Come ai mondiali di un anno fa, l’Italia viene eliminata da un avversario superiore e più meritevole del passaggio del turno, perdendo con un netto 3-0 in cui si è sciolta alle prime vere difficoltà. Nel torneo organizzato in casa nel 2018 erano state Serbia e Polonia a estrometterci dal girone che precedeva le semifinali, in questi europei è toccato invece ai padroni di casa della Francia (che hanno organizzato il torneo assieme a Belgio, Olanda e Slovenia) superare la Nazionale di Blengini ai quarti, dopo averla battuta già nei gironi.
Ma se nel match di Montpellier (3-1) gli azzurri – che avevano fatto registrare percentuali migliori in attacco e in ricezione - erano apparsi in ripresa e, nonostante una rosa più corta e un torneo fin lì deficitario, relativamente vicini ai transalpini, il 3-0 di Montpellier ci ha restituito una Nazionale impaurita e impotente contro un avversario di prima fascia. Insomma, proprio come all’ultimo mondiale. L'Italia ha perso due parziali con punteggi impietosi, (il primo 25-16 e il terzo 25-14), e nel secondo è rientrata in partita in maniera quasi insperata, aiutata dai 14 errori degli uomini di Tillie, i quali sono comunque riusciti a conquistare il set ai vantaggi (27-25).
Un torneo in salita
La differenza sostanziale rispetto al torneo del 2018 è che quell’Italia, almeno fino alla vigilia del terzo turno, aveva regalato l’illusione di poter ambire a un posto sul podio, schierando un sestetto ben definito, da cui aveva ricavato tanto dal servizio e una buona gamma di soluzioni dal cambio palla, che le hanno consentito di sconfiggere in maniera piuttosto convincente avversari di medio calibro come Argentina, Slovenia, Bulgaria e Belgio, o ancora di arrendersi soltanto al tiebreak dinanzi ai campioni d’Europa uscenti della Russia.
Questa Nazionale invece ha stentato fin dalle gare iniziali contro selezioni modeste come Portogallo, Grecia e Romania, a cui ha concesso complessivamente due set, mostrando la sua friabilità nei fondamentali di seconda linea (ricezione e difesa), oltre che una minor incisività al servizio in rapporto al mondiale (appena 1,5 ace/set, la nona squadra in questo europeo), che per una squadra che nell’ultimo quadriennio non ha mai brillato nel muro in difesa diventa ancora più importante per ottenere punti dalla fase break.
Oltretutto, il commissario tecnico ha bocciato un Lanza sprofondato in una spirale negativa che perdura da due stagioni. Lo aveva bocciato già durante il torneo preolimpico, quando ha optato per Antonov in diagonale con Juantorena. Lo schiacciatore nativo di Mosca è un profilo meno preposto nei fondamentali difensivi, che però non è stato in grado neppure di offrire un’opzione credibile all’attacco in prima linea (38% su 79 palloni) né al muro, in cui fatica a trovare le corrette spaziature e un posizionamento ordinato. In altre parole, Blengini ha (comprensibilmente) rinunciato a un giocatore in difficoltà, che tra l’altro dopo il match con la Francia di una settimana fa ha abbandonato il gruppo a causa di una lesione allo psoas della gamba destra, inserendo – probabilmente più per mancanza di alternative che per convinzione - uno dei pochi nomi spendibili prodotti dal nostro movimento in posto 4, a costo però di sbilanciare il sestetto sull’attacco, senza trarne un beneficio concreto (anche perché fisicamente non era al meglio). L'unico beneficio era quello di liberare Juantorena quando si trovava in prima linea, considerata la pericolosità di Antonov sulla pipe.
Per il resto è stato confermato il blocco “storico”, almeno dagli europei del 2015 a questa parte: la diagonale palleggiatore opposto Giannelli-Zaytsev, Juantorena di banda, il libero Colaci, che sulla fase punto lasciava il campo al debuttante Balaso, e al centro Anzani, il quale si è alternato con Candellaro e Russo, in coppia con il rientrante Piano, tornato in Nazionale a distanza di due anni.
Cosa non ha funzionato
Dopo il secondo posto nel gruppo A, frutto di 4 successi, tra cui il convincente quanto isolato 3-1 alla Bulgaria e una sconfitta, il già citato ko con i francesi, a onor di cronaca ininfluente per il passaggio del turno, e un 3-0 alla Turchia negli ottavi, piuttosto agevole malgrado una virosi gastroenterica che ha colpito la nostra selezione (Giannelli, Lavia e Colaci, con quest’ultimo che non è sceso in campo), il quarto di finale, per via di un regolamento studiato per permettere alle 4 nazionali ospitanti di disputare nel proprio paese almeno le prime 7 gare, anche a costo di stravolgere gli accoppiamenti negli ottavi (ed evitare quindi incroci tra due federazioni organizzatrici prima delle semifinali), ha messo di fronte nuovamente gli azzurri ai bleus.
