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Fabio Barcellona
Dopo una settimana è già l'Italia di Spalletti
13 set 2023
13 set 2023
Le partite contro Macedonia del Nord e Ucraina hanno mostrato la direzione intrapresa dal nuovo CT.
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Fabio Barcellona
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IMAGO / IPA Sport
(foto) IMAGO / IPA Sport
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Come ben sappiamo, Roberto Mancini è ormai il passato. L'ex CT ha lasciato la Nazionale dopo appena due partite del girone di qualificazione ai campionati Europei del 2024: una sconfitta in casa contro l’Inghilterra e una vittoria, non troppo entusiasmante, a Malta, che parevano essere in continuità con il grigio e, ormai troppo lungo, periodo che ha seguito la vittoria agli Europei del 2021. Al di là del tempismo e delle modalità delle dimissioni di Roberto Mancini, l'Italia era ormai sclerotizzata nelle proposte e nelle idee, e sembrava avere ormai esaurito la carica innovativa che l'aveva portata al trionfo a Wembley. Insomma, un cambio in panchina non sembrava una brutta idea anche dopo la brusca rottura con Mancini. Per la sua sostituzione, la FIGC non ha esitato a puntare sul nome di Luciano Spalletti, dimissionario dopo lo splendido scudetto della passata stagione e interprete con il suo Napoli di un calcio propositivo ed estremamente brillante. Purtroppo per lui, però, lo strettissimo calendario delle Nazionali lo ha costretto a diramare le proprie convocazioni prima addirittura della sua presentazione ufficiale e ad affrontare immediatamente un delicatissimo doppio confronto contro la Macedonia del Nord e l’Ucraina, fondamentale per le chance di qualificazione diretta agli Europei.

Non ci si potevano aspettare insomma grandi cambiamenti nell’elenco dei giocatori convocati per le due gare in programma. L’unico giocatore mai convocato da Mancini presente nell’elenco di Spalletti è stato il centrale della Lazio, Nicolò Casale (chiamato dall’ex CT solo in occasione di un paio di stage), mentre sono stati richiamati dopo più di un anno Mancini, Biraghi, Locatelli e Zaccagni. Più che tra i convocati, le scelte più forti sono state tra gli esclusi. In difesa sono stati messi fuori dall’elenco Toloi, Bonucci e Acerbi (infortunato), in mezzo al campo Jorginho e Verratti, in attacco Berardi. Chi immaginava un rinnovamento più radicale è rimasto deluso e forse sorpreso dalla mancata chiamata di Buongiorno del Torino e Udogie del Tottenham in difesa, di Scamacca in attacco e, più in generale, di un certa prudenza nelle prime scelte del nuovo allenatore.

La partita contro la Macedonia del Nord

Anche tatticamente c'è stata una certa continuità. Contro la Macedonia del Nord Spalletti è ripartito dal 4-3-3, il modulo di gioco di riferimento della migliore Italia di Mancini. Davanti a Donnarumma, la linea difensiva scelta da Spalletti era composta da Di Lorenzo, Mancini, Bastoni e Dimarco. In mezzo al campo Cristante ha giocato davanti la difesa con Barella e Tonali in posizione di mezzali. In avanti Spalletti ha schierato il tridente composto da Politano, Immobile e Zaccagni. Sebbene il modulo di gioco proposto sia stato lo stesso di quello di tantissime versioni dell’Italia di Mancini, però, gli sviluppi ricercati della manovra sono apparsi, sebbene ancora embrionali, piuttosto diversi.

Il 4-3-3 con cui l’Italia ha vinto gli Europei ed è rimasta imbattuta per 37 gare consecutive, era stato, per gran parte, cucito addosso alle caratteristiche di Jorginho e Verratti, per rendere un punto di forza la loro coesistenza in campo. Il centro del gioco azzurro era il possesso del pallone, il mezzo con cui controllare i match, e la circolazione corta, interna e insistita della palla, capace di attirare e resistere alla pressione e di manipolare le strutture difensive avversarie, era la modalità con la quale l’idea di dominio per mezzo del possesso diveniva concreta. La transizione fluida dal 4-3-3 iniziale al 3-2-5 in fase di possesso, con i canali verticali interamente occupati lungo tutto l’ampiezza del campo era inoltre stata individuato come la disposizione ideale per sviluppare l’idea di calcio immaginata da Mancini.

