C’è una cosa in comune tra Italia, Inghilterra e Danimarca, ovvero tre delle quattro semifinaliste degli Europei. Tutte, per un partita o in modo più stabile, hanno attaccato con un sistema che prevede una prima linea di tre difensori, due mediani davanti a loro e una linea offensiva di quattro giocatori alle spalle della punta. Forse è solo una coincidenza e non vale come indizio di qualcosa di più grande, di una tendenza diffusa. Non è nemmeno una novità: già cinque anni fa Fabio Barcellona scriveva del ritorno del WM (dalle lettere che si formano unendo i puntini del 3-2-4-1), notando che diverse squadre si schieravano con quel sistema: ad esempio Milan e Fiorentina, allora allenate da Vincenzo Montella e Paulo Sousa, oppure in Germania il Borussia Dortmund di Thomas Tuchel (che anche oggi al Chelsea gioca stabilmente con il 3-2-4-1) e il Bayern Monaco di Pep Guardiola.
Non è insomma una trovata originale, ma se è vero che l’Europeo ha premiato le squadre più organizzate, quelle con l’identità tattica più definita, merita una riflessione il fatto che tutte le semifinaliste, a eccezione della Spagna, si siano schierate almeno una volta con il 3-2-4-1. Con un sistema, cioè, che dà molti vantaggi a livello offensivo, dalla circolazione sicura della palla in costruzione con i tre difensori e i due mediani all’occupazione costante dell’ampiezza e dei mezzi spazi, utile ad aprire gli schieramenti avversari e a creare zone di superiorità numerica e/o posizionale.
Forse è solo un’altra coincidenza, ma Italia, Inghilterra e Danimarca hanno ricavato molto a livello offensivo dai loro terzini-esterni sinistri: Spinazzola, Shaw e Maehle. È vero che l’Inghilterra ha giocato solo una volta con il 3-2-4-1, contro la Germania, che era a sua volta schierata con quel sistema e puntava molto sul contributo offensivo dei due esterni: Kimmich e Gosens. In quella partita però Shaw ha partecipato a entrambi i gol. Prima ha servito l’assist a Sterling con un cross basso da sinistra, poi ha dato inizio alla ripartenza conclusa con il gol di Kane togliendo palla a Gnabry a centrocampo e appoggiandosi a sinistra a Grealish per la rifinitura. Shaw è tornato a giocare da terzino ai quarti contro l’Ucraina e ha servito altri due assist, uno a Maguire su calcio piazzato e uno a Kane.
Proprio ai quarti, contro il Belgio, si è invece concluso per la rottura del tendine d’Achille l’Europeo di Leonardo Spinazzola, che con il suo movimento in avanti permetteva all’Italia di creare in modo fluido la linea offensiva a quattro quando attaccava. Partendo dalla posizione di terzino sinistro, Spinazzola si alzava a occupare l’ampiezza e faceva scivolare Insigne nel mezzo spazio. Giocando sul lato più tecnico e più portato al controllo del possesso, vicino al triangolo formato da Jorginho, Verratti (o Locatelli) e Insigne, Spinazzola poteva ricevere spesso in isolamento e con molto spazio in avanti, dando uno sbocco agli scambi dei compagni che attiravano la pressione e muovevano le linee avversarie. Anche quando però l’Italia faticava a manovrare, o più semplicemente la palla era sul lato opposto, a destra, Spinazzola è sempre stato un riferimento comodo a cui appoggiarsi per risalire il campo, e l’unico rimpianto è che da tutte quelle corse abbia ricavato un solo assist.
Joakim Maehle è invece andato oltre ogni aspettativa. È vero che frequenta l’università più prestigiosa per gli esterni che coprono tutta la fascia, l’Atalanta, ma la mezza stagione con la squadra di Gasperini non è stata entusiasmante. Venticinque partite in tutto (17 da titolare) giocando soprattutto a destra e qualche volta a sinistra, come sostituto degli esterni titolari (Gosens e Hateboer), da cui ha raccolto solo due assist, contro Sampdoria e Bologna. In cinque partite con la Danimarca agli Europei, Maehle ha invece segnato due gol e servito un assist. Ha travolto i suoi avversari con la forza e correndo più veloce di loro, ma ha anche mostrato un talento tecnico per nulla banale. Il suo cross di prima con l’esterno destro appoggiato in rete da Dolberg con la porta spalancata è l’assist più bello del torneo.