Il 3-1 di una settimana fa aveva evidenziato la profondità del roster francese, che ha ripreso la partita dopo aver cambiato tra il secondo e il quarto set i due schiacciatori (Tillie e Lyneel al posto di Clevenot e Ngapeth), il palleggiatore (Brizard per Toniutti) e l’opposto (Patry in luogo di Boyer), a cui andrebbe aggiunto il centrale Chinenyeze, che è sceso in campo dall’inizio a causa dell’infortunio di Le Roux, le difficoltà dell’Italia di leggere il gioco al centro di Brizard – dall’ingresso del secondo alzatore in pianta stabile, a metà del secondo parziale Chinenyeze e Le Goff hanno totalizzato nell’ordine 7 attacchi vincenti su 9 e 6 su 8 a fronte di un solo errore - la straordinaria efficacia del muro difesa dei padroni di casa, il principale punto di forza di questa selezione assieme alla ricezione, oltre che la sofferenza dell’Italia nei finali di set (dopo quota 20 nel punteggio dei vari parziali, 3 punti su 9 attacchi per Juantorena e 2/6 per Zaytsev, i nostri principali riferimenti offensivi) malgrado sia nel terzo sia nel quarto si ritrovasse avanti, rispettivamente 15-17 e 15-18.
Un’Italia in grado comunque di accettare il contesto imposto dagli avversari, scandito da scambi lunghi e rigiocate in un match di alto livello, almeno nella prima metà, capace di offrire a Giannelli una buona ricezione (56% di + e 34% di ++), che gli ha permesso di variare la distribuzione, malgrado il rendimento insufficiente dei centrali (7/17) abbia progressivamente spostato il gioco sui laterali.
A Nantes invece è saltato il cambio palla fin dalle prime battute: il servizio degli uomini di Tillie ha messo in crisi la ricezione avversaria (appena il 30% di + e 15% ++ su 62 palloni), con Giannelli costretto a rincorrere il pallone e palleggiare molto spesso da seconda linea. Le due serie al servizio di Boyer da 3 e 5 ace hanno spaccato il primo e il terzo set (da 19-13 a 22-13 nel primo, da 7-4 a 12-4 nell’ultimo) e messo il punto esclamativo a un fondamentale che ha fruttato 11 punti e soli 13 errori. I turni dell’opposto di Verona rappresentano però solo la punta dell’iceberg di un fondamentale che ha funzionato con regolarità, sia in salto spin che in salto float.
La float di Le Goff e Tillie che ha messo in croce la nostra ricezione.
I francesi hanno caricato soprattutto un Juantorena limitato dal dolore alla schiena, che ha sofferto più del solito gli spostamenti in ricezione, ma che è riuscito comunque a chiudere con un discreto 44% in attacco su 18 palloni, in una partita dove l’Italia ha fatto registrare un inquietante 30%. Per lo schiacciatore della Lube è stato per distacco il migliore torneo da quando veste la maglia azzurra (57,6% in attacco e 29,9% di rice perfetta), in cui è riuscito finalmente a replicare le prestazioni fornite nel suo club, mostrando la sua sensibilità nel leggere i posizionamenti del muro avversario e la varietà del suo campionario di colpi, ed ergendosi forse per la prima volta a leader di questa squadra. Chi è mancato semmai nei quarti è Zaytsev, attivo in difesa e dignitoso in ricezione (50% + su 14 palle), ma completamente assente in attacco, dove ha chiuso con 1/14, 6 errori e 2 murate subite. Una prova sconcertante, quella del capitano, in cui non solo non è riuscito a giocare sopra le difficoltà, individuali e collettive, ma non è riuscito neppure a trovare il block out ogni qual volta ha mirato le mani alte del muro.
Malgrado una ricezione scadente che gli ha precluso la pipe, una delle poche giocate che ha funzionato con continuità in questo europeo, Giannelli ha cercato delle alternative alla palla alta innescando i centrali, in particolare con quelle palle nei 3-4 metri che uscivano rapide dalle mani del ricevitore. Il palleggiatore di Trento ha forzato dei primi tempi veloci e spostati, ma Anzani (3/9) e soprattutto Piano (2/5, ma secondo giocatore dell’europeo per muri complessivi, 21, e muri/set, 0,95) sono due giocatori con una meccanica pesante, che hanno problemi a velocizzare l’attacco, specie quando si tratta di giocare palloni distanti dal palleggiatore, come la tesa o la “sette”. In questo senso ha pesato l’assenza di un attaccante di primo tempo più esplosivo come Mazzone, che si è procurato una distorsione alla caviglia alla vigilia del preolimpico e che dopo l’infortunio non è stato più richiamato da Blengini.