Il 4-3-3 visto a Skopje nell’esordio di Spalletti ha invece sviluppato il suo gioco in maniera diversa. In fase di possesso il cuore della manovra si è spostato decisamente dalle zone interne verso l’esterno, privilegiando allo sviluppo per vie centrali le combinazioni delle catene laterali terzino-mezzala-esterno. La composizione e le caratteristiche del centrocampo schierato dal tecnico azzurro sono evidentemente diverse da quelle del suo predecessore. Spalletti ha di fatto sostituito Jorginho e Verratti, due raffinatissimi palleggiatori sul corto, maestri nel domare e indirizzare la pressione avversaria, con Cristante e Tonali, un mediano abile nell’interdizione e una mezzala “box to box”. Con la presenza di Barella e di due esterni offensivi puri e abituati a giocare nel 4-3-3 come Politano e Zaccagni, Spalletti ha preferito assecondare le migliori qualità dei propri giocatori e nel poco tempo a disposizione ha optato per sviluppi piuttosto ortodossi e verticali del suo 4-3-3.

La manovra si è quindi prevalentemente sviluppata sull’esterno, muovendo in maniera coordinata i tre componenti della catena laterale, provando ad usare il dinamismo e le capacità di inserimento delle mezzali ed utilizzando Cristante solo per muovere il pallone da una parte all’altra del campo. Se gli esterni si allargavano per ricevere, le mezzali attaccavano la profondità in verticale.

Un tipico set di movimenti del 4-3-3. La palla è al terzino Dimarco. L’esterno Zaccagni si muove esternamente verso il pallone, lo spazio in profondità è attaccato dalla mezzala Tonali, mentre il centravanti viene incontro. Sul lato debole, la mezzala Barella attacca l’area di rigore.

Ad arricchire i movimenti delle catene laterali, non sono mancati i tagli interni dei terzini, pronti ad occupare lo spazio interno lasciato libero dal movimento della mezzala.

Dimarco dentro al campo, Zaccagni esterno, Tonali profondo.

Contro la Macedonia del Nord, che ha giocato una partita chiusa con il suo 3-4-1-2 difensivo piuttosto basso, l’Italia ha però avuto molte difficoltà a generare occasioni da gol pulite dalle sue catene esterne. Le migliori occasioni, nel primo tempo, sono nate da un inserimento profondo di Tonali alle spalle di una linea difensiva per una volta sorprendentemente alta e da una combinazione della catena di sinistra conclusa da un tiro di Politano proveniente dal lato debole. Difensivamente poi l’Italia ha sofferto le ripartenze macedoni, anche nel primo tempo, mostrando difficoltà nella gestione delle marcature preventive. La Macedonia del Nord è ripartita utilizzando prevalentemente Elmas sul lato destro della nostra difesa, alle spalle delle avanzate di Di Lorenzo.

La posizione interna di Di Lorenzo, isola Politano per la ricezione esterna. Politano perde il pallone sulla pressione di Alioski che trova metà campo libera per attaccare la difesa azzurra. La conduzione di Alioski si concluderà con un pericoloso cross per Miovski che di testa, da ottima posizione, concluderà fuori.

Dopo il gol del vantaggio l’Italia ha perso il controllo del match. La Macedonia del Nord ha alzato la pressione e gli azzurri non sono stati in grado né di mantenere il controllo della partita tramite il possesso palla né di creare pericoli per ampliare il proprio vantaggio, subendo a 10 minuti dalla fine il gol del pareggio con l’ottima punizione calciata da Bardhi.

Gli aggiustamenti contro l’Ucraina

Contro l’Ucraina, in una partita già da vincere ad ogni costo per potere puntare ai primi due posti del girone, Spalletti ha cambiato, un po' per necessità un po' per volontà, ben cinque dei suoi titolari. Gli infortunati Mancini, Tonali e Politano sono stati sostituiti nel 4-3-3 azzurro rispettivamente da Scalvini, Frattesi e Zaniolo, mentre, per scelta tecnica, Locatelli ha preso il posto di Cristante davanti alla difesa, e Raspadori quello di Immobile al centro dell’attacco.

Le ultime due sostituzioni hanno cambiato profondamente le caratteristiche dell'Italia, arricchendo il gioco offensivo, aumentando le possibilità di palleggio e riducendo la tensione verticale vista contro la Macedonia del Nord che aveva portato a qualche squilibrio. Locatelli, a differenza di Cristante, si è mosso in maniera più intensa alla ricerca del pallone e, conseguentemente, è stato maggiormente coinvolto nella costruzione della manovra della squadra. Un dato piuttosto semplice, quello dei passaggi effettuati, rende evidente la maggiore partecipazione al gioco del calciatore della Juventus, che ha tentato di servire per 76 volte i compagni di squadra (70 i passaggi andati a buon fine). Il mediano della Roma aveva effettuato contro la Macedonia del Nord solo 53 passaggi di cui 42 riusciti. Locatelli è stato anche molto abile a variare il gioco sul corto con quello sul lungo, proponendosi in aiuto alle catene laterali e supportando i centrali nella risalita del pallone.

I movimenti di Locatelli per dare una soluzione al portatore di palla hanno spesso liberato spazio per ricezioni basse degli altri centrocampisti, in particolare di Barella, che, rispetto alla prima partita, ha aggiunto ai movimenti in profondità tracce per ricevere il pallone dalla linea difensiva e supportare così il mediano nella risalita palleggiata del pallone. Il contributo di Locatelli e Barella ha portato a una manovra più varia, con una gioco più complesso nei corridoi interni che ha permesso di liberare gli spazi per i successivi sviluppi sulle catene laterali.

