Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Sinner ha vinto la battaglia della gioventù
04 lug 2022
04 lug 2022
Una vittoria dal potente valore simbolico.
(articolo)
12 min
Dark mode
(ON)

​​Ci sarebbero molti punti da cui partire, per raccontare l’incredibile vittoria di Jannik Sinner su Carlos Alcaraz. Bisogna però cominciare dal momento che definisce questa vittoria come incredibile, oltre l’abuso di queste iperboli buone per il giornalismo sportivo, e cioè dal primo turno di servizio del quarto set. Il turno in cui Sinner era finito in uno dei posti più bui del tennis: palla break da fronteggiare dopo aver appena ceduto un set in modo crudele.

Meno di dieci minuti prima Sinner aveva perso un tiebreak in cui aveva mancato due matchpoint. Poteva nutrire dei rimpianti: nel primo aveva a disposizione il servizio, con un primo rovescio aveva mandato Alcaraz lontano dal campo, il secondo però era finito a rete. Sul secondo lo spagnolo gli aveva mandato di là una seconda tremebonda, lui se l’aspettava, e aveva sfruttato quella lentezza per girarsi sul dritto ed essere aggressivo. Tutto giusto, ma la sua risposta era finita a rete. Galvanizzato dal pericolo scampato, Alcaraz aveva giocato un paio di punti fenomenali per tornare dentro una partita da cui già si pensava fuori, in cui era stato schiacciato e dominato per quasi tutto il tempo.

Sinner se ne era tornato verso la sedia con l’asciugamano in mano e il pensiero di dover rimettersi a giocare, dopo una partita che forse, seguendo la natura delle cose, avrebbe dovuto finire in tre set. Almeno per come aveva giocato fino a quel momento, mostrandosi superiore al suo avversario in tutti gli aspetti che contano in una partita di tennis. Quello invece, in qualche modo, era sopravvissuto, mostrando uno spirito battagliero più spaventoso del suo tennis. Ora Sinner avrebbe dovuto fare pulizia nella testa, e ricominciare a giocare contro questo prodigio di Alcaraz, diciannove anni e un talento così vasto che i bookmakers lo avevano accreditato come terzo favorito di Wimbledon - nonostante appena due partite giocate su erba in carriera prima della scorsa settimana. Un talento quindi non solo evidente, ma anche capace di suggestionare. L’unico che sembra avere le stimmate, o una certa aura speciale, per raccogliere l’eredità dei più grandi oggi al tramonto.

Era impossibile immaginare di vincere quella partita senza attraversare un minimo di sofferenza, ma sarebbe riuscito a resistere a quel tentativo di rimonta?

Certe cose nel tennis si vedono arrivare da lontano, e quelle palle break all’inizio del quarto le avevamo viste arrivare, nel turno di servizio più pericoloso, quello in cui si incrociavano i flussi della frustrazione di Sinner e dell’entusiasmo di Alcaraz. Sulla prima palla break Alcaraz è aggressivo e Sinner fa quello che gli è riuscito meglio per tutto il match: rispondere all’aggressività con altra aggressività. Ricaccia indietro l’avversario, e quando quello accorcia un attimo, lo attacca con un dritto vincente. Sulla seconda palla break, allora, Alcaraz prova a uscire dallo scambio da fondo con una palla corta: il suo colpo migliore, quello che rischia di segnare il tennis del prossimo decennio. La esegue sempre con miracolosa sensibilità tecnica, mascherando fino all’ultimo le sue intenzioni, ma per qualche ragione (contro-natura) gli riesce meglio col dritto che col rovescio e quella, quindi, gli finisce un po’ lunga. Sinner però è a disagio quando deve giocare colpi più dolci: è tanto morbido e fluido quando tira da fondo, quanto rigido quando la rete si avvicina e il campo si restringe. Riesce però a mettere il recupero negli ultimi centimetri di campo e il pallonetto di Alcaraz poi finisce lungo.

