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Emanuele Mongiardo
Per fortuna c'è l'Italia Under 20
22 mag 2023
22 mag 2023
La vittoria per 3-2 sul Brasile dimostra la qualità della squadra di Nunziata.
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Emanuele Mongiardo
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In una stagione lunghissima, che si trascina stancamente verso il suo finale, è stata in ogni caso una domenica interessante per gli appassionati, soprattutto quelli del calcio giovanile. Prima, alle 20, l'Italia U17 ha giocato contro la Serbia, poi alle 23 è arrivato l'esordio della nostra U20 contro il Brasile ai mondiali di categoria. In un momento non particolarmente roseo per le nostre Nazionali era interessante vedere come se la sarebbero cavata. E se l'U17 si è dimostrata inferiore alla Serbia dal punto di vista sia fisico che tecnico, e con la seconda sconfitta in due gare rischia di lasciare l’Europeo già alla fase a gironi, l'U20 ci ha piacevolmente sorpreso con una grande vittoria per 3-2, dopo essere stata in vantaggio per 3-0. Il risultato e la prestazione, però, non meravigliano chi aveva seguito la squadra di Nunziata all’Europeo U19 dello scorso anno. L’Italia era uscita alle semifinali contro l’Inghilterra, superiore per atletismo ed esperienza, ma aveva mostrato un gioco brillante e associativo, dove Baldanzi e Miretti si erano alternati nella posizione di trequartista dietro le punte. Da quel torneo sono cambiati alcuni interpreti, ma non l'identità della squadra. Certo, al Brasile mancavano alcuni dei suoi giocatori più promettenti, trattenuti dai club, visto che il Mondiale va in scena al di fuori della finestra FIFA per le nazionali. Tra gli assenti c'erano Endrick e Vitor Roque, forse i prospetti migliori della Seleçao, oltre a due dribblatori eccezionali come Angelo Gabriel e Kayky. Anche all’Italia, però, mancavano nomi di livello. Senza considerare Gnonto e Scalvini, per i quali una convocazione con le Nazionali giovanili sarebbe fuori luogo, Nunziata non ha potuto contare su tre centrocampisti titolari come Ndour, Fabbian e Miretti, oltre a un jolly in attacco come Volpato. La partita di ieri, quindi, è stata una boccata d’aria fresca per il nostro movimento, anche se il Brasile alla fine stava per rientrare in partita come di solito avrebbe fatto l’Italia. I primi sessanta minuti sono stati davvero un’esibizione, tra combinazioni nello stretto, dribbling e pressing alto. Di Gennaro, la seconda voce della Rai, ad un certo punto si è compiaciuto così tanto del nostro palleggio da esclamare «facciamo noi il Brasile!», e al momento dell’uscita dal campo di Baldanzi, il pubblico argentino si è lasciato andare ad un lungo applauso per il trequartista azzurro – centra di sicuro la rivalità con il Brasile, ma dagli spalti devono aver apprezzato un talento quasi da potrero come quello dell’empolese. Baldanzi, Pafundi e Casadei erano i nomi più reclamizzati della vigilia, e tutti e tre hanno sfoderato prestazioni di altissimo livello. La vittoria sul Brasile non si spiega senza il loro talento, ma compagni e CT sono stati all’altezza.

In che modo, quindi, l’Italia Under 20 è riuscita a prendersi la ribalta? Il 4-3-1-2 di Nunziata Come all’Europeo Under 19 dello scorso anno, Nunziata ha mantenuto il 4-3-1-2 e quindi il rombo a centrocampo. Davanti al portiere Desplanches, titolare col Trento in Serie C nella seconda parte del girone di ritorno, la difesa era composta dai terzini Zanotti e Turicchia e dai centrali Guerino e Ghilardi, quasi 2000 minuti in Serie C con il Mantova. A centrocampo, accanto al metodista Faticanti, agivano le mezzali Casadei e Prati, entrambi titolari di due squadre di seconda divisione come Reading e SPAL. In avanti, Baldanzi occupava la posizione di numero dieci alle spalle di Pafundi e Francesco Pio Esposito. L’ossatura è simile alla squadra del 2022, tuttavia vi è qualche differenza notevole. Innanzitutto nella coppia d’attacco: mentre agli Europei giocavano due punte di fisico come Ambrosino e Nasti (quest’ultimo impegnato nei playout di Serie B col Cosenza e quindi non convocato), ora Nunziata si affida a una seconda punta di piccola taglia come Pafundi. Con due compagni estrosi come il classe 2006 dell’Udinese e Baldanzi, all’altro attaccante Esposito tocca soprattutto tenere impegnati i difensori e ripulire palloni spalle alla porta. L’altra grande differenza rispetto allo scorso anno, poi, è il minutaggio tra i professionisti. Se l’Under 19 del 2022 era una squadra di soli Primavera, il gruppo di oggi ha accumulato molta più esperienza tra Serie C e Serie B. Oltre ai nomi già citati, in panchina, ad esempio, c’era Ambrosino, punta del Cittadella, che per via della fine del campionato ha dovuto raggiungere i compagni il giorno stesso della partita. Esperienze simili aiutano a maturare la consapevolezza dei propri mezzi. La gestione dei minuti finali è stata un po’ troppo timorosa, ma per il resto della gara l’Italia ha giocato con estrema fiducia. Chi fosse il padrone della partita era già chiaro dopo pochi secondi. I principi dell’Italia e l’influenza di Baldanzi e Pafundi Battuto il calcio d’inizio, le due punte e Casadei, mezzala sinistra, corrono in avanti. Baldanzi rimane sul cerchio centrale insieme a Faticanti e lancia in direzione dei compagni. Un centrale del Brasile respinge di testa e nasce una serie di seconde palle che attivano il gegenpressing degli azzurri: intorno alla sfera accorciano gli stessi Baldanzi e Faticanti e il terzino sinistro Turicchia, che riconquista il possesso e lo riporta a terra. A quel punto, con la palla sulla trequarti, a pochi passi da Turicchia, pronti a ricevere tra le linee ci sono Esposito, Baldanzi e Pafundi. Il terzino va dal giocatore dell’Udinese che prova a innescare Baldanzi con un ambizioso cucchiaio alle spalle della difesa. Il Brasile rinviene, ma già la prima azione è un manifesto del piano partita dell’Italia: riaggressione immediata, giocatori offensivi vicinissimi tra di loro, pronti a restringere e dilatare gli spazi attraverso tecnica e movimenti, e il coraggio di tentare la giocata, come nel caso dello scavetto di Pafundi.