Locatelli, marcato, si alza oltre la linea della pressione mentre Barella sfruttando il movimento del compagno, si muove a ricevere il pallone da Bastoni.

Nell'ultimo terzo di campo l’Italia ha beneficiato della capacità di Raspadori di partecipare al gioco corto della squadra venendo incontro al pallone. L'attaccante del Napoli in questo modo ha arricchito le combinazioni esterne di un riferimento centrale su cui appoggiarsi e continuare a progredire, rendendo il gioco offensivo dell'Italia più vario.

Raspadori supporta la catena di sinistra muovendosi incontro a Zaccagni e chiudendo con qualità un triangolo sullo stretto con il giocatore della Lazio.

Alla maggiore ricchezza e qualità del possesso palla azzurro ha contribuito, nelle fasi iniziali della manovra, anche la presenza in campo di Scalvini che è stato abile a sfuggire alla pressione avversaria.

In generale si sono visti molti miglioramenti rispetto alla gara contro la Macedonia del Nord. Spalletti ha ben definito un lato forte della manovra, quello sinistro, in cui hanno dialogato sullo stretto Dimarco, Barella, Zaccagni con il supporto di Raspadori e un lato debole attaccato da Frattesi e soprattutto utilizzato, dopo avere creato densità difensiva sul lato opposto, per le ricezioni in isolamento e fronte alla porta di Zaniolo, una buona maniera di sfruttare le caratteristiche del giocatore dell’Aston Villa e mascherarne i limiti.

Seppur fortunato nella finalizzazione, il secondo gol dell’Italia mostra alcune direttrici del nuovo gioco azzurro. Locatelli si muove a supporto della catena laterale di sinistra creando superiorità, riceve il pallone da Zaccagni e trova Barella oltre la pressione avversaria. La mezzala interista apre quindi sul lato debole per l’isolamento di Zaniolo, che si accentrerà portando fortunosamente Frattesi al tiro del 2-0.

Offensivamente la partita dell’Italia è stata di ottima qualità: ha controllato il possesso, e tramite il possesso ha dominato l'avversario, creando grossi pericoli per la porta difesa da Bushchan. Gli azzurri hanno tirato verso la porta ucraina 21 volte, di cui ben 14 da dentro l’area di rigore.

Difensivamente la scelta di Spalletti è stata quella di disporre il suo 4-3-3 difensivo alto sul campo e pronto a pressare in maniera aggressiva la prima costruzione avversaria. La scelta costante è stata quella di pressare i due centrali con Raspadori e una delle mezzali, con gli esterni sui terzini avversari, e Locatelli e l’altra mezzala sui due interni ucraini. Il primo gol, sebbene favorito da un goffo scivolone del terzino destro Konoplya, nasce dal pressing organizzato ed aggressivo degli azzurri.

Il pressing azzurro in occasione del primo gol. Frattesi si alza sul centrale Zabarnyi, Zaccagni pressa Konoplya sulla trasmissione del pallone verso il terzino destro. Alle spalle della prima linea Barella e Locatelli marcano da vicino i due interni del 4-2-3-1 ucraino.

L’Italia non ha di fatto mai rinunciato al suo pressing e ha perso il controllo del match solamente per qualche minuto a ridosso del gol del 2-1 di Yarmolenko. Seppur non sempre precisa nel controllo dello spazio alle spalle delle mezzali e nella gestione della linea difensiva, la squadra di Spalletti è riuscita a limitare al minimo i pericoli per la porta di Donnarumma.

La vittoria contro l’Ucraina è particolarmente preziosa per la classifica degli azzurri e la qualità della prestazione lancia ottimi segnali per il prosieguo delle qualificazioni. Nonostante il poco tempo avuto a disposizione, Spalletti ha già mostrato di avere idee chiare: gli aggiustamenti visti tra la partita di Skopje e quella di San Siro indicano che il lavoro dell’allenatore è solo all'inizio ma che sta già incidendo molto sulla squadra. Certo ci sono ancora alcune criticità che si potrebbero ripresentare in futuro, per esempio la preferenza per una linea difensiva a quattro con molti giocatori (ieri ben tre: Scalvini, Bastoni e Dimarco) abituati a giocare in un sistema a tre.

Ora però, superata l'esigenza contingente di ottenere risultati, ci sarà un po' più di tempo per lavorare, a partire dalla scelta del gruppo di giocatori che dovrà portare l’Italia agli Europei dell’anno prossimo e soprattutto costruire le basi per la qualificazione ai Mondiali del 2026. La partita contro l’Ucraina fa ben sperare, ma siamo solo all'inizio.

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