È un momento della partita delicato e da fuori è difficile decifrare le energie nervose e fisiche che rimangono ai due. Dalla palude del tiebreak Sinner è uscito frustrato, ma anche Alcaraz potrebbe aver speso troppe energie. Non è nella sua giornata migliore e per rimanere attaccato alla partita deve usare soprattutto i nervi. Anche lui ha un passaggio a vuoto pochi minuti dopo, quando concede due palle break, e alla seconda si fa strappare il servizio con un doppio fallo. Nel turno successivo Sinner si ritrova in una buca profonda, sotto 0-40 con tre palle del contro-break da annullare. Ha servito malino per tutta la partita ma in quel frangente mette la prima e vincere il punto; sulla seconda palla break fa addirittura ace (il terzo di tutto il match); sulla terza mette ancora la prima, comanda col dritto spingendo a tutta forza, non trema sullo smash con cui Alcaraz prova a testargli il suo polso.

Aver tenuto quei due turni di servizio, nel momento di massima difficoltà, contro un avversario incredibilmente talentuoso, racconta ciò che rende speciale Jannik Sinner. Certo, c’è il suo gioco, la fluidità dei suoi colpi da fondo, la capacità di accelerare da entrambi i lati e da tutte le posizioni di campo. C’è un servizio ieri non proprio affidabile, ma in generale migliorato, con una seconda palla sempre più robusta, giocata con sempre più coraggio. Però c’è soprattutto questo: la capacità di lasciarsi alle spalle i momenti negativi della partita, salire di intensità mentale nei momenti chiave, giocare al meglio delle proprie possibilità i punti decisivi. In quei due turni di servizio mantenuti tra mille difficoltà, all’inizio del quarto set, Sinner ha messo in mostra la sua resistenza mentale alle avversità del tennis. Mentre Alcaraz - che alla fine del terzo e all’inizio del quarto aveva ritrovato un certo affiatamento con la pallina - ha pagato il suo unico momento buio del set. Del resto ha meno di vent’anni e meno di cento partite tra i professionisti, cosa che bookmakers e appassionati tendono a dimenticare troppo spesso.

Questo talento, che fino alla nausea ci hanno ripetuto appartenere ai campioni, Sinner in realtà lo aveva mostrato già nei primissimi anni della carriera, se in questo Wimbledon sta venendo fuori con particolare evidenza è per le particolari condizioni del torneo. Sui prati di Londra, più che altrove, Sinner deve compensare i propri (pochi) difetti tecnici attraverso la componente mentale. Prima di questo torneo non aveva ancora vinto una partita su erba, ora è ai quarti dopo un tabellone onestamente infernale. Al primo turno (primo turno!) il plurivincitore Slam Stan Wawrinka, che pur appesantito poteva dargli fastidio; al secondo Mikael Ymer, che con Sinner perde sempre, ma che su questi campi era stato finalista juniores; al terzo John Isner, contro cui, chiunque onesto intellettualmente, dava Jannik per spacciato o quasi.

Certo, Sinner nello scambio da fondo è superiore a Isner, ma farlo partire, questo scambio da fondo, è un’altra questione. Contro Isner su erba si gioca in finestre di risultato esigue, quelle che il suo servizio concede. In quella partita Sinner è stato impeccabile nella gestione dei punti, accettando di subire l’assenza di scambio, e poi sfruttando tutte le occasioni quando quello scambio cominciava. Ha vinto tre set a zero, e in pochi potevano immaginarlo.

Alcaraz era il peggior quarto turno possibile, non solo a livello puramente tennistico ma anche di pressione psicologica. Sinner non aveva nemmeno fatto in tempo a crogiolarsi nel titolo simbolico di miglior giovane del circuito, che era arrivato questo che pareva un tennista fatto da Dio: senza punti deboli e una capacità di dare spettacolo e fomentare il pubblico che Sinner non aveva mai davvero avuto. La prima volta si sono incontrati, a Parigi-Bercy qualche mese fa, Alcaraz aveva vinto 7-6, 7-5. Per qualcuno la differenza di talento era visibile ben oltre il punteggio in fondo ravvicinato.