Principi simili saranno una costante di tutta la gara. Nunziata vuole mantenere i ritmi alti, sia col pallone che senza. Per farlo, alterna un pressing ben congegnato e una fase di possesso dove i giocatori si avvicinano tra loro e Pafundi e Baldanzi godono di totale libertà di movimento. Il Brasile va in apnea da subito, non riesce mai a far uscire in maniera pulita il pallone a causa dell’aggressività dell’Italia. Le due punte si orientano sui centrali, Baldanzi rimane vicino ad Andrey Santos, il centrocampista che si abbassa a prendere palla dai difensori, mentre a seconda del lato palla una delle mezzali scala sul terzino, con Faticanti che scivola insieme a loro e gli copre le spalle. Anche il terzino azzurro del lato forte accorcia e prova a recuperare in avanti il pallone. L’Italia fa scottare la sfera tra i piedi dei brasiliani, Casadei e Prati hanno la gamba giusta per scalare sui terzini. Proprio per l’atteggiamento della squadra, degna di menzione la prova di Ghilardi, il centrale di destra, che non ha paura di rimanere da solo e di tamponare alle spalle del proprio terzino: in occasione del gol del 3-2 va a vuoto, ma un centrale da difesa a quattro così coraggioso nell’Italia non è banale. Il vantaggio di pressare col rombo che scivola da un lato all’altro, è avere tanti uomini intorno al pallone se si ruba il possesso: in questo modo è facile organizzare una transizione corta. È un modo di difendere che avvantaggia i nostri giocatori migliori, Pafundi e Baldanzi, perché non li fa correre all’indietro e, una volta recuperata palla, gli permette di giocare su distanze corte, come si addice alle loro caratteristiche.

In generale, tutto l’impianto di gioco dell’Italia è cucito su misura su loro due. La prossimità tra i giocatori non vale solo in pressing, ma anche in fase di possesso. Mentre Esposito fissa i difensori, Baldanzi e Pafundi stringono a ridosso del pallone, ma non si pestano mai i piedi, perché la loro statura – non c’è una maglia della taglia piccola abbastanza per il trequartista dell'Empoli, che sembra sempre giocare in pigiama – e la loro tecnica sono perfette per giocare in spazi così ridotti. Rimanendo così vicini, magari spalleggiati da Esposito o Casadei, si potenziano l’un l’altro e rendono fluido ogni possesso dell’Italia. L’obiettivo è far ricevere uno dei due tra le linee. Così, magari Pafundi dal centro sinistra si abbassa a prendere palla, porta fuori posizione un centrocampista e in quella nuova porzione di campo libera si può insinuare Baldanzi, pronto a farsi trovare alle spalle della mediana verdeoro e a dialogare con Esposito, Pafundi e Casadei, anche loro abili a sbucare tra le linee. L’occupazione della zona tra centrocampo e difesa avversarie non è mai statica, proprio perché Baldanzi e Pafundi non hanno una posizione fissa, sono sempre in movimento, alla ricerca del pallone e del modo di disordinare il Brasile. È proprio così che nasce il primo gol. Il Brasile pressa la nostra difesa in parità numerica, con due uomini sui centrali e le ali sui terzini. In questo modo, però, rimane libero il metodista Faticanti. Marcos Leonardo, il centravanti, sale in pressing su Desplanches, che però trova il filtrante per Faticanti. Così, il Brasile è costretto a indietreggiare. Pafundi, in maniera intelligente, fa il movimento opposto: dal centro sinistra si abbassa sulla linea della palla e così si sfila dal centrocampo avversario. L’azzurro tiene palla, resiste alla pressione di un avversario e può vedere il gioco frontale. I centrocampisti del Brasile si sono concentrati tutti su di lui, e così, nel frattempo, Baldanzi e Casadei si sono alzati alle loro spalle tra le linee. In quello spazio viene incontro anche la punta Esposito. Pafundi verticalizza per Casadei, bravo a girarsi col primo controllo. A quel punto, ci sono tre calciatori italiani (Casadei, Baldanzi ed Esposito) quasi schiacciati sul pallone. Mentre Casadei, Baldanzi ed Esposito scambiano, però, ci pensa il terzino sinistro Turicchia ad arrivare da dietro e a dilatare in profondità lo spazio per la manovra. Esposito allarga per Turicchia, che rientra e crossa in mezzo. Baldanzi e Casadei attaccano in corsa il centro dell’area, la mezzala opposta Prati si inserisce sul secondo palo. Arrivando da dietro, per Casadei è più facile spizzare verso il lato cieco, dove Prati finalizza.

