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NBA Michele Pettene 18 aprile 2017 17'

It’s a Long Way to the Top

I playoff dell’Eurolega analizzati come un contest rock.

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Se siete amanti del rock, figlio prima ripudiato e poi abbracciato dalla cultura anglosassone, saprete bene anche quanto sia ossessiva la ricerca di classificare e confrontare sia per gli addetti ai lavori che per i fan gli album più significativi di un certo sottogenere o filone.

 

Siti come LoudWire, BillBoard, UltimateClassicRock o il più classico di tutti, Rolling Stones, da sempre alimentano queste discussioni, cementando nella pop culture gli “scontri” più epici e che maggiormente dividono l’opinione collettiva (compresa quella della redazione de l’Ultimo Uomo…).

 

Meglio “Led Zeppelin IV” o “Paranoid”? Beatles o Rolling Stones? Jimi Hendrix o Slash?

 

In occasione dei playoff dell’Eurolega 2017 al via questa sera abbiamo quindi ampliato il giochino alla pallacanestro del Vecchio Continente, identificando in ognuna delle otto squadre promosse dalla più intensa ed eccitante regular season dei tempi moderni le caratteristiche di alcuni degli album rock più esaltanti di sempre, provando a capire chi potrebbe avere la meglio in una serie al meglio dei cinque concerti.

 

Se il Monsters of Rock del 1991 di Mosca con The Black Crowes, Pantera, Metallica e AC/DC è legittimamente considerato il più imponente e significativo “gig” di sempre, aspettate di veder salire sullo stesso palco questi otto album e poi vedremo chi riuscirà a rimanere in piedi… Let’s rock, buona Devotion!

 

 

Categoria Hard Rock

 

Real Madrid (1) vs. Darussafaka Istanbul (8)

a.k.a.

Back in Black (AC/DC, 1980) vs. Appetite for Destruction (Guns N’Roses, 1987)

 

“So look at me now I’m just makin’ my play

Don’t try to push your luck just get out of my way”

[Back in Black]

 

Rimanere frastornati quando nei live degli AC/DC l’invisibile muro sonoro improvvisamente prende fuoco è un po’ la stessa esperienza che gli avversari del Real Madrid di quest’anno hanno vissuto negli ultimi quarti delle partite contro i blancos, visto che ne hanno persi solo 7 sui 30 giocati.

 

La macchina da guerra lanciata a mille dai frontmen Sergio Llull e Brian Johnson (che è un Llull senza barba, praticamente) ha travolto spesso e volentieri chiunque abbia provato a reggere l’urto, colpendo gli avversari di giornata con le mille armi a disposizione del miglior attacco europeo (primi per Net Rating +10.7, percentuale da due punti, assist a partita, valutazione e punti su 100 possessi con 119.6).

 

 

Liriche non particolarmente complesse, spesso semplici, dirette ma tremendamente efficaci… e numeri assurdi che riportano alla mente quelli di due stagioni orsono culminati con la coppa, cui aveva fatto seguito un 2015-2016 pieno di infortuni terminato con un’eliminazione senza storia ai playoff (0-3 contro il Fenerbahce): similmente agli déi del rock australiani con il primo album dopo la tragica morte di Bon Scott, il Real è tornato. “Back in Black” per l’appunto, anche se sarebbe meglio dire in blanco.

 

“Heavy decibels bells are playing on my guitar

We got vibrations comin’ up from the floor”

[Rock and Roll Ain’t Noise Pollution]

 

Incapaci di perdere al WiZink Center nella capitale spagnola (una sola sconfitta sulle 7 totali), la truppa del generale Pablo Laso sembra pronta per riprendersi lo scettro vinto proprio tra le mura amiche nelle Final Four 2015, quando dominò giocando una pallacanestro che quest’anno si è evoluta partendo da quello stesso spartito vincente.

 

Il core è pressoché identico, ma la crescita esponenziale del “nostro” Luka Doncic (“My lightning’s flashing across the sky” – Hells Bells) insieme all’arrivo del “4” più spettacolare del continente, Anthony Randolph, bravo a monetizzare l’esplosione dello scorso anno al Lokomotiv Kuban (“What do you do for money, honey”) e la maggior fiducia in due moderni “3&D” come Trey Thompkins e Jeffery Taylor, hanno ridato al Real quella freschezza atletica e quella creatività dalla panchina che aveva smarrito lo scorso anno.

 

 

In casa del Darussafaka i madrileni hanno subìto la sconfitta più pesante della stagione europea (-13), patendo troppo il play Brad Wanamaker e mostrando i punti deboli di una difesa traballante sugli esterni avversari. Ma erano senza Llull, quest’anno probabilmente all’apice del suo gioco in pieno stile AC/DC: energico, frizzante, caliente, eccitante, in grado di mandar fuori di testa gli avversari con tutti quei buzzer beater.

 

Laso si fida completamente del suo sergente, affidandogli la gestione dell’indemoniato ritmo fatto di triple in transizione (primi per tiri dall’arco tentati in stagione con 26.6), pick and roll con Gustavo Ayon e Othello Hunter – due tra i primi cinque in Eurolega per efficacia (70% e 67% da due punti) – e uscite dai blocchi dei soliti Rudy Fernandez, Jaycee Carroll e Jonas Maciulis.