Maehle ci aveva già provato contro la Russia. In quel caso però non aveva crossato di prima senza nessuno davanti ma aveva saltato l’esterno avversario con un dribbling spettacolare, alzando la palla e passando letteralmente sopra la scivolata. Poi aveva crossato con l’esterno del piede destro ma non aveva raggiunto Braithwaite sul secondo palo.
Già da questi cross con l’esterno si possono ricavare diverse informazioni. Maehle è in fiducia, pensa e gli riescono giocate difficili, occupa l’ampiezza e arriva sul fondo anche se gioca sulla fascia sinistra e il suo piede forte è il destro, tanto che a volte preferisce crossare con l’esterno invece di usare il sinistro. In tutti e due i casi riceve sulla corsa e vicino all’area avversaria, dopo che la Danimarca aveva manovrato e spostato le linee avversarie sul proprio lato destro, grazie ai movimenti e ai passaggi di Christensen.
Contro la Russia il difensore del Chelsea ha ricevuto da Schmeichel dietro la prima linea di pressione vicino all’area, ha portato la palla fino al cerchio di centrocampo e poi ha allargato a sinistra a Hojbjerg, che ha fatto continuare l’azione appoggiandosi a Maehle, isolato contro l’esterno avversario (Mário Fernandes).
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Contro la Repubblica Ceca, Christensen è intervenuto in modo ancora più profondo sul possesso della Danimarca. Ha ricevuto a destra sulla linea di centrocampo dopo un recupero palla di Hojbjerg nella metà campo avversaria e da lì ha gestito la manovra, trovando prima Hojbjerg dietro la pressione di Barák e poi facendo due scambi con Dolberg dopo aver portato la palla fino alla trequarti. Poi si è accentrato e si è appoggiato a Vestergaard sulla trequarti sinistra, l’ultima mossa prima del passaggio in verticale del difensore del Southampton per Maehle alle spalle del terzino avversario (Coufal).
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Christensen è un riferimento essenziale per il gioco della Danimarca. È il miglior difensore con la palla, l’appoggio più sicuro per costruire l’azione e può giocare anche a centrocampo, un’opzione che torna sempre utile al commissario tecnico danese, Kasper Hjulmand, per cambiare sistema anche a partita in corso. Lo ha fatto ad esempio contro il Galles, una mossa decisiva per dare alla Danimarca il controllo della partita e vincerla 4-0.
Più avanti l’altro punto di riferimento è Hojbjerg, che ha compiti più offensivi rispetto a quelli che gli affidava Mourinho al Tottenham, definisce la manovra dopo la prima circolazione ed è tra i migliori creatori di occasioni del torneo. Ne ha create 10 da azioni manovrate, un dato superato solo da Jordi Alba, che ne ha creata una un più.
La Danimarca non ambisce comunque a tenere sempre la palla, a costruire gli attacchi con pazienza. Fa un possesso verticale, gioca molto in transizione e attacca benissimo nei mezzi spazi, sia creando sovraccarichi nella zona dei terzini avversari sia trovando direttamente i trequartisti o la punta con passaggi verticali dietro i centrocampisti avversari. Damsgaard sa muoversi con intelligenza tra le linee e ha un grande controllo della palla in spazi stretti, Braithwaite non è altrettanto dotato ma si muove molto, con e senza la palla, e gli appoggi di Dolberg, entrato in squadra al posto di Poulsen, hanno migliorato il fraseggio negli ultimi metri.