Il modo in cui Pafundi si è abbassato per oliare il gioco è una delle chiavi dell’Italia. Lui e Baldanzi si alternano in questa funzione e aiutano a ripulire anche i palloni sporchi, grazie alla qualità nel primo controllo e nei dribbling difensivi. Per il resto, la squadra pensa a metterli nelle condizioni migliori. A farli ricevere tra le linee e con compagni vicino, infatti, non c’è solo il possesso ragionato. Delle volte, si può provare a verticalizzare più velocemente su Esposito, in grado di attivarli col suo gioco spalle alla porta (come pure Montevago nel secondo tempo). Inoltre, le maglie strette garantiscono all’Italia una fase di riaggressione efficiente: riconquistare il pallone in avanti significa trovare gli avversari disordinati e così è più facile raggiungere i nostri due talenti tra le linee. Spesso, ad accorciare sono proprio i centrali, che salgono e trasmettono subito il pallone alle spalle dei centrocampisti brasiliani. Per il resto, all’ottima organizzazione e alle associazioni sul corto, i nostri migliori giocatori aggiungono lampi di talento davvero di altissimo livello. L’esempio più chiaro è il terzo gol, nato da una conduzione di sessanta metri di Baldanzi. Il trequartista dell’Empoli riceve dopo una serie di rimpalli, supera in controtempo il centrale Robert Renan e si spalanca il campo per portare palla. Il terzino Bruno Kaiki rientra su di lui, ma Baldanzi è abile a coprire la palla grazie al baricentro basso e all’uso del braccio. Arrivato sul limite dell’area, si ferma e appoggia a Casadei. A quel punto, l’ex interista si inventa una sterzata impronosticabile per un centrocampista così grosso. Il difensore lo atterra ed è lo stesso capitano azzurro a trasformare il rigore. In occasione dei tornei per nazionali giovanili, emerge sempre il dibattito sull’utilità di un’eventuale vittoria. Lo scopo delle selezioni under è di portare trofei? Non dovrebbero, invece, preoccuparsi di far crescere elementi utili alla nazionale maggiore? In questo senso, bisogna sempre stare attenti a valutare vittorie e sconfitte. Prendiamo come esempio la stessa Italia, all’ultimo mondiale Under 20, quello del 2019. La squadra di Nicolato aveva raggiunto le semifinali, un ottimo traguardo per una Nazionale che in questa categoria non ha mai vinto niente. Cosa si è seminato, però, durante quel percorso? Quell’Italia sembrava uscita da un mondo distopico in cui gli unici principi possibili erano quelli di Conte e Ventura: un 3-5-2 pieno di giocate di prima a memoria, col velo delle punte, il taglio delle mezzali e i passaggi alla cieca dei terzini. Una squadra con vocazione difensiva, che faceva muovere i giocatori entro binari prestabiliti, senza sollecitarne la creatività. Un’Italia, quindi, in cui il talento era totalmente subordinato al collettivo e all’idea di gioco, che ha prodotto un ottimo risultato (il raggiungimento della semifinale), ma che ha lasciato poco alla Nazionale maggiore.

Al contrario, Nunziata con questo gruppo è riuscito a creare un percorso virtuoso, in cui l’espressione del talento e l’efficienza della squadra vanno a braccetto. L’Italia gioca per esaltare i suoi migliori singoli e metterli in vetrina (chiunque abbia visto la partita di ieri, non può non rammaricarsi per l’anno passato da Pafundi in panchina, senza nemmeno accumulare minuti in Primavera). In compenso, i ragazzi ripagano Nunziata con un’applicazione in pressing da vera squadra. La partita di ieri, peraltro, potrebbe indicare una via per il futuro anche a Mancini: un gioco come quello dell’Under 20 avvantaggerebbe anche calciatori come Gnonto, Raspadori e Fagioli, su cui bisognerà costruire il prossimo ciclo della Nazionale. Quella di ieri era solo la prima partita del torneo. In ogni caso, se l’Italia, ma soprattutto i suoi singoli migliori, dovessero continuare ad esprimersi in questo modo, il nostro giudizio dovrebbe andare al di là del risultato finale.

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