La partita di ieri, però, aveva un’importanza storica diversa, sul Centre Court, con Rod Laver e Billie Jean King sugli spalti, a festeggiare i cento anni del campo nella prima domenica della storia in cui a Wimbledon si gioca. Insomma, tutto aveva i contorni del battesimo dorato della rivalità che animerà il tennis dei prossimi anni. Così è stata presentata: The battle of youth, la battaglia della gioventù, secondo l’account Twitter del torneo.

Per tutto quello che abbiamo detto, Sinner era considerato decisamente sfavorito, pagato tre volte la quota. Ci sarà stata un po’ di sorpresa, quindi, a vederlo dominare il primo set 6-1, giocando un tennis perfetto, essenziale. Tira tre prime su quattro, verticalizza il gioco appena possibile. Ha imparato a giocare col margine di rischio, se qualche mese fa cercava troppo gli angoli, oggi sa gestire di più le sue accelerazioni. Contro Alcaraz si è concentrato sulla potenza e sulla profondità dei suoi colpi, schiacciando l’avversario sempre fuori dal campo, imponendogli una robustezza dello scambio da fondo leggermente inattesa. Lo spagnolo è stato acclamato negli ultimi mesi per la capacità di accelerare e giocare a una velocità media insostenibile per gli altri, ma Sinner lo ha battuto proprio su quel territorio: il ritmo tenuto da Jannik è stato a lungo ingestibile per Alcaraz, sia sulla diagonale di dritto che su quella di rovescio. L’intensità dei suoi colpi da fondo ha trovato una regolarità diversa dal solito.

Uno dei suoi colpi manifesto: il dritto vincente in allungo incrociato, tirato con i piedi quasi per aria.

Sinner ha una capacità molto contemporanea di rendere flessibili fasi di attacco e difesa, difendendosi sempre in modo attivo, cercando cioè ogni volta un colpo abbastanza solido da girare l’inerzia dello scambio. Esasperato dall’inferiorità nella battaglia da fondo, Alcaraz dal terzo set ha iniziato a variare di più i suoi colpi, riuscendoci con fortune alterne. Non era la sua giornata. Quello qui sotto, per esempio, può sembrare uno scambio insignificante, ma ce ne sono stati diversi così nella partita. Alcaraz prova a forzare sia col dritto che col rovescio, ma Sinner è un muro. La sua rapidità di piedi è notevole, e quando non è perfetto con gli appoggi riesce comunque a restituire palle sempre dure e profonde. Alcaraz allora prova a mischiare le carte, gioca un dritto più alto e lento, e poi prova un back di rovescio che muore a rete.

Tra la fine del primo set e l’inizio del secondo Sinner ha ottenuto tre break consecutivi: la sua capacità di rispondere in anticipo, con i piedi dentro al campo, ha mandato in crisi Alcaraz, che non sapeva come rendere meno leggibile il suo servizio. Durante tutta la partita Sinner ha sfoderato diverse risposte alla Djokovic: in anticipo anche su servizi veloci, soprattutto col rovescio bloccato, profonde, centrali tra i piedi di Alcaraz. È il colpo che sta facendo la differenza su questi campi, per molti aspetti avversi al suo stile, ed è il colpo che sembra aver migliorato di più negli ultimi mesi, e che potrebbe davvero portarlo su un altro livello competitivo nelle partite contro i top-10, che finora sono state la sua debolezza.

Ecco un punto che racconta la pressione da fondo che Sinner ha esercitato dalla risposta in avanti. La prima esterna di Alcaraz è tosta, ma Sinner la intercetta con un rovescio bloccato che finisce profondo tra i piedi dell'avversario. Lo scambio è davvero di alto livello, per il modo in cui entrambi alzano l’intensità, ma Sinner è comunque superiore per forza e angoli, e Alcaraz è costretto a un back di rovescio molto debole. Sinner poi sbaglia il tentativo di vincente inside-out, ma cambia poco.