In ogni caso, se in mezzo c’è troppa confusione e la palla non riesce ad avanzare, l’uscita a sinistra su Maehle è bastata finora alla Danimarca per risalire il campo e creare pericoli. Ha funzionato quando la palla circolava da destra a sinistra e Maehle poteva ricevere isolato con il terzino-esterno avversario negli ultimi metri, ma anche in zone più basse appoggiarsi a Maehle ha garantito alla Danimarca di guadagnare metri, uscire dalla propria metà campo, arrivare nella trequarti avversaria o in area di rigore. L’esterno dell’Atalanta è tra i migliori del torneo per conduzioni in avanti e, dopo Hojbjerg, è il più coinvolto tra i danesi nello sviluppo di azioni che si sono concluse con un tiro o un gol.
Insomma, quando la Danimarca è arrivata in area o ha tirato in porta molto probabilmente la palla a un certo punto dell’azione è passata dai piedi di Maehle. Di solito, quando riceve, l’esterno dell’Atalanta ha abbastanza spazio per portare la palla in avanti, ma se quello spazio non c’è e lui non vuole rischiare il dribbling, ha sempre la possibilità di cercare in avanti l’appoggio sul trequartista o la punta che si muove incontro, una linea di passaggio lunga e in diagonale su cui può contare a occhi chiusi, perché i compagni avanzati riescono quasi sempre a liberarsi dietro i centrocampisti avversari.
Qui sotto contro il Galles, per esempio, Dolberg si muove incontro e porta fuori posizione un difensore centrale, favorendo lo smarcamento tra le linee di Damsgaard. Dalla linea di centrocampo sulla sinistra, Maehle raggiunge il trequartista della Sampdoria con un passaggio in diagonale e dà inizio allo scambio che porta al gol del vantaggio, segnato da Dolberg.
La partita contro il Galles, sul piano del contributo offensivo, è stata la migliore di Maehle finora. Il passaggio per Damsgaard in occasione del primo gol di Dolberg è stato determinante per lo sviluppo successivo dell’azione, poi nei minuti finali, dopo essersi spostato sulla destra, l’esterno dell’Atalanta ha segnato il terzo gol della Danimarca, entrando in area sul lato debole nello spazio lasciato libero dal terzino avversario (Davies), che si era orientato sul danese più vicino (Braithwaite). Un sovraccarico tipico per le squadre che attaccano una difesa a quattro con una linea offensiva a cinque e quindi si trovano con un uomo in più, spesso l’esterno nella zona dietro il terzino.
Poco dopo Maehle ha ricevuto invece sulla trequarti destra e la Danimarca si è trovata in superiorità numerica al centro dell’attacco, con Cornelius e Braithwaite a sfidare l’unico difensore centrale gallese rimasto nella propria zona (Mepham). Maehle ha alzato la palla verso Cornelius, che con un tocco di prima al volo ha servito l’assist a Braithwaite.
Già nella fase a gironi, comunque, Maehle era stato tra i migliori in campo contro il Belgio e la Russia, partita in cui aveva trovato il gol del definitivo 4-1 ricevendo in transizione sulla trequarti sinistra e accentrandosi per piazzare la palla all’angolino dal limite dell’area.
Tornare alla normalità dopo quanto successo a Eriksen, a giocare a calcio e farlo così bene fin dalla partita contro il Belgio, era già stato un risultato incredibile per la Danimarca. Avrebbe potuto anche non superare la fase a gironi (e in effetti è andata vicina all’eliminazione dopo le prime due sconfitte) e tutti l’avremmo comunque ricordata come una delle squadre più forti del torneo, in senso ampio e non ristretto solo a quanto fatto sul campo. Arrivare così lontano non ha però a che fare solo con la reazione emotiva dopo un evento traumatico. La Danimarca è allenata benissimo, può contare su un commissario tecnico molto preparato, Kasper Hjulmand, e su alcuni tra i giocatori più in forma e più decisivi del torneo: Maehle, Hojbjerg, Christensen. Senza tutti questi elementi, semplicemente non sarebbe riuscita a superare la partita contro la Finlandia e a spingersi così lontano.