 

“I’m like evil, I get under your skin

Just like a bomb that’s ready to blow”

[Shoot to Thrill]

 

Aggiungeteci l’ultimo giro di tango del “Chapu” Nocioni (“Have a drink on me”), il “carpe diem” – dettato dalla consapevolezza dei veterani usurati dall’alto chilometraggio – di essere arrivati fortunatamente sani al momento decisivo, il vantaggio del fattore campo e la conseguenza più logica sarà il tentare – invano – di stare dietro al beat della batteria di Phil Rudd e ai solo elettrici di Angus Young, sentendo “tremare i muri; scuotere la terra; la testa dolorante”… Esatto, uno shock, con il Real a far cantare ai turchi “You Shook Me All Night Long” fino a fargli perdere i sensi.

 

 

“Loaded like a freight train

Flyin’ like an aeroplane

Feelin’ like a space brain”

[Nightrain]

 

Pochi minuti prima di Gara-3 della serie contro il Real alla Wolkswagen Arena le casse spareranno a tutto volume in faccia agli spagnoli la verità sul conto di quel palazzetto e dei tifosi al suo interno: “Welcome to the jungle, baby!”.

 

Ed è così che il Darussafaka accoglierà tra le mura amiche i temuti avversari: trent’anni dopo l’esordio fulminante dei Guns nel 1987 con “Appetite for Destruction”, i turchi saranno carichi a molla per i primi playoff di Eurolega della loro storia, reduci da una qualificazione in rimonta sulla Stella Rossa Belgrado (i serbi son stati scalzati dall’ottavo posto proprio sul Bosforo all’ultima giornata), con tanti giocatori tecnicamente arroganti e incapaci di provare paura di fronte a chicchessia, un po’ strafottenti e con tantissima energia addosso.

 

“Your daddy works in porno

Now that mommy’s not around”

[My Michelle]

 

Guidati da uno degli allenatori più istrionici e leggendari d’Europa, il mago statunitense David Blatt di ritorno dalla scottante esperienza sulla panchina dei Cleveland Cavaliers, la più recente tra le quattro squadre di Istanbul ad approdare in Eurolega ha faticato per tutto l’anno a trovare un proprio equilibrio (16 vinte, 14 perse, mai più di 3 vittorie consecutive). Intrappolata nei talenti delle tre nuove stelle del firmamento europeo, ovvero l’affascinante trascinatore Axl Rose-Brad Wanamaker, l’estroso tuttofare Slash-Will Clyburn e il camaleontico Steven Adler-Scottie Wilbekin, spesso si è lasciata ingolosire dalle qualità individuali a discapito del movimento di palla, arrivando ultima in Eurolega per assist a partita (14.3) e tirando da dentro l’arco peggio di qualsiasi altra qualificata ai playoff (ultima assoluta con il 48.3%).

 

 

Un rivedibile lato del disco – “Out Ta Get Me”, “You’re Crazy” – che non ha però compromesso la stagione dei verdenero, per altri versi invece entusiasmante, tra le improvvisazioni melodiche ed essenziali (“Sweet Child O’Mine”) in 1-vs-1 del rookie Clyburn e le scariche adrenaliniche da tre punti di gente come l’ala James Anderson e la guardia Wilbekin (“I’m a hard case that’s tough to beat” – “Paradise City”), capaci di rubare la scena e che hanno fatto del Darussafaka la terza squadra d’Europa per quantità di triple tentate a partita (24.3).

 

“I’ve got a tongue like a razor

A sweet switchblade knife”

[Rocket Queen]

 

Una jump-shooting team che ha trovato una parziale quadratura del cerchio quando ai principali lunghi – l’atipico Adrien Moerman e il fabbro Luke Harangody – si è unito a metà anno Ante Zizic, ennesimo grande talento del basket croato (1997) che ha portato fisicità, reattività a rimbalzo e punti in area bilanciando le tendenze perimetrali e l’assenza di Marcus Slaughter.

 

Una combinazione di geni, istinti e sregolatezza che non basterà contro il più potente, profondo ed esperto Real; ma in una serie dove ci divertiremo con gli incroci delle voci di Llull e Wanamaker e le chitarre dei fratelli Young e Slash, la difesa a tratti sporca, dura e “bastarda” di coach Blatt metterà in difficoltà gli accordi dei blancos, regalandoci una serie più lunga del previsto con almeno due finali di partita memorabili con tanto di rissa sul palco, concerto sospeso e bottiglie di birra gettate dal pubblico.

 

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Tags : basket europeoeurolegaplayoff eurolega

Michele Pettene è veronese di nascita, iversoniano d'adozione e scrive ovunque ci sia spazio per almeno 20k battute. Dopo il suo primo libro nel 2015 "La Morte è certa, la Vita no - La storia di Klaudio Ndoja", nel 2019 ha pubblicato con l'editore Rizzoli il suo secondo libro "Basketball Journey - Viaggio on the road tra luoghi e leggende del basket USA"

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