A un passo dal secondo set
Con questi numeri in ricezione e in attacco era impensabile anche solo rimanere a contatto con una Francia capace di difendere qualsiasi cosa, eppure nel secondo set l’Italia è riuscita a conquistare e sprecare 3 set point. Un parziale dove il selezionatore azzurro è andato in all in inserendo Nelli opposto e spostando Zaytsev di mano al posto di Antonov, una mossa ipotizzata nelle ultime settimane, ma che il tecnico piemontese non ha mai proposto sia per la ritrosia dell’opposto di Modena a giocare in posto 4 (in nazionale non giocava di banda dalla World League del 2016, in più un anno fa è andato via da Perugia proprio per tornare a giocare in 2), sia perché con due opposti in campo non ci sarebbero stati altri cambi in 2. Ma dinanzi alle prove negative degli schiacciatori Antonov e Lavia e un’inerzia così segnata, era doveroso provare a dare una svolta a un sestetto da un misero +1 di efficienza offensiva (7 punti e 6 errori), o quanto meno togliere certezze a una Francia esaltata dal rendimento della seconda linea in ricezione (47% di rice perfetta) e difesa.
Questa difesa senza senso di Grebennikov dimostra una volta di più chi è il migliore libero al mondo.
L’Italia ha continuato a soffrire maledettamente in ricezione e di conseguenza nel cambio palla, anche perché il muro francese tocca quasi tutti i palloni e la difesa copre lo spazio dietro e fuori dal muro, ma nonostante ciò e nonostante un contrattacco più disordinato, ha il merito di allungare gli scambi e stampare qualche muro (a fine gara saranno 9, due in più dei bleus), limitando soprattutto Le Goff (1/4) e Tillie (2/9 e 3 errori), sostituito da Lyneel sul 10-8 nel secondo set. L’ex capitano di Ravenna diventa l’obiettivo sensibile di una battuta (18 palloni ricevuti in appena un set e mezzo, il 38% sul totale ricevuti dalla sua squadra) che in precedenza si era orientata su Ngapeth (o Tillie quando si trovava in prima linea) ma con risultati trascurabili, considerato che il giocoliere di Saint-Raphael ha ricevuto molto bene (31% di doppio positiva) sia sulla figura sia quando doveva spostarsi lateralmente.
La Francia ha allungato come nel set precedente (16-11, 18-13), dando l’impressione di poter chiudere il parziale con una certa facilità, ma ha sbandato quando la ricezione di Lyneel ha iniziato a staccarsi da rete e Boyer a regalare punti in attacco, 5 solo in questo parziale, a cui aggiungere i 2 di Ngapeth. L’opposto di Verona, un po’ come nella scorsa stagione in Superlega, si è confermato un attaccante esplosivo a livello di elevazione e braccio, ma con poche direzioni in attacco, che può essere messo sotto pressione con il muro piazzato. Gli azzurri si sono portati addirittura sul 22-24, ma Nelli e Zaytsev compiono 3 errori che costano il set. Lo zar nello specifico sbaglia due attacchi di fila concettualmente giusti (parallela sul lato del palleggiatore Toniutti) ma imprecisi, che rendono l’idea della sua serata storta, e che prosciuga le energie nervose ad una formazione che nel set successivo perde rapidamente il contatto con l’avversario, costringendo Blengini a cambiare invano quasi tutto il sestetto.
Futuro grigio
L’Italia esce contro una grande Francia, che ha saputo esaltare i propri pregi e nascondere i difetti (la fisicità e la continuità in attacco) in quel momento della competizione – l’approdo alle semifinali – che separa un cammino positivo da uno insufficiente. Considerati però i rapporti di forza della vigilia, che vedevano gli azzurri partire dietro probabilmente a Polonia, Russia, Francia e Serbia, questo quarto di finale rappresenta il reale livello del movimento in questo momento storico. Fa male semmai la remissività, la frustrazione, il nervosismo di una squadra che per il secondo anno di fila si sbriciola nel momento topico. Non sono chiari tuttavia i margini di una formazione ormai consolidata, dai punti di forza e di debolezza ben riconoscibili, che sconta la mancanza di un ricambio generazionale che ha praticamente cristallizzato il parco giocatori a disposizione di Blengini da 4 anni a questa parte, oltre che l’assenza di un secondo schiacciatore di livello.
Una selezione che però prima dell’europeo ha avuto il merito di qualificarsi per le Olimpiadi del 2020: a meno che il campionato non esprima nuovi talenti, in Giappone bisognerà aggrapparsi ai soliti Giannelli, Zaytsev e Juantorena per sperare di rimanere tra le nazionali di prima fascia. Ma se il 34enne schiacciatore della Lube dovesse dare l’addio alla Nazionale (già l’anno scorso in effetti aveva annunciato il ritiro, salvo poi ripensarci in estate) dovremmo rassegnarci a un ridimensionamento delle nostre ambizioni.