Anche quando Alcaraz è riuscito a rientrare in partita, alzando il livello del proprio gioco, Sinner pareva comunque in controllo dello scambio di manovra da fondo campo. Il problema è stato il crollo del suo rendimento al servizio: nel secondo ha messo appena una prima su due, nel terzo anche meno. Con percentuali così è già impressionante che abbia fatto partita pari, anzi: che abbia vinto il secondo e quasi vinto il terzo set.

È stata una partita di grande intensità tecnica ed emotiva, anche se in un registro completamente diverso allo spettacolo del giorno prima tra Kyrgios e Tsitsipas. Una differenza che in molti hanno sottolineato, per esempio Christopher Clarey sulNew York Times: «Mentre Kyrgios sbraitava contro l’arbitro sul campo 1, e Tsitsipas tirava pallettate rabbiose verso la folla, o provava a colpire direttamente il suo avversario, Sinner e Alcaraz hanno dimostrato il perché sono stati degni della fiducia del campo centrale, anche se non ci avevano mai giocato». I due hanno esibito infinito rispetto l’uno per l’altro, dopo una scivolata di Sinner su un tentativo di recupero Alcaraz è andato anche a dargli il pugnetto. All’uscita dal campo dello spagnolo da sconfitto, Sinner è rimasto in piedi ad applaudirlo.

La partita di ieri ha confermato quello che sospettavamo ma che avevamo paura di dire ad alta voce, e cioè che Sinner e Alcaraz rappresentano davvero il tennis del futuro (e che Sinner quindi è tutt'altro che un imbucato). Ieri non sono stati sempre precisi, hanno sofferto a tratti la sindrome da palcoscenico (hanno chiuso entrambi con più errori non forzati che vincenti). Tra la fine del terzo set e l'inizio del quarto sono però riusciti a innalzare la partita a grandi vette drammatiche. Che rappresentano il futuro lo avevano dimostrato soprattutto negli scorsi giorni, quando si sono fatti strada nel tabellone di un torneo in cui in molti li davano per spacciati. Si pensava avessero un tennis troppo monodimensionale, specialmente Sinner, per competere nel torneo più aristocratico, quello che premia di più la complessità del gioco. Alcaraz, magari, avrebbe pagato l'inesperienza su una superficie che richiede abitudine. Questa partita, e il percorso dei due giovani, è di certo una buona notizia nel torneo in cui la milionesima finale tra Djokovic e Nadal pare inevitabile.

Non è stato un anno fortunato per Sinner, che ha ancora zero titoli in bacheca, pochi bei ricordi e molti momenti sfortunati e frustranti. Tra mille problemi fisici e il cambio d’allenatore, in Italia si è giocato un tiro al bersaglio a tratti surreale. Si è detto che si era montato la testa, che senza Piatti non sarebbe arrivato da nessuna parte. Si è detto persino che ha un talento limitato e un gioco noioso; che non riesce a fare progressi e che rischia di non vincere niente. Si è detto, con un misto di frustrazione e autocommiserazione molto italiana, che non vale un’unghia di Alcaraz. Critiche esasperate certamente dal fatto che ha i capelli rossi e che viene da una zona d’Italia in cui si parla anche tedesco. Critiche spesso, però, anche figlie dell’impazienza, della paura di non raccogliere nulla dall’unico tennista predestinato che l’Italia ha visto nascere nell’ultimo mezzo secolo. L’uscita di Berrettini lo aveva messo nella posizione scomoda di porta bandiera, pur sempre sgradito. È in questo contesto, dentro questi discorsi e fra queste pressioni, che Sinner si è qualificato ai quarti di finale di Wimbledon, battendo l’avversario che in molti pensavano che non avrebbe mai battuto. È il tennista più giovane a raggiungere i quarti di finale dal 2014, affronterà Djokovic e dovrà viverla come un premio.

Lui a fine partita non è sembrato fare grande fatica a contenere la felicità di una vittoria così importante, su un campo così importante. È nato per questi palcoscenici. Ai microfoni, col suo inglese pulito ma un po’ indurito dall’accento tedesco, si è limitato a ricordare la buona notizia per tutto il movimento: «Penso sia bello per il tennis avere anche nomi nuovi, giocatori nuovi».

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura