicuramente non è il fighter preferito di tutti, anzi, in molti lo detestano, preferendo un più pulito Georges St. Pierre, un iconico Anderson Silva, uno spettacolare Demetrious Johnson. Ma Jon Jones è unico, è un diamante nel deserto, un fighter che chi se l’è perso dovrà andarlo a rivedere, dagli albori ad oggi. Jon Jones è un fighter apprezzato da chi fa del dubbio un cruccio nella vita, da chi non ha risposte certe, da chi è affascinato in parte anche dall’orrido. Non è un sentimento lineare, quello che suscita Jones: è un uomo controverso, vittima dei suoi stessi demoni, che non è mai riuscito a restare troppo a lungo con la testa sopra il pel dell’acqua.

Quanto sposta il fatto che non si sia misurato, a quasi quarant’anni, con Tom Aspinall? Certo che qualcosa sposta, non potrebbe essere altrimenti, ma non cancella quello di grande ha fatto Jones. Quando si andranno a rivedere i suoi match e le sue prestazioni nella maggior parte dei casi si avrà un pensiero simile a quello di Khabib, che ha scritto: “Anche se non siamo amici, sei il migliore che si sia visto nella storia UFC e hai ispirato milioni di persone nel mondo. Non hai più nulla da provare”.

E un atleta che non ha più nulla da provare, non può che essere percepito come il migliore.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura
Jon Jones è stato il più grande fighter di sempre?